La donna e il socialismo (Fine)

Di August Bebel

La donna nel passato, nel presente e nell’avvenire

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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(continua dal n. 142)

 

 

III. La donna nell'avvenire

 

 

Una cosa sola nel mondo capitalistico non è “supranumeraria” e cioè il capitale e chi lo possiede, il capitalista.

Quindi se gli economisti borghesi sono malthusiani, essi sono ciò che devono essere nell’interesse della borghesia, solamente essi non devono attribuire alla società retta a sistema socialistico le loro idee borghesi.

Stuart Mill (1) dice, per esempio: “Il comunismo è quella condizione di cose in cui l’opinione pubblica si dichiarerà colla massima intensità contro questo sistema di intemperanza egoistica. Ogni aumento di popolazione, il quale peggiori la posizione, ovvero inasprisca le pene e gli affanni della popolazione, produrrebbe allora necessariamente degli inconvenienti immediati e manifesti in ogni individuo della associazione comunistica, i quali inconvenienti non potrebbero allora essere attribuiti alla avidità ed alla cupidigia di chi fornisce il lavoro, ovvero agli iniqui privilegi dei ricchi.

“In circostanze così mutate, non potrebbe escludersi che l’opinione pubblica facesse intendere la sua disapprovazione, e, questa non bastando, che si reprimesse con pene di qualche specie queste altre incontinenze nocive alla comunità.

“Quindi non può assolutamente farsi alla teoria comunistica il rimprovero, che essa favorisca l’eccesso di popolazione, anzi questa teoria tanto più si raccomanda, in quanto essa avrebbe la tendenza di ovviare a questi inconvenienti”.

E a pag. 376 del “Manuale di economia politica” di Rau, il professore Ad. Wagner (2) dice:

“Almeno in una società retta a socialismo comunistico potrà essere assicurata la libertà del matrimonio e la libertà della procreazione dei figli”.

I citati scrittori partono senz’altro dall’idea che la tendenza all’eccesso della popolazione sia comune a tutte le condizioni sociali. Entrambi però rivendicano al socialismo la virtù di poter ristabilire l’equilibrio fra la popolazione e i mezzi di nutrimento, meglio di ogni altra forma sociale.

A confermarli in questo concetto fondamentalmente sbagliato intorno al rapporto fra la popolazione e il nutrimento, e intorno al socialismo, è venuto loro un soccorso dallo stesso campo socialistico. Questo soccorso è contenuto nell’opera già citata di Karl Kautsky: “L’influenza dell’aumento della popolazione sul progresso della società” (3).

Kautsky si è allontanato già da lungo tempo dalle idee espresse in questo lavoro, ma poichè questo riassume egregiamente tutte le ragioni che militano a favore dell’eccesso di popolazione, così noi ne approfittiamo per esprimere il nostro parere contrario. Kautsky, pur criticando Malthus, in fondo gli dà ragione. Anch’egli parla, come Malthus, di una “legge per cui la rendita del suolo diminuisce”, senza dirne il perchè. Intanto egli la confuta in parte adducendo molti esempi, che servono a dimostrare l’alto sviluppo di cui sono suscettibili non solo l’agricoltura, ma anche i prodotti del bestiame e gli animali domestici, se sottoposti a un trattamento razionale. Egli non omette di segnalare che la causa della rendita dipenda dalle insensate leggi della proprietà che determinano la ripartizione dei prodotti, e riconosce anche, che è un fenomeno proprio di tutte le formazioni sociali che stanno per tramontare, quello di lamentare l’eccessivo aumento della popolazione. Tuttavia egli viene alla conclusione di consigliare la società retta socialisticamente, a prendere gli inizi là dove terminano altre forme sociali, colla limitazione della popolazione. Consiglio questo, che non è menomamente motivato.

Kautsky ritiene che la conoscenza “delle leggi della popolazione sia condizione sine qua non per intendersi sulla questione sociale” e si appella ad F. A. Lange (4), il quale, secondo noi, ebbe un’eccessiva venerazione per Stuart Mill, del quale subì la influenza. Il periodo dell’eccesso di popolazione è tanto vicino, secondo Kautsky, che egli quasi inorridito domanda:

“Dobbiamo noi starcene colle mani in mano?” E’ un delitto di lesa umanità, voler rendere l’uomo felice? La prostituzione, il celibato, le malattie, la miseria, gli omicidi e tutte le calamità che affliggono il genere umano, non si potranno mai evitare?”

E risponde col dire: “Rimarranno sempre, finchè non si conosceranno le leggi della popolazione con tutti i loro effetti”.

Finora ogni legge scoperta, perdette la sua “fecondità”, perchè poi si cercò di regolarla e di renderla innocua; altrettanto dovrebbe accadere anche nel caso presente, dato che esista veramente una legge tanto terribile. Kautsky, di fronte a questo “orrendo pericolo” non consiglia, come Malthus, come San Paolo e come i padri della chiesa, di astenersi dall’usare con le donne, ma l’uso dei mezzi preventivi, perchè egli riconosce pienamente la necessità di soddisfare l’istinto sessuale. I nostri malthusiani credono che, se il popolo migliorerà la sua condizione, la società si trasformerà in una stalla di conigli e non conoscerà altro compito più nobile, che quello di darsi alla dissolutezza e alla procreazione dei figli. Non è certo un concetto troppo elevato quello che hanno costoro della società più civile e più colta.

Quando Virchow (5) citato da Kautsky dice: “Siccome l’operaio inglese nella sua corruzione profonda, nella mancanza del senso morale non conosce alla fine che due fonti di piacere, e cioè, l’ebrezza e il coito, così anche la popolazione della Slesia superiore aveva rivolto fino a pochi anni fa tutti i suoi desideri e tutte le sue aspirazioni a queste due cose. Il piacere prodotto dall’uso delle bevande alcooliche e l’appagamento dell’istinto sessuale la signoreggiavano completamente, e ciò spiega chiaramente perchè la popolazione sia cresciuta di numero, perdendo invece in forza fisica e in moralità, e in ciò sono espressi e manifestati, a nostro avviso assai chiaramente, l’indirizzo e gli effetti che saranno conseguenza d’una maggiore civiltà e d’una vita conforme a natura.

Anche la sentenza di Carlo Marx citata dal Kautsky è da considerarsi come un’idea completamente vera e generalmente esatta; la sentenza suona così: “Non solo il numero delle nascite e delle morti, ma anche il numero dei membri che compongono la famiglia è, in realtà, in ragione inversa dell’altezza del salario, e quindi della massa dei mezzi di sussistenza, di cui dispongono le varie categorie di operai.

Questa legge della società capitalistica non avrebbe senso fra le popolazioni selvagge ovvero anche fra i coloni civilizzati. Essa ricorda la produzione rozza delle specie animali individualmente più deboli e più perseguitate”. E la nota relativa dettata dal Marx citando il Laing, suona così: “Se tutto il mondo si trovasse in condizioni favorevoli, esso sarebbe presto spopolato”; quindi Laing segue come Malthus il concetto opposto.

Anche Herbert Spencer (6) dice: “sempre e da per tutto perfezionamento e capacità di moltiplicarsi sono termini opposti e antitetici. Ne segue che l’evoluzione ulteriore che l’umanità si aspetta, avrà verosimilmente per conseguenza una diminuzione della sua moltiplicazione”. Ora Kautsky non è dell’avviso che migliorando il modo di esistenza e raggiungendo un più alto grado di civiltà, si possa impedire la prolificazione, anzi egli crede tutto l’opposto, e perciò vorrebbe che si applicassero norme preventive. Esaminiamo da vicino questa supposta legge della diminuzione della rendita della terra, e vediamo poi che cosa ci dicono la fisiologia e l’esperienza sulla procreazione.

Un uomo che fu ricco possidente e ad un tempo un economista di valore, e quindi valeva più di Malthus o per un verso o per l’altro, a proposito della produzione agricola dice: “La produttività delle materie greggie, e segnatamente delle materie nutritive, non sarà inferiore, in avvenire, alla produttività delle fabbriche e dei trasporti... Ai giorni nostri la chimica agricola comincia ad aprire all’economia rurale speranze che condurranno certo a qualche errore, ma che, alla fine, porranno in potere della società la creazione delle materie alimentari, come è oggi in poter suo il fornire quanti metri di panno le piaccia, purchè ci sia la necessaria provvista di lana” (7).

Anche Liebig (8), altra autorità in questa materia, è d’avviso che, “finchè ci sarà lavoro e materie d’ingrasso in quantità sufficiente, la terra sarà inesauribile e continuerà a produrre abbondantemente”.

