La teoria marxista della moneta (4)

(«il comunista»; N° 137; Novembre 2014 - Gennaio 2015)

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IL CREDITO

 

1. IL CAPITALE FINANZIARIO

 

L’importanza del credito nell’economia capitalistica non può sfuggire a nessuno, oggi, più che non potesse sfuggire a Marx, contrariamente a quanto hanno affermato numerosi commentatori storditi ai quali il metodo di esposizione seguito da Marx... sfuggiva quasi completamente (15) .  Engels, per il quale ogni prefazione al Capitale era una ottima occasione per ribattere i chiodi nella testa degli economisti volgari refrattari alla dialettica, nota che le loro critiche «sono frutto dell’equivoco di aver supposto che Marx volesse definire là dove invece si limitava ad analizzare, e che in Marx si debbano in genere cercare definizioni belle e pronte, valide per ogni caso. Va da sé che là dove le cose e le loro reciproche relazioni sono concepite non fisse, ma mutevoli, anche i loro riflessi mentali, i concetti, sono egualmente soggetti a mutamento e trasformazione: e che lungi dall’incapsularli in rigide definizioni bisogna svilupparli nel loro processo di formazione sia logico che storico. Apparirà quindi chiaro perché Marx al principio del I Libro - là dove parte dalla produzione semplice delle merci come premessa storica del capitale, per giungere da questa base al capitale - prende le mosse appunto dalla merce semplice e non da una forma concettualmente e storicamente secondaria, cioè dalla merce già modificata in termini capitalistici»  (16).

Evidentemente è per ragioni identiche che Marx conduce l’analisi delle funzioni della moneta a partire dalla moneta più semplice, come abbiamo visto, e solo in seguito arriva alla sua «forma secondaria», cioè la moneta di credito; ciò che è stato detto della moneta semplice costituirà la base dell’analisi della sua forma sviluppata, la moneta capitalistica, e solo la comprensione delle forme più semplici permetterà di cogliere le funzioni delle forme elaborate. 

Marx, del resto, ha sufficientemente spiegato egli stesso che tale era appunto il suo metodo:

«Sono state contrapposte l’una  all’altra economia naturale, economia monetaria ed economia creditizia come le tre caratteristiche  forme economiche di movimento della produzione sociale... Queste tre forme non rappresentano fasi di sviluppo equivalenti. La cosiddetta economia creditizia non è altro che una forma dell’economia monetaria, in  quanto ambedue le definizioni esprimono funzioni e modi di traffico tra i produttori stessi. Nella produzione capitalistica sviluppata, l’economia monetaria appare ormai soltanto come fondamento dell’economia creditizia. Economia monetaria ed economia creditizia corrispondono così soltanto a   differenti gradi di sviluppo della produzione capitalistica» (Il Capitale, Libro II, I Sez., cap. IV, Ed. Riuniti, pag. 118).

L’economia creditizia non è quindi che l’economia monetaria sviluppata, e toccava al capitalismo, che generalizza la produzione di merci, sebbene su altre basi che l’economia mercantile, di condurre la moneta ai suoi ultimi sviluppi pur restando inchiodato nei limiti dell’economia monetaria, che può perfezionare fin che vuole ma non infrangere.

Lo studio del ciclo del capitale ha fatto apparire quest’ultimo sotto diverse forme. Ora, le forme che esso prende alternativamente finiscono per incarnarsi in rami economici distinti, venendosi a creare una divisione del lavoro all’interno della classe capitalistica che si ripartisce in industriali, commercianti e banchieri. Se il commerciante si occupa dell’acquisto e della vendita delle merci, sostituendosi all’industriale per tutto il tempo di circolazione delle merci prodotte dal capitale industriale, il banchiere da parte sua si dedica alle operazioni che interessano il capitale-denaro in senso stretto. Qui dobbiamo fare astrazione in una certa misura dal capitale commerciale e dal capitale produttivo per occuparci soprattutto del capitale-denaro.

Come nota Marx, «se dietro ai produttori di merce in generale sta un capitalista monetario il quale anticipa al capitalista industriale capitale monetario (nel senso più stretto della parola, cioè valore-capitale in forma di denaro) il vero e proprio punto di riflusso di questo denaro è la tasca del capitalista monetario. In questo modo, sebbene il denaro circoli più o meno per tutte le mani, la massa del denaro circolante appartiene alla sezione del capitale monetario organizzata e concentrata in forma di banche, ecc.: la maniera con cui questa anticipa il suo capitale determina il costante riflusso finale verso di essa in forma di denaro, sebbene questo si attui a sua volta mediante la ritrasformazione del capitale industriale in capitale monetario» (Il Capitale, Libro II, Sezione III, cap. XX, Editori Riuniti, pag. 432).

