Continua la corsa a tappe per trasformare i grandi rivoluzionari in articoli di commercio e, quindi, in icone inoffensive

Intermezzo alla serie intitolata "amadeo bordiga nel cammino della rivoluzione

(«il comunista»; N° 130-131; aprile - luglio 2013)

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- LE ONDATE STORICHE DELL'OPPORTUNISMO

- LA SINISTRA COMUNISTA COME ARTICOLO DI COMMERCIO

- CACCIA ALL'AUTORE

- PROPRIETÀ INTELLETTUALE CONTRO MILITANZA RIVOLUZIONARIA

- IL PARTITO DI CLASSE È FORZA COLLETTIVA ORGANICAMENTE SALDATA ALLA TEORIA RIVOLUZIONARIA E ALL'ESPERIENZA STORICA DELLA LOTTA RIVOLUZIONARIA DELLA CLASSE DEL PROLETARIATO

- SI ESALTA IL GRANDE TEORICO PER AFFOSSARE IL LAVORO IMPERSONALE DI PARTITO

- BORDIGA, BISTRATTATO E OSANNATO DA NEMICI E PSEUDO-AFFINI, RIMANE PERENNEMENTE INDIGESTO AGLI ESPEDIENTISTI DI OGNI TEMPO

 

 

Dopo la morte di Amadeo Bordiga, nel luglio 1970, e soprattutto dagli anni Ottanta in poi, vi è stato un certo interesse da parte di una schiera di intellettuali che hanno avuto contatti, o frequentato il "partito comunista internazionalista-battaglia comunista" o il "partito comunista internazionale-programma comunista", o che hanno per un certo periodo addirittura  militato nelle loro file, a trattare la "storia" della Sinistra comunista "italiana" dandone proprie interpretazioni e versioni. Per molti decenni, si trattasse della corrente della Sinistra comunista comunemente detta "italiana" o di suoi esponenti più noti (Bordiga, Fortichiari, Damen, o altri militanti), è un fatto che la storiografia ufficiale (che normalmente in Italia  faceva capo al PCI) ha seguito supinamente le direttive impartite dal partito togliattiano e dallo stalinismo internazionale: ignorare, nascondere e cancellare l'apporto determinante che la Sinistra comunista d'Italia diede non solo alla formazione del Partito Comunista d'Italia, ma allo stesso movimento comunista internazionale negli anni gloriosi della Rivoluzione e della dittatura proletaria in Russia attraverso la propria opera in Italia e nei primi congressi dell'Internazionale Comunista appena costituita. Apporto che continuò, sempre più solitario e pur nelle forme disomogenee della Frazione del PCdI all'estero per tutti gli anni Trenta del secolo scorso, di critica e di costante denunzia dello stalinismo e della finale degenerazione dell'Internazionale e dei partiti che la formavano e che si prolungò negli anni della seconda guerra mondiale.

Quando proprio non si poteva nascondere l'attività dei militanti della Sinistra comunista d'Italia, negli anni Venti e Trenta riparati all'estero e poi in gran parte rientrati, a guerra finita, in Italia, la consegna era: denigrare, calunniare, falsificare sistematicamente, come lo stalinismo faceva normalmente contro tutte le espressioni politiche rivoluzionarie che resistevano alle sue imposizioni o che non erano state distrutte dalla repressione e dal terrorismo controrivoluzionario. E' noto, almeno a chi segue da tempo le vicende che riguardano non solo la nostra corrente ma anche quella trotskista, che lo stalinismo ha eliminato fisicamente tutta la vecchia guardia bolscevica di cui le grandi "purghe" del 1936 sono state solo la punta di un iceberg, fino a eliminare lo stesso Trotsky nel lontano ma non irraggiungibile Messico; come è noto che, finita la guerra, proprio per la coraggiosa e mai smessa attività rivoluzionaria antifascista, antistaliniana e antipartigiana dei militanti della sinistra comunista d'Italia che si sono poi riorganizzati nel 1942-43 in  partito comunista internazionalista, due compagni, Mario Acquaviva e Fausto Atti, furono uccisi per mano di sicari del partito togliattiano. E' anche noto che i militanti della sinistra comunista d'Italia, organizzatisi all'estero nella Frazione di Sinistra del PCdI (diventata poi Frazione Italiana della Sinistra Comunista), al loro rientro in Italia dopo la guerra aderirono in buona parte al "partito comunista internazionalista-battaglia comunista"già formatosi tra la fine del 1942 e l'inizio del 1943 nel nord Italia su iniziativa di militanti del PCdI del 1921 e legati alla corrente della Sinistra comunista. Va ricordato che, all'epoca, l'Italia era divisa in due: il Nord era sotto l'occupazione delle truppe tedesche, il Sud era sotto l'occupazione delle truppe angloamericane. Anche nel Sud Italia si erano formati gruppi di militanti legati all'esperienza della sinistra comunista del 1921-26 fino a costituire una Frazione di Sinistra del PSI e del PCI, gruppo questo che, sciogliendosi, aderirà in buona parte, successivamente, al Partito comunista internazionalista.

Dicevamo che, a questo convulso periodo storico e alle vicende che caratterizzarono i più diversi tentativi fatti dai gruppi di comunisti internazionalisti di origine italiana per organizzare la loro avversione e la loro lotta contro la degenerazione della Internazionale Comunista e del Partito Comunista d'Italia,  diversi intellettuali, sedicenti "esperti" della sinistra comunista e dell'estremismo di sinistra, o "storici" delle più diverse dissidenze dei grandi partiti comunisti ufficiali legati a Mosca, hanno dedicato la loro attenzione e il loro lavoro di ricerca, approfittando del vento sfavorevole allo stalinismo per emergere rispetto ad altri e distinguersi dal folto gruppo di "storici" embedded nei meccanismi propagandistici dei poteri economici, e quindi culturali, "forti". In ogni caso, si deve arrivare all'epoca in cui il maggior rappresentante della Sinistra comunista d'Italia, Amadeo Bordiga, stava morendo e morì - luglio 1970 - perché i "politologi" e gli "storici" cominciassero a togliere le prime pietre sotto le quali erano stati sotterrati anni e anni di battaglie teoriche, politiche e pratiche dei gruppi della Sinistra comunista, ma lo fecero, in genere, col solito vizio di personalizzare sempre ogni posizione, ogni dibattito, ogni scontro politico. 

La lotta che i comunisti rivoluzionari hanno condotto e conducono contro il potere borghese e le forze opportuniste che si mimetizzano dietro i colori della lotta di classe e il rosso del sangue versato dai proletari fin dalla Comune del 1871per difenderne il mantenimento, è una lotta fondamentalmente impersonale perché le sue radici affondano nelle contraddizioni sociali e negli antagonismi di classe esistenti nella società e nella lunga tradizione marxista storicamente incancellabile; una lotta che non conosce tregua, che non conosce confini, che non conosce pause e che non può essere ridotta alla dimensione di singoli individui anche se di grande levatura. Una lotta che, se non ha la possibilità materiale di svolgersi sul terreno dello scontro fisico della classe proletaria guidata dal suo partito contro la classe borghese e i suoi alleati, nelle lotte immediate come nella lotta politica più ampia e generale, mantiene la sua potenzialità nei meandri sotterranei delle contraddizioni di classe attraverso i suoi vettori più adatti a durare nel tempo a livello politico-programmatico e teorico [che possono essere piccoli gruppi di militanti o militanti isolati o, addirittura, uno scritto dimenticato] e grazie ai quali è possibile che, in una situazione più favorevole all'emergere della lotta di classe proletaria, si ricostituisca il partito politico di classe - depositario della coscienza di classe, della conoscenza degli obiettivi rivoluzionari della lotta di classe del proletariato - adeguatamente preparato e in grado di sviluppare la sua azione di influenza sul proletariato e di direzione della  ripresa della lotta di classe e rivoluzionaria.

"Per noi marxisti (marxisti, non "bordighisti", NdR) - è scritto in un filo del tempo del 1953 (1) - basta che la conoscenza ci sia prima del processo (rivoluzionario, NdR); ma non nella universalità, non nella massa, non in una maggioranza (termine privo di senso deterministico) della classe, ma in una sua minoranza anche piccola, in un dato tempo in un gruppo anche esiguo, ed anche - scandalizzatevi dunque o attivisti! - in uno scritto dimenticato momentaneamente. Ma gruppi, scuole, movimenti, testi, tesi, in un lungo procedere di tempo, formano un continuo che altro non è che il partito, impersonale, organico, unico proprio di questa preesistente conoscenza dello sviluppo rivoluzionario".

E' questo tenace attaccamento al materialismo marxista, per cui non sono le persone, gli uomini, i personaggi, i capi a fare la storia, ma le forze sociali nei loro rapporti contraddittori, sociali e perciò impersonali, che disturba la numerosa schiera di ricercatori che vogliono scrivere un pezzetto di storia facendosi largo tra i concorrenti a suon di "scoop" sul tale o tal altro "personaggio"; ma il loro obiettivo, che è in genere quello di arricchire il proprio personale medagliere, va oltre a questo, più nascosto e dichiarato o meno che sia, di dare il proprio personale contributo all'opera di propaganda ideologica della classe borghese dominante che ha tutto l'interesse di trasformare i capi rivoluzionari, quando finalmente sono morti, in icone inoffensive. Così, oltre ad alimentare e rivendicare la proprietà intellettuale, che è una delle espressioni più insidiose della proprietà privata, si coopera alla riduzione della lotta di classe e rivoluzionaria, delle sconfitte e delle vittorie del movimento proletario e del movimento comunista, ad un teatrino dei personaggi su cui ognuno può esibire la propria personale opinione.

 

LE ONDATE STORICHE DELL'OPPORTUNISMO

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Lo sviluppo dell'imperialismo - che ha visto la stessa URSS, dopo oltre un quarantennio di condominio mondiale  contro-rivoluzionario con gli Stati Uniti,  fallire nel suo piano di colonizzazione di una parte del pianeta -, con i suoi contrasti e le sue inevitabili contraddizioni, ha fatto crollare anche il castello di menzogne che lo stalinismo aveva eretto a difesa della ragion di Stato russa facendola passare come difesa dello Stato-guida del socialismo nel mondo. La falsa tesi marxista del "socialismo in un solo paese", la menzogna del "socialismo reale", del "campo socialista" contrapposto al "campo capitalista", si sono alla fine dovute piegare alla prevista confessione come il nostro partito aveva annunciato in tempi non sospetti: nel mondo esiste un solo ed unico campo, un solo ed unico mercato, una sola ed unica economia, quella capitalista! E l'alternativa al capitalismo è da sempre unica, la rivoluzione proletaria internazionale, guidata da un unico partito comunista, prospettiva nella quale si collocò la costituzione nel 1919 dell'Internazionale Comunista e per la quale lottò strenuamente il partito bolscevico di Lenin e il partito comunista d'Italia, fino a quando non furono entrambi sopraffatti dalle correnti dell'opportunismo socialdemocratico e dallo stalinismo, vera e propria espressione mondiale della controrivoluzione borghese.

Il movimento operaio internazionale, e quindi il movimento politico rivoluzionario del proletariato, nella loro storia hanno conosciuto diverse fasi di degenerazione opportunista che, nella definizione delle Tesi caratteristiche del partito (dicembre 1951), scritte come basi di adesione al partito comunista internazionalista (in seguito definito "internazionale") e valide tuttora, sono state sintetizzate in tre grandi ondate storiche, così descritte. "La prima: fine del secolo. Una prima onda dell'opportunismo nelle file del movimento proletario marxista (considerando movimenti fuori del marxismo la posizione bakuniniana nella Prima Internazionale, e quella soreliana nella seconda; 1867-71 e 1907-14) è quella revisionista socialdemocratica (...) si afferma possibile il socialismo per via graduale e incruenta, e si tenta (Bernstein) di vuotare il marxismo del contenuto rivoluzionario". "La seconda: 1914. Allo scoppio della guerra 1914 si abbatte sul movimento proletario la seconda tremenda ondata dell'opportunismo. Numerosi capi parlamentari e sindacali, e forti gruppi di militanti con interi partiti, dipingono il conflitto tra gli Stati come una lotta che potrebbe condurre al ritorno del feudalesimo assolutista e alla distruzione delle conquiste civili della borghesia, e della trama produttiva moderna; predicano quindi la solidarietà con lo Stato nazionale in lotta. Ciò da ambo i lati del fronte, poiché alleata con le avanzate borghesie di Inghilterra e Francia vi è la Russia dello Zar. La maggioranza della Seconda Internazionale cade nell'opportunismo di guerra; pochi partiti tra cui quello italiano vi sfuggono, ma solo gruppi e frazioni avanzate si pongono sul terreno di Lenin [la corrente della sinistra marxista del partito italiano è tra queste, NdR] che, definita la guerra come prodotto del capitalismo e non della lotta tra capitalismo e forme antiche, ne trae non la sola condanna della unione sacra e della alleanza nazionale, ma la rivendicazione della lotta disfattista interna del partito proletario contro ogni Stato ed esercito in guerra".

Come si doveva reagire a queste ondate opportuniste?