La legge della diminuzione della rendita è quindi un’idea malthusiana, che ai suoi tempi; quando la coltura dei campi era poco sviluppata, poteva in qualche modo giustificarsi, ma che oggi è contraddetta dalla scienza e dalla pratica. La legge sarebbe piuttosto questa: La rendita di un campo sta in ragione diretta del lavoro umano (compresevi la scienza e la tecnica) e delle materie d’ingrasso consumatevi. Di quale enorme aumento sarebbe suscettibile la nostra rendita fondiaria già allo stato attuale della scienza, se amministrata collettivamente, abbiamo già visto più sopra, e noi rinviamo colà i lettori. Se era possibile ai piccoli possidenti francesi, nel corso degli ultimi 90 anni, di quadruplicare la loro rendita, mentre la popolazione non giungeva nemmeno a raddoppiarsi, così ben diversi risultati sono da attendersi da una società amministrata a sistema socialistico.

Indipendentemente da ciò, i nostri malthusiani non osservano che, nelle condizioni presenti, non deve aversi soltanto riguardo al suolo che calpestiamo noi, ma al suolo di tutto il mondo, cioè a una gran parte dei paesi, i quali se fossero resi fecondi, darebbero una rendita 20, 30 volte maggiore di quella che si raccoglie dal nostro suolo di superficie eguale. La terra è bensì posseduta, ma, tranne una parte piccolissima, non è coltivata nè usufruita, come potrebbe essere. Non solo la Gran Bretagna potrebbe produrre assai più di quello che produce oggi, ma anche la Francia, la Germania, l’Austria e ancora più gli altri Stati Europei.

La Russia europea, prendendo per misura l’attuale popolazione della Germania, potrebbe alimentare in luogo di circa 90 milioni, quanti ne conta attualmente, 475. La Russia europea ha oggi circa 800 abitanti per miglio quadrato, la Sassonia ne ha 11.000. Prendendo per termine di confronto la popolazione della Sassonia, la Russia europea potrebbe avere più di un miliardo di abitanti, mentre la popolazione di tutto il mondo non supera 1430 milioni di abitanti.

La obiezione, che la Russia ha estesissime regioni che non possono essere coltivate utilmente a cagione del suo clima, è giusta, ma la Russia ha specialmente nel sud un clima e terreni così fecondi, quali la Germania non ha certo. Inoltre, per effetto della densità della popolazione e dell’estensione che ha per conseguenza assunto la coltivazione del suolo – distruzione dei boschi, di foreste, prosciugamenti, ecc. – furono recate modificazioni tali anche al clima, che è difficile oggi misurarne gli effetti.

Ovunque l’uomo si è raccolto in grandi masse si notano anche dei mutamenti climaterici. Oggi noi diamo troppo poco peso a questi fenomeni, anche se non si possono misurare in tutta la loro efficacia, perchè non abbiamo alcuna occasione, e, allo stato delle cose, nemmeno la possibilità di fare delle esperienze in grande. Inoltre tutti i viaggiatori sono d’accordo nell’affermare, che, per esempio, anche nelle regioni più settentrionali della Siberia, ove la primavera, l’estate e l’autunno si susseguono nel giro di pochi mesi, si sviluppa improvvisamente una vegetazione rigogliosa così da far stupire. Anche la Svezia e la Norvegia, così poco popolate, attingerebbero una ricca sorgente di alimentazione per un popolo numeroso dalle loro immense foreste, dall’inesauribile ricchezza delle miniere, dai loro fiumi, dalle loro coste marittime. Oggi mancano gli uomini perchè nelle condizioni attuali non si hanno i mezzi opportuni e le istituzioni atte a sfruttare la ricchezza di quei paesi.

Quanto abbiamo detto del nord, acquista un’importanza anche più grande per il sud dell’Europa; per il Portogallo, la Spagna, l’Italia, la Grecia, i paesi Danubiani, l’Ungheria, la Turchia, ecc. Un clima eccellente, un suolo così ferace e rigoglioso, quale s’incontra appena nelle più belle regioni degli Stati Uniti, porgeva il più abbondante nutrimento a una moltitudine, una volta sterminata, di popoli. Le infelici condizioni politiche e sociali di quei paesi fanno sì che centinaia di migliaia di contadini preferiscano di passare l’oceano, piuttosto che stabilirsi in quei paesi molto più vicini e più comodi. Quando le condizioni sociali e i rapporti internazionali saranno ivi i migliori, ci sarà bisogno di molti milioni di braccia per portare quei vasti e fertili paesi a un grado di coltura più alto. Oggi, e per lungo tempo ancora, in Europa, ci sono scopi assai elevati da raggiungere in materia di coltura del suolo, e quindi ci sarà da temere non già che ci siano troppe braccia, ma invece che ce ne siano troppo poche. E’ assurdo quindi, date tali circostanze, di temere un eccesso di popolazione, e deve sempre tenersi presente agli occhi che con la scienza e col lavoro le sorgenti della produzione dei mezzi di nutrizione non si inaridiscono mai. Se dall’Europa passiamo alle altre parti del mondo, si nota che la mancanza di braccia e la eccedenza del suolo raggiungono un grado ancora più alto. I paesi più fecondi e più fertili della terra sono ancora completamente o quasi deserti, perchè a renderli produttivi non bastano alcune centinaia o migliaia di uomini, ma ci vogliono delle colonie di parecchi milioni d’individui. Fra questi paesi, per esempio, c’è l’America centrale e meridionale, che è quanto dire una superficie di centomila miglia quadrate. Carey (9) afferma che la valle dell’Orinoco, lunga 360 miglia, potrebbe fornire prodotti in tale quantità da mantenere tutta la popolazione della terra. Anche se ammettiamo soltanto la metà, ce ne sarebbe d’avanzo. In tutti i casi la sola America del sud potrebbe nutrire il multiplo della cifra che rappresenta l’attuale popolazione della terra. Il contenuto nutritivo di un terreno piantato a banani e quello di un altro terreno della stessa superficie coltivato a frumento, sta come 133 a 1.

Mentre il nostro frumento oggi coltivato in terreno favorevole dà un prodotto di 20, il riso, nel suo paese d’origine, dà 80 a 100, il mais dà 250 a 300 della sua semente, e in alcune regioni come, per esempio, nelle Filippine, si calcola che la rendita del riso possa arrivare fino a 400 (10).

Inoltre per tutti questi mezzi di alimentazione si tratta di renderli, mediante un conveniente allestimento, più nutrienti che sia possibile. E la chimica troverà in questo riguardo, come in tutte le questioni relative alla nutrizione, un campo inesauribile, e, così ad esempio, Liebig ci dimostra quale azione vantaggiosa esercita la cottura del pane coll’acqua di calce sul valore nutritivo del pane.

L’america centrale e meridionale, e specialmente il Brasile, che è vasto quasi come tutta l’Europa – 152 mila miglia quadrate, con quasi 14 milioni di abitanti, mentre l’Europa ha una superficie di 178 mila miglia quadrate e una popolazione di quasi 330 milioni – è paese di una fecondità rigogliosa, che forma l’ammirazione e lo stupore di tutti i viaggiatori; e deve notarsi che questi paesi sono anche ricchissimi di miniere e di metalli.

Ma questi paesi sono almeno fino ad oggi quasi vergini per il mondo, perchè la loro popolazione è indolente ed è troppo indietro, così per numero come per coltura, per potere diventare padrona della natura. Le scoperte degli ultimi anni ci hanno insegnato come vanno le cose nell’interno dell’Africa.

D’altra parte, in Asia ci sono non solo estesissime e fertili regioni che possono alimentare altri mille milioni di uomini, ma il passato ci ha mostrato come la mitezza del clima possa far trarre una alimentazione abbondantissima dal suolo, anche in regioni quasi deserte, purchè l’uomo intenda di introdurvi l’acqua benefica. Colla distruzione degli uomini nelle guerre di conquista, e colla insensata oppressione che i conquistatori esercitarono sui vinti, gli acquedotti e le opere di irrigazione caddero in ruina, e paesi di migliaia di miglia quadrate si trasformarono in deserti di sabbia, come nell’Asia, nell’Africa del nord, nella Spagna, nel Messico, nel Perù. Ci vadano a milioni gli uomini civili, e ci troveranno sorgenti inesauribili di ricchezza.

La palma prospera in modo meraviglioso, ed occupa tanto poco spazio, che 200 alberi di datteri, coprono appena la superficie di un iugero.

