La teoria marxista della moneta (7)

(«il comunista»; N° 149;  Giugno 2017)

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Pubblichiamo la parte finale del testo "La teoria marxista della moneta", iniziato nel nr. 133 di questo giornale e seguito nei nn. 134, 136, 137, 139, 147.

Questo testo è stato ripreso da Il programma comunista nn. 5, 6, 7, 8, 10, 12, 14, 15, 16 del 1968, mentre le note sono tratte dal resoconto più completo pubblicato nella rivista teorica di partito Programme Communiste, nn. 43-44 e 45 del 1969.

Ora lo si può trovare, completo, nel Reprint n. 7 de "il comunista".

 

 

Appendice

Il Metodo del “Capitale” e la sua struttura

 

Il metodo applicato da Marx nel Capitale, che si riflette nella struttura a prima vista sconcertante dell’opera, è stato definito nel modo più generale nel terzo paragrafo dell’Introduzione (1857) al testo Critica dell’economia politica, intitolato Il metodo dell’Economia politica (i corsivi sono nostri):

«Sembra corretto cominciare con il reale ed il concreto, con l’effettivo presupposto; quindi, per esempio nell’economia, con la popolazione, che è la base e il soggetto dell’intero atto sociale di produzione. Ma, ad un più attento esame, ciò si rivela falso. La popolazione è un’astrazione, se tralascio ad esempio le classi di cui si compone. A loro volta, le classi sono una parola priva di senso se non conosco gli elementi su cui esse si fondano, per esempio, lavoro salariato, capitale ecc. E questi presuppongono scambio, divisione del lavoro, prezzi ecc. Il capitale, per esempio, senza lavoro salariato, senza valore, denaro, prezzo ecc. , è nulla. Se cominciassi quindi con la popolazione, avrei una rappresentazione caotica dell’insieme e, precisando più da vicino, perverrei via via analiticamente a concetti più semplici; dal concreto rappresentato ad astrazioni sempre più sottili, fino a giungere alle determinazioni più semplici. Da qui si tratterebbe, poi, di intraprendere nuovamente il viaggio a ritroso, fino ad arrivare di nuovo alla popolazione, ma questa volta non come ad una caotica rappresentazione di un insieme, bensì come ad una totalità ricca, fatta di molte determinazioni e relazioni» (1).

Notando che, partendo dalla «totalità vivente», gli economisti classici hanno sempre finito per «trovare alcune relazioni determinanti generali astratte», sulla cui base hanno costruito «sistemi economici che dal semplice salivano al concreto», Marx conclude che:

«Quest’ultimo è, chiaramente, il metodo scientifico corretto. Il concreto è concreto perché sintesi di molte determinazioni quindi unità del molteplice. Per questo esso appare nel pensiero come processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza, benché sia l’effettivo punto di partenza e perciò anche il punto di partenza dell’intuizione e della rappresentazione. Per la prima via [che parte dal concreto e dal complesso], la rappresentazione piena viene volatilizzata ad astratta determinazione; per la seconda [dal semplice e dall’astratto al concreto], le determinazioni astratte conducono alla riproduzione del concreto per la via del pensiero» (Marx, Introduzione a Per la critica dell’economia politica, cit., p. 189).

Il movimento dal I Libro e dal II Libro del Capitale, che trattano rispettivamente «il processo di produzione del capitale» e «il processo di circolazione del capitale», al III Libro, che tratta «il processo d’insieme della produzione capitalistica», è appunto quel movimento dal semplice e dall’astratto al concreto e al complesso che Marx definisce, come abbiamo visto, «il metodo scientificamente corretto». E’ unicamente perché nella prima parte le «determinazioni astratte» sono state razionalmente stabilite che, la seconda, «il processo d’insieme», non appare più come un inestricabile caos (contrariamente a quanto avviene nell’economia politica di cui Marx ha intrapreso la critica a fini rivoluzionari), ma come una «totalità ricca» chiaramente intelligibile.

Qual è, dunque, la «determinazione astratta» da cui parte Marx e che gli permette di giungere ad una rappresentazione intelligibile della realtà empirica, concreta? Questa determinazione - vi insiste egli stesso ripetutamente - è il Capitale in generale:

«Io faccio astrazione dalla moltitudine dei capitali reali e dalla concorrenza fra di loro, che non è se non il rapporto del capitale con se stesso in quanto capitale altrui, e che perciò non può essere spiegato senza che lo sia stata la nozione stessa di capitale in generale» (Lettera di Marx a Kugelmann).

«L’intervento di molti capitali reali non deve turbare la nostra analisi. Al contrario, il rapporto tra i diversi capitali diverrà chiaro solo quando avremo messo in evidenza ciò che hanno tutti in comune: il fatto di essere capitale» (Marx, Grundrisse).