"Alla prima onda d'opportunismo reagiva la formula: nessuna alleanza elettorale parlamentare e ministeriale per ottenere riforme. Alla seconda onda reagiva l'altra formula tattica: nessuna alleanza di guerra (dal 1871) con lo Stato e la borghesia (...)". "La Terza Internazionale sorge sul doppio dato storico antisocialdemocratico e antisocialpatriottico", ma "La tarda efficacia delle reazioni impedì che dello svolto e del crollo 1914-18 si profittasse per ingaggiare ovunque e vincere la lotta per il disfattismo della guerra e la distruzione dello Stato borghese. Sola grandiosa eccezione storica è la vittoria di Russia dell'Ottobre 1917. La Russia era il solo grande Stato europeo ancora retto dal potere feudale, e con scarsa penetrazione delle forme capitalistiche di produzione. In Russia vi era un partito non numeroso ma tradizionalmente fermo sulla giusta linea della dottrina marxista, opposto nell'Internazionale alle due onde opportuniste, e nello stesso tempo all'altezza di porre, fin dalle prove grandiose del 1905, i problemi dell'innestarsi di due rivoluzioni: borghese e proletaria. Questo partito lotta nel febbraio 1917 con gli altri contro lo zarismo e subito dopo non solo contro quelli borghesi liberali, ma contro quelli opportunisti proletari, e perviene alla disfatta di tutti. Esso per di più è al centro della ricostituzione della Internazionale rivoluzionaria".

La terza ondata storica dell'opportunismo data dal 1926. "Mentre di fronte alla seconda delle grandi ondate storiche opportuniste, l'indirizzo traditore si presentava in forme umanitarie, filantropiche e pacifiste e culminava nella diffamazione del metodo insurrezionale e dell'azione armata (andando poi a sboccare nell'apologetica della violenza legale e statale di guerra); fatto nuovo, nella terza ondata degenerativa, è quello che il tradimento e la deviazione dalla linea rivoluzionaria classista si sono presentati anche nelle forme di azioni di combattimento e di guerra civile. La critica alla degenerazione dalla linea di classe resta la stessa, in questa attuale fase, contro i fronti comuni, blocchi od alleanze a fine puramente propagandistico od elettorale e parlamentare, come quando si tratta di ibride collusioni di movimenti eterogenei al partito comunista per fare prevalere all'interno di un paese un governo sull'altro con una lotta di natura militare basata sulla conquista di territorio e di posizioni di forza (...) Se mai il rifiuto del partito comunista a subordinarsi a comitati interpartitici e suprapartitici deve soltanto diventare più inesorabile quando si passi dal campo di agitazioni legalmente consentite a quello vitale e primario dei movimenti cospirativi, della preparazione di armi e di inquadramenti combattenti, campi nei quali è criminoso avere alcunché in comune con movimenti non classisti". "La terza ondata storica dell'opportunismo assomma le caratteristiche più deteriori delle due precedenti, nella stessa misura in cui il capitalismo odierno comprende tutti gli stadi del suo sviluppo" (2).

Come è facilmente riscontrabile dagli scritti posteriori, siano essi tesi, prese di posizione, studi, il partito non ha mai deflettuto da questa impostazione, anzi, semmai l'ha ribadita con forza negli anni successivi in cui sono stati tirati i bilanci dinamici degli svolti storici che hanno determinato la devastante sconfitta del movimento comunista internazionale. A dimostrazione del fatto che la posizione assunta dalla Sinistra comunista d'Italia contro le deviazioni successive dell'Internazionale Comunista dalla giusta rotta marxista emerse fin dalle primissime avvisaglie (fronte unico politico, governo operaio e contadino, partiti simpatizzanti ecc.) ci sono i documenti delle grandi battaglie portate in tutte le sedi, nazionali e internazionali, dalla corrente di sinistra cui noi ci colleghiamo; battaglie che furono sintetizzate con grande chiarezza, per citare solo alcuni testi, nelle tesi del PCdI sulla tattica del 1922, nelle tesi proposte per la tattica dell'Internazionale sempre del 1922, nei "Rapporti Bordiga" sul fascismo al IV e al V congresso dell'IC del 1922 e del 1924, nelle Tesi della sinistra al congresso del PCdI di Lione 1926.

E, a proposito della  tesi staliniana più conosciuta del "socialismo in un solo paese", nelle Tesi di Lione della Sinistra comunista d'Italia nel 1926 - quando c'era ancora, sebbene lontana, la possibilità di correggere la direzione che aveva preso la centrale di Mosca e, in ogni caso, era presente la necessità di condurre una battaglia che potesse far da base alla ripresa del movimento comunista su posizioni marxiste corrette - nella parte conclusiva dedicata alle "Questioni russe.1926" si può leggere:

"Deve ritenersi impossibile in un solo paese la costruzione del socialismo integrale esteso alla produzione e alla distribuzione, all'industria e all'agricoltura, deve riternersi invece attuabile un progressivo sviluppo degli elementi socialisti nell'economia russa, ossia il fallimento del piano antirivoluzionario che conta sui fattori interni dei contadini ricchi e della nuova borghesia e piccola borghesia, e sui fattori esterni delle potenze imperialistiche. Sia che questo piano prenda la forma di una aggressione interna ed esterna, sia di un progressivo sabotaggio ed influenzamento della vita sociale e statale russa, per costringerla ad una involuzione progressiva e ad una deproletarizzazione dei suoi caratteri, è condizione fondamentale del successo la stretta collaborazione e il contributo di tutti i partiti dell'Internazionale. Si tratta soprattutto di assicurare alla Russia proletaria ed al Partito Comunista Russo il sostegno attivo ed energico dell'avanguardia proletaria soprattutto nei paesi imperialisti, non solo nel senso che vengano impedite le aggressioni e si eserciti una pressione in materia di rapporti  degli Stati borghesi con la Russia, ma soprattutto perché occorre che il partito russo sia assistito nella risoluzione dei suoi problemi dai partiti fratelli, i quali non posseggono, è vero, una esperienza diretta dei problemi di governo, ma ciò malgrado contribuiranno alla risoluzione di essi apportandovi un coefficiente classista e rivoluzionario derivato direttamente dalla realtà della lotta di classe in atto nei loro paesi" (3).

E' proprio il coefficiente classista e rivoluzionario che stava perdendo rapidamente il partito boscevico, sempre più sprofondante nell'opportunismo che, in una prima fase, insinuatosi attraverso i problemi di tattica e di organizzazione, è poi sboccato sul piano teorico e programmatico sostenendo contro il marxismo la "costruzione del socialismo in un solo paese", perdipiù in un paese, come la Russia, capitalisticamente arretratissimo.

Forze gigantesche si sono mosse, per la vita o per la morte, sul terreno dello scontro aperto fra le classi. In questa lotta titanica, in cui masse di uomini vengono polarizzate verso obiettivi storici sconosciuti ai singoli ma noti al solo partito di classe del proletariato, le forze sociali di classe trovano i loro capi, i loro dirigenti già selezionati nelle lotte precedenti sul terreno teorico e politico. E ciò vale sia per il movimento proletario rivoluzionario che per la reazione borghese controrivoluzionaria; vale per Lenin come per Mussolini, per Stalin come per Bordiga o Trotsky. Non sono i superuomini che decidono le sorti della rivoluzione o della controrivoluzione, ma le forze sociali di classe che, nella loro permanente lotta antagonista generano le condizioni materiali perché il partito di classe, organo essenziale della rivoluzione proletaria, esprima gli elementi dirigenti più adeguati e all'altezza dei compiti storici.

Le vicende storiche hanno consegnato alla Sinistra comunista d'Italia, in forza del suo passato di coerente ed intransigente battaglia teorica, politica e pratica sulla rotta del marxismo rivoluzionario, il compito di rappresentare, nella sconfitta e nella disfatta del movimento comunista internazionale, il filo del tempo affinché fosse possibile, in un successivo periodo favorevole alla lotta rivoluzionaria del proletariato mondiale, riannodare le magnifiche esperienze rivoluzionarie degli anni Venti del secolo scorso ad una vigorosa ripresa classista e rivoluzionaria della classe proletaria internazionale. Questo compito guidò le forze che si ricollegavano alla corrente della Sinistra comunista d'Italia nei tentativi di riorganizzazione formale del partito di classe che, col 1952, dopo sei anni di "dura opera di restauro della dottrina marxista e dell'organo rivoluzionario per eccellenza, il partito di classe" (come scritto nel "Distingue il nostro partito", manchette ripresa da tutta la stampa di partito fin da allora), trovarono un primo traguardo nella formazione di un'organizzazione politica su basi teorico-programmatiche, politico-tattiche e organizzative definite ed omogenee, il "partito comunista internazionalista - il programma comunista".

Questo partito, come ormai si sa, nacque dalla scissione del partito comunista internazionalista costituitosi nel 1942-43, nel quale le forze che non si riconoscevano completamente in quella dura opera di restauro della dottrina marxista e del partito di classe (iniziata attraverso il lavoro collettivo a carattere di partito che si tradusse nel Tracciato d'impostazione, nelle Tesi della Sinistra, nelle Tesi caratteristiche e in tutti i lavori che cadenzarono l'attività del movimento di allora, fin dal 1944, nei bilanci dinamici della controrivoluzione staliniana e della degenerazione dell'Internazionale Comunista), operarono per dividersi da coloro che invece in quel lavoro si riconoscevano in pieno. Il fatto che una gran parte di questo lavoro si traducesse in tesi e materiali scritti per mano soprattutto di Amadeo Bordiga, e non solo in quel particolare periodo storico, ma per un periodo molto più lungo, non è mai stato considerato, né da Amadeo né dal partito,  come il risultato di elucubrazioni personali di Amadeo Bordiga che mai cercò prestigio e leaderismo personali. Come, d'altra parte, le posizioni espresse da Onorato Damen non erano semplicemente il risultato di sue elucubrazioni personali. I compagni che erano rimasti legati all'esperienza politica, alla tradizione e alle posizioni della Sinistra comunista non potevano non subire influenze e contraccolpi dalla sconfitta del movimento comunista internazionale, dalla degenerazione dell'Internazionale Comunista e dalla vittoria della controrivoluzione staliniana che non si limitò soltanto al piano ideologico e teorico ma affondò i suoi artigli su tutti gli oppositori con la repressione fisica e il terrorismo personale.

La gravità della sconfitta della rivoluzione proletaria in Europa, del potere rivoluzionario in Russia e del movimento comunista internazionale, aumentava in progressione geometrica l'influenza sulle masse proletarie del revisionismo socialdemocratico e legalitario, bloccardo e collaborazionista in guerra come in pace. La vittoria del blocco di potenze cosiddette democratiche contro il blocco di potenze fasciste aumentò la presa della democrazia sulle masse e le aspettative che dalla democrazia queste si facevano - e che le forze dell'opportunismo alimentavano a piene mani. E ciò non poteva non avere ripercussioni negative anche nell'organizzazione di partito che, finita la guerra mondiale, si andava ricostituendo su basi teoriche e politiche non ancora omogenee.

Tutte le grandi questioni teoriche, programmatiche, politiche, tattiche e organizzative che Lenin affrontò sullo sfondo di una situazione storica favorevole allo sviluppo rivoluzionario delle forze di classe, si ripresentarono in modo più drammatico alle forze della Sinistra comunista d'Italia che avevano resistito alla devastazione staliniana; si doveva risalire dall'abisso in cui era stato precipitato il proletariato e, con lui, il movimento comunista internazionale, data la politica delle alleanze fra partiti proletari e partiti borghesi, dei fronti unici, del legalitarismo, dell'unione nazionale in guerra e nella ricostruzione post-bellica ecc.

La falsificazione ideologica del marxismo, attraverso la tesi del socialismo in un solo paese e le tattiche frontiste e bloccarde, penetrò le grandi masse facilitando così le politiche compromissorie e transigenti verso obiettivi e rivendicazioni di segno democratico e interclassista. Nel giro di qualche anno - ci sono giorni che nella storia valgono anni, ci sono anni che valgono cinquantenni - un cedimento dopo l'altro, il potere rivoluzionario in Russia che fece tremare il mondo e che non fu sconfitto né dalle armate bianche controrivoluzionarie né dagli eserciti borghesi, fu sconfitto dall'opportunismo socialdemocratico e staliniano; da ciò la grande lezione che la Sinistra comunista d'Italia trasse: l'opportunismo, sotto qualsiasi veste si nasconda, va combattuto difendendo con la massima intransigenza il marxismo, la sua invarianza storica, il suo metodo d'interpretazione delle forze sociali e della storia, il suo antagonismo di principio verso ogni forma ideologica e pratica della civiltà borghese e capitalistica.

Lo stalinismo, in virtù della degenerazione in cui precipitarono l'Internazionale Comunista e il partito bolscevico che la dirigeva, trasformò il potere proletario in Russia, esercitato dal partito comunista bolscevico ed inteso come primo baluardo della  rivoluzione mondiale, in potere nazionale, quindi borghese, a difesa dello Stato russo e dello sviluppo economico interno ai confini russi, abbandonando, e tradendo, la prospettiva internazionalista e rivoluzionaria nella quale la stessa rivoluzione proletaria in Russia si era attuata. La terza, e più terribile, ondata opportunistica che colpì il movimento rivoluzionario marxista, rappresentata dalla controrivoluzione staliniana, fu talmente devastante che ancor oggi se ne  riscontrano i vasti e profondi effetti negativi: il proletariato, infatti, è stato strappato a tal punto dalle sue tradizioni di lotta classista che oggi fa un'enorme fatica anche soltanto a difendersi sul piano delle condizioni di vita immediate ed elementari.