Il seme della dura dà in Egitto 3000 frutti, eppure il paese è povero e perduto, non già perchè gli uomini siano troppi, ma perchè si è sfruttato orribilmente il suolo, in modo che il deserto và estendendosi sempre più. Sono incalcolabili i risultati ottenuti dall’agricoltura e dall’orticoltura nella media Europea.

Gli Stati Uniti dell’america del nord, in ragione dello stato attuale della produzione agricola, potrebbe nutrire comodamente venti volte la popolazione attuale (60 milioni), e cioè 1200 milioni; il Canadà potrebbe, nella stessa ragione, non già 5 milioni, ma 500, ed ora noi abbiamo l’Australia, le isole numerose, in parte grandi, e per lo più straordinariamente feconde, del grande Oceano e dell’Oceano Indiano, ecc.

Gli uomini moltiplichino, non già diminuiscano, è questo il grido che si deve lanciare all’umanità in nome della coltura. Non è già il numero degli uomini la causa della miseria, ma le condizioni sociali e tutto il sistema di produzione e di distribuzione dei prodotti. Chi non sa che una serie di buoni raccolti fa abbassare i prezzi dei generi alimentari in modo che una parte notevole dei nostri piccoli e grandi agricoltori è costretta a rovinare? Invece adunque di migliorare la condizione dei produttori, la rende più triste.

E possono queste chiamarsi condizioni ragionevoli? Per tener lontani da noi i prodotti di altri paesi, si introducono altri dazi d’entrata sui grani, dazi che rendono difficile l’importazione di biade straniere e fanno aumentare il prezzo di quelle nazionali, perchè altrimenti il contadino dovrebbe andare in rovina. Noi adunque non manchiamo di mezzi di alimentazione, ma piuttosto ne abbiamo troppi; come abbiamo pletora anche di prodotti industriali. Come sonvi milioni di individui che hanno bisogno di prodotti industriali d’ogni genere, ma non possono appagarlo nelle condizioni attuali della proprietà e dei guadagni, così ci devono essere milioni di individui che mancano dei mezzi necessari alla vita, perchè non possono pagare i prezzi di costo, sebbene ci sia esuberanza di prodotti. Ora noi torniamo a domandare: E possono queste chiamarsi condizioni ragionevoli? Sarà difficile dare ai posteri una spiegazione sufficiente della insensatezza e irragionevolezza di tali rapporti. I nostri speculatori di grani lasciano andare a male i prodotti, se il raccolto è abbondante, sapendo che il prezzo aumenterà progressivamente quando il prodotto mancherà, e allora è il caso di aver paura dell’eccesso di popolazione.

In Russia, nell’Europa meridionale e in molti altri paesi del mondo, si guastano ogni anno migliaia di quintali di grani, perchè mancano i magazzini sufficienti e adatti mezzi di trasporto. Milioni di quintali di derrate alimentari vanno a male, perchè i sistemi del raccolto sono imperfetti, ovvero perchè mancano le braccia al momento opportuno. Si arriva persino a dar fuoco ai magazzini od ai granai ricolmi, od anche un’intera fattoria, perchè i premi di assicurazione fanno aumentare il guadagno, e quindi per le stesse ragioni per cui si fanno colare a fondo le navi con tutta la ciurma (11).

Le nostre esercitazioni militari rovinano ogni anno molti raccolti. Le spese di una tattica che dura anche pochi giorni soltanto, arrivano a centinaia di migliaia di marchi, e la stima è notoriamente assai moderata, mentre di tali tattiche ce n’è ogni anno, e grandi estensioni di terreno vengono in tal modo sottratte ogni anno alla coltivazione.

Non dimentichiamo però di ripetere, che a tutti i fattori che fanno aumentare la nutrizione, si deve aggiungere il mare la cui superficie totale sta alla superficie della terra, come 18 a 7, e aspetta ancora che si tragga da una così enorme abbondanza di nutrimento tutto il profitto possibile.

Ci si apre quindi per l’avvenire un quadro che è ben diverso da quello fosco che ci dipingono i malthusiani.

Chi può dire ove ci condurranno le cognizioni chimiche, fisiche, fisiologiche ecc.?

Chi può misurare e predire quali imprese gigantesche, l’umanità del secolo futuro manderà ad effetto, per ottenere mutamenti radicali nelle condizioni climatiche dei paesi e nel servirsene in ogni senso?

Già nella forma capitalistica della società moderna noi vediamo compiersi opere, le quali parevano impossibili e pazze appena mezzo secolo fa. Si tagliano gli istmi e si congiungono i mari. I tunnels lunghi parecchie miglia penetrando nelle viscere della terra uniscono paesi e popoli divisi da alte montagne. Altri si aprono sotto il fondo del mare, per abbreviare le distanze, evitare pericoli e temporali.

E già si domanda se sia possibile di trasformare parte del deserto del Sahara in un mare, e quindi in feconde e rigogliose campagne migliaia di miglia quadrate di terreno sabbioso. La esecuzione dell’opera è per la borghesia quistione di “reddito”. Dov’è quindi un punto in cui alcuno potrebbe dire: “Fin qua e non oltre?”.

Non solo quindi deve negarsi che ci sia una legge per cui il reddito della terra diminuisce, ma noi vedemmo che vi è esuberanza tale di terreni coltivabili che potrebbe impiegare molte migliaia di uomini.

Vi è adunque non già pletora di uomini, ma troppa scarsezza. L’umanità può ancora moltiplicarsi, se vuole essere giustificata in tutto.

Il suolo coltivato non è usufruito come potrebbe, e mancano per tre quarti della superficie della terra gli uomini che possono coltivarlo.

La esuberanza relativa della nostra popolazione, determinata dal nostro sistema capitalistico a danno dell’operaio e della società, apparirà invece troppo poca in uno stadio di civiltà più progredito. Una popolazione numerosa non sarà già un ostacolo, ma uno strumento di progresso, così come sono condizioni necessarie di progresso la sovrabbondanza della produzione delle merci e delle derrate alimentari, la esuberanza della terra, l’abolizione del matrimonio borghese mediante l’ammissione delle donne e dei fanciulli nelle fabbriche, l’espropriazione delle piccole industrie e della piccola possidenza. Si disconosce la natura umana, quando si dice che gli uomini, una volta posti in condizioni favorevoli, si guarderebbero dall’esporsi ai pericoli della colonizzazione dei paesi tropicali.

Fino ad ora ogni ardita impresa ha trovato chi la condusse a compimento. E’ un’istinto innato nell’uomo quello per cui egli cerca di dimostrare la sua perfezione con azioni ed opere nuove ed audaci, anzitutto per appagare se stesso, poi per emergere sugli altri, e cioè per ambizione.

Non sono mancati i volontari nelle guerre, come non ne sono mancati per i viaggi di scoperte al polo nord e al polo sud, e per le esplorazioni nell’interno dell’Africa, ecc. La missione di civiltà, quale è voluta dai paesi tropicali dall’America centrale e meridionale, dall’Africa, dall’interno dell’India, e dall’interno dell’Asia, ecc., non si può compiere dai singoli, bensì dall’azione ben disciplinata e concorde di grandi masse, e vi sono pronti, occorrendo, milioni di uomini, onde anche i pericoli dell’impresa si attenuano e diminuiscono.

Veniamo ora alla seconda parte della domanda: Possono gli uomini moltiplicarsi ad arbitrio, e ne sentono la necessità?

Per dimostrare la straordinaria capacità che gli uomini hanno di moltiplicarsi, i malthusiani amano di appoggiarsi a casi anormali di singole famiglie e di piccole popolazioni. Ma con ciò non si prova nulla. Infatti a questi casi si possono contrapporre altri di una completa sterilità ovvero di un aumento insensibile di popolazione anche in condizioni di vita favorevolissime.

Spesso è sorprendente il vedere come scompaiono rapidamente intere famiglie agiate. Sebbene gli Stati Uniti versino in condizioni favorevolissime all’aumento della popolazione, come nessun altro paese, e vi immigrino ogni anno centinaia di migliaia di gente vigorosa, tuttavia la popolazione di quel paese non fece che raddoppiarsi in 30 anni. Nessun altro popolo della terra aumentò in proporzione più alta in un periodo di 12 o 20 anni, come si vorrebbe sostenere. Fino ad ora è provato, come fu già riferito da Virchow e da Marx, che la popolazione aumenta più rapidamente, là dove essa è più povera, perchè come Virchow dice a ragione, l’unico loro diletto oltre quello del bere, è quello del piacere sessuale. Come si è già detto, il basso clero della diocesi di Magonza, si doleva, dopo che Gregorio VII lo costrinse al celibato, che non avendo esso altri diletti possibili come ne avevano i prelati, non gli rimaneva che la donna come strumento di piacere e di gioia.