Il capitale finanziario così anticipato al capitalista industriale esige evidentemente una partecipazione al plusvalore tratto dallo sfruttamento della forza-lavoro nel corso del processo di produzione che esso ha contribuito a mettere in moto: questa partecipazione è l’interesse. L’insieme del plusvalore si ripartisce dunque, alla fine, tra i capitali industriale, commerciale e finanziario (per semplificare non ci occuperemo qui né del saggio del profitto commerciale o industriale, né del tasso d’interesse). La funzione del capitale finanziario è perciò di assicurare il finanziamento della produzione capitalistica; esso è costituito di capitale-denaro, di cui - come abbiamo visto - il capitale tout court non può fare a meno, ma di capitale-denaro che si è concentrato e organizzato in modo relativamente autonomo nei confronti del capitale produttivo o del capitale-merce. La Banca si leva di fronte all’Industria e se l’una non può esistere senza l’altra, se la produzione di plusvalore che condiziona l’esistenza stessa dell’interesse capitalistico si effettua nella sfera della produzione, la banca non si accontenta affatto di gestire il capitale-denaro della società capitalista; sviluppandosi le sue funzioni tecniche, essa conquista il semimonopolio del capitale-denaro e finisce per dominare i settori industriale e commerciale dell’economia - fenomeno caratteristico della fase decadente del modo di produzione capitalista.

 

 

2.   LA MONETA DI CREDITO

 

Il credito commerciale

 

L’apparizione dell’usuraio precede di gran lunga quella del modo di produzione capitalistico. Il capitalismo decadente, da parte sua, pratica l’usura su una scala prima sconosciuta perché tutto il credito al consumo, oggi tanto sviluppato, entra in questa categoria. Ciò nonostante, benché sia la banca a prestare ai salariati come ai capitalisti, noi ci interesseremo soltanto del vero e proprio credito capitalista, che riguarda unicamente l’anticipo di capitale-denaro.

La moneta di credito o, ciò che è lo stesso, la moneta emessa dalle banche, deriva dalla pratica del credito commerciale sebbene abbia in seguito largamente superato questa base di partenza. Nello studio delle funzioni della moneta abbiamo visto che questa poteva giocare il ruolo di mezzo di pagamento non appena una merce cambiava di mano contro la promessa scritta del compratore di pagarla a un dato termine. La tratta (per limitarci a questo esempio di effetto di commercio) può quindi sostituire la moneta nella sua funzione di mezzo di circolazione, accontentandosi il denaro di saldare una transazione già compiuta senza il suo diretto concorso. Ma la tratta può circolare a sua volta nel periodo che trascorre fino alla scadenza e quindi giocare essa stessa il ruolo di moneta sostituendo la somma di denaro contro la quale potrà effettivamente scambiarsi al termine previsto. Non è quindi una sola volta, nel momento in cui lo scambio ha imposto la sua emissione, che la tratta sostituirà una data somma di denaro; al contrario essa potrà continuare a scambiarsi contro merci per l’ammontare di denaro di cui simboleggia la promessa tante volte quanto la sua velocità di circolazione lo permette.

«La moneta di credito proviene immediatamente dalla funzione del denaro come mezzo di pagamento, in quanto anche certificati di debito per le merci vendute riprendono a circolare per la trasmissione dei crediti. D’altra parte con l’estendersi del credito si estende la funzione del denaro come mezzo di pagamento. Come tale esso riceve forme proprie di esistenza, con le quali inabita nella sfera delle grandi transazioni commerciali; mentre la moneta d’oro o d’argento viene respinta soprattutto nella sfera del piccolo commercio» (Il Capitale, Libro I, Sez. I, cap.III, Edizioni Rinascita, pag. 155)  (17) .

