I borghesi si spiano tra di loro?

Sono mercanti, è naturale

(«il comunista»; N° 132; ottobre 2013)

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I borghesi si spiano tra di loro? Sono mercanti, è naturale; chi ha più risorse, spia di più. Nel capitalismo la guerra è permanente: nella concorrenza mercantile, bancaria o finanziaria, nei territori economici, nell’informazione, nelle tecnologie, nelle ricerche scientifiche, negli scontri militari limitati o generali. Nel capitalismo i concorrenti sono i nemici di domani, i nemici di oggi possono diventare gli alleati di domani, a seconda delle convenienze economiche e politiche. L’intercettazione, lo spionaggio con cui si combattono i “segreti” dei concorrenti,  sono l’anima della concorrenza capitalistica, non solo tra nemici ma anche tra alleati perché ogni mercante, mentre partecipa allo sviluppo del mercato, mira a ricavarne il maggior profitto e ciò avviene, prima o poi, a detrimento del profitto dei mercanti concorrenti .

La vicenda che ha scosso nuovamente le cancellerie europee e che rimette sotto accusa la National Security Agency (NSA) americana, riguarda non solo lo spionaggio considerato normale in tempi in cui la “lotta al terrorismo internazionale” è usata come giustificazione di ogni strappo alle leggi sulla privacy che gli stessi poteri borghesi si danno – e cioè sulle persone, sulle aziende, sui movimenti, sulle associazioni, sui partiti –, ma riguarda anche lo spionaggio nei confronti dei governanti di tutto il mondo. Tale attività spionistica, non è però una novità, è sempre esistita. Più aumenta la concorrenza a livello mondiale e più aumenta la necessità, per ogni Stato borghese, di spiare le mosse, gli accordi, le decisioni di ogni Stato concorrente, soprattutto in tempi di crisi economica e finanziaria come gli attuali. La fibrillazione più intensa, nelle varie cancellerie, si genera per il timore che i piani militari, ovviamente segretissimi, o una parte di essi, possano essere svelati, e su questo è naturale che si concentrino gli sforzi di ogni controspionaggio. Resta il fatto che, per la propria propaganda democratica, i poteri borghesi non possono restare del tutto indifferenti quando scoppiano scandali di questo genere e devono correre in qualche modo ai ripari cercando di tamponare le falle nelle proprie strutture di intelligence e perseguire, o far finta di farlo, i “responsabili” dell’illecito.  Tali vicende meravigliano e disturbano gli illusi della democrazia che gridano ad ogni passo contro i “diritti” calpestati – e di motivi ne hanno sicuramente, visto che i comportamenti reali del potere borghese contraddicono del tutto ogni pretesa democratica – ma non di certo i borghesi che gestiscono il potere. Tanto meno meravigliano noi marxisti, che sappiamo da lunga pezza che la democrazia è un inganno borghese strutturato e alimentato appositamente per rincoglionire le masse deviandone attenzione, preoccupazioni ed energie sul terreno dell’impotenza.

