I problemi rivoluzionari in america

Di Bill Haywood

“l’Ordine Nuovo”, in due puntate, 25 e 28 agosto 1921

(«il comunista»; N° 151; Dicembre 2017)

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Premessa

 

Pubblichiamo questo breve scritto di Bill Haywood (noto come Big Bill) che uscì sull’Ordine Nuovo, organo del Partito comunista d’Italia, pubblicato a Torino, in due puntate, il 25 e 28 agosto del 1921, col quale egli intendeva dare un breve schizzo della situazione della classe operaia e delle organizzazioni sindacali negli Stati Uniti d’America ai proletari e ai rivoluzionari europei che non la conoscevano.

Per conoscere più a fondo Big Bill, i lettori possono riferirsi all’autobiografia, pubblicata nel 1977 da “Iskra edizioni” col titolo “La storia di Big Bill” (il libro è ancora disponibile e può essere richiesto al nostro giornale); egli è stato – come scritto nella Prefazione a questo volume – uno dei principali esponenti degli IWW (Industrial Workers of the Word), i wobblies, che, fra il 1905 e il 1920 fu il più importante gruppo proletario rivoluzionario negli Stati Uniti d’America. In questa autobiografia emerge, in realtà, la storia “sottostante”, poco conosciuta, di milioni di proletari americani che, alcuni coscientemente, la maggior parte senza saperlo, hanno scritto all’inizio del secolo XX una gloriosa pagina nella storia della classe proletaria mondiale. Ma emergono anche le grandi differenze storiche tra la nascita e lo sviluppo del movimento operaio europeo, insieme alla formazione del partito di classe basato sulla teoria scientifica del marxismo, e la nascita e lo sviluppo del movimento operaio americano, condizionati in modo molto profondo dall’impianto e dalla formazione del giovane capitalismo americano. Indiscutibilmente, il movimento operaio americano degli inizi del secolo scorso, nelle sue frange più mature dal punto di vista di classe, diede prova di grande vigore e grandissima combattività soprattutto in termini di lotta sindacale, ma, nello stesso tempo, rivelò una grande immaturità teorica e politica, immaturità determinata dal mancato incontro tra le spinte spontanee alla lotta di classe e la formazione del partito di classe e la sua penetrazione nel vasto corpo proletario americano. La borghesia americana, non avendo avuto bisogno – come quella europea – di una lunga lotta ideologica e pratica contro le classi dominanti aristocratiche e feudali, non ebbe nemmeno la necessità di coinvolgere in questa lotta il proletariato, come invece fece la borghesia europea che si trovò nella necessità storica di “istruire” politicamente le masse proletarie per poterle avere come alleate e per poterle dirigere nella sua lotta, nella sua rivoluzione. 

La moderna società borghese americana nacque già borghese, poggiando sulle esperienze economiche e sociali che i coloni europei si portavano appresso nella conquista del nuovo continente. Come storicamente dimostrato, il giovane capitalismo americano, assetato di nuove ricchezze, nuovi territori economici, nuove risorse naturali da conquistare con la sola forza bruta, si impose non solo combattendo e distruggendo le popolazioni native e le loro primitive forme sociali, ma sfruttando massicciamente una massa “indistinta” di lavoratori, immigrati, migranti verso nuovi lidi, plurinazionale e plurirazziale, unificata oggettivamente dalle condizioni immediate di sopravvivenza. Ebbene, in America, a fronte di uno sviluppo capitalistico vorticoso e incessante, la giovane e rapace borghesia americana, per ragioni di controllo della forza lavoro e del suo sfruttamento più intenso possibile, ha usato fin da subito e in modo sistematico il metodo di dividere la classe operaia in tante frazioni a se stanti, approfittando delle differenze d’origine delle masse proletarie e anche delle grandi distanze tra una città e l’altra nel vasto paese, favorendo di fatto la costituzione di una aristocrazia operaia, anticipando in questo modo nei fatti, quanto Engels rivelerà nel suo libro sulla “Situazione della classe operaia in Inghilterra”, scritto a Manchester, la città simbolo della rivoluzione industriale inglese, tra il 1842 e il 1844. La storia del movimento operaio americano è stata quindi più una storia di sindacalismo, di anarco-sindacalismo e di opportunismo e collaborazionismo sindacale (Gompers ne è stato il capostipite), che di sindacalismo di classe permeabile alla politica e alla teoria marxista.