La fine della seconda guerra imperialistica non ha prodotto una situazione simile al primo dopoguerra; non vi erano potenzialità rivoluzionarie neanche lontanamente simili a quelle del primo dopoguerra. Anzi, il coinvolgimento del proletariato in guerra,  negli eserciti regolari e nella resistenza partigiana, a difesa della democrazia e del "socialismo" contro il totalitarismo fascista, è stata una seconda vittoria dell'opportunismo staliniano e, quindi, della controrivoluzione borghese, poiché ha trascinato le masse proletarie non solo a sacrificarsi in guerra a difesa degli Stati borghesi, ma a continuare a sacrificarsi nel dopoguerra, in tempo di pace, per la "ricostruzione postbellica", ossia per rimettere il più velocemente possibile in marcia il sistema produttivo capitalistico che sta in piedi solo ed esclusivamente sfruttando sempre più intensamente il lavoro salariato.

Una parte delle forze provenienti dalla Sinistra comunista d'Italia intesero, invece, che il secondo dopoguerra avesse delle potenzialità rivoluzionarie e contarono su questo preteso presupposto "oggettivo", sebbene non della stessa portata del primo dopoguerra poiché la rivoluzione proletaria non aveva vinto in nessun paese, per esperire espedienti tattici, e organizzativi, come la costituzione in partito intorno semplicemente al programma politico del PCdI di Livorno '21 e al lavoro di opposizione allo stalinismo attuato dalle forze, indubbiamente disomogenee, che costituivano la Frazione di sinistra del PCdI all'estero, ma in assenza di una effettiva opera di restaurazione della dottrina marxista e di un bilancio generale della controrivoluzione staliniana. Quest'opera di restaurazione della dottrina marxista e di bilancio dinamico della devastante sconfitta della rivoluzione proletaria e del movimento comunista internazionale, richiedeva necessariamente la conclusione del ciclo storico controrivoluzionario che ha portato al completo fallimento della III Internazionale, e un tempo misurato in anni nei quali dedicarsi esattamente a quel compito prioritario affinché la ricostituzione del partito di classe avvenisse su basi teoriche, programmatiche, politiche, tattiche e organizzative coerenti col marxismo e sulla base di un effettivo bilancio dell'esperienza storica del movimento proletario internazionale e del movimento comunista internazionale.

A quest'opera, insieme a diversi compagni della Sinistra comunista durante e dopo la fine della seconda guerra mondiale, Amadeo Bordiga dedicò le sue migliori forze, in un lavoro non da solitario pensatore, ma "a carattere di partito", pur non affrettandosi a "costituire" l'organizzazione di "partito". Il partito, anche se nella fase embrionale, per Amadeo doveva nascere su basi teoriche, politiche e tattiche omogenee e con criteri organizzativi chiaramente antidemocratici e antiburocratici; cosa che non avvenne nel 1942-43 alla costituzione frettolosa del "partito comunista internazionalista - battaglia comunista" che Amadeo criticò, accettandone in seguito l'ormai avvenuta formalizzazione per il fatto che in quella organizzazione vi erano confluite le uniche forze, pur modestissime, in grado di lavorare politicamente sul terreno antidemocratico, antipartigianesco e antistaliniano, solo terreno che poteva essere fertile per restaurare la dottrina marxista e per far da base alla ricostituzione del vero partito di classe.

 

LA SINISTRA COMUNISTA COME ARTICOLO DI COMMERCIO

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Il crollo dell'URSS, avvenuto tra il 1989 e il 1991, alla fine di un ciclo di crisi economiche mondiali, non è coinciso, né poteva esserlo, con la ripresa della lotta di classe proletaria su ampia scala, né tantomeno con la ripresa della lotta rivoluzionaria del proletariato. La presa dell'opportunismo e del collaborazionismo interclassista sul proletariato internazionale era ancora molto forte, e lo è tuttora. Il proletariato, che pur episodicamente aveva dato prova di lottare per i propri interessi immediati con mezzi e metodi classisti - la lotta dei minatori britannici durata quasi un anno nel 1985, ad esempio, dopo lo scossone del 1980 dei moti operai in Polonia - era ancora prigioniero delle illusioni democratiche e benesseriste con le quali inutilmente cercava di combattere la demoralizzazione e la disorganizzazione in cui sindacati operai venduti al padronato e a i governi borghesi, e partiti falsamente comunisti ma impregnati fino al midollo di parlamentarismo e di ministerialismo, lo hanno precipitato da lungo tempo.

La classe dominante borghese ha così potuto più facilmente sostituire la menzogna del "socialismo reale" con un'altra menzogna: equiparare il crollo dell'URSS con il "crollo del comunismo"; e non ha alcuna importanza per i propagandisti del capitalismo se a Pechino il cosiddetto Partito Comunista Cinese è ancora saldamente al potere continuando a sventolare una ormai scolorita versione del "socialismo nazionale": fa affari con tutti i paesi del mondo secondo le leggi del capitale, finanzia il debito pubblico americano ed esporta le sue merci in America e in Europa soprattutto. Il Made in China non risponde alle regole di una dittatura proletaria che in Cina non è mai esistita né ai tempi di Mao né dopo-Mao, ma alle precise e dittatoriali regole del capitalismo che, ai tempi di Mao, si stava appena sviluppando soprattutto nelle vaste regioni della costa e che, oggi, è sufficientemente sviluppato da costituire una colonna portante dell'economia capitalistica mondiale.

Lo scombussolamento nelle file dei partiti "comunisti" legati a Mosca e di quelli legati a Pechino e da questi foraggiati, provocato dal crollo dell'URSS, ha avuto come effetto un inevitabile declino di quei partiti  e il crollo della loro "autorevolezza" in campo politico e culturale. Ciò ha in un certo senso "liberato" un campo di attività di ricerca e di elucubrazione, fino a quel tempo praticamente ghettizzato, in cui  schiere di intellettuali potevano finalmente cimentarsi andando a scoprire i "lati oscuri" di quei partiti e dei movimenti che vi si opposero.

Non è proprio strana la coincidenza per cui, quando il controllo ideologico ed economico dei partiti "comunisti" staliniani sui ceti intellettuali ha ceduto la sua morsa, lasciando più spazio alla "libertà di critica", nuove leve di intellettuali, e intellettuali di vecchio stampo ma vissuti ai margini dei riflettori, hanno cominciato ad assaggiare un po' di gloria e di prestigio personali mettendo a frutto le proprie conoscenze, i propri contatti, le proprie ricerche al fine di emergere dalle cantine in cui si sentivano costretti per calcare i palcoscenici di convegni, conferenze, incontri, fondazioni cercando attestati come "esperti" in questo o quel tema fino ad allora poco trattato. Il gusto di vedere il proprio nome e cognome come autore di articoli e libri o come relatore di interventi a convegni che trattano argomenti in cui l'intellettuale di turno può finalmente diffondere il suo "sapere", è una cosa che ogni intellettuale vuole provare e che la società borghese alimenta promettendo che questo possa sempre avvenire un giorno o l'altro; inoltre, un'attività di questo genere, come si usa dire negli ambienti borghesi, fa curriculum e favorisce una potenziale carriera. C'è chi si lancia a scrivere romanzi, chi si lancia a scrivere "memorie", elucubrazioni filosofiche e chi la "storia" di qualcuno o di qualche movimento.

Questa attività non poteva non toccare anche le vicende che riguardano una delle correnti politiche che più di altre nel mondo ha espresso continuità nell'opposizione e nella battaglia contro lo stalinismo e i partiti comunisti ufficiali: la corrente della Sinistra Comunista d'Italia.

Già in tempi più lontani vi sono stati ricercatori e "storici" che si sono occupati della Sinistra Comunista d'Italia e di Amadeo Bordiga, in particolare, essendo stato il più fecondo rappresentante della nostra corrente, e con ogni probabilità  continueranno ad occuparsene, chi per esaltarne qualche aspetto personale, chi per criticarne il dogmatismo e il presunto settarismo, chi per denigrarne l'opera di restaurazione teorica e di bilancio politico della controrivoluzione staliniana. Ma  qualcuno ha cominciato ad occuparsi anche dei movimenti politici che alla Sinistra comunista d'Italia si ricollegavano e si ricollegano, in particolare il Partito Comunista Internazionalista che si costituì, per l'appunto, nel 1942-43.

Qui non ci riferiamo a trattazioni fatte da gruppi politici, come è stato il caso della CCI e di "battaglia comunista", che si sono occupati del "partito comunista internazionalista" e delle forze che lo hanno animato guidati più dal loro interesse di bottega - come è naturale - che dal punto di vista dell'interesse della ripresa della lotta di classe e rivoluzionaria e della formazione del partito di classe saldamente ancorato alla teoria marxista e alla sua restaurazione oltre che ai bilanci dinamici della controrivoluzione staliniana. Qui ci riferiamo a pretesi "storici" dei movimenti della sinistra comunista.

In questo periodo, in effetti, come già anni fa, riceviamo richieste, da parte di intellettuali, “politologi” e “storici”, di informazioni e notizie sulle vicende del partito di ieri che aveva “il programma comunista” come suo giornale. Come spesso è accaduto in passato e accade ancora, le richieste, in genere, riguardano il militante x piuttosto che y, chi formava il centro dirigente e come era organizzato il partito, chi sosteneva questa o quella posizione ecc. ecc. Come sanno molti lettori, soprattutto dopo l’uscita di alcuni libri su Amadeo Bordiga e dopo la nascita della Fondazione Amadeo Bordiga (4), in diversi si sono dati da fare per “scoprire” i “segreti” del “movimento bordighista”, fra i quali alcuni, forti del fatto di aver militato o frequentato il partito per alcuni anni (ed essere entrati in possesso di materiali interni, circolari, bollettini interni, lettere, o aver intervistato vecchi compagni), si sono lanciati a scrivere una “storia” della nascita del “partito comunista internazionalista-battaglia comunista” attirati dal fatto che quella "storia" riguarda anche Amadeo Bordiga che a quell'organizzazione politica ha dato un contributo determinante sul piano della restaurazione della teoria marxista, della valutazione dello stalinismo come terza ondata storica dell'opportunismo, del bilancio dinamico della rivoluzione in Russia e della controrivoluzione mondiale. Amadeo Bordiga è stato il rappresentante più coerente, nel tempo e nello spazio, della corrente della sinistra comunista d'Italia e internazionale. Lo è stato all'epoca della sua formazione e sviluppo fino alla fondazione del Partito Comunista d'Italia sezione dell'Internazionale Comunista e della strenua battaglia contro ogni cedimento opportunista all'interno dell'I.C. e del partito in Italia. Lo è stato in tutto il periodo, negli anni Venti, in cui vi era la possibilità, anche solo ipotetica, di condurre una lotta politica e teorica in difesa del marxismo all'interno degli organismi comunisti esistenti; lo è stato nel periodo della sconfitta del comunismo rivoluzionario e dello stravolgimento completo degli organismi comunisti, a partire dall'I.C. per finire al PCdI dal quale, nel 1930 è stato espulso perché anche la sua sola presenza da militante di base era ritenuta pericolosa. E lo è stato nel periodo della Seconda guerra imperialista mondiale e in quello successivo quando si erano resi possibili, senza rischiare troppo per la loro stessa vita, i contatti e le riunioni fra vecchi militanti della Sinistra del PCdI, alla ricerca di una chiarificazione complessiva dell'immane disastro teorico, politico e organizzativo subito dal partito di classe sotto i colpi convergenti della reazione borghese e dell'opportunismo stalinista.

Un militante rivoluzionario di tale statura e tempra non poteva non essere oggetto di strettissima sorveglianza da parte di tutte le forze della conservazione borghese - democratiche, fasciste od opportuniste che fossero - attivatesi per impedire al proletariato di riconoscere, in quello che Bordiga rappresentava, la guida di un possibile riscatto di classe.

E non poteva non essere oggetto di una trattazione propagandistica di segno borghese, sia per infangarne l'attività rivoluzionaria facendolo passare per spia del nazifascismo, sia per esaltarne aspetti morali e personali  snaturandone però la caratteristica rivoluzionaria principale, ossia la dedizione alla rivoluzione comunista senza chiedere mai nulla in cambio, anzi, prendendo a calci tutti coloro che tentavano di farne un "personaggio in cerca d'autore".