La realtà capitalistica sul terreno economico come su quello politico, sociale e tanto più militare, per quanto la propaganda borghese insista, ad ogni piè sospinto, sulla necessità di difendere la democrazia e i suoi “diritti” sanciti dalle leggi e dalle costituzioni repubblicane, e di ripristinarla tutte le volte che scandalosamente le leggi e i diritti vengono disattesi, è una realtà di contraddizioni e di contrasti che si acutizzano sempre più. I periodi di pace, sosteneva Lenin nel suo pamphlet sull’ “Imperialismo”, servono ai capitalisti per prepararsi alla guerra, poiché la guerra imperialista nel capitalismo è inevitabile; i contrasti derivanti dai conflitti di interesse, giunti ad un determinato livello di tensione, sono tali da rendere necessario uno scontro militare per risolverli almeno temporaneamente. L’iperfolle produzione capitalistica, quando raggiunge un certo grado di sovraproduzione per cui il mercato, per quanto “globale”, non è più in grado di assorbire merci e capitali assicurando un tasso medio di profitto congruo, genera una crisi che il capitalismo può superare soltanto distruggendo, in quantità sempre più grandi, merci e capitali. La guerra guerreggiata serve esattamente a questo, rimettendo in discussione tutti gli equilibri, le alleanze, i contrasti precedenti. La classe borghese dominante, di ogni paese, sa perfettamente che prima o poi dovrà difendere i suoi interessi imperialistici contro le altre borghesie dominanti e, quindi, non perde mai occasione per conoscere, e aggiornare, i punti di forza e di debolezza dei concorrenti, alleati o nemici che siano. In ogni Stato, il personale più preparato, politicamente, economicamente, militarmente, è certamente utilizzato nei servizi di intelligence piuttosto che per combattere la malavita e il cosiddetto “crimine organizzato” i quali, anche se ogni tanto vengono colpiti, hanno mille occasioni per rigenerarsi. La guerra commerciale, finanziaria, politica e la guerra guerreggiata non si vincono se non in possesso delle informazioni più complete e aggiornate sugli avversari e tali informazioni, in una società basata sul mercantilismo, e quindi sull’imbroglio, non sono mai a disposizione di tutti: vanno cercate di nascosto, salvando il castello di inganni col quale i capitalisti, e il loro Stato, fanno credere alle grandi masse lavoratrici che la loro opinione, il loro voto, i loro diritti sanciti dalle leggi sono intoccabili e alla base della vita sociale. Nel capitalismo ogni azienda è potenzialmente concorrente di ogni altra azienda, ogni  associazione, ogni istituzione, ogni gruppo, ogni trust, ogni Stato è potenzialmente concorrente di ogni altro Stato, trust, gruppo, istituzione o associazione; ed ogni concorrente è un potenziale avversario che, prima o poi, va distrutto per non essere da lui distrutti. Ma, nella società borghese, per quanto la classe dominante cerchi di nascondere la realtà della divisione in classi sociali antagoniste, per quanto la classe dominante cerchi di mobilitare le forze dell’opportunismo politico e sindacale e le forze del pacifismo religioso al fine di deviare costantemente la reazione delle forze proletarie all’oppressione salariale e sociale dal terreno dell’antagonismo di classe al terreno della collaborazione fra le classi, resta il fatto che la borghesia di ogni paese, tanto più nella prospettiva di uno sbocco di guerra alle sue crisi economiche, non si dimentica che tra i suoi nemici ne esiste uno molto più potente di tutti gli altri: il proletariato, vero e unico nemico di classe, unica forza sociale che potrà impedire la guerra borghese e imperialista, o fermarla se è già iniziata.

E potrà farlo perché il proletariato è l’ “ultima classe che è sfruttata e che, quindi, non succederà a nessuna nello sfruttamento di altre classi” (1), la classe che non ha nulla da guadagnare dalla conservazione della società borghese, della società della proprietà privata, del capitale e del lavoro salariato, dell’appropriazione privata dell’intera ricchezza sociale prodotta, della legge del valore, della miseria crescente per la stragrande maggioranza degli abitanti del pianeta. Ma il proletariato può raggiungere questa potenzialità rivoluzionaria alla sola condizione di riconoscersi come classe antagonista alla classe borghese, riconquistando il terreno della lotta di classe, riorganizzandosi sul terreno immediato in associazioni economiche classiste in grado di riunire le grandi masse proletarie, e facendosi dirigere dal partito di classe – che non può essere che il partito comunista rivoluzionario organizzato internazionalmente – un partito politico che abbia saputo mantenere, soprattutto nei tempi avversi, la rotta rivoluzionaria che la bussola marxista indica da sempre e che abbia avuto la volontà e la possibilità oggettiva di influenzare in modo determinante gli strati avanzati del proletariato. Ma questa situazione favorevole alla rivoluzione proletaria è ancora di là da venire, obbligando le poche forze rivoluzionarie esistenti ad una attività soprattutto teorica (che è l’esperienza delle lotte di classe del passato), attività che non deve impedire al partito di entrare nelle fratture, negli spiragli che si aprono oggettivamente nelle situazioni perché è attraverso questi interventi che il partito di classe può importare nella classe proletaria la teoria marxista, ossia la teoria della sua rivoluzione di classe.

