LEGALITARISMO

(Dizionarietto dei chiodi revisionistici)

(«il comunista»; N° 136; Ottobre 2014)

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Sbaglierebbe di grosso chi credesse che il punto di partenza delle deviazioni opportuniste, in fondo alle quali attende il leccamento degli stivali della borghesia, sia da ricercarsi sul terreno teorico. Per carità! L’opportunismo, se guarda alla teoria, lo fa con gli occhi del leone. Coloro che passano nel campo dei servi della classe dominante vengono determinati a farlo certamente non da una interpretazione errata dei principi basilari della dottrina o da una infelice scelta di mezzi tattici. Si può sbagliare nel campo teorico o tattica senza rendersene conto, ma non si può sicuramete svolgere la funzione siconfante della borghesia e di traditore del proletariato senza averne in ogni momento la netta conapevolezza. Ciò è soprattutto vero quando si tratta di ex-rivoluzioanri desiderosi di farsi rimborsare dalla borgehsia i danni subiti e procurarsi una vecchiaia disonorata ma comoda. Da qui non si scappa: se serve la borghesia e l’ordine sociale e politico esistente non tanto per le idee che si professano (la stragrande maggioranza delle masse lavoratrici, specialmente oggi, è prigioniera di influenze controrivoluzionarie, ma ciò nonostante esse non possono certo definirsi altrimenti che classe sfruttata ed oppressa), ma per l’atteggiamento concreto, cosciente, che si osserva di fronte agli organi costituiti della macchina statale capitalista.

Alla svolta in discesa che porta nell’opportunismo, e nella prostituzione politica c’è un mutamento radicale, quando si tratta di ex-rivoluzionari, nell’atteggiamento di fronte al potere dello Stato, all’ordine costituito borghese, alle autorità “legittime”, alla legge scritta. Il marxismo non considera la teoria e l’azione in sfere distinte e separate. Chi alimenta dottrine controrivoluzionarie, non può che agire in conseguenza sul terreno pratico. Ma è anche vero che nulla più del tradimento di classe dimostra meglio l’esattezza del principio marxista, secondo cui viene prima l’azione, dopo il riflesso intellettuale di essa. Prima si passa al nemico, prima si tradisce la classe cui si appartiene o per cui si è lottato un giorno; solo in seguito si tenta una giustificazione travisando vergognosamente i principi.

Ma come distinguere la condotta contraddittoria (proprio delle masse impreparate) e gli errori involontari (propri dei rivoluzionari in buona fede), dal tradimento degli opportunisti? Così come facciamo nei confronti, ad esempio, degli stalinisti, di costoro denunciamo, non  quanto essi dicono di sé, ma quanto essi fanno nei confronti dello Stato borghese, identificato non nel nauseante personale di governo, ma nell’insieme delle istituzioni ed organi preposti a conservare il modo di produzione  e l’ordinamento sociale propri del capitalismo. Nemico involontario e inconsapevole dei suoi stessi interessi di classe può essere il proletario impreparato; servo della classe dominante e traditore delle masse è colui che preparato quanto basta per afferrare il contenuto di classe dello Stato, accetta di assoggettarglisi, pretendendo nello stesso tempo di rappresentare gli interessi operai. Traditore non si può certamente definire il poliziotto o il magistrato che svolge la sua funzione nella convinzione che lo Stato è ente imparziale al di sopra o al di fuori delle classi, avendo scoperta la menzogna di tale tesi, non si fa passare per amico della classe oppressa. Poco importa se consapevoli o non della loro funzione, costoro sono dei nemici, minuscoli elementi dell’enorme macchina di repressione dello Stato.

Chi è dunque il combattente fedele della classe oppressa? Colui che ha compresa e fatta propria la dottrina materialista dello Stato inteso come organo di lotta della classe dominante contro le masse sfruttate ed oppresse? Non basta.

Tale concetto primordiale, che serve come criterio infallibile per distinguere il rivoluzionario dal traditore opportunista, è presente nella storia di tutte le lotte rivoluzionarie. Il titano Prometeo, colpevole secondo la mitologia di avere insegnato agli uomini l’uso del fuoco, avvenimento gigantescamente rivoluzioanrio nella storia della civiltà, assurge a simbolo di eroe rivoluzioanrio non solo perché consapevole, contro il parere reazionario di Giove, dell’enorme carica di conseguenze sociali derivante dalla innovazione della cottura dei cibi e della metallurgia, ma soprattutto per il suo fierissimo atteggiamento, di fronte alla scatenata ira di Giove, per il rifiuto sprezzante di riconoscere il pitere costituito che lo incatena alla rupe, e di assoggettarglisi. Il suo gesto rivoluzioanrio non scaturisce da fredda elaborazione intellettuale, ma da un atto drammatico di rivolta e di odio irreconciliabile verso il potere legale, sia pure divino e, pur di non macchiarsi di alcuna debolezza opportunista nei confronti di esso egli sopporta la terribile punizione inflittagli.

