Breda,  Sesto  San Giovanni :  gli operai sono  morti  per l’amianto,  i  responsabili della  fabbrica  possono vivere  allegramente

(«il comunista»; N° 93-94; Febbraio 2004)

 

 

5 gennaio 2005, processo di primo grado a Milano contro i responsabile della Breda di Sesto San Giovanni per la morte di Giancarlo Mangione, per quarant’anni operaio alla Breda, ucciso nel 1995 da mesotelioma pleurico, provocato dall’inalazione di amianto per anni nelle lavorazioni cui era adibito insieme a molti altri compagni di lavoro e di sventura. 12 ex amministratori della società Breda sul banco degli accusati (per omicidio colposo) perché non hanno adottato le misure richieste per «salvaguardare la salute dei lavoratori»: niente ripulitura dei locali, niente impianti di aspirazione, niente maschere protettive. Niente di niente. Nessuna condanna: 3 assoluzioni e 9 in prescrizione (1).

Non che ci siamo mai aspettati che la magistratura borghese colpisca in modo decisivo i dirigenti d’azienda per aver giocato con la vita dei propri operai: lo fanno sistematicamente da sempre, in tutte le aziende, amianto o non amianto; basti pensare ai cosiddetti sistemi di prevenzione degli incidenti sul lavoro che non prevengono proprio nulla (più di 1300 morti sul lavoro all’anno lo dimostrano ampiamente !!!), né tantomeno che metta in evidenza che la vera colpa dei tumori provocati dall’amianto, o da qualsiasi altra sostanza nociva utilizzata nei processi di produzione senza scrupoli perché l’obiettivo è risparmiare sui costi e rendere produttiva il più possibile la propria forza lavoro, va cercata più in profondità, nel modo di produzione capitalistico stesso di cui i capitalisti e i dirigenti d’azienda sono i coerenti rappresentanti. Soltanto i comunisti, ossia coloro che non hanno alcun interesse individuale, economico, politico o culturale da difendere in questa società, e alcuna fiducia a che il sistema borghese sostituisca l’interesse principale della ricerca del profitto con la salute degli operai e degli uomini in generale; soltanto i comunisti possono individuare le cause delle stragi sul lavoro nel modo di produzione capitalistico stesso. Ed è la ragione fondamentale per la quale i comunisti sono coerentemente, nello spazio e nel tempo, contro il sistema economico e politico borghese e contro ogni gruppo di interessi che dallo sfruttamento capitalistico della forza lavoro umana trae in questa società un vantaggio, un beneficio, un privilegio.

La magistratura applica le leggi che difendono questa società borghese, che difendono la proprietà privata e il normale svolgimento dello sfruttamento del lavoro salariato da parte dei capitalisti. E la giurisprudenza relativa prevede che, sebbene determinati individui possono essere riconosciuti in un dibattimento processuale colpevoli di gravi e gravissimi reati (la morte di 60 operai per l’amianto alla Breda non è cosa da nulla!) essi hanno la possibilità di cavarsela – quindi di non finire in carcere e di non dover sostenere pesanti spese “per danni” – grazie alla caduta in prescrizione dei reati di cui sono accusati.

Giancarlo Mangione è morto nel 1995, ma erano più di vent’anni che lavorava alla Breda e respirava amianto. Gli “esperti” affermano che il mesotelioma ha lunghi tempi di incubazione (anche oltre 20 anni); dunque, intentare un processo vent’anni dopo, a situazione di fabbrica completamente modificata, non è stata cosa semplice. A parte il fatto che il processo era intentato per la morte di un operaio, appunto il Giancarlo mangione, di cui si è potuto dimostrare tutto il decorso della malattia, e tutte le vicende legate alle lavorazioni cui era stato adibito, in realtà sono almeno 60 gli operai morti di tumore provocato dall’amianto, e purtroppo se ne potranno aggiungere ancora in seguito.

La vicenda Breda inizia negli anni ’70. Nel 1974 i controlli Smal (Servizio medico ambienti di lavoro) rivelano intossicazione da amianto per i lavoratori. In fabbrica si continua a lavorare come se niente fosse successo. Ma è solo 20 anni dopo che lo scandalo esplode, quando si cominciano a contare i primi morti. Un primo processo si conclude con una assoluzione «perché il fatto non sussiste». Il ricorso dei familiari della vittima porta al processo odierno nel quale la magistratura “riconosce” la «causalità fra l’esposizione, la mancanza delle misure richieste e la morte». L’unica speranza che rimane ai familiari e ai compagni di lavoro del Mangione, secondo le dichiarazioni riportate dai quotidiani, è che «altri potranno avere piena giustizia», se ci saranno altri processi e chissà in quali anni avvenire.

Per una volta ancora il profitto capitalistico l’ha avuta vinta. Se vi chiedete: che cosa hanno fatto in tutto questo tempo i grandi sindacati tricolore?, la risposta purtroppo è semplice, e disarmante: niente. Burocrati dello sfruttamento del lavoro degli operai per conto dei padroni, come sono, si sono voltanti dall’altra parte. Loro pensano a “gestire” le situazioni in fabbrica, a ”chiedere” che le misure di sicurezza vengano applicate senza dannarsi troppo nel verificare che queste ultime vengano effettivamente applicate. Vuoi vedere che la concertazione di cui tanto parlano significa lasciare che i padroni sfruttino i lavoratori salariati nelle condizioni in cui i margini di profitto siano salvi, poco importa alla fin fine se la salute degli operai se ne va a remengo!

 


 

(1) Cfr La Repubblica, ed. Milano, 6 gennaio 2005.

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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