Rabbia e violenza proletarie esplodono nelle periferie francesi, e annunciano future tempeste sociali

(«il comunista»; N° 97-98; Novembre 2005)

 

Le esplosioni di rabbia e di violenza di questo inizio di novembre, che vedono protagonisti giovani e giovcnissimi delle periferie di Parigi, si stanno allargando a tutta la Francia, da Digione a Marsiglia fino in Normandia. 

La prima notte di fuoco e fiamme a Cliché-sous-Bois, nella banlieue parigina, è stata provocata dalla morte di due giovani che, per scappare dalle grinfie della polizia, si rifugiarono in una cabina elettrica: qui invece trovarono la morte, carbonizzati dalle scariche elettriche. Ma, alla prima notte di rabbia, in cui auto, spazzatura e quant’altro prendesse facilmente fuoco veniva incendiato, si sono aggiunte le notti successive.

Il giovane proletariato delle banlieue - tristi e fredde cittadelle-dormitorio - ha reagito d’impulso con una potente scarica di violenza che da anni tiene in corpo e che è diventata incontenibile. Dopo che, per anni, i proletari delle banlieue hanno subito quotidianamente violenze sul piano economico, burocratico, politico, sindacale, fiscale, poliziesco, culturale, razziale, ora stanno restituendo una parte di quelle violenze distruggendo tutto quel che possono con le sole mani. Tutti i borghesi benpensanti, i democratici, i piccoloborghesi pacifisti e amanti dell’ordine, si scagliano contro i teppisti. La polizia mobilitata al gran completo dal governo continua il suo lavoro di repressione, questa volta «giustificata» dal vandalismo: auto incendiate, distrutti negozi, baracche, cabine telefoniche, scuole, dalla furia del giovane proletariato delle periferie. In pochi giorni, la rabbia dei senza lavoro, dei senza salario, dei senza futuro, si è trasmessa in tutte le città francesi più importanti.

E’ una rabbia cieca, una manifestazione di disperata intolleranza alle condizioni di miseria e di incertezza in cui sono costrette le masse proletarie. E’ una rabbia di cui la società cosiddetta civile ha paura perché è incontrollabile, perché nasce dal profondo, da umiliazioni accumulate in decenni di discriminazioni, in decenni di promesse mai rispettate, di precarietà e di miseria. E’ la rabbia di coloro che sono «francesi» perché nati in Francia, di cui hanno la «cittadinanza», ma, essendo perlopiù d’origine maghrebina o in genere delle ex colonie francesi, non godono gli stessi diritti dei bianchi: una discriminazione reale che in situazione di crisi economica e sociale esplode improvvisa e contagia le folle.

Questa esplosione di rabbia e di violenza non è indirizzata verso obiettivi politici precisi, non è indirizzata verso obiettivi sociali chiari e comuni ai proletari; è primitiva, si alimenta da se stessa e, mentre viene indirizzata verso la distruzione e l’incendio per sfogare l’enorme energia accumulata, inquadra l’avversario più conosciuto: il poliziotto. Ma presta il fianco, inevitabilmente, a strumentalizzazioni, immediate o future, sia da parte di gruppi politici che cavalcano la rabbia giovanile per meri scopi di bottega, sia da parte della delinquenza che pesca normalmente e naturalmente nel caos e nel torbido.

Gli arresti e il trattamento non certo «civile» riservato agli arrestati non faranno che consolidare una spaccatura sociale che esiste da sempre – tra proletari e borghesi, tra proletari e mezze classi – ma del quale antagonismo non si percepisce la profondità e l’irrimediabile sbocco violento. Il pugno di ferro che Sarkosi sta usando è il pugno di ferro della classe dominante, di una classe che intende mantenere il suo dominio sulla società e il sistema di sfruttamento del proletariato e del suo lavoro salariato. Il pugno di ferro della repressione, e il coprifuoco, mettono in rilievo – nei fatti – l’incapacità della borghesia di prevenire con mezzi pacifici lo scoppio delle contraddizioni sociali. Ordine, ordine, ordine!, gridano da tutte le parti. Ma gli stomaci restano vuoti, la sopravvivenza quotidiana è sempre più difficile, il futuro sparisce appiattito sul presente immediato!

