Brennero e i "sacri confini"

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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Anche i borghesi austriaci temono una "invasione" di migranti che fuggono dalle guerre e dalla fame che imperversano in Africa, nel Medio e nel lontano Oriente.

Geograficamente non esposta, come la Grecia e l'Italia, al mare aperto, nel quale non è possibile alzare barriere di filo spinato e muri in cemento armato, l'Austria, dopo l'Ungheria, la Macedonia, la Serbia, la Slovenia, pur non dovendo ancora gestire un flusso consistente di profughi che non intendono restare in Grecia o in Italia, previene questa eventualità e si prepara a chiudere il Brennero.

Il Brennero è la porta per il Nord Europa più importante dell'arco alpino; viene utilizzato in prevalenza dalle imprese del Nord Est italiano per il trasporto dei prodotti "made in Italy" verso Austria, Germania, Belgio, Paesi bassi, paesi scandinavi; il valore dell'export delle regioni italiane più interessate a questo valico, il TriVeneto e l'Emilia Romagna, verso questi paesi supera i 30 milardi di euro, cioè oltre il 34% del totale Italia verso quei paesi europei. Per il Brennero transitano 523 veicoli ogni ora, un traffico merci su strada di 29 milioni di tonnellate all'anno, alle quali si aggiungono quasi 12 milioni di t. che transitano su treno. Insomma, un terzo delle merci che entrano ed escono dall'Italia attraverso le Alpi passa per il Brennero. La minaccia austriaca di sbarrare il transito al confine del Brennero per "controllare" il flusso dei migranti e dei richiedenti asilo, colpirebbe immediatamente gli interessi italiani e, di conseguenza gli interessi degli altri paesi  europei che però possono essere raggiunti anche per altri valichi (Tarvisio e San Gottardo per esempio), con un aumento però dei costi di trasporto e delle merci stesse trasportate, dunque con uno svantaggio anche per l'Austria. La decisione austriaca assomiglia più ad una pressione molto precisa verso il governo italiano affinché svolga con molta più cura e rigidità il controllo dei migranti che sbarcano sulle sue coste perché "risolva" il problema dell'accoglienza sul proprio territorio anche per conto di Austria, Germania,  Belgio ecc. ecc.; un po' come la Turchia per conto della Germania... ma senza essere pagata per questo...

Naturalmente la decisione di Vienna ha generato un fattore di crisi tra Italia e Austria, aggiungendosi ad una serie di fattori di crisi che sta scuotendo il paradiso "Europa"  immaginato a Shengen, dove tutti gli europei possono circolare liberamente. La questione delle masse di profughi che migrano verso l'Europa a costo anche della propria vita, ha in realtà messo ancor più in evidenza come il capitalismo, per quanto venga amministrato da governi legittimi eletti democraticamente, è un coacervo di contrasti di interessi e di rivalità nazionalistiche che non sono affrontabili se non con misure "antidemocratiche" che mettono in discussione l'applicazione di trattati pensati per avvolgere il capitalismo in un abbraccio di pace e di buon vicinato, mentre gli interessi veri, quelli economici, politici e di supremazia imperialistica, lavorano esattamente contro la pace, contro la fratellanza, contro il "buon vicinato".

Con il pretesto della "lotta al terrorismo" già i vari governi europei hanno rafforzato le misure di "sicurezza", di "ordine pubblico", restringendo molto,  nei fatti, il rispetto di quei beni così preziosi per questa società che sono la "privacy" e la "libertà personale". Con il pretesto dei flussi migratori incontrollati, gli interessi nazionali di ogni paese, e perfino di ogni sua regione, fanno tornare in auge valori che sembravano superati da una civiltà "europea" così progressista: i sacri confini!

Si rialzano muri, si reinstallano barriere, si riorganizzano controlli serrati; ogni paese controlla il paese vicino, e pretende magari di verificarne l'attività di controllo fin oltre il proprio confine, giusto per essere sicuri... che i dettami usciti dalle sedi europee che vincolerebbero formalmente tutti, vengano effettivamente applicati. Così anche paesi che hanno un peso economico di secondo o terzo livello, come l'Ungheria, o come oggi l'Austria, spinti dai propri interessi nazionali e dal timore di dover gestire situazioni sociali squilibrate, si sentono autorizzati a fare la voce grossa in attesa di essere "protetti" dai paesi economicamente più forti ma che, per ragioni di concorrenza economica e imperialistica non ancora maturate a punti di rottura, non rompono ancora in modo più deciso equilibri che le continue crisi capitalistiche hanno comunque corroso da tempo.

Intanto i vari governi continuano il teatrino delle "baruffe": i sacri confini contrapposti all'idea di un'Europa unita, di tanti popoli ma di una patria soltanto... Ma aldilà delle baruffe diplomatiche e dei contrasti dettati da interessi elettorali, sotto la superficie stanno accumulandosi contrasti di portata ben più corposa. Le masse di profughi e migranti che premono ai confini d'Europa stanno facendo emergere il vero volto del potere borghese: nazionalista, sfruttatore, razzista e violento.

I proletari dovranno reimparare, inevitabilmente a proprie spese, che i valori difesi dai borghesi non sono "comuni", ma  coprono interessi esclusivamente borghesi, capitalistici, per i quali oggi fanno alzare muri da proletari che domani manderanno a massacrarsi per difendere gli stessi "valori" borghesi. Riprendere la lotta di classe sarà l'unica via d'uscita proletaria. 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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