Ai comunisti rivoluzionari, per lottare sul terreno della riacquisizione del marxismo come teoria e guida della rivoluzione proletaria e comunista, servono i lavori di restaurazione della dottrina e di bilancio delle controrivoluzioni svolti collettivamente da un organismo di lotta (e non di elucubrazioni personali) che, se non è ancora il partito potente e compatto della rivoluzione, ne abbia però le caratteristiche embrionali fondamentali; e queste, la corrente della Sinistra comunista, da cui proveniamo e a cui siamo strettamente legati da vincoli indissolubili, le ha consegnate al pugno di militanti che, insieme ad Amadeo Bordiga, ha dato vita ad un lavoro collettivo di restaurazione teorica e organizzativa di partito che si è sviluppato dal 1945 in poi attraversando un primo periodo di maturazione e di selezione nell'attività di forze disomogenee che, nel 1945, sono confluite nel "partito comunista internazionalista-battaglia comunista", e un secondo periodo di ulteriore maturazione e selezione che, nel 1952, danno vita al "partito comunista internazionalista-il programma comunista" (5).

E' noto che "la storia" la scrivono di solito i "vincitori" ed è inevitabile che la storia che serve come arma di lotta classista al proletariato e ai comunisti rivoluzionari non è mai offerta in dono dalla democrazia borghese. Gli "storici", i "politologi", gli "esperti" in movimento operaio se non addirittura in "leninismo" o in "bordighismo" che si danno un gran da fare per "ristabilire verità", per "riportare alla luce" i "lati oscuri" o i "misteri" in cui sono state avvolte le vite di personaggi su cui si intende costruire il proprio prestigio personale e la propria credibilità e carriera di intellettuale, non importa se mossi da simpatie per il tale o tal altro rivoluzionario, lavorano in realtà per il nemico di classe, per la classe dominante che ha sempre utilizzato la "libertà d'opinione", la "libertà di critica", la "libertà di denuncia" a sostegno della democrazia come ambiente in cui la "verità" ha la possibilità di "emergere".

La democrazia borghese, soprattutto in periodo imperialista, non ha mai aiutato il proletariato a ritrovare il suo terreno di lotta classista, anzi lo ha sistematicamente corrotto e indebolito. Il partito di classe, pur nella sua embrionale esistenza, sarebbe sciocco se non approfittasse delle possibilità pratiche che la democrazia borghese offre, possibilità d'altra parte limitatissime; ma guai al partito che si culla sulle illusioni che la democrazia borghese crea e alimenta costantemente, illusioni in tema di "libertà" di organizzazione, di lotta, di propaganda ecc.

Fra i novelli "storici", Sandro Saggioro (6) cerca di  accreditarsi presso alcuni editori come uno “specialista in bordighismo”, e non per caso dal 2002 al 2007 ha fatto parte del comitato scientifico della "Fondazione Amadeo Bordiga" insieme ai Maffi, a Fatica, a Galli, alla Grilli ed altri; recentemente è stato pubblicato un suo libro intitolato Nè con Truman né con Stalin, Storia del Partito comunista internazionalista 1942-1952. Sempre sulla storia di questo partito, nel gennaio dello scorso anno è uscito un altro libro, di Dino Erba, dal titolo Nascita e morte di un Partito rivoluzionario. Il Partito comunista internazionalista, 1943-1952.

Anni prima già altri avevano imboccato questa strada, con l’intento di raccontare anche se parzialmente la storia dei movimenti politici in contrasto con lo stalinismo del PCI, dai comunisti libertari ai trotskisti, dagli stalinisti di sinistra ai cosiddetti bordighisti, in particolare negli anni della seconda guerra mondiale tra il 1942 e il 1945. E da quando esiste internet, e la biblioteca on line chiamata Wikipedia, anche qui, grazie a qualcuno accreditatosi come "esperto", si trovano notizie piuttosto frammentate e spesso del tutto inservibili sulla Sinistra comunista e i movimenti politici che vi si rifanno.

Il denominatore comune di tutti questi lavori è, in realtà, col pretesto di raccontare nascita sviluppo e morte dei diversi movimenti, la personificazione in determinati protagonisti, con nome e cognome, delle posizioni politiche, teoriche o tattiche prese da quei movimenti nel corso degli avvenimenti. Questo non vuol dire che tra le notizie riportate non ve ne siano alcune di un certo interesse per coloro che si spingono ad avvicinarsi alle posizioni della Sinistra Comunista; la pubblicazione di documenti tenuti nascosti per decenni, et pour cause, dalla storiografia ufficiale può essere una cosa utile per i soliti "addetti ai lavori", ma l’impostazione delle diverse “storie” non sfugge mai alla loro riduzione a storie personali come se Tizio o Caio o Sempronio avessero potuto modificare il corso delle cose mantenendo o cambiando la “propria” posizione.

Coloro che sono interessati veramente alla storia del movimento politico della Sinistra comunista, del Partito Comunista d'Italia e dei rapporti con l'Internazionale, possono sempre fare riferimento ai lavori del nostro partito di ieri - che molti insistono ancora a presentare come scritti d'autore e, guarda caso, l'autore più noto è Amadeo Bordiga -, come ad esempio Struttura economica e sociale della Russia d'oggi e Storia della Sinistra comunista (7) - che sono stati, al pari dei materiali pubblicati dal partito e dati alle stampe, il risultato di lavori collettivi di partito e che in questo senso andavano e vanno recepiti anche se molto si deve, cosa mai negata o nascosta, al contributo diretto di Amadeo Bordiga.

 

CACCIA ALL'AUTORE

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Nel libro intitolato Amadeo Bordiga, 1889-1970. Bibliografia, a cura di A. Peregalli e S. Saggioro (8), i curatori hanno voluto mettere all'inizio della loro Introduzione un brano estrapolato da un articolo apparso nell'ottobre 1970 su "il programma comunista" (9) in ricordo del militante Amadeo Bordiga morto poco più di due mesi prima, che di Amadeo, ricordando quanto da lui stesso sostenuto in una riunione generale di partito del 1967, riporta queste parole:

"Come il geologo affonda la sua sonda nelle viscere della terra per trarne alla superficie campioni dei vari strati onde studiarne la natura e la formazione, così il partito si serva di me e della mia memoria come di una sonda che s'immerge nella storia di oltre mezzo secolo del movimento operaio, per approfondire lo studio dei suoi errori e delle sue sconfitte, delle sue avanzate e delle sue vittorie". Ebbene, i curatori sopra citati hanno voluto in questo modo strabiliare il pubblico di intellettuali, di "politologi", di "storici" che avrebbero letto il loro libro, con una frase ad effetto; ma, avendo l'obiettivo di costruire un elenco di tutti gli scritti firmati da Amadeo o a lui ascrivibili  dei quali volevano essere gli "scopritori", non si sono preoccupati minimamente di tener conto di quanto lo stesso Amadeo sosteneva circa la proprietà intellettuale: la peggiore tra le forme di proprietà privata. Essi si sono limitati a citare la frase in cui Amadeo parla di se stesso come una sonda, perché, tolta dal contesto generale, poteva essere utilizzata allo scopo di riesumare il personaggio che avevano interesse ad esaltare non tenendo in nessun conto che quel militante rivoluzionario si era invece dato tanto da fare per confondere le proprie forze e le proprie capacità nell'anonima, e quindi impersonale, militanza di partito.

Nello stesso articolo, infatti, poco oltre, si può leggere quanto invece gli autori citati hanno tenuto nascosto:

"Dal '45, senza sosta, con periodicità cronometrica. con tenacia impassibile, senza mai 'dirlo', aveva in realtà 'funzionato' da sonda, aveva frugato inesorabile nei meandri di quell'arco di tempo che va - lui testimone ed attore - dai primi lustri del secolo ai nostri giorni. (...) per oltre un ventennio aveva martellato i 'chiodi' della dottrina, chiarito come e perché - sotto la disfatta della rivoluzione in Europa - fosse avvenuta la deviazione di rotta sul cammino della III Internazionale, additato la palude in cui era affondato il movimento proletario mondiale, lumeggiando i punti di approdo cui era giunta la esperienza storica della Sinistra, proclamato sempre - nonostante tutto - la certezza esaltante della vittoria finale del Comunismo.  

"Lo aveva fatto e continuava a farlo nella stampa, sulle colonne del nostro giornale, in quei 'Fili del tempo' così vibranti per la passione polemista. Ma in realtà il suo lavoro di scandaglio gli riusciva meglio alla presenza dei compagni. Era un lavoro stimolante: la sonda scavava scavava, portava alla superficie avanzi fossili, utili ormai solo per la dimostrazione d'essere fossili, ed eventi grandiosi, ed episodi non noti, echi di scioperi memorabili, brani di risoluzioni importanti, scorci di Congressi mondiali, punti fermi della teoria rivoluzionaria. Le teste canute ne testimoniavano l'esattezza, le teste brune o bionde ne assimilavano la lezione. Era una elaborazione collettiva, non il prodotto di un singolo cervello, possente che fosse. Non era lui, Amadeo, che parlava: era la coscienza del partito, era la esperienza storica della Sinistra che per sua bocca si esprimeva, indicava alle nuove leve in quale abisso gli errori di rotta - a suo tempo denunziati - avevano portato, come e perché quegli errori non dovevano essere ripetuti mai più, pena la degenerazione irreversibile del partito, la rinunzia definitiva al programma".

Certo, così può parlare solo il partito marxista correttamente inteso e non si può pretendere che altri possano avere la stessa visione e difendano la critica della proprietà intellettuale che ne diede Amadeo. Quelli, della proprietà intellettuale ne hanno fatto e ne fanno un vanto.

 

PROPRIETÀ INTELLETTUALE CONTRO MILITANZA RIVOLUZIONARIA

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Ma torniamo all'ultimo libro di Saggioro, Nè con Truman né con Stalin. Nella premessa l'autore ci tiene a mettere in evidenza che al movimento della Sinistra comunista -  che, come quasi tutti, continua a chiamare "italiana", ma che noi preferiamo chiamare "d'Italia" proprio per la sua origine internazionalista e internazionale e per la stessa ragione per cui il Partito Comunista del 1921 si è chiamato d'Italia, e non italiano, perché sezione dell'Internazionale Comunista e ad essa disciplinato - finora non è mai stata dedicata dalla storiografia ufficiale (Spriano sopra tutti) se non la versione stalinana della sua "storia" degenerata. La Storia della Sinistra comunista, pubblicata finora in 4 volumi dalle "edizioni il programma comunista" (i primi tre come lavoro collettivo del partito prima dell'eclatement del 1982-84, il quarto a cura del troncone che da quella crisi esplosiva si riorganizzò intorno alla vecchia testata del partito vantata in tribunale come una "proprietà commerciale"), si ferma al 1922; avrebbe certamente bisogno di essere continuata fino ai nostri giorni, cosa che potrebbe fare, seriamente e politicamente utile alla battaglia contro le forze borghesi e le forze dell'opportunismo, soltanto il partito che in quella corrente rivendica le proprie radici, ma che attualmente non ha  forze da dedicare interamente a quell'impegno. Nè Saggioro né altri "storici" che si proclamano "marxisti" sono stati mossi da interesse per le battaglie fatte dalla corrente della Sinistra comunista d'Italia in quegli anni così cruciali e decisivi per la storia del movimento comunista internazionale - come sono stati gli anni Venti almeno fino al 1927 cinese - e per la stessa rinascita del partito di classe.

A questi "storici" molto impegnati sul comodo fronte della diatriba intellettuale, ma per nulla impegnati sul fronte scomodo e faticoso della battaglia rivoluzionaria, interessano argomenti che hanno il sapore della "scoperta", della "novità" e che perciò possono diventare "d'attualità", sui quali discettare di ragioni e di torti, di debolezze e di punti di forza, di ingenuità e di astuzie del tale o tal altro "personaggio". Non si può negare che alcuni di loro abbiano svolto il lavoro di ricerca con costanza e determinazione, mossi anche da una simpatia verso il personaggio, o i personaggi, oggetto della loro ricerca. Ma questa "simpatia", quand'anche ci fosse stata o ci fosse ancora, non  va mai oltre il limite del proprio prestigio personale, da nutrire a piene mani pescando nomi di persone, fatti e luoghi da battaglie, lavori, sforzi, scontri, rischi che hanno fatto o passato altri, meglio se morti o sufficientemente vecchi e logorati dalle battaglie sostenute, ai quali strappare memorie, lettere, documenti e notizie su cui costruire la propria "fama".

Gli anni nei quali Amadeo Bordiga si ritira dalla vita politica attiva, che corrispondono grosso modo al periodo che va dalla sua espulsione dal Partito comunista da tempo ormai stalinizzato, fino alla fine della seconda guerra mondiale, sono stati chiamati da Saggioro e Peregalli gli anni oscuri (10) sui quali essi hanno inteso portare la luce, "scoprendo" che Bordiga non svolgeva più alcuna attività politica perché, come lui stesso ripetè più volte anche alla polizia, nella situazione in cui era precipitato il movimento comunista internazionale e di controllo e repressione esercitati dagli Stati borghesi e, in Italia, dallo Stato fascista, contro tutti i comunisti e contro i loro dirigenti soprattutto, era sterile ed inutile fare un'attività politica rivoluzionaria. Bisognava saper attendere che la situazione generale cambiasse.

Amadeo Bordiga come personaggio: è stato questo il loro interesse; seguendo la sua vita personale, come quella di altri personaggi con cui egli ha condiviso posizioni o è entrato in contrasto, pensavano di poter svelare chissà quali misteri illuminando un uomo che si era messo volontariamente in ombra.

