A proposito di «blocco popolare»

Partito dei CARC e alleanze elettorali

(«il comunista»; N° 117; Giugno 2010)

 Ritorne indice

 

 

Il Partito dei CARC - Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo - che si rifà allo stalinismo e al maoismo, ad esempio, alle recenti elezioni regionali ha dato dimostrazione del suo fervore demoborghese. Al di là delle pompose e reiterate dichiarazioni di volere la fine del potere della borghesia e del capitalismo, con il suo chiodo fisso di un «governo di emergenza popolare» per fronteggiare gli effetti della crisi capitalistica sul proletariato e sulle mai definite «masse popolari», si è dato da fare in queste ultime elezioni per sostenere candidati di altri raggruppamenti politici (come, per esempio, la Federazione della Sinistra e il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo).

Dunque, questo partito che si definisce «comunista» - come il cosiddetto «nuovo Partito Comunista Italiano» al quale è strettamente legato - non solo continua a zampettare nel pantano elettoralesco e parlamentare, ma, non avendo propri candidati da piazzare nel supermercato dei voti, è andato a scegliere dagli scaffali di questo supermercato un paio di liste che dovrebbero contribuire alla costruzione di «un governo di emergenza popolare composto e sostenute dalle Organizzazioni  Operaie e Popolari» (1). Questo governo dovrebbe essere poi diretto da un Blocco Popolare - anch'esso assolutamente indefinito - l'unico che sarebbe in grado di «rafforzare la lotta contro la crisi dei padroni», di «sbarrare la strada ai tentativi eversivi della destra reazionaria» e di far avanzare la lotta per superare nientemeno che «l'attuale ordinamento economico politico e sociale e fare dell'Italia un nuovo paese socialista»! Al socialismo non si arriverebbe, quindi, per via rivoluzionaria, secondo il programma rivoluzionario applicato da Lenin nella rivoluzione russa e codificato nei primi congressi dell'Internazionale Comunista, ma grazie ad un indefinito movimento delle masse popolari nelle quali confondere il proletariato e dalle quali - grande novità! - farsi dire quali sono gli obiettivi, i metodi e i mezzi per raggiungere quello che i nostri resistenti chiamano «superamento dell'attuale ordinamento economico politico e sociale»! Non a caso essi parlano di «ordinamento economico» e non di «modo di produzione»: gli «ordini» si possono cambiare con le leggi, mantenendo integrale la struttura economica, mentre per cambiare il «modo di produzione» è necessario distruggerlo e sostituirlo con un altro modo di produzione, cioè rivoluzionarlo!

Insomma, il capitalismo e il potere politico borghese che lo rappresenta e lo difende dovrebbero cominciare a dire le ultime preghiere perché all'orizzonte si profila una manovra strategica geniale che li annienterà: un'alleanza elettorale interclassista che mette insieme vecchi arnesi della controrivoluzione stalinista (e post-stalinista) - leggi Partito della Rifondazione Comunista, Partito dei Comunisti Italiani, ex dirigenti del vecchio PCI organizzati per proprio conto ed ex dirigenti della CGIL - e nuovi saltimbanchi demopolari che solleticano il pubblico acclamante protestando più forte di altri contro l'inquinamento ambientale, la privatizzazione dell'acqua, uno sviluppo economico non-sostenibile, trasporti non ecologici e, soprattutto, per una democrazia «diretta», «individuale», che la grande rete del web garantirebbe... Ma, naturalmente, senza toccare la struttura economica fondamentale: il modo di produzione capitalistico.

Il proletariato, i suoi interessi storici - rivoluzione, conquista del potere abbattendo lo Stato borghese, instaurazione della dittatura proletaria e formazione dello Stato proletario diretto dal partito comunista rivoluzionario, negazione della "libertà" di organizzazione e di espressione delle altre classi e mezze classi (il famoso popolo!), interventi dispotici nella società e nell'economia smantellando tutte le istituzioni rappresentative degli interessi economici, politici e sociali delle altre classi e mezze classi antagoniste del proletariato, lotta rivoluzionaria a livello internazionale in sostegno degli interessi del proletari in tutti i paesi del mondo  ecc. - e i suoi specifici ed esclusivi interessi immediati, che fine hanno fatto? La geniale manovra alleanzista del Partito dei CARC parla molto di democrazia, di popolo, di «movimento progressista», ma di lotta di classe del proletariato, di sua riorganizzazione classista sul terreno dell'antagionismo netto e dichiarato contro ogni interesse non solo grande-capitalista, ma capitalista in quanto tale, nemmeno l'ombra!

Nell'intervista a Vito Crimi (candidato alla presidenza della regione Lombardia della Lista Cinque Stelle, nelle scorse elezioni regionali) (2), il Partito dei CARC dichiara il suo sostegno a questa lista «al fine di rafforzare la lotta contro la crisi dei padroni»; esso confida nel fatto che, spinti dalla crisi, «vasti settori popolari si stanno mobilitando» e che «ogni componente di questo movimento deve essere valorizzato e si deve porre concretamente il problema di attuare e mettere in pratica le proposte e le misure necessarie per far fronte agli effetti della crisi»; esso è convinto che «sia urgente e necessario promuovere la costruzione di un governo di emergenza popolare costituito e sorretto dagli esponenti delle organizzazioni popolari e operaie, ambientaliste, democratiche e progressiste. Insomma, una soluzione politica, costruita dal basso, possibile sulla base di tre condizioni preliminari: il coordinamento delle organizzazioni popolari e operaie esistenti, la nascita di nuove organizzazioni simili e una ampia e capillare propaganda della possibilità e necessità di un governo simile, in modo che diventi obiettivo cosciente perseguito in ogni mobilitazione».

