L’ondata di scioperi in Sudafrica dimostra la necessità dell’organizzazione di classe!

(«il comunista»; N° 128; novembre 2012 - gennaio 2013)

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Da diversi mesi il Sudafrica conosce un’importante ondata di conflitti sociali e di scioperi, provocati dal deterioramento della situazione di vita dei proletari e delle masse sfruttate.

Come spesso è accaduto, i minatori sono in primo piano nelle lotte; bisogna dire che se l’industria mineraria è il settore economico più importante del paese che arricchisce le compagnie internazionali e i borghesi locali, le condizioni di vita e di lavoro dei minatori, a dispetto di una lunga storia di lotte che hanno permesso loro di ottenere alcuni miglioramenti, restano comunque deplorevoli. I minatori della Lonmin vivono in capanne miserabili, fredde, con gabinetti esterni per 50 persone nei quali scende appena un filo d’acqua ecc. Un terzo dei minatori è precario, con salari ancora più bassi degli altri e senza alcuna previdenza sociale, senza diritto alla pensione o alle cure mediche. “Meglio morire che lavorare per questa merda!” dichiarava un minatore della Lonmin (El Pais, 20/8/2012).

Il Sudafrica è il primo produttore mondiale di platino e la sua importanza nell’industria mineraria sudafricana ha rimpiazzato quella dell’oro; ma la crisi economica ha avuto come conseguenza l’abbassamento del  suo prezzo sul mercato mondiale, spingendo i capitalisti ad accrescere lo sfruttamento dei proletari allo scopo di salvaguardare i loro profitti.

Dopo i minatori della Lonmin, altri scioperi “selvaggi” sono scoppiati nel settore minerario con le stesse rivendicazioni di aumenti salariali; in particolare alla Anglo American Platinum (Amplast) di Rustenburg, città vicina a Lonmim dove i minatori avevano alzato barricate in tutte le vie d’accesso. All’inizio di settembre la polizia interveniva sparando proiettili di gomma contro gli scioperanti di una miniera d’oro nei pressi di Johannesburg. Alla fine di settembre la produzione delle miniere d’oro della AngloGold Ashanti, che occupa 35.000 lavoratori, era completamente paralizzata in tutto il paese. Gli scioperi toccavano anche le miniere di cromo, ancora a Rustenburg,  dove centinaia di minatori decidevano di fare un sit-in sotterraneo chiedendo un aumento di 12.500 rands. All’inizio di ottobre la fabbrica Toyota di Durban veniva toccata da uno sciopero selvaggio; si stimava che circa 80.000 minatori fossero in sciopero nelle diverse miniere del paese.

Dopo la bestiale repressione a Marikana (1), il governo ha deciso di aprire un’inchiesta ufficiale per calmare l’indignazione suscitata da questo massacro; non vi è alcun dubbio sulle cause e la realtà dei fatti: tutto indica che il macello era premeditato; il sindacato ufficiale (il NUM, National Union of Mineworkers) e il PC sudafricano avevano chiesto la repressione degli scioperanti (sfuggiti al loro controllo) e alcuni responsabili del NUM avevano direttamente collaborato con i poliziotti per organizzarla. L’attitudine delle autorità di fronte agli altri scioperi conferma, se ve ne fosse bisogno, da quale parte stanno il governo e i sindacati ufficiali.

E’ così che, a Rustenburg, il NUM dichiarava la fine dello sciopero dopo aver siglato un accordo con i padroni, ma i minatori continuavano la loro azione e trattavano il NUM da “bugiardo”. La polizia interveniva contro gli scioperanti con proiettili di gomma, facendo un morto. Tuttavia il movimento di sciopero si estendeva ad altri settori: 20.000 camionisti, gli operai della Dunlop a Howick, dove 14 scioperanti venivano feriti da proiettili di gomma sparati dalle milizie padronali ecc. Nel frattempo, il governo di Jacob Zuma, che aveva finto di commuoversi di fronte al massacro della Lonmin, inviava l’esercito a presidiare  Marikana, fino alla fine dell’anno “per mantenere la calma”.

