La teoria marxista della moneta (3)

(«il comunista»; N° 136; Ottobre 2014)

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2.  LA CIRCOLAZIONE DEL CAPITALE, O LE  METAMORFOSI  DEL CAPITALE

 

Compiendo il suo ciclo infinitamente ripetuto, e di cui sappiamo già che trova la sua forza motrice nella ricerca di un plusvalore e non nella produzione di merci, che è soltanto un mezzo necessario per giungere allo scopo, il capitale subisce una serie di metamorfosi cicliche, cioè si presenta alternativamente sotto forme diverse (11) .

Se si suppongono date le condizioni economiche e sociali della produzione capitalistica, il punto di partenza sarà sempre una certa quantità di capitale-denaro pronto a essere gettato nella circolazione. Questo capitale-denaro dovrà a sua volta convertirsi in capitale-merce, cioè scambiarsi contro gli elementi materiali della produzione: impianti, macchine, materie prime, ecc., cioè capitale costante, e mezzi di sussistenza per gli operai, cioè capitale variabile (salari). L’atto caratteristico di questa prima fase circolatoria del capitale-denaro è evidentemente la sua trasformazione in capitale variabile, cioè l’acquisto di forza lavoro che si risolverà certo in definitiva, in un acquisto di mezzi di sussistenza (spesa del salario degli operai) e quindi parteciperà alla circolazione delle merci offrendo però al capitalista la possibilità di impiegare produttivamente la forza-lavoro (12) . Una volta che il capitale-denaro si è così risolto in merci (mezzi di produzione, materie prime, forza-lavoro), il processo di circolazione si interrompe per dar luogo al processo di produzione. Il capitale prende allora la forma di capitale produttivo, la cui attività avrà per risultato l’apparizione di una nuova merce, distinta da quelle che componevano il capitale-merce iniziale sia per valore d’uso che per valore di scambio: la cosa è evidente per il valore d’uso, e sappiamo già che la forza-lavoro impiegata produttivamente genera un nuovo valore, pur trasmettendo al nuovo prodotto la somma del capitale costante e del capitale variabile anticipati. Da capitale produttivo, il capitale si è così ritrasformato in capitale-merce, che deve entrare in una nuova fase di circolazione per ritrovare la sua forma primitiva di capitale-denaro.

 

Il ciclo del capitale, in origine rappresentato da

D - M - D’       (D’ > D),

può essere rappresentato in modo più completo mettendo in evidenza le diverse forme del capitale, e soprattutto il fatto che il plusvalore proviene unicamente dall’uso del capitale variabile e non dalla totalità del capitale anticipato come se lo immagina  il capitalista e come lo «teorizza» l’economia politica volgare; cosa che faremo nel resoconto completo quando apparirà sulla rivista teorica internazionale Programme Communiste (13). Qui ci interessa più particolarmente il ciclo del capitale-denaro.

Ora, lo studio del ciclo e delle metamorfosi del capitale mostra che questo deve necessariamente assumere periodicamente la forma di capitale-denaro: esso è il punto di partenza del ciclo e il suo punto d’arrivo: «Il denaro è la forma in cui ogni capitale individuale (prescindendo dal credito) deve presentarsi per trasformarsi in capitale produttivo; ciò deriva dalla natura della produzione capitalistica, e in generale dalla produzione di merci» (Il Capitale, Libro II, Sez. III, cap. 18, cit., pag. 375).

Se il capitale è molto di più che denaro, ciò non toglie che debba prendere la forma del denaro, e quindi piegarsi anch’esso, sotto questa forma, alle leggi della circolazione monetaria definite più sopra. Le funzioni della moneta, e poco importa per il momento di che moneta si tratti (14) , sono perciò conservate nella circolazione del capitale, benché messe al servizio delle leggi più generali che reggono la circolazione del capitale in quanto tale. Ma la forma moneta che il capitale deve necessariamente assumere reagisce sul suo ciclo, perché gli impone un limite relativo. Indubbiamente, non esiste una legge di proporzionalità assoluta fra la massa del capitale-denaro anticipato e la massa dei valori d’uso ottenuti alla fine del processo di produzione. Il rapporto fra queste due grandezze è in realtà determinato dalla produttività del capitale, che dipende a sua volta dalle condizioni tecniche della produzione, cosicché una stessa massa di capitale-denaro si risolverà in c e v in proporzioni variabili secondo le epoche, e si concluderà nella produzione di quantità variabili di un dato valore d’uso. La potenza produttiva del capitale non è quindi determinata unicamente dalla sua grandezza, così come non lo è, del resto, la massa di plusvalore prodotta, che dipende evidentemente dalla proporzione fra capitale costante e capitale variabile e dal grado di sfruttamento della forza-lavoro (l’una storicamente legata all’altra). Fatte queste riserve, resta il fatto che, ad uno stadio dato della produzione sociale, la massa di capitale-denaro disponibile costituisce un limite del capitale produttivo in grado di entrare in funzione. Perciò lo studio della moneta capitalistica sbocca in realtà nello studio dei mezzi di cui il capitale si serve per emanciparsi da questo limite relativo - mezzi che, come vedremo, sono anch’essi e necessariamente di natura monetaria, cosicché la contraddizione resta, ma portata ad un grado superiore.

