Un ultimo sforzo per la pubblicazione di TERRORISMO  e  COMUNISMO

di  L. Trotsky

(«il comunista»; N° 114; Ottobre 2009)

 

 

I simpatizzanti e i lettori che ci seguono da tempo sanno che anni fa abbiamo pubblicato una nostra traduzione dello scritto di Trotsky «Terrorismo e comunismo» sulla base del testo già riveduto e corretto dal partito nella versione in francese pubblicata per i tipi delle Editions Promethée, Febbraio 1980.

Questo testo è stato pubblicato in 17 puntate nel nostro giornale «il comunista» dal n. 46-47 al n. 83.

L’importanza di questo scritto di Trotsky non è messa in discussione da nessun buon marxista; è certamente uno dei più efficaci strumenti della critica rivoluzionaria che il bolscevismo abbia prodotto e che si accompagna degnamente a Stato e Rivoluzsione di Lenin. Non vi è soltanto la rivendicazione storica - basilare e vitale per i rivoluzionari comunisti - della violenza, della dittatura, e quindi del terrore  da parte di ogni classe rivoluzionaria che prende il potere poltico e lo vuole mantenere (come d’altra parte ha insegnato la stessa rivoluzione borghese); vi è l’inquadramento generale della violenza, della dittatura e del terrore nella visione marxista della lotta di classe moderna spinta fino alle sue estreme conseguenze, attraverso la quale il proletariato -combattendo per l’emancipazione di se stesso come classe salariata - combatte per l’emancipazione dell’intera specie umana da ogni  forma di oppressione, da ogni divisione di classe. La dialettica storica che soltanto il marxismo comprende appieno - e perciò è scienza delle società umane - svolge l’iter tormentato e contraddittorio delle società in un susseguirsi per grandi archi storici di organizzazioni sociali nelle quali l’umanità progredisce o arretra a seconda dello sviluppo economico, sociale, culturale e militare. In questo susseguirsi storico la violenza ha fatto, fa  e farà da levatrice storica delle società umane. Non si tratta di un presupposto idealistico, né di un «ragionamento» filosofico; se fosse così sarebbero bastati i principi religiosi della pacifica comvivenza degli uomini in quanto tutti «figli di dio», o i principi cosiddetti laici che prevedono la Ragione, il razionale, come presupposto condizionante la storia degli uomini. Abbaimo invece sempre visto laici e preti, re e papi, armare truppe per difendere confini, interessi, dinastie, privilegi, modi di produzione e per allargarne il loro raggio d’azione.

La lotta di classe non l’ha nè inventata nè scoperta Marx; ne ha riconsociuto l’esistenza nella società capitalistica un grande economista borghese, Ricardo, che non poteva - per appartenenza alla classe borghese e per dedizione alla sua difesa storica -  accettare le conclusioni materialisticamente obbligate (ossia la fine del dominio della clsse borghese, e con esso, di ogni classe esistente) e le cui teorie sono state studiate, criticate e fatte a pezzi dal nostro Carletto Marx. Ed è proprio la lotta di classe che accumula e indirizza la violenza di cui è impregnato ogni poro della società capitalistica, e sviluppa potenti energie conservatrici (da parte borghese e piccolo borghese) da un lato, e potenti energie rivoluzionarie (da parte proletaria) dall’altro lato. Nel solco storico, dunque, delle lotte fra le classi e rivoluzionarie, il «Terrorismo e comunismo» di Trotsky rivendica  tutti i mezzi rivoluzionari, autoritari e terroristici utili alla vittoria della rivoluzione proletaria nel mondo e alla trasformazione della società da capitalistica a socialista e comunista.

La durissima lotta ideologica che Trotsky, al pari di ogni grande rivoluzionario, svolge contr ogni falso rivoluzionario e contro ogni rinnegato, come all’epoca Kautsky, ebbe il vantaggio di poggiare sull’esperienza diretta di una rivoluzione proletaria che aveva vinto e che doveva difendersi da ogni lato dalle forze concentriche della conservazione borghese alle quali si erano alleate tutte le forze preborghesi, come lo zarismo.