Anche la mancanza di occupazioni svariate e di passatempi è forse altra delle ragioni, per cui i matrimoni conchiusi dai curati di campagna sono in media tanto benedetti da numerosa prole.

Comunque sia, è innegabile che i nostri distretti più poveri della Germania, come l’Eulengebirge della Slesia, quello di Lausitz, di Erz e Fichtelgebirge, delle foreste della Turingia, di Harz, ecc., sono i più densi di popolazione, e si noti che coteste popolazioni si cibano principalmente di patate. Inoltre è certo, che nelle tisiche l’istinto sessuale si sviluppa con singolare violenza, e spesso procreano figliuoli in uno stadio di spossatezza e di debolezza in cui non si dovrebbe più ritenere possibile la procreazione.

E’ una legge di natura, come è confermato anche dalle citazioni surriferite di Herbert Spencer e di Laing, di risarcire in quantità ciò che va perduto in qualità.

Così vediamo che gli animali superiori e più forti, come i leoni, gli elefanti, i cammelli, ecc., mentre tutti gli animali inferiori si moltiplicano in modo prodigioso e in ragione inversa del loro sviluppo, per es., i nostri animali domestici, come il cavallo, la mucca in media procreano pochi figliuoli, mentre altri animali inferiori, come per es., tutte le specie di insetti, i pesci, ecc., i mammiferi più piccoli, come le lepri, i topi, i porci, ecc., figliano in proporzione inversa del loro sviluppo. D’altra parte, Darwin ha dimostrato che certi animali, quando vengono allevati e addomesticati dall’uomo, perdono la loro fecondità, come l’elefante per esempio.

Con ciò sarebbe dimostrato che il cambiamento del sistema di vita decide della maggiore o minore capacità di moltiplicarsi. Ma sono appunto i darwiniani quelli i quali condividono la paura dell’eccesso di popolazione, ed è sui darwiniani che i nostri malthusiani moderni si appoggiano.

Noi abbiamo già dimostrato, che i nostri darwiniani hanno la mano infelice ovunque essi applicano la loro teoria ai rapporti umani, perchè in questo campo essi procedono spesso empiricamente, e trasportano senz’altro ciò che vale nel regno animale, nel regno dell’umanità, senza avvertire che l’uomo conoscendo, come meglio organizzato, le leggi naturali, può governarle e giovarsene.

La teoria della lotta per la vita, la dottrina che i germi di vite nuove sono molto più numerosi dei mezzi di esistenza che potrebbe fornire la terra, sarebbero applicabili sempre anche all’umanità, se gli uomini, invece di scervellarsi e di chiedere soccorsi alla tecnica per trarre profitto dall’aria, dalla terra e dall’acqua, pascolassero come greggi, ovvero, come altrettante scimmie, non facessero altro che soddisfare cinicamente, impudenti e sfrenati, l’istinto sessuale. Notiamo per incidenza, che sta in fatto, che l’istinto sessuale, non è legato nelle scimmie a certe stagioni come è in tutto il resto del mondo animale; prova evidente della parentela dell’uomo e della scimmia. Ma se essi sono parenti, non sono gli stessi esseri, e quindi non si può collocarli sullo stesso gradino, e giudicarli alla stessa stregua.

E’ innegabile che coi rapporti che si ebbero fino ad ora tra proprietà e produzione, la lotta per la vita vi fu anche tra gli uomini e che molti furono quelli che non trovavano i mezzi di sussistenza; ma non è giusto il dedurne che questo stato di cose deve esistere eternamente per la sola ragione che è durato fino adesso. Ed è qui che sbagliano i darwiniani, perchè essi studiarono bensì la zoologia e l’antropologia, ma non la sociologia, o per meglio dire si fecero acconciare una sociologia per loro uso dai nostri ideologi borghesi; e così vennero fuori i loro sofismi.

L’istinto sessuale dell’uomo è continuo, è il suo istinto più prepotente e vuol essere soddisfatto, pena la salute. E d’altronde è certo che questo istinto è tanto più forte quanto l’uomo è più sano e più normalmente sviluppato, allo stesso modo che il buon appetito e la buona digestione sono condizioni indispensabili per un corpo sano. Ma soddisfazione dell’istinto sessuale e generazione o concezione sono cose ben diverse. Questo è quindi un argomento essenzialissimo, ma su di esso si esposero fino ad oggi le più disparate teorie, e in ultima analisi a suo riguardo brancoliamo ancora nel buio, e cioè principalmente perchè durante una ventina di secoli si ebbe la più stolta paura di occuparsi francamente e secondo natura delle leggi della propria esistenza e del proprio sviluppo, studiandole a fondo appena ora questo pregiudizio va scemando e scemerà di più in avvenire.

Da una parte si emette la teoria che il maggior sviluppo e la maggiore attività intellettuale e sopratutto la maggiore attività nervosa deprime l’istinto carnale e diminuisce la facoltà generativa; ma altri oppugnano questa teoria. A sostegno di essa si porta il fatto che le classi più benestanti hanno in media prole meno numerosa, senza che ciò si possa ascrivere unicamente a sistemi preventivi, e d’altronde è verissimo che l’attività intellettuale molto intensa attutisce gli stimoli sessuali; ma è molto discutibile se la maggioranza degli individui appartenenti alle classi più agiate esercitino effettivamente tutta questa attività, e poi lo stesso effetto producono anche le grandi fatiche fisiche. Ma ogni eccesso di attività è dannoso all’uomo, e perciò da condannarsi.

Al contrario altri affermano che il sistema di vita e specialmente di nutrizione, oltre ad altre condizioni fisiche hanno una grande influenza sull’attitudine procreativa della donna, a somiglianza di ciò che succede presso alcuni animali. E questo dev’essere un punto molto decisivo.

L’influenza che determina sull’organismo di certi animali il genere d’alimentazione si constata in modo sorprendente nelle api, le quali con una semplice variazione nel cibo si allevano a piacimento una nuova regina. Quindi le api sono più avanti di noi nella conoscenza delle leggi dello sviluppo fisico; probabilmente presso di loro non c’è stato chi per due mila anni abbia predicato che l’occuparsi dei segreti della generazione è sconveniente e immorale.

Un esempio dell’importanza che ha in questo senso anche sulla razza umana il sistema di nutrizione, ci viene da persona che conosce molto a fondo l’Alta Baviera. Essa ci assicura che là nella classe dei contadini benestanti, classe che forse è la più sana, forte e bella della Germania, è molto frequente il caso di matrimoni sterili, cosicchè spesso adottano come propri dei figli di povera gente: e là un cotale fenomeno è attribuito al genere d’alimentazione molto grassa e sostanziosa dei contadini stessi la quale, come è noto, consiste in massima parte di paste condite con molto strutto, cibo che quella popolazione ha fama di saper preparare molto squisitamente.

Si noti ora la singolare analogia che si riscontra nelle piante, le quali bene spesso se generosamente concimate vegetano bene e rigogliosamente, ma non danno nè frutti nè seme.

Ma altri che conosce pure assai bene l’Alta Baviera, ci fece notare che un’altra circostanza può contribuire alla citata sterilità e cioè le relazioni sessuali precoci (fuori del matrimonio) che là sono assai frequenti e che dall’opinione popolare non sono punto condannate. Ora questi rapporti precoci sono doppiamente eccitanti quando non si ripetono fra la stessa coppia, ma ora con uno, ora con l’altro individuo, come pare sia l’uso del paese, e tale eccitamento eccessivo ha per conseguenza un intorpidimento della sensibilità che impedisce la concezione. Questa dev’essere anche la vera ragione per cui le prostitute hanno figliuoli di rado. Si vede quanto questo campo è ancora aperto alle opinioni e alle ipotesi più varie.