Conformemente alla sua natura, il capitale deve circolare indefinitamente. Il risultato di un ciclo compiuto si presenta quindi come l’avvio di un nuovo ciclo, lo scopo della produzione capitalistica essendo non semplicemente la produzione di plusvalore, ma la produzione ininterrotta di capitale. Il capitale esiste nella misura in cui si accresce, in cui si accumula. Sebbene, per il capitalista isolato, il consumo di una frazione del plusvalore possa apparire come lo scopo del movimento impresso al capitale, alla scala sociale non può trattarsi che di un fenomeno contingente, relativamente secondario; e la crescente spersonalizzazione del capitale (società per azioni, trust nazionalizzati, ecc.) traduce nel modo più evidente questo fenomeno. Occorre quindi non solo che il capitale iniziale, una volta realizzato sotto forma di capitale-denaro mediante la vendita dei prodotti, inizi un nuovo ciclo, ma che lo stesso plusvalore si trasformi in un nuovo capitale, si investa: così si effettua la riproduzione allargata del capitale. Il plusvalore si risolve a sua volta in capitale costante e capitale variabile, e compie un movimento di valorizzazione parallelo a quello del capitale iniziale (tralasciamo qui la rappresentazione simbolica di questo movimento, rinviandola al resoconto esteso in Programme Communiste).

Il completamento della riproduzione allargata, cioè la trasformazione del plusvalore in capitale, il suo investimento, suppone che siano riunite un certo numero di condizioni. Il plusvalore deve passare dalla forma capitale-denaro alla forma capitale produttivo: ciò impone anzitutto una certa proporzione fra il capitale costante e il capitale variabile in cui esso si risolve; impone in secondo luogo una grandezza determinata alla massa totale (c + v) di plusvalore da investire. L’allargamento della produzione esige per esempio l’acquisto di nuove macchine; quando siano date le loro caratteristiche tecniche, sono pure date la quantità di materie prime che esse consumeranno e la grandezza della forza-lavoro che le metterà in moto. Ora ai vecchi mezzi di produzione si può aggiungere soltanto almeno una macchina intera, non la metà o il quarto per esempio. Ad uno stadio dato della produttività nel ramo di produzione considerato, il capitale minimo supplementare che può essere investito si trova quindi perfettamente determinato. Se l’ammontare del plusvalore ottenuto alla fine di un ciclo è inferiore a questo capitale minimo, bisognerà attendere che il completamento di nuovi cicli abbia aumentato a sufficienza il plusvalore per consentirgli a sua volta di funzionare effettivamente come capitale produttivo; nell’intervallo, esso non è che capitale produttivo potenziale. Lo stesso problema si porrebbe, del resto, se il plusvalore superasse il capitale minimo da investire; un reinvestimento immediato di tutto il plusvalore può aver luogo soltanto se il plusvalore è esattamente eguale al capitale minimo o ad uno dei suoi multipli interi; in tutti gli altri casi, si ha formazione di capitale potenziale.

Un fenomeno analogo si produce all’interno del ciclo di un capitale dato. Il capitalista deve anticipare integralmente gli elementi del capitale produttivo. Ma a un certo tempo di circolazione separa la produzione delle merci dalla conversione del loro valore in capitale-denaro suscettibile di ritrasformarsi in capitale produttivo. Un nuovo anticipo deve quindi essere fatto, se non si vuole che la produzione si interrompa fino al riflusso, sotto forma di capitale-denaro, del capitale inizialmente anticipato. Considerazioni analoghe a quelle fatte per il plusvalore mostrano che, a meno che il tempo di circolazione sia un multiplo intero esatto del tempo di produzione (ipotesi teorica irrealizzabile, anche solo a causa delle inevitabili variazioni del tempo di circolazione che si oppongono alla rigidità relativa del tempo di produzione), si produce un accavallarsi dei capitali anticipati, e dei capitali realizzati mediante la vendita dei prodotti, che «libera» per qualche tempo certe frazioni del capitale, cioè impedisce loro di convertirsi immediatamente in capitale produttivo.