Dunque, alle scorse elezioni regionali saremmo stati alla vigilia di una svolta epocale, visto che le mobilitazioni nelle strade e nelle piazze contro la crisi e contro il governo Berlusconi andavano in crescendo e che la geniale manovra elettorale del partito dei CARC avrebbe avviato quel processo di «costruzione» di un governo di «emergenza popolare» che il «Blocco Popolare» ideato da questi nuovi strateghi della lotta interclassista avrebbe formato, dando così attuazione alla «soluzione politica costruita dal basso». Le elezioni regionali hanno dimostrato per l'ennesima volta che di popolare c'è stato soltanto il solito inganno e che coloro che hanno vinto le elezioni - la famosa destra reazionaria - hanno dimostrato di avere una «strategia» molto più realistica dei nostri... resistenti.

Il dato di fatto è che le elezioni le vince sempre la democrazia borghese, e i partiti che nella situazione data la interpretano con più forza economica, politica e propagandistica. Come mai molti operai dell'Italia del Nord hanno votato Lega? Evidentemente il «Blocco Popolare» rappresentato dal PdL e dalla Lega era recepito come molto più affidabile di altri blocchi popolari, federati o non federati. Scendere sul terreno elettorale - come già sosteneva  la Sinistra comunista nel primo dopoguerra - è già una sconfitta per il proletariato, anche se le elezioni le dovessero "vincere" i partiti "operai", perché accettare il terreno democratico come il terreno risolutore delle contraddizioni sociali e dell'antagonismo di classe fra proletariato e borghesia, significa condividere, idealmente, la potente propaganda dell'inganno borghese e sottomettersi, praticamente, alle esigenze di conservazione sociale - dunque al dominio politico e sociale della borghesia. I comunisti dovrebbero sapere, come minimo, che la società capitalistica si propone, in genere, nelle forme di una ferrea dittatura economica ma vestita con le forme democratiche dei confronti, dei dibattiti, delle negoziazioni, dei sondaggi, delle elezioni, forme che non scalfiscono di un millimetro la sostanza classista del potere borghese, ma che hanno il compito di nascondere e mimetizzare questa realtà in modo che soprattutto la classe proletaria, che è la vera produttrice della ricchezza sociale, accetti il suo continuo e sempre più bestiale sfruttamento economico contro salari sempre più magri... e tante tante chiacchiere!

Già all'epoca del parlamentarismo rivoluzionario di Zinoviev e di Lenin, la Sinistra Comunista d'Italia, che in Bordiga aveva il suo più coerente rappresentante, alla guida del Partito Comunista d'Italia prima che fosse esautorata e sostituita da un più malleabile Gramsci, metteva in guardia l'Internazionale e i bolscevichi dalle possibili deviazioni dal principio - condiviso da Lenin e da Bordiga -  della distruzione del parlamento borghese, in particolare nei paesi occidentali a lunga tradizione democratica. Si temeva che la tattica del «parlamentarismo rivoluzionario», invece di contribuire a dimostrare ai proletari che la soluzione dei loro interessi di classe non stava nel parlamento ma nella lotta rivoluzionaria e nella sua preparazione, avrebbe potuto condurre i partiti comunisti a passare dall'audace uso tattico del parlamentarismo ad abbracciare in pieno il principio democratico. Avvenne esattamente questo: il principio democratico entrò nel programma dei partiti comunisti scalzando completamente le coerenti proposizioni rivoluzionarie contenute nelle formulazioni originarie; i partiti, da sezioni di un unico partito internazionale con un unico programma e un unico piano tattico valido per tutti, divennero partiti nazionali, ognuno con la propria «specificità», ognuno indipendente e autonomo dagli altri, ognuno «libero» di impantanarsi nella melma  interclassista e collaborazionista della «propria» nazione. I partiti comunisti, alla Lenin e alla Bordiga, furono uccisi; nacquero al loro posto i partiti nazionalcomunisti, destinati a diventare veri e propri paladini della democrazia borghese e, perciò, pilastri della conservazione borghese. Il Partito dei CARC, alla stessa stregua dei partiti nati dalla frammentazione del vecchio PCI gramsciano e stalinizzato, non fa che continuare la navigazione sulla stessa rotta opportunista; oggi, a differenza del PCI anni Trenta o anni Cinquanta, con giustificazioni molto più penose e inconsistenti. Il «nuovo paese socialista» che spacciano i nuovi/vecchi resistenti è agli antipodi non solo rispetto al socialismo di Marx, di Engels, di Lenin e di tutti i comunisti intransigenti, ma anche rispetto alla prospettiva socialdemocratica e gradualista del riformismo classico. Oggi, ai nuovi/vecchi resistenti basta riempire il vuoto politico con un mulino di parole... socialiste. E l'inganno a spese dei proletari continua!

 


 

(1) Organizzazioni Operaie e Popolari, sarebbero tutte quelle organizzazioni democratiche, cattoliche, progressiste, di base, autorganizzate, che non dipendono dai "politicanti", dai "Comitati d'affari" e dalla "Corte Pontificia" (www.carc.it); vedi anche Intervista P.CARC a Vito Crimi (Lista 5 Stelle), lombardia.indymedia.org, 23/03/2010.

(2) Ibidem.

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

Top

Ritorne indice