Come abbiamo visto più sopra, una caratteristica essenziale del sistema monetario è quella che si può chiamare la smaterializzazione della moneta: il credito commerciale, adempiendo alla funzione di mezzo di circolazione invece della moneta, ha una parte determinante in questo processo. «Ognuno fa credito con una mano e riceve credito con l’altra. Prescindiamo completamente, per ora, dal credito bancario che costituisce un momento assolutamente distinto essenzialmente diverso. Nella misura in cui queste cambiali [o tratte] circolano di nuovo come mezzo di pagamento tra i commercianti stessi, passando dall’uno all’altro attraverso la girata (18), nella quale però non interviene lo sconto, non vi è altro che trasferimento del titolo di credito da A a B e nulla muta assolutamente nella sostanza. Ciò pone soltanto una persona al posto di un’altra. E perfino in questo caso la liquidazione  può avvenire senza l’intervento di denaro. Il filandiere A, per esempio, ha una cambiale da pagare al mediatore di cotone B e questi all’importatore C. Ora, se C, come si verifica abbastanza sovente, è al tempo stesso esportatore di filati, egli può allora acquistare il filato da B con  una cambiale e a sua volta il filandiere A può pagare il mediatore B con la cambiale ricevuta in pagamento da C. In questo caso al massimo si deve pagare un saldo di denaro» (Il Capitale, Libro III, Sezione V, cap. 30, Ed. Riuniti, pag.564).

Ciò non toglie che ogni capitalista debba far fronte continuamente a spese in contanti, in particolare per i salari e le imposte. Del resto non si può immaginare che tutti gli effetti di commercio circolino in modo tale che la tratta, giunta a scadenza, torni nelle mani del debitore, come nell’esempio, evidentemente eccezionale, dato da Marx. Sia che si tratti di pagare in contanti, sia che la scadenza degli effetti imponga la ricomparsa della moneta come mezzo di pagamento, è sempre necessario che il denaro, cacciato per qualche tempo dalla sfera della circolazione, o se si vuole «smaterializzato», vi faccia di nuovo la sua apparizione. È certo tuttavia che il denaro che deve ora comparire è in quantità inferiore all’ammontare che sarebbe stato necessario per far circolare le merci in assenza del credito commerciale, perché un certo numero di effetti si è annullato o compensato (19) ; ciò nondimeno esso deve riapparire. Sotto quale forma?

La moneta può, ben inteso, riapparire sotto forma d’oro o di segno d’oro: ci troviamo sempre allora di fronte alla moneta come è stata studiata nella prima parte, la «smaterializzazione» non ha ancora raggiunto il termine del suo processo e il mezzo di pagamento resta l’oro o i suoi rappresentanti. Ma se ci collochiamo nel quadro del sistema creditizio sviluppato l’oro sarà sostituito dal biglietto di banca.

 

Il biglietto di banca

 

Che cos’è un biglietto di banca, una banconota? È la forma più semplice che il credito bancario assume, ma siccome questo si appoggia sul credito commerciale sviluppato, si può dire che il biglietto di banca rappresenta  già, in qualche modo, un credito alla seconda potenza.

«Le banconote non si fondano sulla circolazione monetaria sia essa moneta metallica o moneta cartacea statale, ma sulla circolazione delle cambiali... Il biglietto di banca non è altro che una cambiale sul banchiere, pagabile in qualsiasi tempo al portatore e che il banchiere sostituisce alle cambiali private. Questa ultima forma del credito appare al profano particolarmente evidente e importante innanzitutto perché questo tipo di moneta di credito esce dalla pura e semplice circolazione commerciale per entrare nella circolazione generale nella quale ha la funzione di denaro: anche perché nella maggior parte dei paesi le banche principali aventi diritto di emissione ... hanno di fatto dietro di loro il credito nazionale e i loro biglietti costituiscono dei mezzi di pagamento più o meno legali» (Il Capitale, Libro III, Sez.V, cap. 25, Ed. Riuniti, pagg. 474 e 478).

Il banchiere accetta quindi di ricevere i crediti commerciali che non sono giunti a scadenza e di rimettere immediatamente al loro detentore una somma equivalente in banconote, non senza percepire nel passaggio l’interesse del denaro che in questo modo presta: pratica lo sconto delle tratte (20).

L’attività bancaria così come la stiamo ora esaminando, si presenta come un’espressione generale ed organizzata del credito commerciale, che essa centralizza e controlla: l’effetto di commercio, contratto privato, si muta in biglietto di banca, il quale impegna il sistema bancario nel suo insieme nei confronti dell’insieme della società, poiché la banconota, diversamente dalla cambiale, penetra in tutti i canali della circolazione monetaria. La banca riceve i crediti dei privati e iscrive il loro ammontare al proprio attivo, mentre emette una somma corrispondente di biglietti che iscrive al proprio passivo (prelevando nel passaggio le spese che corrispondono ai tassi di sconto).