I borghesi si spiano tra di loro? E’ normale, la legge del capitale e della concorrenza li obbliga a nascondere le mosse che possono danneggiare gli interessi concorrenti e ad indagare sulle mosse avversarie con ogni mezzo, lecito e illecito allo stesso tempo. Le grandi democrazie non si fidano una dell’altra? E’ normale, gli interessi economici, politici, militari di ogni Stato sono congenitamente in contrasto con gli interessi degli altri Stati, ed ognuno di loro affida i rapporti di alleanza, di buon vicinato o di contrasto alla propria forza economica, politica e militare. Ora si viene a sapere che Washington, perfettamente d’accordo con Londra, ha messo sotto controllo le conversazioni  della cancelliera tedesca Merkel e di altri 35 grandi leader mondiali; lo ha rivelato il quotidiano britannico Guardian sulla base dei documenti di Snowden datati ottobre 2006. Questa rivelazione ha ovviamente fatto scoppiare un ulteriore scandalo in tutte le cancellerie interessate direttamente, irrigidendo, almeno apparentemente, i rapporti con la Casa Bianca. Ma non c’è voluto molto perché sia gli americani che gli “alleati” europei affermassero che è normale che i servizi segreti si spiino l’un l’altro; il problema loro, semmai, è fino a che punto e con che proporzione di forze in campo. L’ex capo dei servizi segreti francesi, Bernard Squarcini, ha dichiarato al Figaro: “Sono sconcertato da tanta ingenuità. Forse i politici non leggono i rapporti che gli mandiamo. Ciascuna nazione spia anche i propri alleati. Gli americani spiano noi, e noi facciamo altrettanto” (2). La differenza sta nei mezzi tecnologici e nella quantità e qualità di forze messe a disposizione per questa specifica attività; dopo il fatidico 11 settembre 2001, è risaputo che Washington non ha badato a spese per intensificare l’attività della propria intelligence. La stessa ex consigliera Hillary Clinton afferma che “tutto ciò che le tecnologie rendono possibile, l’intelligence lo farà” (3). E, secondo il noto giornalista americano Glenn Greenwald, anche i servizi segreti italiani hanno avuto un ruolo nella raccolta dei dati da trasferire alla Nsa. Dunque, dove sta lo scandalo?

Gridare alla democrazia offesa, alla privacy calpestata, ai “diritti” stracciati è solo rumore perennemente inefficace, attività caratteristica della piccola borghesia e degli intellettuali che si incaricano di alimentare le illusioni democratiche. Il problema vero non è di diritto, ma di forza, e questo la borghesia dominante lo sa benissimo. In questi tempi di crisi economica prolungata e di acutizzazione dei fattori di contrasto tra le maggiori potenze imperialiste del mondo (fattori di contrasto aumentati da quando sono apparsi all’orizzonte nuovi protagonisti economici affamati di mercati da sfruttare e da conquistare, leggi Cina, soprattutto, ma anche India, Brasile e una rinvigorita Russia), la forza non solo economica, ma militare sarà sempre più all’ordine del giorno perché lo sviluppo dei contrasti interimperialistici non potrà  che portare ad uno sbocco inevitabile: la guerra mondiale, per la quale ogni potere borghese non smette mai di ammodernare i propri eserciti. Non è certo un caso, d’altra parte, che venga utilizzata ogni situazione di emergenza economica e sociale per rendere più efficaci le misure di polizia interna e di controllo dei propri confini rafforzando le tecnologie e i mezzi militari; basterebbe, come esempio, pensare anche soltanto alle vicende legate agli sbarchi di migliaia e migliaia di migranti che fuggono dalle guerre, dall’oppressione e dalle torture di governi sostenuti dalle potenze imperialiste occidentali, dalla fame e dalla miseria. Ai continui sbarchi di profughi e migranti sulle coste siciliane e calabresi il governo italiano, come ogni altro governo europeo, oltre a spendere centinaia di milioni di euro per respingerli e riportarli nei paesi da cui sono scappati, mette a disposizione risorse finanziarie unicamente per rafforzare il Frontex, ossia la forza militare europea di controllo dei confini nel Mediterraneo!

La sempre più avanzata tecnologia e i sempre più sofisticati metodi di intelligence sono utilizzati, come ogni altra risorsa economica e scientifica nella società capitalistica, a soli fini di potere. La borghesia di ogni paese, sempre impegnata a difendere i propri interessi contro ogni altra borghesia nazionale e a trarre il maggior vantaggio possibile da ogni tipo di accordo e di alleanza, non dimentica che oltre alle borghesie concorrenti sul mercato internazionale ha un altro avversario da temere, un avversario molto particolare perché detiene, in determinate condizioni sociali e politiche, una forza storica capace di distruggerne il potere e la sua stessa esistenza come classe: il proletariato, la classe dei senza-riserve, la classe dei lavoratori salariati. I sempre più sofisticati mezzi e metodi di intelligence sono, perciò, utilizzati anche per controllare le associazioni, i movimenti, i gruppi, i partiti che organizzano e influenzano gli strati di proletariato più combattivi e avanzati nei quali riscontrare potenzialità di classe e, quindi, sovversive. Anche da questo punto di vista la classe dominante borghese ha acquisito esperienza e tratto lezioni dalla storia delle lotte fra le classi. Non per nulla riserva importanti risorse economiche all’attività di intelligence sia per non farsi sorprendere da movimenti di classe del proletariato sia per rendere sempre efficace la macchina della propaganda interclassista e per foraggiare ogni forza opportunista che abbia la possibilità di influenzare gruppi e strati di proletariato per deviarne le spinte oggettive e le tendenze a lottare sul terreno dello scontro di classe. 