Ciò che molti non hanno compreso, purtroppo anche all'interno del partito in cui Amadeo militò fino alla morte, è che gli uomini, i personaggi, i capi non possono influire in nulla sulle situazioni perché sono i fatti sociali, sono le situazioni determinate dai fatti sociali, dalla lotta fra le classi, che trovano gli uomini giusti: le condizioni sociali, le condizioni storiche devono maturare e allora emergono gli uomini, i capi, le forze che costituiscono il partito di classe, il partito formale che potrà diventare forte e compatto alla condizione di avere basi teoriche, programmatiche e politiche solidamente ancorate alla dottrina marxista e alle lezioni delle controrivoluzioni.

Le situazioni cambiano perché il rapporto di forze fra le classi cambia e, quindi, cambiano gli uomini; gli uomini non cambiano le situazioni. Questa visione è appartenuta sempre ad Amadeo, nei periodi di maggior vigore classista e di ascesa rivoluzionaria come nei periodi di indietreggiamento della lotta di classe, di sconfitta e di controrivoluzione. Da questa visione si è fatto guidare nel rifiutare di mettere a repentaglio la vita dei compagni che avevano preparato la sua fuga all'estero durante il confino fascista, rimanendo confinato e supersorvegliato, convinto che, data la profondità della sconfitta del movimento comunista internazionale e la sua durata nel tempo, bisognava appartarsi e attendere che la situazione generale si modificasse. Qualsiasi attività politica organizzata avesse svolto nei cosiddetti "anni oscuri", per il fatto di essere stato a capo del PCdI e di aver avuto un seguito tra i militanti del PCdI, avrebbe comunque illuso se stesso e le forze che lo avrebbero seguito nel credere che la loro attività - oltretutto limitata inevitabilmente alla propaganda ed in ambiti molto ristretti - avrebbe avuto il potere di fermare o attenuare la repressione statale borghese e la repressione controrivoluzionaria delle forze staliniste, e di risvegliare nel proletariato una "coscienza" di classe che, perdendo il partito rivoluzionario, aveva esso stesso perso.

Agire in modo diverso, per Amadeo, non solo sarebbe stato antimarxista, ma avrebbe contribuito ad eliminare anche la più tenue possibilità di rimettere al lavoro per le generazioni future quelle poche forze che avevano resistito allo tsunami opportunista. Amadeo Bordiga e, assieme a lui, i compagni della Sinistra comunista, hanno lottato all'interno del Partito in Italia e dell'Internazionale fino a quando c'era uno spiraglio per il quale la battaglia sul bastione rivoluzionario in difesa del marxismo e delle prospettive rivoluzionarie future serviva  a lasciare una traccia, un'esperienza, un punto fermo di teoria e di prassi ai quali le future generazioni di proletari e di militanti, a  situazione cambiata, potessero ricollegarsi ricostituendo basi teoriche e politiche solide su cui far rinascere il partito di classe.

Come era doveroso per i militanti rivoluzionari battersi con tutte le forze contro la degenerazione opportunista del partito di classe e del movimento proletario, utilizzando ogni possibile spiraglio obiettivamente utile alla battaglia teorica e pratica, così era doveroso per i militanti rivoluzionari, soprattutto se investiti dallo sviluppo storico della lotta di classe di funzioni direttive nel partito, combattere ogni illusione volontarista e individualista nella fase della sconfitta e della controrivoluzione.

Da materialisti non volgari, ma dialettici, i marxisti sanno che il proletariato e il suo partito di classe possono essere battuti nella storica lotta di classe e rivoluzionaria che li contrappone alla classe borghese e al suo potere, e che possono anche subire sconfitte che fanno indietreggiare lo stesso movimento di difesa immediata del proletariato a fasi di frammentazione e di depressione estreme, e che possono anche far sparire, per un certo tratto di storia, lo stesso partito di classe. Ma i marxisti sanno anche che le contraddizioni sociali del capitalismo, acutizzandosi con lo sviluppo stesso del capitalismo, rigenerano i fattori di crisi non solo economiche ma anche sociali e politiche dai quali riemergerà la lotta di classe proletaria e riemergeranno gli elementi di "coscienza di classe" che ricostituiranno l'organo indispensabile per la lotta rivoluzionaria, il partito di classe. Il partito di classe, come afferma il Manifesto di Marx ed Engels, "questa organizzazione dei proletari in classe e quindi in partito politico", una volta costituito non ha di per sé vita eterna, non possiede virtù taumaturgiche grazie alle quali può attraversare indenne le conseguenze delle sconfitte e della degenerazione politica; questa organizzazione "torna ad essere spezzata ogni momento dalla concorrenza fra gli operai stessi"! Questa straordinaria sintesi del processo di sviluppo della lotta di classe proletaria ci dice che il partito di classe (il partito formale di Bordiga) subisce inevitabilmente le conseguenze dell'andamento della lotta proletaria di classe, ma, in forza degli stessi fattori di sviluppo del capitalismo e delle sue contraddizioni che rendono "sempre più incerto il complesso dell'esistenza del proletariato", l'organizzazione di partito "risorge sempre di nuovo". E per diventare sempre "più forte, più saldo, più potente" deve poter contare non solo sulla ripresa della lotta di classe del proletariato, ma anche sulla integrale teoria marxista (il partito storico che non è mai piaciuto a "battaglia comunista") che è, per l'appunto, la vera guida storica della rivoluzione proletaria internazionale, e per la cui continuità nel tempo e nello spazio è necessario che pur minimissime forze siano nelle condizioni di assicurare un lavoro collettivo di intransigente assimilazione e difesa, anche se le vicende storiche hanno temporaneamente ridotto quel lavoro nell'ombra o addirittura in uno "scritto dimenticato".

I compagni della Sinistra comunista, dunque, Amadeo compreso, non potevano fare nulla di diverso che attendere che la situazione generale cambiasse, che un ciclo controrivoluzionario terminasse la sua parabola e che, in questo modo, aprisse degli spiragli ad un lavoro di restaurazione teorica e di bilancio della controrivoluzione che avesse le caratteristiche di un lavoro collettivo, organizzato, "di partito", lontano da elucubrazioni ed opinioni personali.

Con ciò non vogliamo dire che i compagni della Sinistra comunista riparati all'estero non avrebbero dovuto mantenere viva la continuità fisica e ideologica delle battaglie teoriche, politiche e pratiche fatte contro la borghesia e contro le forze dell'opportunismo, fra le quali lo stalinismo si era rivelata la più micidiale; continuità che hanno realizzato organizzandosi nella Frazione all'estero. O che i compagni in Italia, al confino, nelle prigioni o nei luoghi di lavoro, non avrebbero dovuto custodire le esperienze rivoluzionarie degli anni Venti senza rinnegarle, ma difendendole anche se "in silenzio" o "di nascosto". Il periodo non era favorevole alle poche e sbandate forze rivoluzionarie per una loro matura riorganizzazione in partito, su basi marxiste assolutamente intransigenti come il vasto e profondo attacco controrivoluzionario richiedeva: non lo era al tempo dell'appello di Korsch per la costituzione di una "sinistra internazionale" antistalinista (11), lo era ancor meno nel quindicennio successivo. La degenerazione dell'Internazionale Comunista aveva prodotto un tale sconquasso nei partiti comunisti e nei militanti rivoluzionari del mondo che non poteva essere sanato dalla sola volontà di reagire alla sconfitta e di resistere alla repressione controrivoluzionaria. Era necessaria una "chiarificazione definitiva" per la situazione internazionale come per la situazione in Russia che al tempo dell'appello di Korsch era ancora molto lontana dalla possibilità di essere fatta, e lo sarà ancora per molto tempo, almeno fino alla conclusione della seconda guerra mondiale.

 

IL PARTITO DI CLASSE È FORZA COLLETTIVA ORGANICAMENTE SALDATA ALLA TEORIA RIVOLUZIONARIA E ALL'ESPERIENZA STORICA DELLA LOTTA RIVOLUZIONARIA DELLA CLASSE DEL PROLETARIATO

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 Sul finire della seconda guerra imperialista, nell'Italia divisa in due dagli eserciti occupanti ed avversari, si aprirono quegli spiragli di cui approfittarono sia i compagni della Sinistra comunista che rimasero in Italia, sia i compagni che erano riparati all'estero, in Francia e in Belgio soprattutto. Quegli  anni non furono "oscuri" solo per Amadeo Bordiga, lo furono per l'intero movimento comunista internazionale e, quindi, anche per il movimento operaio che venne imbrigliato nella fittissima rete opportunista che gli ha impedito di riconquistare il terreno dell'aperta lotta di classe prima di essere scaraventato nella seconda e più devastante guerra imperialistica, reso complice della guerra borghese e imbottigliato nella collaborazione di classe per la ricostruzione post-bellica che la democrazia imperialista ha organizzato all'ennesima potenza dopo averla ereditata dal fascismo.

Attendere, per Amadeo Bordiga, come per ogni marxista, non significava gettare la spugna, arrendersi al nemico o, peggio, consumare una lenta e progressiva conversione alla revisione del marxismo. Significava, invece, non sprecare energie e forze in un attivismo inconcludente, contando materialisticamente sullo sviluppo inesorabile delle contraddizioni sociali del capitalismo che avrebbero inevitabilmente modificato, prima o poi, la situazione rompendo in più punti le maglie della fitta rete del controllo sociale imperialistico. Il partito di classe, impersonale, organico, unico, vive in un lungo procedere di tempo: è il partito storico, tanto indigesto ai "battaglini", che può essere rappresentato anche da uno scritto momentaneamente dimenticato, come ricordava il "filo del tempo" citato più sopra. La storia è fatta dagli uomini, ma è determinata dalle forze sociali che si scontrano nei contrasti di rapporti materiali, ed è in quegli scontri che le forze di classe si polarizzano, generando profonde modificazioni nei rapporti di forza fra di esse. Gli uomini che vengono spinti da queste lotte alla testa degli organismi che le dirigono non sono che l'espressione più concentrata e organizzata di quelle forze di classe e, nella misura in cui si è formato l'organo specifico della rivoluzione classista, il partito di classe, siamo in presenza della conoscenza preventiva degli obiettivi rivoluzionari: il rovesciamento della prassi si compie soltanto nel partito proletario di classe.

Questo partito non è la somma dei suoi membri, né la risultante di azioni decise per maggioranza, né l'espressione delle elucubrazioni dei suoi capi, ma è l'organo per eccellenza della lotta rivoluzionaria che funziona omogeneamente e collettivamente perché basa la sua attività sull'invariante teoria marxista che altro non è che l'esperienza storica della lotta fra le classi, nelle rivoluzioni e nelle controrivoluzioni, tradotta in tesi, testi, programmi, linee politiche, scontri fisici tra forze contrastanti. Come la "coscienza di classe" non alberga nella testa di tutti i proletari, così non alberga nella testa di ogni singolo membro del partito di classe, nemmeno nel cervello del più dotato e preparato capo di partito; è, invece, dotazione di una forza storica di classe, di una forza collettiva, che va al di là dei limiti di spazio e di tempo e, ovviamente, dei limiti individuali, e che può, come ricordato insistentemente, anche essere depositata in uno scritto momentaneamente dimenticato. 

Perciò, i rivoluzionari più noti e rappresentativi o vengono collocati nella realtà storica dei movimenti sociali e politici di cui esprimono tendenze, contraddizioni, prospettive, e nella realtà storica delle organizzazioni politiche di cui hanno fatto e fanno parte e di cui hanno condiviso e condividono impostazioni teoriche, programmi, posizioni, tattiche, metodi d’azione e azioni, oppure vengono caratterizzati come individui dalle qualità talmente speciali da poter modificare con le proprie parole e i propri atteggiamenti personali la realtà storica e i rapporti di forza fra le classi. La modificazione dei rapporti di forza avviene attraverso lo scontro di forze sociali gigantesche e sono questo scontro e lo sviluppo delle sue conseguenze nella società che possono generare la concentrazione di capacità collettive, in determinanti momenti, anche su di un singolo individuo: è stato il caso di Marx, di Engels, di Lenin, di Trotsky, di Bordiga; ma si tratta sempre di forze collettive, capacità collettive, rafforzate, o indebolite, quanto più o meno organicamente collegate alle esperienze di lotta, d’azione, di durata di organismi omogenei, unitari, saldamente ancorati al corso storico della lotta fra le classi che chiamiamo partito di classe.

Da questo punto di vista non si può  certo dire che in dati periodi e in determinati territori – ad esempio in Germania – il proletariato non abbia espresso forza rivoluzionaria, combattività, tenacia e durata nel tempo, e non si può dire che la sua lotta non abbia contribuito, insieme alle forti contraddizioni della società capitalistica, a generare la concentrazione di capacità rivoluzionarie collettive su singoli compagni, come ad esempio Rosa Luxemburg; ma non ha potuto impedire, per debolezza di sviluppo storico, che si generassero forze contrarie alla rivoluzione di classe, tendenze controrivoluzionarie talmente forti da annullare, ad un certo punto, sia la spinta rivoluzionaria della massa proletaria che l’espressione politica più alta sul terreno della prospettiva rivoluzionaria, il partito di classe. Se usassimo il metodo di interpretazione degli avvenimenti storici caro, ad esempio, ai "battaglini", avremmo dovuto dire che il “proletariato nel suo insieme” in Germania non era pronto per la rivoluzione, mentre la realtà storica ci dice che chi non era “pronto”, invece, era il partito di classe, un partito che non aveva avuto la forza di mantenersi sulla dritta e intransigente linea del marxismo rivoluzionario, forza che invece ebbe, per un lungo tratto di storia, il partito bolscevico formatosi molto più internazionalmente di quanto non avvenne per il partito tedesco. E come la ebbe la corrente della Sinistra Comunista d'Italia, come la storia ha dimostrato.