Che la qualità del cibo influisca sulla produzione del seme virile e sulla fecondabilità dell’uovo della femmina, non si può recare in dubbio, e quindi da essa potrebbe anche essenzialmente dipendere la possibilità d’aumento della popolazione, ciò che ci darebbe il modo di regolarlo ove questa legge ci fosse ben nota. Inoltre giova notare che c’è per la donna un periodo nel quale è quasi nulla la sua attitudine al concepimento; questo deve con sicurezza aver luogo soltanto alcuni giorni prima o dopo la mestruazione. Osserviamo infine che nella società dell’avvenire la condizione della donna sarà ben diversa e che essa non si compiacerà di dare alla luce un gran numero di figli, facendosi di ciò come una missione, ma vorrà invece godere la sua libertà e indipendenza e non già consumare la metà o i tre quarti dell’età più bella in istato di gravidanza o coi bambini al seno. Certamente vi sono poche donne che non bramano aver figli, ma d’altra parte la grandissima maggioranza ne desidera solo un numero limitato. Tutti questi fatti ci condurranno al punto da regolare la popolazione senza che i nostri malthusiani trovino necessario di rompersi la testa a vicenda, e d’altronde senza astinenze nocevoli alla salute e senza ributtanti sistemi preventivi.

Secondo ogni probabilità la questione della densità della popolazione sarà regolata nel modo più semplice non già da una ridicola paura che vengano a mancare i mezzi di sussistenza, ma dal desiderio di benessere degli stessi interessati. Perciò anche qui ha ragione Carlo Marx quando afferma nel “Capitale” che ogni periodo economico nello sviluppo dell’umanità ha la sua legge speciale di popolazione.

Nell’assetto socialistico, nel quale soltanto può essere veramente libera e sulla sua base naturale, l’umanità procederà con coscienza nel suo sviluppo secondo le leggi di natura. In tutte le epoche fino ad oggi in riguardo alla produzione, alla distribuzione e alla popolazione, l’umanità procedette senza conoscere le proprie leggi e quindi senza coscienza; nella nuova società essa andrà avanti con piena conoscenza di queste leggi e regolarmente.

Il socialismo è la scienza applicata a tutti i rami dell’attività umana con piena coscienza e perfetta cognizione.

 

CONCLUSIONE

 

Quanto abbiamo scritto dimostra che il socialismo si realizzerà senza “demolizioni” nè “ricostruzioni” ma per semplice trasfomazione secondo le leggi naturali. Tutti i fattori che entrano da una parte nel processo di distruzione, e dall’altra in quello di rinnovamento, operano come devono operare. Nè l’ingegno d’un uomo di Stato, nè il furore dei demagoghi potrà guidare il movimento. “Essi credono di spingere e sono spinti”. Però a chi ben rifletta a ciò che ha letto, non resterà dubbio alcuno che noi non siamo vicini al punto “in cui il tempo sarà compiuto”. La Germania ha nel suo sviluppo un carattere particolare e che qui giova esaminare per dimostrare che nel prossimo periodo di movimento sarà essa che darà la spinta agli altri paesi.

In questo libro noi abbiamo varie volte accennato a un eccesso di produzione come origine di crisi. Questo eccesso consiste in ciò, che il sistema borghese di produzione dà una quantità di merci maggiore di quello che può smaltire la capacità d’acquisto, che è lo stomaco del mercato. E’ questo un singolare fenomeno del mondo borghese che finora non si è mai avverato negli altri periodi della civiltà.

Ma la società borghese non presenta soltanto eccesso di produzione in fatto di merci e, per l’introduzione dei sistemi manifatturieri, anche in fatto di uomini, ma presenta pure un eccesso di produzione quanto ad intelligenza, e questo provoca un inasprimento della crisi, che finirà col costarle la vita.

La Germania è il paese classico in cui questo eccesso di produzione in fatto d’intelligenza, di coltura, che la società borghese non sà più come impiegare, è salito al più alto grado. Uno stato di cose che per secoli fu ritenuto come una sventura per lo sviluppo del paese, ha contribuito essenzialmente a questo fenomeno; e cioè la suddivisione in piccoli Stati e il conseguente ostacolo alla formazione di grandi capitali. La ripartizione in piccoli Stati ebbe per effetto che la vita intellettuale della popolazione fosse discentrata e si svolgesse più largamente, che dappertutto si formassero dei piccoli centri intellettuali, che esercitarono la loro influenza sul territorio circostante. Le Corti numerose coi loro governi esigevano a paragone d’un governo unico e molto vasto un numero straordinario d’impiegati per i quali era indispensabile una certa istruzione superiore. Così sorsero le scuole superiori e le università più numerose che in qualunque altro paese d’Europa.

Anche la gelosia e l’ambizione dei vari governi esercitarono influenza su questo sviluppo. Lo stesso avvenne quando alcuni governi cominciarono a precedere gli altri nell’istruzione obbligatoria. La smania di non rimanere indietro allo Stato vicino, condusse ad ottimi risultati. Il bisogno di intelligenze aumentò, quando la maggiore educazione e avvedutezza accompagnata dallo sviluppo materiale della borghesia, destò nella cittadinanza il desiderio di prendere parte alla politica, di assumere la rappresentanza del popolo e di amministrarsi da sè. Non si trattava che di piccole adunanze per piccoli paesi e circoli, ma esse cooperavano a diffondere l’educazione, e davano occasione ai figli della borghesia di ambirvi un posto.

Come nelle scienze, così nelle arti. Nessun paese d’Europa ha, in proporzione, tante scuole di pittura, d’arte e tecniche, tanti musei, raccolte artistiche, quanto la Germania.

Altri paesi potranno averne di più nelle loro capitali, ma nessuna ne ha tante ripartite su tutto il territorio come la Germania. In fatto d’arte sopra tutti l’Italia.

Tutto questo sviluppo diede all’ingegno tedesco una certa profondità, e la mancanza di grandi lotte politiche determinò un certo modo di vita contemplativa. Mentre altre nazioni lottavano per avere il predominio sul mercato del mondo, e si dividevano la terra e combattevano grandi battaglie politiche interne, i tedeschi se ne stavano a casa sognando e pensando. Ma questo sognare, sottilizzare e pensare, favorito da un clima che rendeva necessaria la vita domestica e l’assidua applicazione, generò la filosofia tedesca, creò lo spirito critico e di osservazione, per il quale i tedeschi cominciarono a distinguersi quando si risvegliarono.

La borghesia tedesca cosciente di sè nacque nel 1848, mentre oggi essa è entrata in scena come un partito politico indipendente rappresentato dai liberali. Ed è qui che si mostrò chiaramente il carattere dello sviluppo germanico. Non furono già i fabbricanti, i negozianti, gli uomini di commercio e di finanza quelli che pronunciarono la grande parola, ma i professori, gli uomini di Stato liberali, gli scrittori, i giuristi ed i dottori di tutte le facoltà. Erano gli ideologi tedeschi, e perciò anche la loro opera cadde.

La borghesia venne un tempo invitata a starsene politicamente in riposo, ma essa approfittò di questo periodo di riposo politico, per fare gli affari suoi. Lo scoppio della guerra austro-italiana, il principio della reggenza in Prussia stimolarono di nuovo la borghesia a stendere la mano verso il potere politico.

Cominciò il movimento degli unionisti nazionali. La borghesia era già troppo sviluppata per poter tollerare più a lungo i molti impacci politici che erano ad un tempo economici; impacci rappresentati dai dazi, dalle barriere commerciali, dalla limitata libertà di movimento e fece mostra di diventare rivoluzionaria.

Il signor Bismarck conobbe la situazione e ne trasse profitto a modo suo, per conciliare gli interessi della borghesia con quelli del regno di Prussia, a cui la borghesia non era ostile, perchè essa temeva la rivoluzione e le masse. Ora sono cadute le barricate, che ne avevano impedito fino ad oggi il maggiore sviluppo materiale. Data la grande ricchezza in carbone e in miniere che ha la Germania, e data una classe operaia intelligente e frugale, la borghesia prese in pochi anni uno sviluppo che deve dirsi gigantesco, quale in nessun paese del mondo si è compiuto in così breve tempo, tranne che negli Stati Uniti.

Quindi avvenne che la Germania oggidì occupa in Europa il secondo posto come Stato industriale e commerciale, e aspira ad occupare il primo.

Ma questo prodigioso sviluppo materiale ha anche il suo rovescio.

Il sistema di sbarramento ancora vigente fino alla fondazione della Unità Germanica in quasi tutti gli Stati tedeschi, aveva prolungato l’esistenza a un gran numero di industriali e di piccoli possidenti.

Atterrate improvvisamente tutte le barriere protettive, le classi medie si trovarono di fronte ad un processo di sfrenata produzione capitalistica, e si trovarono quindi in una condizione disperata.

Il periodo di prosperità al principio del 1860 fece da prima sembrare meno grande il pericolo, ma diventò tanto più sensibile, quando è scoppiata la crisi. La borghesia profittò di questo periodo di prosperità per svilupparsi, rendendo dieci volte più sensibile la sua influenza colla enormità della sua produzione e colle sue ricchezze. L’abisso fra gli abbienti e i non abbienti si fece ancora più profondo.