Potrà mai il proletariato, nella sua lotta contro la classe borghese, combattere “ad armi pari”, e vincerla, per raggiugere i suoi obiettivi rivoluzionari? Come potrà passare dalla situazione di assoluta debolezza odierna, dalla mancanza di forti organizzazioni di classe, dall’assenza di una guida rivoluzionaria influente, ad una situazione più favorevole per la propria rivoluzione di classe?

Gli opportunisti di ogni tempo pensano che la strada da percorrere per il proletariato – sempre più confuso nelle masse popolari – sia quella di una “vera” democrazia, usando la propria forza numerica per eleggere al governo rappresentanti democratici più affidabili, partendo magari dalle amministrazioni comunali; c’è chi crede che la piazza, il movimento, le masse, per il semplice fatto di rappresentare numericamente una determinata maggioranza, debbano “decidere” quale strada prendere, a quali rappresentanti consegnare il mandato di governo politico, parziale o generale, perché le “cose cambino”, perché le risorse economiche e finanziarie di un comune, di una regione o di un paese siano utilizzate per il “bene comune” e non  per gli “interessi di pochi”. C’è chi crede che la “rivoluzione” consista nel “far prendere coscienza” alle masse dei loro “diritti” e del fatto che tali diritti, se calpestati dai “poteri forti”, debbano essere difesi, ripristinati e applicati con la pressione elettorale, votando tizio piuttosto che caio. C’è chi crede, anche rischiando personalmente come Snowden, che sia necessario, e sufficiente, svelare le malefatte e le porcherie dei servizi segreti del tal paese, o dei politici, o delle cosche, o delle associazioni segrete delle multinazionali, per destare le coscienze dei molti al fine di riparare i guasti di una democrazia corrotta e degenerata.

Ma la democrazia borghese, attraversato il periodo storico della sua spinta rivoluzionaria che contribuì, con le masse proletarie e contadine armate, ad abbattere violentemente i poteri feudali sotterrando la vecchia società con tutti i suoi vincoli e le sue restrizioni per aprire la nuova società allo sviluppo di un modo di produzione nuovo, quello capitalistico appunto, non aveva altra possibilità che liberare, successivamente, la forza di corruzione e degenerativa che congenitamente possedeva: il mercato rappresenta, infatti, la mercificazione di ogni attività umana e di ogni rapporto umano e perciò la corruzione e la degenerazione non sono che la conseguenza naturale del capitalismo che ha universalizzato il mercato. La rivoluzione che il capitalismo ha rappresentato storicamente rispetto ai modi di produzione precedenti ha trovato il suo limite nel capitalismo stesso che sopravvive solo ed esclusivamente mantenendo la divisione in classi della società sotto il monopolio economico, politico e sociale della classe borghese. E’ questo monopolio, è il monopolio della forza economica e militare, che garantisce alla classe borghese il dominio sulla società a difesa del quale essa esercita ogni genere di pressione e di oppressione, fino alle più tremende devastazioni di guerra. Il dominio borghese sulla società, vera dittatura della classe borghese, si realizza sia con i metodi di governo democratici che con i metodi di governo apertamente totalitari, usati a seconda delle vicende storiche di ogni paese; dominio che non sarà mai messo in discussione da alcuna frazione borghese come pretendono gli opportunisti di ogni risma quando prospettano la necessità da parte del proletariato di allearsi con i borghesi democratici contro i borghesi fascisti. Il dominio borghese sarà vinto a condizione di spezzare lo Stato che lo organizza e lo difende, lo Stato borghese che non è aldisopra delle classi, non è neutro, non è a disposizione del bene comune, ma è, come ha sempre affermato il marxismo, il comitato d’affari della borghesia dominante.