Il 2 ottobre Goldfields faceva evacuare 5.000 scioperanti dai dormitori nei quali si erano riuniti, dopo che, all’inizio dello stesso mese, gli scioperi selvaggi si erano estesi ad un’altra miniera della stessa proprietà, a Bokoni, a centinaia di km dall’epicentro del movimento di sciopero costituito dalle città di Marikana e Rustenburg. Amplast decideva nello stesso periodo di licenziare 12.000 scioperanti di Rustenburg, mentre la AngloGold Ashanti minacciava anch’essa di licenziare gli scioperanti.

Amplast, dopo aver negoziato con il NUM, accettava di riassumere i minatori licenziati, ma la lotta non è comunque terminata. Dopo che la Cosatu (che, con il PC sudafricano e l’ANC di Mandela e Zuma, fa parte della “Triplice Alleanza” antiproletaria al potere) ha dununciato a più riprese gli scioperi selvaggi, al suo congresso di fine settembre aveva la faccia tosta di proclamare il suo sostegno ai lavoratori, in particolare agli autisti in sciopero (dichiarazione che non la impegnava in nulla), invitandoli di evitare ogni atto di violenza; il sindacato degli autisti dichiarava decisamente che le azioni violente degli scioperanti (attacchi e incendi dei camion che cercavano di spezzare lo sciopero), erano opera di “delinquenti”! Da parte sua, il presidente Zuma è andato al congresso della Cosatu per affermare (non ridete...) che: “il sindacalismo è il solo scudo che i lavoratori hanno per proteggersi e difendersi”! (2). Gli scioperanti della Lonmin che hanno visto i bonzi del NUM (il principale sindacato della Cosatu) dare manforte alla polizia contro di loro, apprezzeranno sicuramente...

Ma gli scioperi non sono cessati e a metà novembre si sono estesi ai lavoratori agricoli della regione del Capo. I lavoratori agricoli vivono in condizioni particolarmente misere e bestiali, come è stato rilevato in un recente rapporto della Human Right Watch (3). Anche questo sciopero è stato spontaneo, ma la Cosatu ha cercato di prenderne la testa; approfittando del fatto che la provincia è diretta dall’opposizione, essa ha accusato i dirigenti politici locali di essere responsabili delle cattive condizioni di vita e di lavoro. Gli scioperanti chiedono che la loro paga giornaliera passi da 69 rand  (7,8 dollari US), ossia il salario minimo, a 150 rand  (17 dollari US). Le autorità hanno risposto con la repressione che ha provocato un morto e diversi feriti. La Cosatu ha invitato a sospendere lo sciopero avendo il governo accettato di negoziare per l’aumento del salario minimo. Tuttavia al momento in cui noi scriviamo, lo sciopero continua.

I lavoratori non si sono lasciati intimorire ed hanno continuato il loro movimento che si è esteso nella provincia. A metà novembre, in un’assemblea, gli scioperanti hanno deciso di organizzare dei comitati di sciopero per dirigere la lotta. In un tentativo di dividere i lavoratori, il primo ministro della provincia, Hellen Zille, ha accusato gli immigrati e i “clandestini”, venuti dal Lesoto o dallo Zimbabwe, di essere i responsabili dello sciopero! Ma, di fronte ad un movimento di sciopero che non si arrestava, il 28 novembre Zille chiedeva al governo centrale l’invio dell’esercito per “impedire le violenze degli scioperanti”. Anche la Cosatu ha sostenuto questa richiesta... per proteggere i lavoratori dalla violenza dei padroni!!! (4)...

Questa ondata di scioperi che scuote il Sudafrica si scontra, dunque, non solo con la repressione padronale e poliziesca, ma anche col sabotaggio e l’azione di sabotatori dello sciopero dei sindacati della Cosatu e del PCSA; ciò dimostra una volta di più la necessità dell’organizzazione indipendente di classe per condurre le lotte contro il padronato, ma anche la necessità  dell’organizzazione politica, del partito di classe, affinché queste lotte non vengano imprigionate nella rete della collaborazione fra le classi e possano, sviluppandosi, elevarsi al livello della lotta generale contro il capitalismo e lo Stato borghese.

 

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Ma questo orientamento non è quello difeso dai gruppi politici di estrema sinistra esistenti in Sudafrica.