Questo rapido processo di decomposizione e di assorbimento, che si compie con sempre maggiore celerità, favorito da una nuova crisi dopo il breve periodo di prosperità alla fine del passato decennio, l’aumento della ricchezza materiale da un lato, la minore capacità di resistenza dall’altro, getta tutte le classi della popolazione nella massima angustia. Esse si vedono minacciate sempre più fortemente nella loro posizione, e si vedono con certezza matematica destinate un giorno a perire.

In questa lotta disperata ognuno cerca salvezza nel cambiamento di professione ed impiego. I vecchi non possono più farla, ma possono concederne la facoltà ai loro figliuoli, e quindi si fanno i più strenui sforzi e si impiegano tutti i mezzi possibili per far occupare dai loro figliuoli e dalle loro figlie i “posti” stabili, con reddito fisso, per cui non è necessario un capitale d’impianto. Tali sono quasi tutti gli impieghi governativi e comunali; l’insegnamento, il servizio delle poste e delle ferrovie, l’amministrazione governativa e comunale, i posti più elevati della borghesia, al Comptoir, nei magazzini e nelle fabbriche in qualità di magazzinieri, di chimici, di tecnici, di ingegneri, ecc.; poi le cosidette professioni liberali: avvocati, medici, teologi, scrittori, artisti, architetti, ecc.

Migliaia e migliaia che avrebbero abbracciata la carriera industriale, vanno ora in cerca di qualche posto in quelle professioni, non essendoci più diversamente la possibilità di una esistenza agiata e indipendente. Tutto spinge agli studi. Scuole regie, ginnasi, politecnici, ecc., crescono come funghi dal suolo, e quelli esistenti sono invasi da una folla di studenti; nella stessa proporzione cresce il numero degli studenti nelle Università (12), il numero degli scolari nei laboratori di chimica e di fisica, nelle scuole d’arte, negli istituti industriali e commerciali, negli istituti superiori di educazione d’ogni specie. In quasi tutti i rami, senza eccezione, si nota già oggi una pletora, una sovrabbondanza di studenti, e il torrente ingrossa sempre più; si avanzano sempre nuove domande per fondare ginnasi e istituti superiori di educazione, per accogliervi il numero dei candidati.

Autorità e privati sono disperati, e pubblicano avvisi sopra avvisi ora per lo studio di questo, ora di quel ramo. Anzi la teologia, che nel decennio precedente minacciava di morire, trionfa per il numero straordinario di studenti, e vede rioccupate le sue prebende. “Io insegno a credere in diecimila dei e diavoli, se si vuole, purchè vi sia un posto che mi faccia vivere”, ecco la voce che si ode ripetere da per tutto.

I ministri (di Prussia) ricusano di dare la loro approvazione alla fondazione di nuovi istituti superiori d’insegnamento “perchè quegli che ci sono coprono ad esuberanza il bisogno che si ha di candidati”.

Questo stato di cose viene inasprito perchè la lotta della concorrenza e della distruzione che la borghesia combatte nel suo seno costringe una folla dei suoi figliuoli a cercarsi una posizione che dia il bisognevole in altre direzioni. Inoltre il grosso esercito permanente colla sua armata di uffiziali, il cui avanzamento diventa, dopo un lungo periodo di pace, un serio inciampo, porta per conseguenza una moltitudine di pensionati ancor vigorosi, i quali, favoriti dallo Stato, trovano un posto in tutte le cariche ufficiali. La folla di coloro che sono posti in aspettativa delle più basse cariche dell’armata, portano via il pane agli altri.

Si aggiunga, che il grosso esercito degli impiegati regi, governativi e comunali di tutti i gradi avvia e deve avviare i suoi figliuoli alle carriere e professioni che abbiamo accennate.

Mancano da un lato le sostanze; dall’altro la posizione sociale, l’educazione e le pretese di questi ceti domandano che i loro figliuoli siano tenuti lontani dalle occupazioni così dette più basse, i quali sono pur tutti occupati in conseguenza del sistema capitalistico.

Il sistema del volontariato di un anno, che concede di prestare servizio militare in un anno invece che in tre anni, a coloro che hanno un certo grado di coltura e pagano una data quantità di danaro, aumenta sempre più il numero dei candidati a tutti gli impieghi e a tutti i posti.

Vi sono specialmente molti figli di agricoltori benestanti, ai quali non piace più di ritornare al loro paese per esercitarvi la professione paterna.

Per effetto di tutte queste circostanze, la Germania ha un proletariato di dotti e di artisti più numeroso assai di quello di qualunque altro paese del mondo, un forte proletariato nelle cosidette professioni liberali, che aumenta sempre più e che porta l’agitazione e il malcontento, data la condizione attuale delle cose, anche nei ceti più elevati della società.

Lo spirito idealistico di questa gioventù viene stimolato a esercitare la critica sull’attuale ordine di cose e concorre ad affrettare l’opera di decomposizione.

Da ogni lato dunque quest’ordine di cose viene assalito e minato.

Così la Germania ha assunto nella grande lotta gigantesca che si combatterà nell’avvenire la parte del duce, alla quale sembra predestinata per il suo sviluppo ed anche per la sua posizione geografica, come “il cuore dell’Europa”.

Non è un caso che siano tedeschi i duci, perchè sono essi che hanno scoperto le leggi della evoluzione della società moderna, e dettero una base scientifica al socialismo considerato come la forma della società dell’avvenire.

Primo di tutti Carlo Marx e Federico Engels, e dopo loro, che hanno gettato la scintilla fra le masse, Ferdinando Lassalle.

E neppure è un caso che il movimento socialista tedesco sia il più importante del mondo e che abbia superato il movimento delle altre nazioni, e, specialmente quello della Francia, la quale si arrestò ad una specie di sviluppo semi-borghese; non è un caso infine che i socialisti tedeschi siano i pionieri che diffondono l’idea socialistica fra gli operai di tutto il mondo.

Se Buckle (13) poteva ancora 25 anni fa sulla base del suo studio intorno alle condizioni dello spirito della coltura germanica scrivere, se poteva, ripetesi, scrivere allora che la Germania ha un numero grande di profondi pensatori, ma che non vi è alcun altro paese in cui la distanza fra la classe dei dotti e la massa del popolo sia così grande in Germania, ciò non è più esatto al giorno d’oggi.

Si poteva dirlo finchè in Germania la nostra scienza era quasi esclusivamente deduttiva, e si limitava a quei circoli di eruditi che se ne stavano lontani dalla vita pratica. Ma allorquando la Germania venne economicamente rivoluzionata, al posto della deduzione entrò nella scienza il metodo induttivo.

La scienza diventò pratica, si comprese che essa in tanto ha valore in quanto abbia relazione alla vita umana, diventi un mezzo per la vita, ed a ciò indusse appunto lo sviluppo della produzione capitalistica. Conseguentemente tutti i rami della scienza si sono nell’ultimo decennio democratizzati in Germania. A ciò ha contribuito prima il gran numero di giovani educati ed istruiti per le professioni più elevate, poi la istruzione generale delle masse, maggiore e più elevata in Germania che in qualunque paese d’Europa, facilitò a queste masse il godimento e la conoscenza di produzioni scientifiche d’ogni specie. Finalmente contribuì efficaciemente ad innalzare il livello intellettuale delle masse l’agitazione socialistica colla sua letteratura, coi suoi giornali, colle sue società, coi suoi comizi, colla sua rappresentanza parlamentare e colla critica esercitata con questo mezzo su tutti i rami della vita pubblica. Le leggi d’eccezione nulla sono riuscite a mutare: esse restrinsero forse l’agitazione entro più angusti confini, e ne calmarono forse la foga, mentre l’agitazione poteva estendersi tanto meglio negli altri paesi.

Queste leggi però hanno soffocato il movimento creando grandi animosità ed esasperazioni che provocarono la esplosione. La caduta delle leggi di eccezione non è che la conseguenza dello sviluppo preso dal partito sotto coteste leggi, nonchè dello sviluppo economico della nazione. L’agitazione procede come deve procedere in date condizioni.

Così noi vediamo nell’ultimo quarto del secolo XIX scoppiare d’ogni parte la grande lotta degli spiriti che si combatte col massimo ardore. Oltre alle scienze sociali, anche il vasto campo delle scienze naturali, l’igiene, la storia della cultura ed anche la filosofia formano l’arsenale dal quale vengono prese le armi (13).

