Le nostre prese di posizione

Nella stagione di elezioni in Europa, continua la cinica turlupinatura del proletariato

 

Francia

Basta con le perpetue giornate d’azione e con le manifestazioni-processioni!

Spazio alla lotta di classe aperta!

(«il comunista»; N° 144;  Luglio 2016)

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Da più di due mesi, da quando è stato annunciato il disegno di legge El Khomri – scritto “sotto dettatura del Medef”, come sostiene il quotidiano del padronato Les Echos (1) –, gli apparati sindacali che non si sono precipitati a sostenere il governo come la CFDT, hanno fatto ricorso alla vecchia pratica delle “giornate d’azione” organizzate di tanto in tanto, dell’appello allo sciopero limitato e circoscritto, categoria per categoria (qualche volta la SNCF e la RATP, qualche volta gli autotrasportatori, altre volte i lavoratori delle raffinerie...).

E così, dopo la giornata del 28 maggio in cui i manifestanti sono rimasti numerosi, alla faccia delle aspettative del governo, della propaganda dei media contro i “teppisti”, delle intimidazioni e delle aggressioni poliziesche e dell’aumento della repressione, e in cui si sono visti scoppiare scioperi e blocchi in diversi settori, l’Intersindacale ha proclamato una manifestazione nazionale... il 14 giugno, giorno di inizio della discussione del disegno di legge al Senato; questo significa impostare la lotta, che sostiene di guidare, sulla base del   calendario parlamentare e far dipendere il suo successo dalle discussioni al Senato e alla Camera dei deputati! È chiaro che, da qui ad allora, i lavoratori che si sono o si saranno messi in sciopero a più riprese, e che non possono permettersi di aspettare settimane, avranno ripreso il lavoro.

Questa tattica dilatoria non ha altro scopo che quello di fornire valvole di sfogo al malcontento dei lavoratori, prevenendo una lotta aperta, vera, contro gli attacchi antioperai che si succedono da anni e di cui la legge in discussione è solo l’ultima in ordine di tempo. Nonostante il clamore dei media sulla presunta “linea dura” della CGT, questo è un vero e proprio sabotaggio della necessaria lotta generale dei lavoratori e quindi un prezioso servizio reso ai capitalisti e al governo loro succube .

D’altronde, accanto alle roboanti dichiarazioni sul ritiro non negoziabile del disegno di legge, l’Intersindacale afferma di voler negoziare proprio con il governo e con Hollande; e, sostenendo di voler “far rispettare la democrazia”, ha deciso di organizzare una “grande votazione (...) per ottenere il ritiro di questo testo per acquisire nuovi diritti che permettano lo sviluppo di impiego stabile e di qualità” (2).

Sostituire la scheda elettorale alla lotta attraverso lo sciopero e il rispetto della democrazia alla difesa intransigente degli interessi proletari, questa è l’ultimo imbroglio di organizzazioni che hanno da molto tempo abbandonato il terreno della lotta per quello della collaborazione tra “partner sociali” – il che significa sottomissione agli interessi capitalisti!

 

Non è attraverso il numero di votazioni e di appelli alla democrazia, ma solo attraverso la lotta aperta che i lavoratori possono difendersi contro i padroni e il loro Stato!

 

La democrazia è la forma politica che camuffa i rapporti di dominio e di sfruttamento capitalistici dietro una pretesa uguaglianza di tutti i “cittadini” a prescindere dalla loro classe sociale: che siano disoccupati o miliardari, operai o padroni, tutti avrebbero gli stessi diritti; tutti avrebbero, attraverso la scheda elettorale, la stessa possibilità di influire sulla politica dello Stato, organismo neutrale e al di sopra delle classi. E la collaborazione di classe, in nome di un presunto interesse comune, è il corollario della democrazia.