L’errore, tutto piccoloborghese, di considerare l’uso della violenza, e quindi della guerra e del terrore, come una prerogativa costituzionalmente demandata ad una istituzione ritenuta super partes - lo Stato - è caratteristico proprio dei rinnegati, di coloro che, dopo aver abbracciato la causa proletaria e il marxismo, pensano che il proletariato (che è maggioranza nella popolazione) possa raggiungere il potere usando solo la forza del proprio numero, il fatto di «essere» maggioranza, e perciò utilizzare al meglio gli istituti della democrazia che la borghesia stessa ha dovuto erigere sull’onda delle sollevazioni popolari e delle sue rivoluzioni. L’intellettuale, il piccolo borghese, è congenitamente condizionato dalle illusioni della democrazia e, in genere, quando abbraccia la causa del proletariato non lo fa perché si spoglia dell’anagrafe sociale nella quale  la società borghese lo ha incasellato, ma lo fa per una spinta spontanea  di «umanitarietà» e di «giustizia sociale» pensando che questo umanitarismo e questa giustizia sociale siano immanenti al vivere sociale degli uomini e che, quindi, possono essere molto più forti (il «bene» che vince il «male») della disumanità e dell’ingiustizia sociale diffuse nella società odierna.

Lo Stato «super partes», i gruppi umani intesi come «popolo», la giustizia sociale che, alla fin fine la può vincere sull’ingiustizia perchè gli uomini hanno una «coscienza»: sono categorie classiche dell’ideologia borghese che, abbinate al mito della democrazia, formano quegli elementi di intossicazione usati a piene mani nelle propaganda che la classe borghese fa in permanenza allo scopo di devitalizzare gli strumenti di lotta che i proletari, nella storia del loro movimento di classe, hanno efficacemente utilizzato non solo nella difesa delle condizioni immediate di vita e di lavoro ma anche per offendere, per dare «l’assalto al cielo», per rivoluzionare l’intera società da cima a fondo.

Non deve fare meraviglia se siamo noi, della sinistra comunista, ad esaltare il valore polemico e critico dello scritto di Trotsky nel suo Anti-Kautsky «Terrorismo e comunismo»; i trotskisti, visti gli osceni cedimenti alla democrazia borghese non solo sul piano dei mezzi tecnici, ma soprattutto sul piano ideologico e programmatico, si guardano bene dal farsi distinguere da uno scritto del genere. Dei primi trotskisti si poteva dire che sbagliavano in modo particolarmente rischioso, come sbagliò il grande Leone nel credere che la democrazia borghese avrebbe potuto essere utilizzata in modo intelligente dal partito rivoluzionario contro la stessa classe borghese democratica; non ci stancammo negli anni ’30 e non ci stanchiamo nemmeno ora, di ripetere che la democrazia non è semplicemente uno strumento di propaganda della borghesia che può essere usato a fini completante diverse, come un fucile o un cannone dei quali basta rivolgere la canna verso il nemico di class borghese piuttosto che verso il fratello di classe nella guerra borghese di pèredominio e di rapina. La democrazia costituisce il cuore della propaganda della conservazione sociale borghese, è la propaganda borghese per antonomasia, in tutte le sue varianti. Ma lo è anche nei periodi in cui la classe borghese per difendere più efficacemente il suo potere e i suoi privilegi, e per dare più coerenza e forza al processo di centralizzazione della sua struttura economica e finanziaria, mette da parte la democrazia per passare al totalitarismo politico. La bomba della democrazia borghese, in questi casi, scoppia con effetto ritardato; assume la forma della rinnovata «fame di democrazia», di cui i partiti un tempo proletari, ma diventati traditori e opportunisti, hanno dato ampi e osceni esempi nella «lotta antifascista».

Il nostro obiettivo, come sapete, è di uscire a stampa: «Terrorismo e comunismo» di Trotsky; sarà così certamente molto più efficace e pratico. Abbiamo già raccolto più di 1.700 euro e ce ne mancano ancora 600 per poter dare l'avvio della stampa in tipografia. Vi chiediamo uno sforzo ulteriore. Noi comunque ce la stiamo mettendo tutta.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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