Nella conclusione del suo libro, Nè con Truman né con Stalin, Saggioro sostiene di non aver scritto solo la "storia del Partito Comunista Internazionalista nei suoi primi anni", ma anche di aver chiarito la "divisione che una sessantina di anni fa si produsse tra quelle forze rivoluzionarie", svelando in modo "finalmente comprensibile" tutto ciò che "successe all'interno di quel movimento" rimasto per anni "avvolto dal mistero e dalla confusione". Meno male che ci ha pensato lui, così "chi oggi ne volesse sapere qualcosa" potrà finalmente disporre di una guida per riconoscere i personaggi di una specie di teatrino politico a cui è stata ridotta la battaglia che i militanti provenienti dalla Sinistra comunista d'Italia, o a questa corrente rifacentisi, hanno condotto nei difficili anni della seconda guerra e del suo dopoguerra.

Chi avrà il prurito di sapere che cosa ha scritto tizio a caio e la risposta che ne ha ottenuto, che cosa proponeva sempronio a pinco palla e che cosa pinco palla ha riferito ad altri, che ruolo organizzativo e politico svolgevano i vari personaggi, potrà trovare una qualche soddisfazione scorrendo le 400 pagine di questo libro. Si sarà levato un prurito, ma non avrà fatto un passo avanti nella comprensione di vicende che sono infinitamente più complesse della piccola storia personale di tizio o di caio, pur considerati valenti miltanti rivoluzionari.

Data l'impostazione generale di questo libro, gli stessi documenti raccolti nell'Appendice Documentaria (lettere, articoli, comunicati, tesi ecc.) offrono l'occasione ai lettori di documentarsi un po' di più sulle posizioni di tizio o di caio, ma certo non facilitano la comprensione della distinzione tra le posizioni correttamente marxiste e rivoluzionarie e le posizioni devianti, per la quale sarebbe vitale collegare costantemente le vicende interne al partito ai fatti e alla situazione che si andava svolgendo nel lungo periodo storico segnato dalla vittoria dello stalinismo e della dittatura imperialistica che riuscirono ad irreggimentare il proletariato mondiale nei due blocchi capitalisti avversari nello scontro di guerra e nella ricostruzione postbellica. Questa cosiddetta "storia" del Partito Comunista Internazionalista (1942-1952), di cui l'autore prevede anche un seguito, per come è scritta appare avulsa dai fatti storici come se quel partito avesse vissuto una specie di vita parallela incentrata sulla vita personale dei suoi militanti più in vista. E non è a caso che nella parte conclusiva del libro l'autore si prenda il vezzo di affermare che: "Quella che abbiamo narrato è la storia di una sconfitta". Di grazia: la sconfitta di quale forza o di chi? La sconfitta della Sinistra comunista d'Italia, delle sue posizioni, delle sue battaglie, dei suoi bilanci, della sua opera di restaurazione della dottrina marxista? La sconfitta del marxismo? La sconfitta di determinate tendenze opportuniste o la sconfitta di tizio o di caio (cosa, quest'ultima, che a noi non è mai interessata)?

Nonostante le dure prove e le crisi interne al movimento politico chiamato Partito Comunista Internazionalista, nonostante le difficili condizioni storiche in cui militanti della Sinistra comunista d'Italia hanno cercato tenacemente, e non senza errori e cedimenti, di ricollegarsi alle battaglie di classe del glorioso periodo rivoluzionario degli anni Venti del secolo scorso; nonostante le condizioni estremamente sfavorevoli non solo alla lotta rivoluzionaria del proletariato, ma alla stessa lotta classista sul terreno della sua difesa immediata, la corrente della Sinistra Comunista ha trovato proprio nelle sue radici storiche la forza di riprendere il lavoro di restaurazione della dottrina marxista affrontando il tremendo sconquasso attuato dallo stalinismo e una attività di chiarificazione politica, e infine tattica, in un lavoro a carattere di partito. Questo lavoro - che non poteva vedere la luce se non alla conclusione del ciclo storico devastato dalla sconfitta del movimento comunista internazionale, dalla vittoria dello stalinismo e della controrivoluzione borghese, e dalla seconda guerra imperialistica mondiale - era già un elemento positivo della futura "vittoria rivoluzionaria", indispensabile per fornire alla conferma della teoria marxista una base formale di attività pratica e di prima aggregazione di forze la cui reale selezione non poteva avvenire che negli anni, attraverso una serie di ulteriori selezioni. La sconfitta non l'ha mai subita la teoria marxista, che Amadeo Bordiga aveva indicato come partito storico, nella quale sta la certezza del comunismo. Certo, le vicende storiche che determinano il successo o l'insuccesso delle forze rivoluzionarie, del partito formale, per riprendere la tesi di Amadeo Bordiga, vanno individuate nei rapporti di forza fra proletariato e borghesia, nella maturità di classe del proletariato, nella sua esperienza di lotta organizzata, nell'influenza del partito di classe sul proletariato e sulle sue lotte, nella solidità e compattezza teorica oltre che nell'esperienza pratica di lotta politica e rivoluzionaria del partito di classe. Ma, una volta imboccata la strada della degenerazione del partito formale (nel caso specifico dell'Internazionale Comunista, e quindi dei partiti ad essa aderenti) era inevitabile che venisse aggredita la solida costruzione teorica del marxismo, e questo compito controrivoluzionario lo poteva svolgere solo una forza con radici proletarie e comuniste, cioè lo stalinismo che ha ripetuto, amplificando enormemente gli effetti negativi, ciò che il kautskismo aveva prodotto nel periodo precedente la prima guerra imperialista e della prima rivoluzione proletaria guidata dal partito di classe e svoltasi in Russia. Avevano mille volte ragione, dunque, i compagni che, nel tentativo di riprendere una attività a carattere di partito, mettevano come compito prioritario la restaurazione della dottrina marxista, e tra questi eccelleva senza dubbio Amadeo Bordiga. E' solo in questo lavoro di riacquisizione del patrimonio teorico del marxismo e del patrimonio delle battaglie di classe del partito bolscevico e della sinistra comunista d'Italia che sarebbe stato possibile ricostituire una organizzazione di partito nel senso pieno e organico del termine e che si sarebbero potute mettere le basi per la futura vittoria rivoluzionaria, vittoria che non poteva essere condizionata dalla volontà di accelerare la formazione del partito e dalla volontà di accelerare la ripresa della lotta di classe e della rivoluzione proletaria, cosa che avrebbe voluto dire solo cercare degli espedienti politico-tattici e organizzativi per poter ...bruciare le tappe.

 

SI ESALTA IL GRANDE TEORICO PER AFFOSSARE IL LAVORO IMPERSONALE DI PARTITO 

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Da come viene raccontata in questo libro la "storia"del Partito Comunista Internazionalista, sembra che l'intento sia proprio quello di decretare - documenti alla mano! - la sconfitta della dura opera di restauro della dottrima marxista e dell'organo-partito (che distingue il nostro partito), utilizzando in modo più o meno "raffinato", una specie di "culto della personalità" di Amadeo Bordiga messo "a confronto" con altri personaggi considerati, in pratica, di secondo piano; "culto della personalità" destinato, inevitabilmente, in un successivo capitolo di questa storia che lo stesso autore chiama "romanzo", a cadere sotto la sua lente critica con l'intento, questa volta, di documentare come lo sforzo teorico e pratico del grande militante Amadeo Bordiga - di cui riconosce "l'imponente lavoro svolto" all'interno del partito prima e dopo la scissione del 1952, identificato poi dal suo organo di stampa, il programma comunista - non abbia prodotto, durante la sua vita personale e nei decenni successivi alla sua morte, quel partito solido teoricamente e compatto organizzativamente grazie ad un centralismo organico finalmente attuato. Come dire: nonostante la grande capacità teorica, l'autorevolezza di Amadeo Bordiga derivante da quella capacità teorica non è stata in grado di formare un partito che avesse le caratteristiche richieste dalle "sue" tesi, e il partito che ne è uscito non ha fatto che subire una crisi dopo l'altra frammentandosi in gruppi e gruppetti incapaci di rappresentare una forza rivoluzionaria all'altezza dei compiti a livello internazionale che spetterebbero al partito di classe. E così l'intellettuale di turno avrà modo di discettare su chi aveva ragione e chi torto, chi avrebbe potuto cambiare il corso delle cose se avesse preso quella o quell'altra posizione, come avrebbe potuto svilupparsi l'organizzazione se avesse attenuato o meno la propria intransigenza e via di questo passo...

Vi è stato chi ha considerato la Sinistra comunista d'Italia e il movimento politico che ad essa si ricollega come una forza molto capace dal punto di vista teorico, ma assolutamente debole dal punto di vista "politico", scoprendone un supposto "vizio d'origine", madre di tutte le crisi che il partito ha subito dal 1952 in poi. Naturalmente, in questo caso, la "politica" viene intesa non come un aspetto strettamente legato e discendente dalla teoria e dal programma del partito, ma come un terreno nel quale è possibile, e necessario, attenuare l'intransigenza dottrinaria per adottare dei compromessi, degli atteggiamenti, dei comportamenti grazie ai quali il partito guadagnerebbe più "facilmente" e più "rapidamente" influenza nelle file proletarie ingrossando, di conseguenza, anche la propria organizzazione. Ma attenuare l'intransigenza dottrinaria e abbandonare la tesi dell'invarianza del marxismo - questo è l'insegnamento di Marx ed Engels, di Lenin e anche di Bordiga - portano direttamente fuori dal marxismo e in braccio alle posizioni, più o meno raffinate, più o meno rozze, dell'opportunismo: significa mettere il partito nelle mani dell'espedientismo, perciò del politicantismo e, quindi, alla fin fine, del democratismo.

Nella "dura opera di restaurazione della dottrina marxista e dell'organo rivoluzionario per eccellenza, il partito di classe, a contatto con la classe operaia", come affermiamo nella manchette intitolata "Distingue il nostro partito", che è parte integrante delle testate e del nome del partito, sottolineiamo con forza che tale opera è in linea con Marx-Engels, con Lenin, con la fondazione dell'Internazionale Comunista e del Partito Comunista d'Italia, e con le battaglie di classe della Sinistra Comunista contro la degenerazione dell'IC e dei partiti ad essa aderenti, contro la teoria del socialismo in un paese solo e la controrivoluzione staliniana; è in linea, dicevamo, solo se si svolge fuori del politicantismo personale ed elettoralesco, ossia fuori e contro il democratismo inteso non solo a livello ideologico ma anche a livello di prassi e fuori, quindi, di ogni categoria culturale ed intellettualistica. Sono tanti coloro che sono pronti a giurare di essere d'accordo con tutto ciò che è riassunto nel nostro "distingue", salvo poi cadere fuori del solco del marxismo quando si tratta di tattica e di organizzazione, terreni questi dove l'espedientismo è sempre dietro l'angolo.

"Messe a posto le questioni generali e detto in sede di principio che è che non va fatto, vi deve essere poi una comprensione spontanea che deve generare la disciplina e il centralismo": questo brano è contenuto nella lettera di Bordiga a Maffi del 19 marzo 1966 - che precede il lavoro di precisazione che si rese necessario dopo le Tesi sull'organizzazione del 1965 - e che l'autore cita proprio alla conclusione del suo libro. Ecco il punto nevralgico della questione "organizzativa": il centralismo organico non è una formula di organizzazione, è  il risultato di un lavoro di costante connessione tra teoria e prassi che produce quella "spontanea comprensione" delle questioni generali e di principio da cui si generano la disciplina e il centralismo. Non è un punto di partenza, è un punto d'arrivo della dura opera di restaurazione della dottrina marxista e di riconquista del patrimonio di battaglie di classe della Sinistra comunista che attraversa tutto il periodo storico che dalla sconfitta del movimento comunista internazionale, che possiamo datare 1926, va fino alla ripresa della lotta di classe e rivoluzionaria del proletariato. In periodo controrivoluzionario, come è ancora profondamente l'attuale, quella spontanea comprensione delle questioni generali e di principio genera solo in pochissimi elementi la disciplina e il centralismo organicamente intesi; è una questione di condizioni materiali in cui si svolge il dominio della controrivoluzione borghese, e di rapporti di forza ancora particolarmente sfavorevoli alla ripresa della lotta di classe, a causa dei quali la privazione dell'ossigeno della lotta di classe proletaria provoca inevitabilmente la riduzione ai minimi termini delle forze rivoluzionarie.