Ma la realtà quotidiana si occupa di dimostrare il carattere menzognero della democrazia, totalmente borghese; le schede non sono altro che pezzi di carta che non hanno alcun peso rispetto agli interessi capitalistici; sono i padroni a dettare le leggi ai politici, anche quando sono eletti dai lavoratori; lo Stato con le sue leggi, la sua polizia, i suoi giudici, la sua scuola ecc., è lì soprattutto per difendere l’ordine capitalista. Tutti i “miglioramenti” e le riforme di cui i proletari ancora godono, sono stati conquistati attraverso la lotta proletaria, o concessi dai borghesi per paura di quest’ultima. Oggi che, in Francia come negli altri paesi, i capitalisti spingono verso ulteriori riforme (o meglio antiriforme) per sostituire le vecchie ritenute per loro troppo costose, cercare la risposta sotto il segno della democrazia significa accettarle e non voler lottare.

I democratici si lamentano quando il governo utilizza l’articolo 49.3 (espressamente previsto a tal fine dalla Costituzione) perché i dibattiti parlamentari finiscano o quando Hollande si ostina a far passare la legge, anche se la stragrande maggioranza dei francesi è contraria: ma essi svolgono il loro ruolo! Questa è solo una piccola dimostrazione della vera natura della democrazia: servendo solo alla borghesia, viene da questa utilizzata quando si tratta di ingannare i proletari, ma viene messa da parte non appena intralcia i suoi interessi. La borghesia impartisce così una preziosa lezione ai proletari, lezione che i collaborazionisti cercano di nascondere: per difendere i propri interessi anche immediati, non bisogna lasciarsi soggiogare dalla finzione democratica, conta solo il rapporto di forza tra le classi.

E non saranno le inutili votazioni né le sterili “giornate d’azione” a stabilire questo rapporto di forza, ma solo la vera lotta, a condizione che questa lotta sia condotta con metodi e mezzi di classe, per la difesa intransigente degli interessi proletari in totale opposizione agli interessi capitalistici (dell’impresa o dell’economia nazionale ecc.), e in totale indipendenza dalle influenze paralizzanti veicolate dai sindacati e dai partiti riformisti e collaborazionisti di sinistra o di estrema sinistra: una lotta che superi le barriere aziendali o corporative, che si generalizzi agli altri settori, senza preoccuparsi delle restrizioni legali e dei dispositivi antisciopero, che si appoggi sui picchetti di sciopero ecc., una lotta controllata, organizzata e diretta dai lavoratori stessi sulla base di obiettivi unificanti di classe.

Il conflitto attuale è solo una scaramuccia nella lotta di classe. Qualunque sia il suo esito, i proletari devono aspettarsi nuovi attacchi, secondo le stesse dichiarazioni dei politici borghesi, di governo o di opposizione; non a causa della cattiveria di questi ultimi, ma perché sono indispensabili al capitalismo in crisi. I proletari dovranno rispondere riprendendo la strada della lotta di classe per resistere ai padroni e al loro Stato, ma anche per poter poi passare al contrattacco contro il capitalismo, cioè alla lotta per la rivoluzione comunista.

Anche se quest’ultima prospettiva non è immediata, tuttavia è questa che deve guidare i proletari e i militanti d’avanguardia nelle lotte attuali per evitare le trappole tese dal nemico di classe e dai suoi lacché sempre pronti a proporre vie apparentemente “facili” e soluzioni a loro dire “nuove” per deviare la lotta verso l’interclassismo. Dalla possibilità che almeno una minoranza di proletari cominci a orientarsi in questa direzione, cominci a rompere con il collaborazionismo, dipende il successo delle prossime battaglie.

 

Per la ripresa della lotta di classe!

Per l’organizzazione proletaria indipendente!

Per la ricostituzione del partito di classe internazionalista e internazionale!

Per la rivoluzione comunista!

 


 

(1) Cfr. Les Echos, 23/5/2016.

(2) «Amplifier la mobilisation, faire respecter la démocratie!», Comunicato di CGT, FO, FSU Solidaires UNEF UNL FIDL, 20/5/2016.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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