Da tutti i lati si attaccano le basi dell’attuale ordine di cose, e si dànno i colpi più fieri contro le basi della vecchia società.

Le idee rivoluzionarie penetrano anche nei circoli più conservatori e mettono lo scompiglio tra le fila dei nemici dell’uomo.

Artigiani e dotti, agricoltori ed artisti, commercianti ed impiegati e qua e là anche  qualche fabbricante, insomma uomini d’ogni ceto fanno causa comune cogli operai che formano il grosso della società e che alla fine vinceranno. Tutti si aiutano e si completano a vicenda.

Anche la donna viene invitata a non restare indietro in questa battaglia che si combatte per la sua redenzione. Tocca a lei dimostrare che essa ha occupato il suo vero posto nella agitazione e nelle lotte del presente e che essa è decisa a prendervi parte, tocca agli uomini appoggiarla in questa lotta contro i pregiudizi e i privilegi. Nessuno deprezzi la sua forza e nessuno creda che non ci sia bisogno di essa.

Per il progresso della umanità di nessuna forza si può far senza per quanto debole essa sia. Gutta cavat lapidem, ed anche la pietra più dura. Molte gocce formano il ruscello, più ruscelli formano il fiume e più fiumi il torrente.

Nessun ostacolo è forte abbastanza per arrestarlo nel suo corso maestoso.

Così avviene anche nella vita della umanità; ovunque ci è maestra la natura, operiamo tutti secondo natura e la vittoria finale non ci potrà mancare. Questa vittoria sarà tanto più grande, con quanto maggior zelo ed energia ciascuno proseguirà per la sua strada.

Il dubbio che, malgrado tutto il suo lavoro e la sua fatica, non sia vicino il giorno di un nuovo e più splendido periodo di civiltà, non deve far breccia sull’animo del singolo nè, tanto meno, sviarlo dal cammino percorso. Anche se noi non possiamo determinare il modo delle singole fasi di sviluppo, alla stessa guisa che non abbiamo la minima certezza sulla durata della nostra vita, non dobbiamo in un secolo come il nostro perdere la speranza di vedere spuntar il giorno della vittoria.

Ogni giorno porge esempi nuovi che le idee che noi sosteniamo vanno diffondendosi sempre più; in tutti i campi di attività ferve l’agitazione ed il movimento e si tende al progresso; l’alba di uno splendido giorno già si avvicina; combattiamo adunque e andiamo innanzi sempre, noncuranti del “dove” e del “quando” saranno gettate le basi di una nuova era di felicità.

Se noi cadremo durante la lotta per la redenzione umana, altri ci sostituiranno e combatteranno per noi.

Noi abbiamo la coscienza di aver fatto il nostro dovere come uomini, siamo convinti che lo scopo sarà raggiunto per quanto le forze nemiche del progresso dell’umanità si difendano e riluttino.

                      

Fine

 


 

(1) Johnn Stuart Mill, filosofo ed economista inglese (1806-1873). Noto per la sua etica utilitaristica (fondamento della morale è la “regola aurea” dell’utlitarismo, che fa coincidere il bene con la massima felicità del maggior numero di persone). In politica, sostiene un’applicazione radiclae dei principi di “libertà” attraverso un’organizzazione del potere politico che colleghi le esigenze locali con quelle nazionali senza frustrare i “diritti individuali”; perciò ritiene il parlamentarismo e la democrazia come il miglior sistema di governo con il quale correggere il sistema della proprietà privata al fine di diminuire la sperequazione sociale; si battè anche per l’estensione del voto alle donne. In economia, auspicò un liberismo temperato che conciliasse il principio di proprietà e della libera produzione con una certa giustizia distributiva, concependo come fenomeni naturali i fenomeni della produzione e come fenomeni storici, quindi dovuti all’intervento dell’uomo, quelli della distribuzione. Marx, nel poscritto alla seconda edizione del primo Libro del Capitale (1873) affermerà che in J. Stuart Mill “il sincretismo anemico trovava la sua migliore espressione”. Tra le sue opere più importanti, i Principles of political economy che, nelle sue diverse edizioni dal 1848 al 1871, hanno risentito dell’influenza di J.B. Say, W.N. Senior, R. Malthus, J. Rae e dei socialisti francesi Saint-Simon, Fourier, Proudhom ecc.

(2) Adolph Wagner (Adolph Heinrich Gotthilf Wagner) (1835-1917), economista tedesco influenzato dalle idee socialiste. A parte il suo Manuale di economia politica, su cui Marx ha scritto un’aspra critica nelle sue Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner, contenute in un quaderno di estratti degli anni 1881-1882, A. Wagner era un grande sostenitore dell’intervento dello Stato nell’economia grazie al quale lo Stato avrebbe potuto “garantire una giustizia sociale” a favore delle classi più deboli, ed è perciò che si dedicò soprattutto al tema della finanza pubblica. le sue opere maggiori: Scienza delle finanze, Economia sociale teorica.

(3) Karl Kautsky (1854-1938), politico e teorico marxista fino al primissimi del Novecento, poi capo dell’opportunismo secondinternazinalista ed acerrimo anticomunista. Lo scritto al quale A. Bebel porta la sua giusta critica, è del 1880 ed è intitolato: Socialismo e malthusianismo. L’influenza dell’aumento della popolazione sul progresso della società; sembra sia stato il suo primo scritto di una certa notorietà, in cui egli apre molto alle idee di Malthus, soprattutto sul controllo delle nascite come correttivo sociale alla “sovrappopolazione relativa” della manodopera e quindi come strumento per moralizzare e disciplinare il comportamento riproduttivo del proletariato abbrutito da un carico di figli sproporzionato alle proprie magre risorse.

(4) Friedrich Albert Lange (1828-1875), filosofo e sociologo tedesco, sostenitore del socialismo riformista, influenzato da Lassalle e sua volta influente su E. Bernstein. La sua opera principale è la Storia del materialismo e Critica del suo significato attuale (1866).

(5) Rudolf Virchow (Rudolf Ludwig Karl Virchow) (1821-1902), patologo, scienziato, antropologo e politico tedesco, consieerato il medico più importante del XIX secolo. Provò che le malattie non sorgono da organi o tessuti in generale, ma nelle cellule; contribuì allo sviluppo delle discipline dell’Igiene e della Medicina Sociale, sostenendo che le malattie erano perlopiù causate da fattori socio-economici e politici. Sulla base delle su ricerche, su incarico del governo prussiano, sulle cause di una epidemia di febbre petecchiale in Alta Slesia, riscontrò che le cause della malattia dovevano essere cercate nelle spaventose condizioni di vita della popolazione (costituita soprattutto da minatori e tessitori) e non, come sosteneva la versione ufficiale, nel clima della regione. Tra le molteplici iniziative che lo videro protagonista  principale, durante la guerra franco-prussiana contribuì alla costruzione dei primi ospedali da campo. Tra i tanti campi in cui la sua opera è riconosciuta internazionalmente  è quello della patogenesi della trombosi, e quello delle autopsie per le quali definì una tecnica standardizzata per la loro esecuzione in modo da dare a tutto il corpo eguale importanza.

(6) Herbert Spencer (1820-1903), filosofo britannico, teorico del darwinismo sociale. Partendo da tre grandi principi, dati per indiscutibili (indistruttibilità della materia, continuità del movimento, persistenza della forza) Spencer rileva che il compito principale della filosofia sia quello di formulare una legge che li comprenda tutti, e tale legge è la legge dell’evoluzione. La sua principale opera, Primi principi, si occupa appunto di questa legge che per Spencer vale sia per il mondo naturale (inorganico e organico) che per il mondo sociale. Ritenendo la divisione del lavoro fondamentale per l’evoluzione sociale, Spencer sosteneva il diritto di libera associazione per ogni categoria sociale, intendeva la politica come strumento per la realizzazione della volontà dei cittadini e per la tutela della loro individualità; in economia sosteneva il liberalismo economico e la cooperazione volontaria, avversando quindi le concezioni socialistiche e comunistiche, ma, nello stesso tempo, si illudeva che sostituendo il modello di produzione basato sul lavoro salariato col modello bastao sulle cooperative, i contrasti sociali si sarebbero risolti.

(7) Rodbertus: A schiarimento della questione sociale. Nota di A. Bebel.