 La borghesia dominante di un grande paese imperialista non si può permettere di non avere sotto controllo la situazione sociale interna. Questa esplosione perdurante e allargata in tutto il paese l’ha colta in un certo senso di sorpresa. Rimedierà, rimedierà purtroppo! Troveranno i facinorosi, scoveranno trame terroristiche nascoste che intendevano sfruttare la situazione se non addirittura provocarla! E nell’affrontare questo tipo di violenza primitiva, la borghesia dominante chiama a raccolta il paese civile, in una grande abbraccio non-violento, per «isolare» e «neutralizzare» coloro che attizzano il fuoco. Le forze politiche, ovviamente anche quelle che si definiscono di sinistra, rispondono all’appello dei governanti all’union sacrée, e al massimo si lamentano del fatto che le municipalità abbiano tolto i poliziotti di quartiere!: questi sì che sarebbero riusciti a controllare la situazione e a prevenire l’esplosione sociale!!!

Questi figli di proletari, figli di proletari immigrati, non possono contare oggi su di un movimento operaio in grado di catalizzare le loro energie per utilizzarle nella lotta della classe cui, volenti o nolenti, appartengono. La lotta di classe, grande assente, non può fornire loro una prospettiva, un futuro. Ma le contraddizioni profonde di una società che accumula ricchezze gigantesche in poche tasche e distribuisce a piene mani miseria, incertezza e morte, lavorano oggettivamente e inesorabilmente per la ripresa della lotta classista.

Il proletariato dovrà un giorno accettare lo scontro aperto, dichiarato, violento, decisivo al quale la borghesia lo sta chiamando da tempo: non soltanto lo sfruttamento quotidiano sul posto di lavoro, l’aumento insostenibile dei ritmi e dell’intensità di lavoro, lo spolpamento di ogni energia dai corpi proletari prima di gettarli nella disoccupazione e nella miseria, ma anche le persistenti umiliazioni, la colossale presa in giro della democrazia e dei diritti dei «cittadini», le vessazioni di poliziotti e gendarmi che diventano sempre più pesanti e feroci quanto più la situazione sociale degenera. Tutto ciò contribuisce a svelare sempre di più i rapporti di acuto antagonismo fra le due classi principali della società, fra il proletariato e la borghesia.

I proletari dovranno accettare il fatto che ogni proposta riformista, ogni proposta di conciliazione fra le classi, ogni obiettivo di democratica negoziazione fra interessi proletari e interessi borghesi, portano svilimento delle loro energie sociali, portano ad aumentare la debolezza delle loro rivendicazioni, portano ad aumentare la concorrenza fra proletari perché messi uno contro l’altro per accaparrarsi un tozzo di pane. Ogni passo verso l’interclassismo, verso la conciliazione fra le classi è un giro di catena in più al collo proletario!

L’unione fa la forza, dice un vecchio proverbio. E’ ben vero, ma l’unione del popolo indistinto fa la forza solo ed esclusivamente della borghesia dominante, oggi in tempo di pace, domani in tempo di guerra. La forza per resistere all’oppressione sociale il proletariato la trova solo unendosi nella lotta antiborghese e anticapitalistica. E allora, anche nelle situazioni di degenerazione sociale come l’attuale, la rabbia e la violenza sprigionatesi dalle contraddizioni sociali incontenibili possono diventare utili per difendere gli interessi immediati della sopravvivenza e, nel contempo, per indirizzarli alla effettiva, vasta e duratura lotta di classe che ha l’obiettivo di cambiare i rapporti di forza fra proletari e borghesi, di cambiare i rapporti di forza a favore degli interessi generali del proletariato. Invece di chiudere la rabbia e la violenza nei vicoli ciechi della disperazione dopo uno sfogo «liberatorio», l’obiettivo della classe deve essere quello di aprire la strada alla riorganizzazione classista delle grandi masse proletarie, alla ripresa della lotta classista e rivoluzionaria, sul cui percorso il proletariato trova il suo partito di classe, il partito che rappresenta nell’oggi il futuro del movimento, e della società.

 

Viva il proletariato delle periferie che si rivolta contro la disperazione e la degenerazione in cui lo costringe a vivere questa società opulenta!

Viva la prospettiva di un proletariato che lotta in difesa dei suoi interessi di classe, contro tutte le altre classi!

Viva la prospettiva della ripresa della lotta di classe su vasta scala che accetta il terreno della violenza sul quale la repressione borghese agisce in permanenza quasi esclusivamente contro la razza dei proletari!

 

Partito comunista internazionale

(il comunista – le prolétaire – programme comuniste – el programma comunista – the proletarian)

www.pcint.org

 

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