«E’ necessario definire esattamente lo sviluppo del concetto di capitale, perché costituisce il concetto fondamentale dell’economia moderna, e la struttura stessa del capitale la cui immagine astratta si ritrova nella società borghese. Se abbiamo ben afferrato le condizioni preliminari del rapporto capitalistico, dobbiamo essere in grado di dedurne tutte le contraddizioni della produzione borghese così come tutti i limiti che essa tende continuamente a superare» (Marx, Grundrisse) senza tuttavia - aggiungiamo noi - giungere mai a superare il rapporto capitalistico quale è descritto nel Libro I;salto che può essere compiuto soltanto dalla Rivoluzione sociale la cui condizione e il cui punto di partenza è la rivoluzione politica del proletariato.

Ciò che distingue il capitale-in-generale da tutte le altre forme della ricchezza è il fatto di essere un valore creatore di plusvalore. Il punto da cui parte Marx implica quindi che egli cominci col valore stesso. Ecco perché la Sezione prima del Libro I del Capitale è intitolata: Merce e Denaro.

Marx, in seguito, deve cercare come il valore semplice si trasformi in valore creatore di plusvalore; è l’oggetto della Sezione seconda: La trasformazione del denaro in capitale (nella quale rientrano di fatto i capitoli intitolati rispettivamente: Sezione terza: La produzione del plusvalore assoluto, Sezione quarta: La produzione del plusvalore relativo, Sezione quinta: La produzione di plusvalore assoluto e relativo, Sezione sesta: Il Salario).

Infine, egli deve cercare come la produzione di plusvalore implichi la riproduzione non soltanto semplice ma allargata del capitale e, quindi, del rapporto capitalistico nel suo insieme: è l’oggetto della Sezione settima: Il processo di accumulazione del capitale (nella quale rientra il capitolo storicamente presentato come Sezione ottava - diventando il Capitolo XXIV - La cosiddetta accumulazione originaria).

E’ quindi perfettamente esatto dire, come si legge nella Prefazione del testo di partito Elementi dell’economia marxista,:

«Il primo Libro sta dunque a tutto il resto come la traccia fondamentale, la linea direttrice di tutto il sistema, che ha una sua completezza ed un suo ciclo completo, ed è stato scritto dall’autore sulla base di tutti i materiali che la storia economica fino al suo tempo gli offriva, e di cui riservò la esposizione particolareggiata ai volumi seguenti. (...) Il primo Libro conduce di getto lo studio economico di tutto il processo, dal primo scambio a tipo di baratto attraverso la nascita e l’accumulazione del capitale fino alla conclusione che al capitalismo succederà una economia sociale e non mercantile, tracciata lapidariamente nel penultimo capitolo, come a suo tempo vedremo» (2).

Contenute nel primo Libro, le «determinazioni astratte» del processo di circolazione saranno riprese e sviluppate nel Libro II che contiene: Sezione prima: Le metamorfosi del capitale e il loro ciclo; la Sezione seconda: La rotazione del capitale; la Sezione terza: La riproduzione e circolazione del capitale sociale totale.

Quando arriviamo alla fine del Libro II, l’analisi del capitale in generale è interamente compiuta. Qual è l’oggetto del terzo Libro? E’ ancora Marx che ce lo dice, questa volta nelle righe introduttive del I° capitolo di questo Libro:

«Nel Libro I si sono esaminati i fenomeni che presenta il processo di produzione capitalistico preso a sé, in quanto processo di produzione immediato, facendo ancora astrazione da tutti gli effetti secondari di circostanze ad esso estranee. Ma questo processo di produzione immediato non esaurisce il ciclo di vita del capitale. Nel mondo reale, lo completa il processo di circolazione, e questo ha formato l’oggetto delle ricerche del Libro II. Qui, particolarmente nella terza sezione, in cui si tratta del processo di circolazione in quanto mediazione del processo di riproduzione sociale, si è mostrato che il processo di produzione capitalistico, considerato nell’insieme, è unità dei processi di produzione e di circolazione. Tema del presente Libro III non può essere quello di esporre riflessioni generali su questa unità, ma piuttosto di scoprire e descrivere le forme concrete nascenti dal processo di movimento del capitale considerato come un tutto. Nei loro movimenti reali, i capitali si fronteggiano in forme concrete in rapporto alle quali le figure del capitale, sia nel processo di produzione immediato, sia nel processo di circolazione, appaiono solo come particolari momenti. Così i modi di configurarsi del capitale, come vengono sviluppati in questo volume, si avvicinano per gradi successivi alla forma in cui si presentano alla superficie della società, nell’azione dei capitali l’uno sull’altro, della concorrenza, e nella coscienza comune degli stessi agenti della produzione» (3).

