La morte di Maria Baratto non è stato suicidio, ma omicidio di Stato

(«il comunista»; N° 136; Ottobre 2014)

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(Purtroppo nel numero scorso del giornale questa nostra presa di posizione, comunque diffusa a suo tempo come volantino, non aveva trovato spazio; lo pubblichiamo ora, nella consapevolezza che la denuncia che vi è contenuta è sempre maledettamente attuale)

 

La morte di Maria Baratto, operaia in cassa integrazione della Fiat, avvenuto il maggio scorso, è emblematica di una situazione di immobilismo e di impotenza cui versano migliaia di operai, non solo della Fiat.

Il trasferimento alla Fiat di Nola  e poi la cassa integrazione, che dura da ben sei anni, hanno distrutto l’equilibrio psichico di Maria che in tutti questi anni  aveva tentato di reagire spronando i colleghi alla lotta. Alla ricerca di forme organizzative alternative, ha fatto parte del “Comitato mogli degli operai di Pomigliano” e dello Slai Cobas.

Maria Baratto era socievole, allegra, ma anche combattiva. Sue le critiche sul sito web del Comitato dove la stessa Maria denunciava i suicidi di altri suoi colleghi e le corresponsabilità delle politiche istituzionali, della dirigenza Fiat e degli stessi sindacati tradizionali.

Cassaintegrazione senza fine e un futuro di disoccupazione sono il baratro dove vengono spinti i lavoratori che, disorientati  e isolati  politicamente e sindacalmente, stanno subendo ripetuti attacchi alle loro condizioni di vita, tali che non hanno precedenti dal secondo dopoguerra. La scadenza della Cig a luglio di quest’anno ha messo in fibrillazione i trecento operai della Fiat di Nola spingendo i sindacati Fiom e Slai Cobas ad  un presidio alla Regione che si è trasformato in una commemorazione di Maria e di tutti i lavoratori vittime di uno sfruttamento disumano.

Probabilmente il trasferimento a Nola le è stato fatale perché la depressione ha preso il sopravvento. Nel film documentario “ La fabbrica incerta - vite operaie alla Fiat di Pomigliano d’Arco”, del regista Luca Rossomando, uscito nelle sale nel 2011, Maria denunciava di assumere psicofarmaci.

Le lotte sterili condotte dall’opportunismo sindacale hanno condotto gli operai della Fiat al baratro di cui si è accennato sopra, senza vie d uscita. Le responsabilità istituzionali e dell’opportunismo sindacale sono tali per cui possiamo affermare che la morte di Maria Baratto e di altri suoi colleghi sono omicidi di Stato!

La risposta dei lavoratori, finché resta nei limiti della ricerca delle soluzioni compatibili con le istituzioni borghesi e dell’isolamento in lotte corporative, non sposterà mai nemmeno di un centimetro il rapporto di forza che da decenni è nettamente sfavorevole ai lavoratori.

La risposta deve invece essere sul terreno di classe, riappropriandosi dei metodi e dei mezzi della lotta di classe tramandati dalle lotte passate dei lavoratori e seppelliti da decenni di opportunismo politico-sindacale dai falsi partiti operai, dai sindacati tricolore e dalla più recente collaborazione dei cosiddetti sindacati alternativi!

La nostra solidarietà ai lavoratori in lotta della Fiat è incondizionata!

Per commemorare la compagna Maria Baratto non basta un presidio, ma la lotta unitaria di tutti i lavoratori in un unico fronte di lotta dove le rivendicazioni devono tenere conto esclusivamente della difesa del salario e del rifiuto incondizionato della cassa integrazione, contro la politica antioperaia delle istituzioni statali e l’opportunismo politico e sindacale!

 

1 Giugno 2014                              

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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