Italiani brava gente... Vittime di tortura? Invisibili

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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Le denunce dei giornali democratici non sempre riescono a nascondere la brutalità dell'accoglienza.

"Aisha e Fatima dicono di avere 19 anni, ma devono averne di meno. Sono fuggite da Mogadiscio dopo essere scampate alle bombe, alla cellula locale di al-Qaeda, alla morte della loro famiglia. Dopo essere sopravvissute al viaggio attraverso la Libia, a orrori che non riescono neanche a raccontare, perché non esistono parole abbastanza dure. Ma è sufficiente vedere le loro braccia e gambe con i segni delle torture non ancora rimarginati. Eppure nello hotspot di Lampedusa, dove si identifica troppo rapidamente chi arriva, nessuno chiede la loro storia o guarda quei corpi martoriati. Viene dato loro un foglio in italiano (incomprensible) da firmare. C'è scritto espulsione, ma loro non lo sanno. Via, potete andare. Andare dove? Aisha e Fatima vagano per settimane con quel foglio in mano.

"Circa un terzo dei richiedenti asilo in Europa - quelli costretti a fuggire da guerre, carestie, disastri ambientali, persecuzioni, violenze - sono anche vittime di tortura: subita nel loro Paese o durante il viaggio. Ma anche se alcune ferite non si rimargineranno mai, la legge non prevede per loro percorsi privilegiati. Seguono l'iter burocratico di tutti i migranti, che spesso non riconosce il loro carico di sofferenza in più, come è accaduto ad Aisha e Fatima. E, se anche lo riconosce, non garantisce più facilmente lo status di rifugiato. Non solo: perfino chi è dichiarato vittima di tortura non riceve necessariamente un'assistenza mirata. A offrirla sono solo le associazioni non profit" (il Venerdì, 15/4/2016).

L'Italia passa per essere un paese che "accoglie", che aiuta i disperati che attraversano il Canale di Sicilia o le Alpi per raggiungere una terra che non ha alzato muri, barriere di filo spinato e che non spara a chi tenta di attraversare illegalmente o clandestinamente i sacri confini. Ma se di "accoglienza" si può parlare non lo si deve allo Stato centrale e nemmeno ai partiti cosiddetti di "sinistra" che rispetto ai migranti non hanno comportamenti differenti da quelli di tutte le borghesie opulente d'Europa o d'America. All'accoglienza ci pensano in grandissima parte le associazioni non profit, legate in buona parte alla chiesa cattolica che della pietà e della consolazione ha fatto sempre una sua  missione; associazioni non profit e organizzazioni del volontariato che si assumono compiti che lo Stato borghese non intende svolgere direttamente, dedicandosi invece - come sua principale attività - al mantenimento dell'ordine pubblico e al rispetto delle sue leggi, facendo insomma da poliziotto. I flussi migratori che premono sui confini dell'Italia mettono a repentaglio l'ordine pubblico e la legalità? Si organizzano campi di concentramento, pardon!, centri di identificazione e di espulsione, per gestirli trattenendo possibilmente legalmente, ma tollerando anche la loro presenza illegale, i migranti che possono essere utili come forza lavoro a basso costo (basta dare uno sguardo in agricoltura e in edilizia), lasciando andare verso i paesi del Nord Europa coloro che non vogliono rimanere in Italia ed espellendo e rimpatriando tutti gli altri senza tener conto se i rimpatri e le espulsioni possano significare per molti di loro precipitare nuovamente nell'inferno della guerra, delle torture, delle violenze, delle persecuzioni.

La civiltà borghese, ammantata di democrazia e di "libertà", mette sempre al di sopra di tutto la difesa degli interessi economici, sociali, politici e militari nazionali e se questi vengono anche lontanamente disturbati dalla presenza di migranti non richiesti, la reazione più normale è imprigionarli trattandoli con indifferenza verso le loro necessità, la loro disperazione, le loro sofferenze. Se non sono morti nei loro durissimi viaggi della speranza, la burocrazia borghese li considera di fatto invisibili: così il problema... è risolto.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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