La banconota costituisce effettivamente una moneta? David Ricardo, maestro dell’economia politica classica e rappresentante, nel campo monetario, della Currency School (Scuola della circolazione), dava una risposta negativa a tale domanda. Sotto l’influenza delle sue teorie, la Banca d’Inghilterra adottò un’organizzazione molto rigida: l’Atto di Peel del 1844 stabiliva il suo monopolio di emissione e le imponeva soprattutto di rispettare una copertura-oro al 100 per cento dei biglietti emessi. È inutile riprendere qui i termini della polemica che oppose questa scuola alla «Scuola Bancaria» (Banking School, rappresentata da Tooke e Fullarton) e l’esposizione critica che ne fece Marx (21): la sommaria esposizione dei fatti basterà a risolvere il punto che ci occupa. Lasciamo completamente da parte, per il momento, la moneta scritturale; la Banca d’Inghilterra, nonostante i suoi bei princìpi ricardiani, dovette ricorrere frequentemente ad un superamento del limite di emissione autorizzato dall’Atto di Peel: nel 1847, 1857, 1866, 1890, 1908 e soprattutto nel 1914. Dopo la prima guerra mondiale, sebbene l’Atto rimanesse sempre formalmente in vigore, si trovò una soluzione a lungo termine: l’Atto obbligava una copertura aurea del 100% di tutte le emissioni, con l’eccezione di un’emissione iniziale, poco importante, di 18,5 milioni di sterline; ebbene, ci si accontentò di aumentare in proporzioni enormi l’ammontare di questa emissione eccezionale, cosicché oggi essa è divenuta la regola, mentre la moneta coperta dall’oro è l’eccezione.

 


 

(15)  Marx studia il credito capitalistico nella Sezione V del Libro III del Capitale intitolata Suddivisione del profitto in interesse e guadagno di imprenditore. Engels ha sottolineato nella sua prefazione del 1894 che, nel preparare l’edizione di questa Sezione, «che tratta il soggetto più complicato dell’intero Libro», egli incontrò le difficoltà maggiori perché non disponeva come per le altre di «un abbozzo completo e neppure uno schema i cui contorni fossero da completare, bensì solo di un inizio di stesura che più d’una volta sbocca in un disordinato cumulo di notizie».

(16)  Prefazione del 1894 al Libro III de il Capitale, Editori Riuniti, pagg. 20 - 21, (sottolineato da noi). Si badi bene al senso esatto di questo passo di Engels che potrebbe rallegrare gli «antidogmatici», tanto superficiali nel loro campo quanto gli economisti volgari lo sono nel proprio. Non esclamino troppo presto: «Avevamo ben ragione, il marxismo non è che un metodo il quale permette di analizzare fatti nuovi e imprevedibili»! La dialettica materialista non è soltanto un metodo, ma è anche questo metodo applicato, cioè i risultati che esso raggiunge; è dunque, nello stesso tempo, il metodo che permette di raggiungere una coerente e realistica rappresentazione del movimento delle società umane e questa stessa rappresentazione. Ora afferrare il movimento in corso significa prima di tutto prevedere dove esso conduce. Se il «metodo» non ha potuto permettere di raggiungere questo risultato come credono i «marxisti creatori», pronti ad esibire delle novità teoriche fondamentali incompatibili col marxismo classico, allora il minimo di rigore esigerebbe che si respingesse lo stesso metodo.

(17)  L’oro e l’argento hanno cessato da molto tempo di «inabitare la sfera del piccolo commercio», ma è bene notare che «la sfera delle grandi transazioni commerciali» ne ha fatto a meno molto prima: la moneta di credito è caratteristica del grande capitalismo.

(18)  Supponiamo che il commerciante A abbia ottenuto una consegna di merci dal commerciante B, il quale gli consente un credito di 3 mesi. A si impegna a pagare la somma convenuta a B alla scadenza e rimette a quest’ultimo una tratta da lui firmata. B, portatore della tratta, può girarla, cioè estinguere con essa un debito che aveva nei confronti di C: scriverà dietro la tratta «vogliate pagare all’ordine di C», daterà e firmerà. C potrà fare lo stesso nei confronti dei suoi creditori ecc., ecc.

(19)  A ha firmato una tratta a favore di B per un ammontare di 100.000 lire, ma le vicissitudini della circolazione degli effetti di commercio (vedremo che il sistema bancario fa di queste vicissitudini una regola) hanno voluto che egli ricevesse una tratta firmata da B per un ammontare di 50.000 lire, per es.,: alla scadenza, A potrà liberarsi del suo debito con 50.000 lire e con la tratta girata su B 50.000 lire basteranno laddove pagamenti in contanti avrebbero richiesto la presenza reale di una somma di denaro di 150.000 lire. Come si vede le tratte in circolazione hanno sostituito assolutamente 100.000 lire nel nostro esempio e hanno quindi costituito del denaro per questa somma entro un lasso di tempo determinato. «In quanto si annullano, compensando definitivamente debito e credito, (le tratte) funzionano integralmente come denaro» (Il Capitale, Libro III, Sez.V, cap. 25, Ed. Riuniti, pag.473).

