Katrina, l’uragano che conferma il capitalismo come economia della sciagura!

(«il comunista»; N° 97-98; Novembre 2005)

 

Proletari, compagni!

 

Gli Stati Uniti d’America, la più grande potenza imperialistica del mondo, la più potente fucina di scienza e di tecnologia, l’impressionate macchina da guerra alla quale nessun paese sembra possa resistere, sono in ginocchio. Morte, devastazione, impotenza: nulla gli USA hanno potuto di fronte all’uragano Katrina!

Da ogni angolo della terra si è levato il grido alla fatalità, ad una natura che si vendica dei danni ambientali provocati dall’uomo e che non teme di piegare l’orgogliosa America! Ma si sono levate, nello stesso tempo, accuse di ogni genere nei confronti di Bush e della sua Amministrazione, così pronta a far la guerra in Iraq e a spendere miliardi di dollari al mese per questa guerra, e così recalcitrante di fronte agli interventi sempre più urgenti a difesa dalle alluvioni, dagli uragani, e dai disastri che le forze della natura – peraltro conosciute e in buona parte monitorate e previste – preannunciano ogni estate ed ogni inverno.

Gli Stati del Sud, quelli che guardano il Golfo del Messico e l’Atlantico, dalla Florida alla Louisiana, passando per l’Alabama e il Mississippi, insieme a Cuba e alle isole caraibiche, sono quelli normalmente più esposti alla furia degli uragani che si formano nell’Atlantico e che vanno a scaricarsi con sempre maggiore violenza sulla terra ferma; da sempre! Ma di fronte all’uragano Katrina nulla hanno potuto i grandi mezzi del potente capitalismo americano. Nonostante le previsioni formulate da meteorologi, da geologi, da intere branche della scienza, nonostante i piani di protezione civile disegnati nei minimi particolari, nonostante i progetti di intervento sulle paludi, sulle dighe, sugli argini, l’impavida macchina del profitto ha fallito in maniera criminale: la strage con decine di migliaia di morti a New Orleans, e nelle cittadine e nei villaggi della costa, provocata dalla furia dei venti e dell’uragano Katrina ha un mandante, il capitalismo! La vorticosa e iperfolle ricerca capitalistica di profitto immediato, come è stata la causa principale dei quasi 300 mila morti dello tsunami indonesiano dello scorso dicembre, così è la causa principale della devastazione e dell’enorme olocausto di vite – soprattutto di pelle nera! – dell’uragano americano. Di più; per New Orleans si è avuto un occhio di riguardo: gli investimenti previsti per rinforzare le dighe e per il corpo dei genieri sono stati dirottati a sostegno della guerra in Iraq (che costa 3miliardi di dollari al mese).

 Katrina porta in superficie un’altra realtà maledetta dell’America: la profonda ed estesa miseria delle classi proletarie e diseredate, sfruttate fino all’osso e gettate sistematicamente ai margini della vita civile. Al coraggioso grido di «si salvi chi può» che il petrol-presidente americano ha lanciato qualche ora prima che Katrina si abbattesse su New Orleans e su Baton Rouge, ha fatto qualche giorno dopo eco il minaccioso ordine di «sparate sui saccheggiatori» impartito ai diecimila uomini della Guardia Nazionale e ai 40.000 soldati inviati una settimana dopo il disastro perché la sacra e inviolabile proprietà privata non venisse violata! Ma per giorni e giorni, centinaia di migliaia di persone che non sono riuscite a sfuggire all’uragano soprattutto per la mancanza di mezzi e di soccorsi, bloccate nelle città completamente allagate, e a New Orleans in particolare, sono rimaste senza acqua e senza cibo, confuse tra le macerie e i morti o accalcate in un formicaio ributtante come all’interno dello stadio coperto. Abbandonati per giorni al loro destino, salvi temporaneamente ma destinati a morire di sete, di fame, di malattia, i più temerari e in forze si sono gettati nei negozi e nei supermercati a «rubare» acqua da bere, pannolini, cibarie. I veri saccheggiatori sono altri, sono i capitalisti, i finanzieri, i costruttori, i petrolieri, i grossi commercianti e industriali che per la sete di profitto hanno distrutto le difese del territorio, cementificando e costringendo il grande fiume Mississippi ad un percorso che non è il suo naturale.