La forza dello Stato borghese non sta soltanto nel fatto di centralizzare il dominio della classe borghese del paese dato, di detenere il monopolio della violenza militare attraverso le forze di polizia e le forze armate, di controllare attraverso le forze dell’intelligence tutte le informazioni e le comunicazioni utili alla difesa degli interessi di classe borghesi, nazionali o sovranazionali che siano, di maneggiare le più ampie risorse economiche e finanziarie derivanti dalle imposte e dalle attività economiche dirette e indirette; sta anche nella debolezza della classe proletaria, nella sua paralisi dal punto di vista della lotta classista di difesa economica immediata, nella sua assenza dal terreno dell’organizzazione di classe e, quindi, della lotta di classe anticapitalistica e, perciò, antiborghese. Il proletariato potrà tornare ad essere una effettiva forza sociale capace di lottare per i propri esclusivi interessi di classe, sul terreno immediato come sul terreno politico più generale, solo rompendo il patto di collaborazione interclassista che lo lega al carro borghese riducendolo nella più completa impotenza di schiavo salariato. E’ di questa rottura sociale che la borghesia dominante ha paura, perchè sa che il proletariato, nemico di classe storico, riprendendo fiducia nella propria forza di classe è in grado di esprimere un potenziale rivoluzionario irrefrenabile, l’unico capace non solo di tenerle testa, ma di scalzarla vittoriosamente dal potere politico. E non ci saranno tecnologie informatiche, per quanto avanzatissime, che potranno frenare il movimento di classe del proletariato che, guidato dal suo partito comunista rivoluzionario, riapparirà di fronte alle classi borghesi mondiali come il proletariato russo nel 1917: poco e malamente istruito, ma solido, inesorabile e invincibile nella sua marcia rivoluzionaria sotto la guida del partito bolscevico di Lenin, nonostante la straordinaria attività di spionaggio della polizia zarista alleata all’intelligence inglese e francese. Oggi, 2013, a pochissimi anni dal centenario dell’ottobre russo, il proletariato, soprattutto dei paesi di vecchio capitalismo, appare ancora del tutto inerme, completamente succube degli inganni e delle illusioni borghesi, senza forze e senza prospettive se non quella di trasformarsi da sfruttato bestialmente in tempo di pace a carne da macello in tempo di guerra. Ma, come per il proletariato russo del 1917, così per la rinascita di classe del proletariato europeo e mondiale di domani, stanno lavorando le sempre più acute ed estese contraddizioni sociali del capitalismo che, nel frattempo, stanno spingendo alla lotta i giovani proletariati del Sudafrica, della Cina, dell’Egitto, dell’Algeria, del Bangladesh, del Pakistan, del Brasile e di molti altri paesi di giovane capitalismo e della periferia dell’imperialismo.

La riconquista del terreno di classe per il proletariato occidentale sarà pagata a caro prezzo perché su di esso la borghesia imperialista ha esercitato il massimo della sua forza oppressiva e, nello stesso tempo, il massimo della sua forza corruttrice comprandosi larghi strati di proletariato, attraverso qualche privilegio economico rispetto ai proletari di tutti gli altri paesi, e una fitta rete di ammortizzatori sociali, fatti materiali che hanno costituito la base della collaborazione di classe e del successo delle forze opportuniste. Ma lo sviluppo delle contraddizioni sociali caratteristiche del capitalismo (disoccupazione, vita precaria, miseria e fame crescenti, devastazioni di guerra) tende ad assottigliare l’effetto corruttore degli ammortizzatori sociali e a svelare in tutta la sua crudezza l’antagonismo storico tra le principali classi della società moderna, la borghesia e il proletariato. L’orizzonte in cui la lotta di classe riscoppierà in tutta la sua potenzialità non è più limitato all’Europa o agli Stati Uniti d’America: dalla prima guerra imperialista del 1914-18 è diventato il mondo intero, quel mondo che le borghesie più avanzate e forti hanno conquistato e sottoposto alla legge del capitale, ma nel quale, con lo sviluppo del capitalismo e dell’industria, si è creato e sviluppato un esteso esercito di proletari, i suoi futuri becchini: come annunciava il Manifesto del 1848 di Marx-Engels, “con lo sviluppo della grande industria, dunque, viene tolto di sotto ai piedi della borghesia il terreno stesso sul quale essa produce e si appropria i prodotti. Essa produce anzitutto i suoi seppellitori. Il suo tramonto e la vittoria del proletariato sono del pari inevitabili” (4). 

 Proletari di tutto il mondo unitevi! È stato e sarà sempre il grido di battaglia della rivoluzione di classe, ed è per questo grande obiettivo che lavorano i comunisti sognando, oggi, la rinascita del movimento di classe dal Sud o dall’Est del mondo borghese, certi che, domani, la rivoluzione anticapitalistica da sogno diventerà realtà anche nel vecchio mondo borghese, come lo è stato nel 1917.

 


 

(1) Cfr. Le nostre Tesi caratteristiche del partito, dicembre 1951, raccolte nel volumetto “In difesa della continuità del programma comunista”, 1970, p. 162.

(2) Vedi la Repubblica, 25 ottobre 2013.

(3) Ibidem.

(4) Cfr. Il Manifesto del Partito Comunista, 1848, Marx-Engels, Giulio Einaudi Editore, 1962, pp, 116-117.

 

 

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