(20)  Oggi in ogni paese esiste una sola banca emittente, generalmente controllata dallo Stato, e i cui biglietti hanno corso legale, cioè devono essere obbligatoriamente accettati in pagamento, qualunque sia la somma dovuta. Ritorneremo più oltre sulla famosa questione della «copertura aurea» delle banconote emesse:  per ora osserviamo che il fatto che una sola banca le emetta non cambia nulla alla questione e ben poco al meccanismo: le banche che desiderano «monetizzare» dei crediti che sono stati loro rimessi, devono a loro volta riscontrare questi crediti presso l’istituto di emissione che recita in qualche modo la parte di «banca delle banche».

(21)  Vedere in particolare Il Capitale, Libro III, Sezione V, cap. 28, (Mezzi di circolazione e capitale, concezione di Tooke e Fullarton) Ed. Riuniti, pp. 525-547 e cap. 34 (Il Currency Principle e la legislazione bancaria inglese del 1844), ivi pp. 641-661.

(22)  E le aggiunge altri vantaggi pratici. Il biglietto è stampigliato in cifre tonde, il suo valore nominale è fisso mentre quello della tratta aumenta man mano che ci si avvicina alla scadenza, infine la sua circolazione è più semplice e anche più lunga di quella della cambiale. Si deve tuttavia notare che il biglietto non assolve direttamente la funzione di misura dei valori, in quanto, in quest’ultimo ruolo, non serve che di intermediario all’oro al quale resta legato da una definizione legale implicante una convertibilità teorica (e solo teorica perché in caso contrario si ritornerebbe al biglietto semplice segno d’oro e non si tratterebbe dunque più di biglietto di banca).

(23)  Indichiamo, rapidamente, l’evoluzione storica che si è prodotta in diversi paesi di fronte a questo problema. La Francia, di cui Keynes lodava la regolamentazione monetaria nel suo Treatise on money, è successivamente passata attraverso le seguenti fasi.

1800: i biglietti sono convertibili in oro, nessun limite è imposto alla loro emissione. 1848: istituzione del corso forzoso, cioè soppressione della convertibilità libera e istituzione di un limite all’emissione. 1850: ritorno alla situazione del 1800. 1870: corso forzoso e limite. 1878: ristabilimento della convertibilità, ma istituzione di un limite variabile d’emissione, da determinare in rapporto ai bisogni dell’economia. 1914: corso forzoso e rialzo, a più riprese, del limite. 1928: convertibilità solo in lingotti (Gold Bullion Standard) e istituzione di un limite all’emissione delle banconote e all’ammontare dei conti correnti creditizi (torneremo più oltre sulla questione, a proposito del credito bancario in senso proprio), limite fissato in modo che venga assicurata una copertura aurea del 35%. 1936: soppressione della convertibilità, mantenimento della regola del 35 %, ma attenuata dal gioco delle svalutazioni. 1939: soppressione della regola del 35%. Nel 1945 la Banca di Francia viene nazionalizzata ma non si ristabilisce la regola del 35%: nessun limite è fissato all’emissione dei biglietti di banca e all’apertura dei conti correnti creditizi. Si deve notare che la convertibilità può esistere solo nella misura in cui i portatori di banconote non si avvalgano simultaneamente del loro diritto di convertirle in oro, poiché le riserve esistenti non possono mai far fronte, evidentemente, a tali pretese.

In Inghilterra si è passati dall’Atto di Peel del 1844 (copertura aurea del 100%) ad una situazione che, le banconote coperte al 100% costituendo una frazione minima della circolazione, equivale a quella descritta or ora.

Negli Stati Uniti è stata mantenuta a lungo la regola di una percentuale minima, ma si è dovuto a volte impedire alle banche di emettere banconote fino a concorrenza di questa percentuale perché c’era troppo oro. Nel 1945 si è ridotta la percentuale di copertura, che è passata dal 40 o 35% secondo i casi al 25% solamente. 1965: soppressione di qualsiasi copertura per i depositi delle banche alla Federal Reserve. Infine, nel 1968, soppressione anche della copertura dei biglietti di banca della circolazione interna (Notizie tratte da Monnaie et crédit, di Jean Marchal).

 

 

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