Il volume Né con Truman né con Stalin, si conclude con un'Appendice nella quale sono raccolti alcuni documenti di partito e alcune lettere, del periodo trattato nel libro, dal 1943 al 1952, come ad esempio "Che cos'è e che cosa vuole il Partito Comunista Internazionalista" del marzo 1945 (molto ottimista sulle potenzialità di lotta classista e rivoluzionaria a guerra finita, e molto cara alla tendenza attivista interna al partito comunista internazionalista), o la "Piattaforma politica del Partito Comunista Internazionalista", redatta nella primavera 1945, per la comprensione della quale, però, è molto più  utile rifarsi alla Premessa ai contenuti del volumetto pubblicato dal partito nel 1973 e intitolato Per l'organica sistemazione dei principi comunisti (12), nella quale si scriveva che "poco prima della conclusione del secondo massacro imperialistico, e quindi anche della ricongiunzione delle forze sparse della Sinistra al sud e al nord", si poteva  ancora "ritenere che l'apertura del ciclo postbellico all'insegna della travolgente vittoria delle democrazie non escludesse un margine di ripresa autonoma dell'azione proletaria di classe, pur enormemente ristretto tale margine fosse in confronto al 1918-1920".

 All'epoca della redazione della Piattaforma, la prospettiva poteva sembrare "se non di rapida, almeno di non così tormentata e penosa ripresa classista del movimento operaio" e ciò si rifletteva "nella preminenza dei punti di orientamento politico-tattico su quelli di inquadramento teorico generale" e nel "carattere di parole d'ordine o almeno direttive pratiche vigorosamente martellate che ogni suo paragrafo presenta, quasi rivolgendosi non ad una esile schiera di militanti di estrema avanguardia, ma ad un nucleo di una certa consistenza ed influenza in seno agli strati più combattivi del proletariato". Ciò non escludeva minimamente la preoccupazione  e "il rigore del costante raccordo alle questioni di principio in ogni settore preso in esame (questione costituzionale, parlamentare, sindacale, religiosa, rigurgiti irredentistici in previsione di una occupazione jugoslava della Venezia Giulia, fantasie autonomistiche e decentratrici, rapporto democrazia-fascismo, impostazione generale dei problemi tattici, atteggiamento di fronte alla guerra presente o futura, valutazione del fenomeno partigiano e della cosiddetta resistenza ecc.)". Resta il fatto che il lavoro di bilancio e di riappropriazione del metodo marxista di interpretazione della storia, appena ripreso col finire della guerra imperialistica, richiedeva ancora degli anni per giungere ad una sistemazione teorica e politica solida e definita. Si dovrà attendere il 1946 per la stesura del Tracciato d'impostazione, prima, come sintesi delle basi teoriche sulle quali costituire la formazione del partito, e del testo (che non è stato inserito nell'appendice documentaria del volume del Saggioro) Le prospettive del dopoguerra in relazione alla piattaforma, poi, per ridimesionare il giudizio ottimistico della Piattaforma sulle potenzialità rivoluzionarie del secondo dopoguerra, anticipando la possibilità - come si scrive in una nota - che la complessa fase di apertura di "nuovi contrasti e nuove crisi, urti fra le opposte classi sociali e, nel seno della sfera dittatoriale borghese, nuovi urti imperialistici tra i grandi colossi statali" non si svolga "in modo acceleratissimo". I termini reali della situazione storica (che per noi nulla mutano ai principi e alle loro deduzioni tattiche) appariranno tuttavia chiari solo negli anni immediatamente successivi. Era indispensabile mettere mano, da un lato, ad una organica sistemazione di tutti gli aspetti della "questione russa" - e a questo ci pensarono in particolare il Dialogato con Stalin del 1952, il Dialogato coi Morti del 1956, le numerose riunioni generali di partito dedicate al tema della Russia e rivoluzione nella teoria marxista e alla Struttura economica e sociale della Russia d'oggi, dal 1955 al 1957 - e affrontare, dall'altro lato, tutti i grandi temi dell'economia marxista che vennero trattati in numerosi articoli della serie "Sul filo del tempo" e in riunioni generali di partito, come ad esempio, solo per citarne alcuni, Vulcano della produzione o palude del mercato, del 1954,  Traiettoria e catastrofe della forma capitalistica nella classica monolitica costruzione teorica del marxismo, del 1957, e il tema del corso storico del capitalismo mondiale, dal 1956 al 1959. Questo lavoro, a carattere di partito, iniziato per l'appunto già durante la seconda guerra mondiale, era l'indispensabile riacquisizione da parte del nucleo di militanti che formarono l'organismo-partito in quegli anni cruciali, e si scontrò con tendenze attiviste e volontariste che pretendevano di accelerare non solo la formazione del "partito compatto e potente di domani", ma anche l'influenza sul proletariato nella prospettiva ottimistica della sua ripresa di classe.

Tale scontro allargò il campo dei temi su cui la separazione era inevitabile, dall'invarianza della dottrina marxista alla concezione del partito, dalla questione "sindacale" alla questione nazionale e coloniale, dalla valutazione della struttura economica e sociale della Russia e del suo imperialismo alla questione dell'astensionismo. La scissione formalmente avvenne nel 1952 e l'organizzazione si divise in due tronconi; nacque il partito comunista internazionalista-programma comunista.  

 

BORDIGA, BISTRATTATO E OSANNATO DA NEMICI E PSEUDO-AFFINI, RIMANE PERENNEMENTE INDIGESTO AGLI ESPEDIENTISTI DI OGNI TEMPO

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Sempre in merito ai “personaggi” della Sinistra comunista d’Italia, è uscita un’edizione francese del volumetto italiano di Onorato Damen intitolato Bordiga: validità e limiti d’una esperienza nella storia della “sinistra italiana” (che conteneva le ormai famose cinque lettere che nel 1951 si scambiarono  Damen e Bordiga, oltre ad alcuni articoli critici di Damen), ma che in questa edizione ha preso un titolo diverso, probabilmente per essere più accattivante per i lettori francesi: Bordiga, au-delà du ‘mythe’. Validité et limites d’une expérience révolutionnaire, dal quale hanno voluto far sparire il riferimento alla “sinistra italiana”. L’intento di un’iniziativa del genere sembra quello di dare un tono “nobile” alla figura di Damen trattato come uno dei “principali protagonisti storici della Sinistra italiana”; del quale, d’altra parte, non avendo a disposizione nessun documento “storico” rilevante scritto di proprio pugno (testi fondamentali, tesi) né degli anni Venti-Trenta, né degli anni della ricostituzione del partito dopo la seconda guerra mondiale, i suoi adepti cercano di trovare uno spessore politico nelle posizioni con cui si contrappose specificatamente ad Amadeo Bordiga. Basti pensare alla questione dell’invarianza del marxismo, intesa da Bordiga come invarianza della teoria marxista, perciò da difendere contro ogni attacco opportunista che intendeva e intende “aggiornare” il marxismo, ma criticata da Damen perché considerata una idealizzazione del marxismo mentre egli rivendicava una “libertà di critica” non solo sul piano della tattica ma anche su quello del programma e, quindi, della teoria dalla quale il programma discende; o alla concezione del “partito storico” e “partito formale” – legata strettamente alla tesi dell’invarianza del marxismo – criticata da Damen perché considerata come un espediente utile a far passare nel partito “formale” la “dittatura del capo” (in questo caso, di Amadeo) alla maniera di Stalin, dopo aver stabilito nel partito “storico” la “dittatura dell’invarianza del marxismo”, mentre la concezione che si sarebbe dovuto condividere avrebbe dovuto essere quella di un marxismo come “teoria della classe del proletariato nel suo insieme” e non come “teoria del partito del proletariato”. Sotto questa visione si può individuare una teorizzazione del partito di classe non come l'espressione storica della coscienza di classe, e quindi come organo indispensabile della rivoluzione proletaria, ma come "cervello del proletariato in lotta", una specie di consigliere della classe che non deve assumere direttamente l'autorità da stato maggiore della rivoluzione e della dittatura proletaria, ma deve limitarsi ad assumere la funzione di delegato da parte della classe proletaria (che quindi possiede, "nel suo insieme", la "coscienza di classe"), sottoposto al voto di maggioranza della classe proletaria in ogni decisione da prendere. Come dire che l'intervento del partito contro i proletari istigati dalle forze antirivoluzionarie a Kronstadt non sarebbe mai dovuto avvenire, che la costituzione dell'Armata Rossa non si sarebbe mai realizzata nel modo in cui avvenne, che la dittatura di classe non avrebbe mai dovuto essere esercitata dal partito bolscevico ma da organismi emanati direttamente dal proletariato in lotta ecc. ecc.

La questione della concezione del partito era legata strettamente a quella della “dittatura del proletariato” che Amadeo, in perfetta concordanza con Marx, Engels e Lenin, intendeva come “dittatura della classe proletaria esercitata dal partito di classe”, mentre Damen escludeva che la dittatura proletaria dovesse essere esercitata dal partito di classe, rivendicando invece che fosse “la classe del proletariato nel suo insieme”, preso il potere politico, ad “esercitarla” e a “delegare” il “suo” partito di classe ad esprimerne direttive e volontà: è evidente come in questa concezione vi sia insito il concetto di “democrazia proletaria”, di decisioni prese a maggioranza in congressi che dovevano radunare delegati di ogni gruppo proletario esistente, riducendo quindi il partito di classe da guida, organo della “coscienza di classe” del proletariato e stato maggiore della lotta rivoluzionaria del proletariato a livello internazionale, a esecutore della volontà espressa, di volta in volta, dalla maggioranza del proletariato. Ovvio, dunque, che sulla base di queste posizioni fondamentalmente idealiste, volontariste e, alla fin fine, democratiche, tutte le grandi questioni di tattica e di organizzazione fossero espresse in contrasto con l’impostazione marxista autentica, restaurata da Lenin prima ancora che da Amadeo Bordiga. Ribadiamo, sulla scorta di quanto sostenuto molte volte dallo stesso Amadeo, che si utilizzano i nomi dei compagni nella loro funzione di rappresentanti più coerenti di posizioni politiche che appartengono ad organizzazioni e a gruppi sociali, tendenze materialisticamente determinate nello scontro antagonistico fra le classi e che, nello svolgersi degli avvenimenti storici, possono prendere aspetti anche fra i più contraddittori.

Anche se a denti stretti, il gruppo di "battaglia comunista" - che, come ormai molti sanno, anni fa si è trasformato, a beneficio del suo espedientismo organizzativo e programmatico, da "partito" a "tendenza" internazionalista - non può non riconoscere l'apporto determinante sul piano teorico e programmatico di Amadeo Bordiga alla definizione del bilancio storico e politico del movimento comunista internazionale nelle sue vittorie e, soprattutto, nelle sue sconfitte, e delle tesi fondanti il "Partito comunista internazionalista - battaglia comunista", al quale partito, però, Amadeo non si iscrisse mai. Sulla sua non adesione al "Partito comunista internazionalista-battaglia comunista" molte ipotesi furono avanzate, ma nessuna colse veramente il senso reale dell'atteggiamento di Amadeo. E' la sua coerenza anche personale ad una battaglia che non era soltanto ideologica, ma assolutamente politica e pratica, che lo portava a non utilizzare il proprio nome, e l'autorevolezza "personale" che poteva derivare dal fatto di essere stato a capo del Partito comunista d'Italia ai tempi di Lenin e di avere contrastato le tesi di Stalin sul "socialismo in un solo paese" e i sistemi terroristici di gestione del partito fin dai primissimi momenti in cui tali tesi e tali sistemi apparirono, e a non utilizzare la propria figura trasformata in "personaggio" per attirare nel nuovo partito più adesioni.

E' documentato che all'epoca, i nemici della   sinistra comunista come i dirigenti del PCI, gli avversari borghesi italiani come gli spioni dei servizi segreti inglesi e americani o russi, temevano che Amadeo Bordiga tornasse a capeggiare un movimento politico che avrebbe potuto avere delle chances presso una parte del movimento operaio che, nel dopoguerra, temevano che potesse esprimere potenzialità di classe pericolose per la risistemazione dei governi borghesi nei paesi in via di colonizzazione economica e politica americana. Era un timore per un certo verso fondato, perché il dispotismo economico e sociale, anche se ammantato da una democrazia antifascista di facciata, spingeva le masse proletarie a reagire con la lotta alle dure condizioni di vita e di lavoro cui venivano sottoposte per la "ricostruzione post-bellica". Ma la  situazione creatasi con la guerra e col dopoguerra rispetto alla potenzialità classista del proletariato - e non solo in Italia - era valutata dagli stessi esponenti della sinistra comunista d'Italia in modo molto diverso. Una tendenza, quella del gruppo dirigente dell'appena costituito "partito comunista internazionalista-battaglia comunista", considerava la situazione favorevole alla ripresa della lotta di classe e rivoluzionaria (simile a quella che si era creata nel primo dopoguerra), anche per una prevista "imminenza della terza guerra mondiale", da cui derivava la "fretta" di organizzare "il partito" affinché fosse in grado, nel giro di pochi anni, di sostenere lo sforzo rivoluzionario del proletariato. Un'altra tendenza, invece, considerava la situazione per nulla favorevole alla ripresa della lotta di classe rivoluzionaria e perciò riteneva l'immediata organizzazione in partito come un atto volontaristico e attivistico, mentre sosteneva l'indispensabilità, prima di costituirsi "in partito", di un lavoro di bilancio della controrivoluzione staliniana e di restaurazione teorica del marxismo in attesa che nel proletariato maturassero le condizioni oggettive per la ripresa della lotta di classe. Questa seconda tendenza era certamente influenzata dalle valutazioni di cui era portatore Amadeo Bordiga, il quale, non entrando direttamente nelle decisioni alle quali le discussioni interne al partito portavano, continuò per tutto un lungo periodo, sicuramente dal 1945 fino alla scissione del 1952, a consegnare al partito e alla sua stampa i  suoi contributi che si rivelarono fondamentali e decisivi perché l'organizzazione di comunisti rivoluzionari che si definì "partito comunista internazionalista" si indirizzasse correttamente dal punto di vista marxista assimilando nel modo più omogeneo e saldo possibile i risultati di quei bilanci dinamici dei grandi svolti della storia - e la controrivoluzione staliniana è stata senza dubbio un grande svolto nella storia decretando la sconfitta più profonda, estesa e duratura del movimento comunista internazionale e, perciò, del movimento operaio mondiale -alla definizione dei quali era chiamato il lavoro collettivo a carattere di partito delle forze che si ricollegavano alla corrente della Sinistra comunista.