Purtroppo ciò che divora il fegato degli streminziti teoricastri dell’opportunismo, si diversifica enormemente dall’avvoltoio della leggenda; è solo l’eccesso di bile provocato dalla brama insaziata, direttamente proporzionata all’accumularsi di una vecchiaia spoglia di nori e di cariche, di “essere qualcuno” sulla scena politica. Rimanere incatenati anti-eroicamente alla nude rupe dell’oscurità,  della non celebrità e, diciamolo pure, della micragna, costoro assolutamente non sanno. Nulla è più estraneo a loro che... il complesso prometeico. Hanno bisogno di svolgere la funzione e godere dei privilegi carpiti dai maiali nella “Fattoria degli animali” del libro famoso. Allora sono spinti ad inzuppare il loro rivoluzionarismo verbale, sia pure detto scherzosamente, nel dolce vino del legalitarismo, cioè nel rispetto deferente della legge dello Stato borghese. Oppure si tratta solo di vile soggezione alla schiacciante potenza della macchina statale. Esempio classico: Karl Kautsky, il rinnegato Kautsky, l’antipodo dell’eroe rivoluzioanrio, rivoluzionario e marxista in gioventù, ruffiano del potere costituito e traditore del proletariato nel momento cruciale copincidente con la sua trista vecchiaia, allorché si trattò, negli anni del 1919.21, di passare dalla critica all’azione insurrezionale contro i pilastri della dominazione borghese. Perché Lenin definì Kautsky traditore e rinnegato, anche se la sua funzione di agente della controrivoluzione lo assimilava perfettamente allo sbirro, al deputato, al magistrato? Forse per il fatto che barattò l’ideologia, la dottrina, il programma? Anche per questo, ma soprattutto perché la contaminazione patriottarda e democratica del marxismo rappresentò solo la giustificazione ipocrita di un tradimento che si effettuò proprio nel senso del capovolgimento di atteggiamento politico di fronte allo Stato capitalista internazionale,sceso prima nella bolgia della guerra imperialista, poi nella crociata contro la Rivoluzione comunista. Sappiamo tutti come si perpetrò il tradimento. I capidella Seconda Internazionale socialdemocratico, che in Karl Kautsky dovevano trovare la loro più perfetta espressione, al Congresso di Stoccarda del 1907, si erano ammantati delle vesti di prometei antiborghesi, deliberando di trasformare la guerra imperialista in lotta per l’abbattimento del dominio capitalista. Quando, nell’agosto del 1914, essi cedettero ai rispettivi Stati nazionali, accettando non solo di sospendere la lotta contro il capitalismo, ma di aderire entusiasticamente alla carneficina imperialista, non lo fecero certamente per errata interpretazione di una risoluzione o di un testo. Quella votata a Stoccarda era dichiarazione quanto mai categorica e inequivocabile. Fi chiaro allora che il voltafaccia socialdemocratico era dovuto unicamente a soggezione di fronte alla terribile minaccia della repressione, a mancanza di coraggio rivoluzionario. Tutto quello che poi Kautsky doveva almanaccare nel campo teorico, negli anni 1919-1920, doveva servire unicamente a giustificare il rinnegamento commesso cinque anni prima, nel momento in cui si trattò di dare corso alle minacce formulate contro la borghesia.

Egualmente dovevano comportarsi politicamente i capi stalinisti della III Internazionale: fu il capovolgimento della tattica, il passaggio a contatti adulteri con gli agenti del nemico borghese, che provocò le deformazioni e i rinnegamenti nel campo ideologico e non diversamente. Oggi come oggi avviene lo stesso.

La regola generale cui si adegua il tradimento e il passaggio tra gli scherani del capitale, ripetiamo è questa: prima il pecoresco accucciarsi ai piedi dello Sdtato borghese impersonato in sbirri e funzionari; dopo, la giustificazione pseudo.teorica del gettito del principio rivoluzionario. Viene prima il cedimento all’influenza del nemico, l’inquadramento nel suo meccanismo di repressione; dopo di che si dà la stura alla logorrea nauseante sulla utilizzazione delle possibilità legali, sulla possibilità di adoperare gli organi e le leggi dello Stato capitalista... contro gli interessi del capitalismo, e porcherie simile. Comunque, ogni male ha la sua consolazione: meglio un traditore dichiarato che un Malinovskj, annidato nel partito, a spiare e sabotare... Lasciamo i vermi a strisciare.

Gli esempi di tradimento e di passaggio al nemico sono veramente innumerevoli. Viceversa non esiste un solo esempio di raggruppamento politico che abbia commesso il gesto di inquadrarsi nella legalità borgehse, riuscendo ciò nonostante a conservare il suo carattere di forza rivoluzionaria. Esempio simile non esiste né al passato né al presente, non esisterà nel futuro. Evidentemente la lotta di classe obbedisce a leggi che per rigidità non si diversificano da quelle fisiche. Il mezzo migliore per farsi stritolare rimane l’inane tentativo alla Sisifo di opporre al loro ferreo concastenarsi e impersonale applicarsi il buffonesco potere della personalità con la p maiuscola dei pretesi grandi uomini. Chi ha lasciato impigliare un lembo della propria casacca, vendita propabailmente prima che fosse tagliata e confezionata, negli ingranaggi della macchina statale del capitalismo, ci rimane per sempre. Purché non ci pensi egli stesso a togliercisi, adoperando l’estrema risorsa del Giuda Iscariota.

 

(da “il programma comunista”, nr. 1/1952)

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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