Johann Kark Rodbertus (1805-1875), economista e politico tedesco, sostenne la teoria del lavoro come valore. Per Rodbertus solo i beni che risultano prodotti dal lavoro umano sono beni economici; lavoro umano al quale il capitalismo destina solo una quota minima di produzione, quota che tende a diminuire con lo sviluppo del sistema capitalistico, costringendo i lavoratori ad acquistare quantità sempre minori di prodotti per vivere, generando così le crisi di “sottoconsumo”. Rodbertus, con la teoria di una sorta di “socialismo di Stato”, fu uno dei principali rappresentanti del collettivismo integrale grazie al quale risolvere le questioni sociali con soluzioni esclusivamente legali. Sostanzialmente fu un conservatore monarchico.

(8) Justus von Liebig (1803-1873), chimico tedesco, ha dato importanti contributi alla chimica per l’agricoltura, alla biochimica e all’organizzazione della chimica organica. Vedi nota nr. 156, pag. 241 del presente testo.

(9) Henry Carey, economista e politico americano (1793-1879), protezionista e teorico dell’armonia fra le classi. Di lui  Marx fece una tagliente critica a proposito del suo Saggio sul tasso del salario (1835), contenuta alla fine del XX cap. del Libro I, del Capitale: “Nel Saggio sul tasso del salario, uno di suoi primissimi scritti economici, H. Carey cerca di dimostrare che i diversi salari nazionali stanno in ragion diretta del grado di produttività della giornata lavorativa nazionale, per concludere da questo rapporto internazionale che, in genere, il salario sale o scende come sale o scende la produttività del lavoro. Tutta la nostra analisi della produzione del plusvalore prova l’assurdità di questa illazione, anche se Carey avesse dimostrato la sua premessa invece di affastellare un materiale statistico abborracciato nel modo acritico e superficiale a lui proprio. Il più bello è che, egli sostiene, le cose non vanno in realtà come dovrebbero andare in teoria, perché l’intervento statale falsa il naturale rapporto economico: dunque, il calcolo dei salari nazionali dovrebbe farsi come se la parte di essi che finisce nelle casse dello Stato sotto forma di imposte toccasse all’operaio medesimo. Non dovrebbe il sign, Carey, approfondendo le sue meditazioni, chiedersi se anche queste ‘spese dello Stato’ non fossero per avventura ‘frutti naturali’ dello sviluppo capitalistico? Il ragionamento è in tutto degno dell’uomo che prima ha proclamato eterne leggi di natura e di ragione - il cui gioco liberamente armonico non sarebbe turbato dall’intervento statale - i rapporti di produzione capitalistici, per poi scoprire che l’influenza diabolica dell’Inghilterra sul mercato mondiale, un’influenza che, a quanto sembra, non nasce dalle naturali leggi della produzione capitalistica, rende necessario l’intervento statale, ossia la protezione ad opera dello Stato di quelle stesse leggi di natura e di ragione: in altri termini, il sistema protezionistico. Inoltre, egli ha scoperto che non già i teoremi in cui Ricardo ecc. hanno formulato antagonismi e contraddizioni sociali esistenti sono il prodotto ideale del movimento economico reale, ma, inversamente, gli antagonismi reali della produzione capitalistica in Inghilterra e altrove sono l’effetto della teoria di Ricardo ecc.! Ha infine scoperto che è il commercio, in ultima istanza, a distruggere le innate bellezze ed armonie del modo di produzione capitalistico. Un altro passoavanti, e forse scoprirà che l’unico inconveniente della produzione capitalistica è lo stesso capitale. Solo un uomo così terribilmente privo di senso critico e gonfio di una cultura de faux aloi [ di cattiva lega, NdR] meritava, malgrado la sua eresia protezionistica, di assurgere a fonte segreta della saggezza armonica di un Bastiat, e di tutti gli altri ottimisti del liberoscambismo di cui l’èra presente ci delizia” (K. Marx, Il Capitale, Libro I, cap. XX, UTET, Torino 1974, pp. 723-724).

(10) Ecco alcune notizie desunte dal libro di Liebig «Lettere chimiche» dalle quali si può rilevare fino a quale misura potrebbe aumentare anche presso di noi il reddito dei prodotti: «Il giornale di Dresda del 16 settembre 1858 annunzia come ci viene comunicato da Eibenstock, che l’ispettore forestale di quel paese ha fatto già da parecchi anni la prova felicemente riuscita di piantare nell’autunno delle biade vernerecce. Trapiantò poi nella metà di ottobre le pianticelle a ciò destinate, 1 moggio di semente sopra una superficie di 100 pertiche quadrate, dando una produzione straordinariamente copiosa. Vi erano piante che contenevano perfino 51 gambi con spighe, le quali avevano perfino 100 grani». Liebig, che si convinse della esattezza della notizia, aggiunge, che nei paesi ove non mancano le braccia e il suolo è buono, non v’è dubbio che l’impresa sia largamente rimuneratrice.

Quindi quando ci sono braccia e concime, e nessun sfruttamento capitalistico, l’aumento dei prodotti salirà fino a una misura che oggi sembra favolosa. Osserviamo per incidenza che per effetto della introduzione di una macchina si aumenta notevolmente quella rendita del suolo che consiste in grani, ma notiamo che l’uso di questa macchina non è possibile che per i grandi affittaiuoli, o per i grandi possidenti. Si dice anche, che la coltivazione mista di frumento e segala, dà una rendita stupefacente. I progressi in tutti i rami di economia rurale sono tanti e così grandi, che anche i più grossi possidenti non possono in pratica tenerci dietro. Nota di A. Bebel.

(11) Identiche condizioni dovevano esserci già al tempo di S. Basilio, perchè egli così apostrofa i ricchi: «Infelici che siete, che cosa risponderete voi al giudice divino?

«Voi coprite di tappeti la nudità delle vostre pareti, ma non coprite di abiti la nudità dell’uomo! Voi adornate i cavalli di preziose e morbide coperte e sprezzate il fratello vostro coperto di cenci. Voi lasciate andare a male e consumare le vostre biade nei granai o sul campo, e non volgete uno sguardo a quelli che sono senza pane».

Il sermone non ebbe alcuna efficacia per i signori di quel tempo, e non l’avrà in eterno, se non si cambiano le istituzioni sociali, così che nessuno possa trattare ingiustamente il suo simile. Allora il mondo si troverà bene. Nota di A. Bebel.

(12) Il numero degli studenti delle Università tedesche ammontò in media per semestre:

 

  Anno    

Teologi

protestanti

Teologi

cattolici

Giuristi

Medici

Filosofi

Tot.

1841-42- 1846

2117

1027

3467

1943

3072

11626

1846-47- 1851

1798

1297

4061

1827

3046

12029

1851-52- 1856

1751

1300

4169

2291

2840

12351

1856-57- 1861

2374

1244

2789

2131

3499

12037

1861-62- 1866

2437

1153

2867

2435

4392

13284

1866-67- 1871

2154

982

3011

2838

4626

13611

1871-72- 1876

1780

836

4121

3941

5896

16124

1876-77- 1881

1961

682

5134

3734

8057

19568

1881-82- 1886

3880

952

5034

6869

9123

25838

1886-87...

4546

1178

5239

8450

8666

27828

1887 .......

4803

1232

5505

8685

8424

28455

1887-88...

4632

1137

4810

8435

8450

28480

1888 .......

4835

1174

6106

8915

8204

29275

1888-89...

4642

1207

6304

8886

8255

29294

 

Queste tabelle dimostrano che dal 1841-42 al 1871 il numero degli studenti crebbe di poco, meno della popolazione, ma poi d’un tratto, cominciò ad aumentare fino al 1886-87, dalla qual’epoca il numero degli studenti crebbe sempre, ma a poco a poco. Dal 1871 fino al 1888-89 questo numero aumentò del 116 per cento. E’ interessante notare, che lo studio della teologia scemò continuamente fino al 1881, ma poi aumentò rapidamente, finchè nel 1888 raggiunse il punto culminante.

La ragione è questa, che l’offerta per tutti i posti crebbe in misura tale, che difficilmente si poteva trovare impiego; e quindi nell’ultimo decennio si decise per la teologia, che prima era stata negletta; ma poi un’altra ragione può ravvivarsi nell’indirizzo pio, che una parte della borghesia ha preso decisamente per effetto della lotta di classe, sempre più ardente nell’ultimo decennio. Nota di A. Bebel.

(13) Henry Thomas Buckle (1821-1862), storico e scacchista britannico. La sua opera maggiore e che gli diede notorietà internazionale fu History of Civilization in England (1857). 

(14) Vedi: La filosofia della redenzione, di Mainländer, 1-2 vol. Nota di A. Bebel. 

 

 

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