Lo Spartacist South Africa (sezione dell’organizzazione spartacista International Communist League) riprendeva nel suo volantino del 28 agosto scorso (4) la sua caratteristica rivendicazione del “governo operaio imperniato sui Neri”, rivendicazione tipicamente trotskista che, dietro un appello rimbombante, è puramente riformista e parlamentare: se il governo preconizzato dagli Spartacisti fosse un governo anticapitalista, dovrebbero aggiungere che un tale governo non può essere che il risultato della presa violenta del potere da parte del proletariato, la distruzione dello Stato borghese e l’instaurazione della dittatura proletaria. Ogni altro governo sedicente “operaio” non è che una frode, un inganno dei lavoratori: non può esistere un governo operaio nel quadro dello Stato borghese che è antioperaio per natura!

Nello stesso volantino, a fianco della denuncia del governo della triplice Alleanza e del NUM, lo SSA rivendica – giustamente – l’autodifesa degli scioperanti. Ma gli Spartacisti mostrano, in realtà, criticando i lavoratori che abbandonano il NUM, di essere gli eterni codisti degli apparati collaborazionisti antiproletari:

The answer to the betrayals by the leaders of the NUM and other COSATU unions cannot be to simply leave and set up separate unions, which tends to weaken and divide the workers” [La risposta ai tradimenti commessi dai dirigenti del NUM e di altri sindacati della COSATU non può essere semplicemente quella di abbandonarli per costituire altri sindacati, perché ciò tenderebbe a indebolire i lavoratori].

Così, secondo questi codisti del collaborazionismo, l’organizzazione dei lavoratori, al di fuori di un sindacato che si rivolge alla polizia per spezzare gli scioperi, dovrebbe essere quella che collabora con i padroni, quella che in realtà è un fattore di divisione e di indebolimento dei proletari!

L’unità dei proletari non è certo l’unità con gli apparati collaborazionisti che paralizzano, sabotano e combattono apertamente le lotte operaie; è, al contrario, l’unità con i proletari delle altre imprese, degli altri settori, delle altre nazionalità per la difesa degli interessi comuni ai proletari e ad essi soltanto; questa unità – di classe – inizia attraverso l’organizzazione indipendente di classe, al di fuori e contro questi apparati (non solo qualche dirigente venduto) che praticano la collaborazione di classe per meglio difendere il capitalismo nazionale e la patria borghese.

Altre organizzazioni trotskiste sudafricane, come  il Democratic Socialist Mouvement, che ha una certa influenza fra i minatori, al punto da essere accusato di essere responsabile del proseguimento del conflitto, hanno adottato posizioni riformiste simili. Il DSM, ad esempio, chiede che la Cosatu si tolga dalla Triplice Alleanza al potere (5), come se questo cambiasse in qualche modo la sua natura di organizzazione collaborazionista antiproletaria! E rivendica la nazionalizzazione delle miniere, naturalmente “sotto il controllo operaio”... La rivendicazione del controllo operaio di un’impresa diretta dallo Stato borghese è ancora più stupida di quella del governo operaio di questo stesso Stato. In ogni caso, essa è del tutto contraria all’orientamento di classe di cui hanno bisogno i proletari sudafricani per lottare contro i capitalisti che sono normalmente appoggiati e difesi dallo Stato borghese.

I proletari sudafricani portano avanti oggi coraggiosamente lotte difficili di resistenza contro un nemico di classe che si camuffa dietro i falsi amici “comunisti” e sindacalisti. Essi non possono contare neanche su pretesi gruppi rivoluzionari che  sono solo una variante particolare del riformismo, e forse più dannosi a causa dei loro discorsi pseudo-rivoluzionari.

I proletari, non solo del Sudafrica, ma di tutto il mondo, dovranno ritrovare, anche se con fatica, le autentiche posizioni classiche del comunismo rivoluzionario per organizzarsi in partito di classe e, insieme ai proletari di ogni altro paese, poter passare all’attacco contro il capitalismo mondiale!

 


 

(1) Vedi "Sudafrica. Che al potere ci sia la borghesia bianca o la borghesia nera, ad essere massacrati sono sempre i proletari!", il comunista, n. 126-127.

(2) L’Humanité, 20/9/12.

(3)   www.hrw.org/news/2011/08/23/south-africa-farmworkers-dismal-dangerous-lives

(4)   www.icl-fi.org/english/leaflets/lonmin-sa.html

(5)   www.socialistsouthafrica.co.za

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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