Così, alla mancanza di organizzazione preventiva per l’evacuazione delle città destinate ad essere colpite dall’uragano, e alla completa disorganizzazione e paralisi dei soccorsi, la furia dell’uragano ha decuplicato le sue conseguenze devastanti grazie all’intervento dell’uomo capitalistico: il Mississippi si è ripreso un suo tracciato millenario, le dighe che riparano i quartieri neri verso il mare per mancate opere di manutenzione e di rinforzo hanno ceduto e con loro ponti e strade. Strage annunciata! Capitalismo assassino!

Ma, come è successo per ogni catastrofe di ieri, così succede per la catastrofe dell’hurricane Katrine: banche ed esperti in ricostruzione dopo aver fatto rapidamente i conti dei danni materiali si precipitano ora a fare progetti di ricostruzione: il business non si deve fermare! I morti sono morti, e i vivi li piangano pure per un giorno, ma si rimettano in piedi e si preparino a tornare nel girone infernale del mercato del lavoro! Il capitale non aspetta, e guarda soprattutto al mare davanti al delta del Mississippi dove prima dell’uragano vi era una foresta di ben 952 fra isole artificiali e piattaforme petrolifere per l’estrazione appunto del petrolio e del gas naturale!

 

Proletari, compagni!

 

Nella realtà del capitalismo, e in particolare nel periodo in cui la concorrenza internazionale – a tutti i livelli – si è fatta molto acuta, non c’è diga che possa tenere, non c’è canale che possa imbrigliare il fiume, non c’è muro che ripari dal vento e dalla pioggia: la violenza dei fenomeni naturali si trasforma sistematicamente in disastro, in catastrofe, in enorme devastazione che di “naturale” non ha nulla! New Orleans sarà prosciugata e ricostruita, dicono il petrol-presidente Bush, il sindaco della città, il governatore dello Stato. Ma gli uragani non si faranno fermare da qualche opera muraria. Come gli stessi intellettuali borghesi intelligenti avevano tempo fa previsto la catastrofe di New Orleans (persino anticipata vent’anni fa nel film L’alba del giorno dopo), così gli intellettuali borghesi intelligenti di oggi prevedono che, a causa soprattutto dell’effetto serra provocato dall’indiscriminata produzione di emissioni inquinanti, altri uragani, tifoni, cicloni provocheranno disastri simili se non più gravi. E costoro sono convinti che passando alla produzione di energia con risorse rinnovabili (come il sole, il vento, i vegetali ecc.) piuttosto che concordando fra tutti i governi “di buona volontà” una politica di controllo sulle emissioni inquinanti dei paesi industrializzati, sia possibile affrontare questi fenomeni “naturali” con miglior successo, diminuendo di molto il numero delle vittime umane e i danni materiali; ma nulla ovviamente si dice sul modo di produzione che sta alla base delle politiche economiche dei diversi stati capitalistici. Insomma, il vecchio ritornello del capitalismo dal volto umano torna nella gola dei cantori del capitalismo democratico, che concilii la sete di profitto dei capitalisti con il bisogno di vivere in modo armonico tra gli uomini e con la natura…

Finché le leggi che regolano la società moderna sono le leggi del capitale e del lavoro salariato, le leggi del mercato, le leggi del denaro, questa società non potrà mai e poi mai trasformarsi da società votata alla spietata concorrenza capitalistica, e quindi allo spreco e alle distruzioni, in società votata al benessere sociale dell’intera specie umana e ad un rapporto armonico con la natura. La dimostrazione sta nella stessa storia della società borghese, storia di oppressione e di guerre, di stragi e di dissesto dell’ambiente.

La soluzione sta, in verità, nella distruzione di questa società, nella distruzione di un modo di produzione che acutizza gli antagonismi fra le classi, che genera contrasti fra aziende, istituzioni e Stati, che sostiene un potere politico, e quindi militare, il cui scopo è la strenua difesa della rete di interessi privati che abbraccia importanti frazioni della borghesia; un potere politico cieco rispetto alle esigenze di vita della stragrande maggioranza della popolazione mondiale, perché votato interamente alla difesa degli interessi e dei privilegi della classe borghese, ancor oggi dominante. La rivoluzione delle classi inferiori, dei proletari, rigenererà le forze sane dell’uomo rimettendo all’ordine del giorno il fatidico dilemma: rivoluzione o guerra!

                  

Partito comunista internazionale

5 settembre 2005

( il comunista – le prolétaire – programme communiste – el programa comunista – the proletarian )

www.pcint.org

 

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