 La controrivoluzione staliniana era stata così profonda e devastante da richiedere anni di lavoro, di studio, di bilancio per ricostituire le basi del marxismo senza le quali nessuna organizzazione che volesse chiamarsi partito comunista, quindi organizzazione rivoluzionaria unitaria ed omogenea, avrebbe potuto nascere con la necessaria solidità teorica.

E che ci fosse bisogno di un intenso e profondo lavoro di chiarimento teorico all'interno delle forze riorganizzatesi in "partito comunista internazionalista-battaglia comunista" è dimostrato dalle posizioni contrastanti e per nulla chiare emerse nel dibattito al primo Congresso del partito, svolto a Firenze nel maggio 1948. In questo congresso non ci fu la forza, da parte di nessuna tendenza, di definire con precisione la fase storica generale attraversata con la fine della guerra mondiale e caratterizzata da rapporti interimperialistici postbellici ancora dissestati. E' sintomatico che un intervento in quel congresso, commentando gli interventi dei maggiori esponenti delle due tendenze (Damen e Vercesi), metteva in evidenza quella deficienza dichiarando che "con questi due interventi, noi operai, non avanziamo di un passo", concludendo così: "Bisogna rispondere dove va il capitalismo per forgiare l'organo della sua distruzione: questa riposta non  l'ha data Damen e non l'ha data Vercesi: sta al Partito di darla formando nel suo senso un crogiolo di battaglia chiarificatrice che impedisca la frattura che francamente io vedo profilarsi. Vi dico con tutta sincerità che in potenza esiste per me in seno al Partito già la frazione" (13).

Come abbiamo ricordato in precedenza, l'analisi e la valutazione della fase storica sono prima di tutto questione di teoria e se il metodo di analisi e di valutazione non è saldamente ancorato ai principi teorici del materialismo storico e dialettico, è metodo carente, che porta inevitabilmente ad errori in sede di posizioni politiche e di tattica. E infatti, questa carenza si riflesse immediatamente sulle questioni di tattica, ad esempio sulla questione "sindacale" in merito alla quale si passava dal rifiuto dell'intervento da parte del partito nel sindacato perché ormai completamente subordinato allo Stato borghese, privilegiando perciò la cosiddetta "lotta politica" per l'organizzazione di organismi sindacal-politici come i "Consigli", alla tattica dell'intervento del partito nei sindacati ufficiali - finché questo intervento era tollerato dagli stessi statuti - al fine di contrastare sul terreno della lotta immediata e dell'organizzazione economica dei proletari le politiche e le tattiche dell'opportunismo, propagandando metodi e mezzi di lotta classisti.

Riannodare il filo del tempo, per i comunisti rivoluzionari, significava, e significa, ricollegarsi alle tesi e alle esperienze pratiche della corrente politica della Sinistra comunista d'Italia in ragione del fatto che la storia aveva dimostrato che questa corrente politica era la più coerente, dal punto di vista teorico, programmatico e pratico, col marxismo e con quello che all'epoca veniva chiamato "leninismo", che non era altro che marxismo applicato alla situazione storica di un paese, come la Russia, arretrato dal punto di vista della struttura economica capitalistica, ma avanzato dal punto di vista politico della dittatura proletaria esercitata dal partito di classe.

A proposito del partito, è curioso che il gruppo di "battaglia comunista" affermasse, dopo il 1952, che il suo ideale di partito era "il partito di Lenin" (14) per il quale identificava questi "connotati": "a) permanenza e continuità del partito senza la cui opera di propedeutica rivoluzionaria e di stimolo, il proletariato non potrà liberarsi dalle remore e dai limiti che una coscienza tradunionista e tendenzialmente corporativa porta per sua natura con sé; b) è necessario ripercorrere criticamente le posizioni assunte dalla 'sinistra italiana' già nel cuore della prima guerra mondiale per rintracciare il filo rosso della sua continuità le cui tappe maggiormente significative sono quelle del Congresso di Bologna (1920), del Congresso di Livorno (1921), alla gestione del P.C. d'Italia fino alla defenestrazione della direzione di sinistra (1923), del Comitato d'Intesa alla vigilia del Congresso di Lione (1925-1926)". In poche parole, il gruppo "battaglia comunista" svuota il "partito di Lenin" del suo indispensabile contenuto di teoria e di programma (cioè della "coscienza di classe" che solo il partito di classe possiede), assegnandogli invece una funzione di istruzione e di stimolazione del proletariato affinché acquisisca la sua "vera coscienza", cioè la "coscienza di classe", al posto della "coscienza tradunionista e tendenzialmente corporativa". Si comprende allora come, "per rintracciare il filo rosso della continuità" della "sinistra italiana", il gruppo "battaglia comunista" indicasse come "tappe maggiormente significative" non le tesi della Frazione comunista astensionista del PSI (Conferenza nazionale di Firenze, maggio 1920), le tesi dell'Internazionale Comunista (in particolare quelle del II congresso, luglio-agosto 1920, comprese le famose 21 condizioni di ammissione all'IC), le tesi di Roma del PCdI (1922) o le tesi di Lione (1926), ma i "Congressi" evidentemente perché dà maggiore importanza al dibattito tra tesi contrastanti che non alle tesi in quanto tali. A parte il fatto che il Congresso di Bologna del PSI si tenne nel 1919 e non nel 1920, è significativo che nelle "tappe" fissate da "battaglia comunista" per "rintracciare la continuità del filo rosso della sinistra italiana" non ci siano appunto le tesi del 1920 della Frazione comunista astensionista del PSI, le tesi del PCdI di Roma e il progetto di tesi dell'IC sulla tattica, sempre del 1922, e le tesi della sinistra al congresso di Lione. Non manca invece, a dimostrazione della passione di "battaglia comunista" per la forma e non per il contenuto, il riferimento al Comito d'Intesa del 1925 (tentativo di dibattito all'interno delle forze della sinistra comunista in preparazione del III congresso del PCdI che si terrà di Lione nel gennaio 1926, dibattito reso difficile e alla fine stroncato dalla centrale centrista), o il riferimento alla "gestione del PC d'Italia fino alla defenestrazione della direzione di sinistra (1923)".

Il riferimento al congresso di Bologna, per "battaglia comunista" ha, però, un significato preciso perché credeva che "a Bologna, e non dopo, doveva essere dato il via alla costruzione del Partito Comunista" (15); e qui "battaglia comunista" non si smentisce, nel senso che la sua valutazione della situazione storica prescinde dai fatti storici, dai rapporti reali di forza tra le classi e dal metodo materialistico dialettico dando invece priorità e valenza determinante alla "volontà politica" di "costruire" o "non costruire" il partito, per non dire della priorità e della valenza determinante data allo stesso Bordiga, in quanto "capo", su cui "incombeva la maggiore responsabilità dell'indirizzo teorico-politico della sinistra astensionista" (16) al fine di dare il cosiddetto via alla "costruzione del Partito Comunista". D'altra parte, la tendenza che farà capo a Damen, per dare un  nome in rappresentanza di forze che si riconoscono in quella tendenza, avrà lo stesso atteggiamento nel 1942-43 quando deciderà di "costruire" il "Partito comunista internazionalista" senza, prima, mettere basi teoriche solide e tirare i necessari bilanci dinamici della controrivoluzione staliniana e della sconfitta del movimento comunista internazionale.

Quanto alle prime parole del punto b) del testo di "battaglia comunista", resta in ogni caso non spiegato in che senso essa intendesse "ripercorrere criticamente le posizioni assunte dalla 'sinistra italiana' già nel cuore della prima guerra mondiale". Forse ciò che non si digerisce è il fatto, storicamente provato, che la frazione di sinistra nel socialismo e nel comunismo in Italia nacque nel mezzogiorno d'Italia, a Napoli in particolare e non a Milano? Proprio a Napoli, dove allignava il più infetto bloccardismo anticlericale, la massoneria, il clientelismo elettorale, "rifugio delle forze delle classi medie e della intellighenzia" (17), contro cui il gruppo proletario marxista napoletano lottò irrobustendosi teoricamente e politicamente portandosi, tra il 1914 e il 1918 e malgrado l'assenza di legami internazionali,  sulle medesime posizioni del disfattismo rivoluzionario di Lenin di fronte alla prima guerra imperialistica mondiale, posizioni d'altra parte perfettamente coerenti con la sinistra di Zimmerwald.

 


 

(1) Il filo del tempo citato si intitola Danza di fantocci, dalla coscineza alla cultura, il programma comunista n. 12 del 1953, riunito poi con altri "fili" nell'opuscoletto, edito dal partito, Classe, partito, Stato nella teoria marxista, Napoli 1972.

(2) Vedi Tesi caratteristiche del partito, presentate alla Riunione generale del partito, a Firenze 8-9 dicembre 1951, nel n. 2 dei "testi del partito comunista internazionale" In difesa della continuità del programma comunista, edizioni il programma comunista, Firenze, giugno 1970, pp. 150, 151, 157, 158.

(3) Vedi Progetto di tesi per il III congresso del partito comunista d'Italia presentato dalla sinistra, Lione 1926, nel    n. 2 dei "testi del partito comunista internazionale" In difesa della continuità del programma comunista, cit. pag. 112.

(5) A questo proposito vedi il nostro lavoro, disponibile nel sito del partito, www.pcint.org,  intitolato: Il Partito Comunista Internazionale nel solco delle battaglie di classe della Sinistra Comunista e nel tormentato cammino della formazione del partito di classe, settembre 2010. 

(6) Già coautore con Arturo Peregalli di due libri: Amadeo Bordiga, 1889-1970. Bibliografia, e Amadeo Bordiga: la sconfitta e gli anni oscuri, entrambi usciti per i tipi della Edizioni Colibrì.

(7) Entrambi, come scritto nella nota introduttiva alla pubblicazione nel febbraio 1976 della Struttura..., sono usciti "non come 'prodotto' del pensiero di uno studioso e nell'asettico isolamento di un laboratorio di analisi, ma come arma di battaglia in una lotta che era sì di ricostruzione e difesa della teoria marxista, ma che si svolgeva - come accade ad ogni episodio della lotta di partito - nel vivo di una polemica su tutti i fronti con dottrine e sottodottrine, scuole e correnti avverse, e nell'ambito di un'organizzazione - minuscola, certo, ma vigorosa per essere legata ad una tradizione secolare - di militanti. (...) Per una serie di vicende a noi estranee, è di pubblica ragione che esso fu scritto, pur fruendo di un'estesa collaborazione, da Amadeo Bordiga. Ma il punto è che nacque come lavoro di partito, sulla base della secolare dottrina di partito, in funzione esclusiva del partito, non per elucubrazione di un singolo o per gusto personale. E questo carattere deve mantenere, anche a rivendicazione dell'opera di chi non ha mai aspirato ad altro che ad essere, con tutto il meglio delle  proprie forze, un militante, e a dare, senza nulla chiedere". Lo stesso concetto è anticipato nella nota introduttiva al I volume della Storia della sinistra comunista, pubblicato dal partito nell'autunno del 1963, in  cui si sottolinea che: "Sia il testo di oggi [il primo volume della Storia..., NdR], che i testi di allora [dal 1912 in poi, NdR] sono anonimi: gli uni e gli altri perché da noi considerati non già come espressione di idee o di 'opinioni'.

 (13) Cfr. Resoconti: Convegno di Torino 1945. Congresso di Firenze '48, Edizioni Prometeo, Milano (inizio anni '70); Intervento del compagno Danielis, pp. 21-22 .

(14) Cfr. O. Damen, Bordiga. Validità e limiti d'una esperienza nella storia della "sinistra italiana", Editoriale periodici italiani, seconda edizione, Milano 1975, articolo Il nostro attivismo?, p. 197-8.

(15) Ibidem, nell'articolo Fuori dal mito e dalla retorica, p. 22.

(16) Ibidem.

(17) Cfr. Storia della Sinistra comunista, Edizioni il programma comunista, Milano 1964, vol. I, pag. 72.

 

 

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