L’uno e l’altro fenomeno impongono perciò al capitalista considerato isolatamente di conservare sempre una frazione del suo capitale sotto forma di capitale-denaro, oltre al capitale-danaro necessario per far fronte agli acquisti periodici di capitale costante e di forza-lavoro, e ad un certo fondo di riserva. Si vede così sorgere la necessità di una tesaurizzazione capitalistica.

«Poiché le proporzioni in cui si può allargare il processo di produzione sono prescritte non arbitrariamente ma tecnicamente, il plusvalore realizzato, sebbene destinato alla capitalizzazione, spesso può crescere solo mediante la ripetizione di differenti cicli fino al volume... in cui può realmente operare come capitale addizionale... Il plusvalore si fissa dunque in tesoro e in questa forma costituisce capitale monetario latente... Così la tesaurizzazione appare qui come un momento che è compreso entro il processo capitalistico di accumulazione, lo accompagna, ma contemporaneamente è da esso sostanzialmente differente. Infatti, mediante la formazione di capitale monetario latente, il processo di riproduzione in sé non viene allargato. Al contrario. Qui si forma capitale monetario latente perché il produttore capitalistico non può allargare immediatamente la scala della sua produzione» (Il Capitale, Libro II, Sez. I, cap. 2, cit., pagg. 79 - 80).

Nata dalle condizioni stesse del ciclo capitalistico, questa tesaurizzazione si presenta come un fenomeno contraddittorio nella misura in cui impedisce temporaneamente ad una frazione del capitale di funzionare effettivamente come capitale. Essa si oppone quindi al movimento fondamentale del capitale, contraddice alla sua natura, e gioca in questo senso un ruolo parassitario. Il modo di produzione capitalistico tuttavia risolve questa contraddizione alla scala sociale; tende irresistibilmente a unificare i capitali isolati.

La tesaurizzazione capitalistica fornisce così la base del sistema bancario e del credito, che possono essere considerati come le soluzioni capitalistiche alle contraddizioni non del capitale in generale, ma del capitale sotto forma di denaro.

 

(3 – Continua)

 


 

(11)  «Il processo diretto di produzione è il suo processo di lavoro e di valorizzazione, il processo il cui risultato è il prodotto-merce e il cui motivo determinante è la produzione di plusvalore». (Il Capitale, Libro II, Sezione III, cap. 18, Ed. Riuniti, p. 137).

(12)  «Se D-L [D designa qui il capitale-denaro e L la forza-lavoro] compare come una funzione del capitale monetario, ossia il denaro compare qui come forma di esistenza del capitale, ciò non è affatto soltanto perché il denaro si presenta qui come mezzo di pagamento per un’attività umana che ha un effetto utile, per un servizio; non è affatto, dunque, per la funzione del denaro come mezzo di pagamento. Il denaro può essere speso in questa forma solo perché la forza-lavoro si trova in uno stato di separazione dai suoi mezzi di produzione (compresi i mezzi di sussistenza come mezzi di produzione della stessa forza-lavoro); e perché tale separazione viene superata solo col fatto che la forza-lavoro viene venduta al proprietario dei mezzi di produzione... Il rapporto capitalistico durante il processo di produzione si rivela soltanto perché esso in sé esiste nell’atto della circolazione, nelle differenti condizioni economiche fondamentali in cui si contrappongono compratore e venditore, nel loro rapporto di classe» (Il Capitale, Libro II, Sezione I, cap. 1, ed. cit., pag. 36).

(13) Vedi Programme Communiste nn. 43-44 (janvier-juin 1969) e 45 (juillet-septembre 1969) in cui è stato pubblicato il resoconto più completo del tema trattato nella riunione di Marsiglia.

(14)  «La grandezza del necessario anticipo di denaro dipende dal fatto che durante un tempo piuttosto lungo vengono costantemente sottratti alla società forza-lavoro e mezzi di produzione, senza che venga ad essa restituito durante questo tempo un prodotto ritrasformabile in denaro. La circostanza per cui il capitale dev’essere anticipato in forma di denaro non viene soppressa dalla forma di questo denaro stesso, sia esso moneta metallica, moneta di credito, segno di valore, ecc.» (Il Capitale, Libro II, Sez. III, cap. 18, ed. cit., pag. 375).

 

 

Partito comunista internazionale

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