In questo Libro III, quindi, non vedremo soltanto le categorie marxiste del Libro I - valore, plusvalore, capitale costante e capitale variabile, saggio di plusvalore - riapparire sotto  il travestimento delle categorie borghesi - profitto, costo di produzione, tasso di profitto - come avviene nelle tre prime sezioni; ma vedremo anche nelle tre sezioni successive (coronate dalla breve Sezione settima: I redditi e le loro fonti) le forme dell’esistenza passeggere analizzate nel Libro II - capitale denaro, capitale produttivo, capitale merce - cristallizzarsi in forme di esistenza particolari - capitale finanziario, capitale industriale, capitale commerciale - e il plusvalore, già metamorfosato in profitto, ripartirsi ulteriormente in interesse e utile d’impresa, e il sovraprofitto convertirsi in rendita fondiaria. Arrivati a questo punto della «riproduzione del concreto per la via del pensiero», Marx indica nel piano originario del Capitale formulato nel citato paragrafo dell’Introduzione a Per la critica dell’economia politica (Il metodo dell’economia politica) che bisognava affrontare: «4) Rapporti internazionali della produzione. Divisione internazionale del lavoro. Scambio internazionale. Esportazioni e importazioni. Corso del cambio. 5) Il mercato mondiale e le crisi» (4), ma la morte gli ha impedito di terminare questo compito.

Determinata da considerazioni logiche, la struttura d’insieme del Capitale trova così naturalmente una giustificazione storica così definita dallo stesso Marx:

«Nell’analisi del capitale in generale, non abbiamo ancora a che fare né con questa o quella forma particolare né col capitale individuale. In effetti, ci troviamo al suo processo genetico. Ora, questo non è che un’espressione ideale dello sviluppo reale attraverso il quale diventa capitale. (...) In cambio, i rapporti ulteriori dovranno essere considerati come sviluppi a partire da questo germe» (Marx, Grundrisse).

Detto ciò, tutto il precedente studio del metodo di Marx distrugge senza appello ogni scappatoia dei detrattori impotenti o interessati del Capitale che, pretendendo ch’esso «descriva il capitalismo concorrenziale del XIX secolo», concludono con disinvoltura che è un’opera «superata» incapace di spiegarci il capitalismo monopolistico del XX secolo! Supponendo, infatti (del tutto falsamente), che nessuna delle categorie e delle forme empiriche del capitale trattate nel Libro III sia più osservabile «alla superficie» della società borghese contemporanea, l’analisi scientifica del capitale in generale fatta nei Libri I e II rimarrebbe pur sempre in piedi. Ecco perché la pretesa di analizzare «il capitalismo concreto del nostro tempo» partendo direttamente da esso, astraendo dai risultati dei Libri I e II  può soltanto sfociare, sul piano scientifico, in un miserabile aborto e, sul piano politico-sociale, in un rigurgito delle assurde rivendicazioni e riforme che, già in passato, vennero  falsamente presentate come socialismo (come nel caso di due opere contemporanee, ritenute basilari dai «sinistroidi»: Il capitale monopolistico, di Baran e Sweezy e Lo scambio ineguale - titolo quanto mai suggestivo - di Emmanuel).

Tutta questa delucidazione metodologica non deve quindi essere considerata come una cosa superflua e ancor meno come un semplice ornamento: destinata ad orientare il militante che affronta lo studio dell’opera fondamentale di Marx nell’apparente dedalo della sua composizione «in spire successive», essa giustifica egualmente il modo in cui la Prefazione degli Elementi dell’economia marxista definiva il lavoro che incombe a  noi, modesti allievi dei maestri del socialismo scientifico:   trarre, come loro, la verifica, il controllo della teoria generale, e la prova della sua efficacia, dallo studio dei fenomeni particolari attuali dello sviluppo capitalistico, perché, in quanto metodo scientifico, il metodo del Capitale è anche necessariamente un metodo sperimentale.

 


 

(1) K. Marx, Introduzione a «Per la critica dell’economia politica», 23 agosto 1857. Questo breve manoscritto non venne mai pubblicato mentre Marx era in vita anche perché lo stesso Marx lo aveva accantonato considerandolo solo una anticipazione di risultati ancora da dimostrare; rinvenuto dopo la sua morte fra le sue carte, fu decifrato e pubblicato da K. Kautsky sulla rivista Neue Zeit, nr. di marzo 1903. Cfr. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, Editori Riuniti, Roma 1979; la citazione del terzo paragrafo qui riportata è a p. 188.

(2) Cfr. Elementi dell’economia marxista, nr. 3 dei testi del partito comunista internazionale, Edizioni il programma comunista, Milano 1971, pp. 7-8.

(3) Cfr. K. Marx, Il Capitale, Libro III, Utet, Torino 1987, pp.49-50.

(4) Cfr. Karl Marx, Per la critica dell’economia politica, cit., p. 197.

(Questo testo - La teoria marxista della moneta -  è stato anche ripreso e pubblicato in Appendice al nr. 3 dei «testi del partito comunista internazionale», intitolato Elementi dell’economia marxista, Milano, aprile 1971)

 

 

Partito comunista internazionale

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