Come dirà Big Bill, per queste e molte altre ragioni, in ogni caso legate non solo alla brutalità sistematica e assassina della borghesia americana, ma anche alla feroce concorrenza che gli operai, guidati da organizzazioni sindacali collaborazioniste, si facevano (l’esempio dei minatori del carbone parla da solo), “i lavoratori americani non hanno che pochissimo spirito rivoluzionario”. E siamo negli anni in cui il proletariato russo, guidato dal partito bolscevico di Lenin ha conquistato il potere ed ha vinto la lunga guerra civile, nonostante le carestie, un’industria semidistrutta dalla guerra, l’assedio di tutti i paesi imperialisti – in particolare la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e la Francia – che tentavano di soffocare la rivoluzione russa dall’esterno mentre dall’interno potevano contare sugli attacchi delle guardie bianche di Kornilov, di Judeniè, Denikin, Kolèak, Vrangel. Siamo negli anni in cui il movimento rivoluzionario proletario in Europa mette a dura prova la tenuta delle classi dominanti borghesi, in Germania, in Ungheria, in Polonia, in Italia, in Serbia, e in cui si risvegliano i popoli coloniali portando alla visione internazionalista e internazionale del comunismo rivoluzionario, costituitosi nella Internazionale Comunista, una formidabile dimostrazione che la borghesia imperialista non può essere battuta nei propri paesi se non da un movimento proletario rivoluzionario collegato e diretto mondialmente. Siamo negli anni in cui la formidabile ondata rivoluzionaria ha scosso non solo la Russia e l’Europa, ma il mondo intero, raggiungendo anche l’America ma laggiù trovò un proletariato sì combattivo ma senza guida politica e teorica da parte del partito di classe.

Per contrastare e battere l’oppressione e lo sfruttamento nella società capitalistica bisogna che il proletariato vada a colpire le cause profonde di questa oppressione e di questo sfruttamento; combattere i padroni è assolutamente necessario, perché essi rappresentano il primo ostacolo alla lotta proletaria per difendere le proprie condizioni di lavoro e di vita, e combatterli con mezzi e metodi di classe appropriati per contrastare la violenza e gli attacchi portati dal padronato. Ma non basta, perché i singoli padroni fanno parte della classe dominante ed hanno a loro difesa lo Stato con tutte le sue istituzioni a partire dalle forze armate e dalla magistratura. Il cuore del problema, la vera causa dell’oppressione e dello sfruttamento capitalistici sta nella “esistenza del mercato, della merce, del lavoro salariato, della moneta, del capitale”, come sottolineato nella Prefazione alla Storia di Big Bill. Ecco perché sono necessarie la presenza e l’influenza determinante del partito di classe sulle masse proletarie: il partito comunista rivoluzionario, il partito di classe, non è l’espressione diretta della lotta proletaria contro i padroni, non è lo sbocco dello sviluppo del sindacalismo di classe; il partito di classe è un’organizzazione proletaria ma non perché costituita di soli proletari e nata dallo sviluppo della lotta immediata proletaria, ma perché rappresenta nell’oggi il futuro della lotta rivoluzionaria della classe del proletariato, perché rappresenta la coscienza di classe storica che la classe dei lavoratori salariati, nella sua lotta contro il sistema sociale capitalistico, ha contribuito a formare insieme a tutto il portato scientifico, economico e culturale della borghesia che il marxismo, e soltanto il marxismo, ha strappato dal piano falso dell’ideologia e dell’individualismo per rimettere i suoi risultati materiali e sociali nella prospettiva storica del movimento reale delle classi e della lotta fra di loro, il cui sbocco non potrà che essere la scomparsa della classi, della società divisa in classi e, quindi, del capitalismo che rappresenta l’ultima società di classe nella storia dello sviluppo sociale umano.

I problemi rivoluzionari in America, così come sinteticamente tratteggiati da Bill Haywood, restano ancora tutti in piedi. Con la sconfitta del movimento rivoluzionario internazionale negli anni Venti del secolo scorso, i proletari americani – ma non solo loro – sono indietreggiati molto da quel livello di combattività e di vigore classista che avevano comunque raggiunto con gli IWW e con il piccolo partito socialista di Eugene V. Debs che, in ogni caso, era permeato dall’illusione di poter cambiare la situazione generale della classe operaia non attraverso la presa violenta del potere, quindi non attraverso la rivoluzione e l’instaurazione della dittaura del proletariato esercitata dal partito di classe, ma attraverso il voto, attraverso l’applicazione di una “vera” democrazia. Ebbene, il movimento operaio americano attuale ha perso anche questo livello; in realtà condivide questo arretramento con tutti i proletari del mondo capitalista avanzato.

La storia dimostra – come detto nella Prefazione alla Storia di Big Bill – che in tutti i paesi capitalistici, soprattutto da metà Ottocento in avanti, si è sviluppato un imponente movimento operaio “spontaneo” (e questo conferma l’analisi di Marx sulla contradditorietà di interessi fra borghesi e proletari); in tutti questi paesi gli operai hanno combattuto lotte eroiche come nessun’altra classe o ceto; in tutti questi paesi la classe operaia - che solo nel primo dopoguerra (dal 1918 europeo al 1927 anglo-cinese), ebbe la possibilità, ma di breve durata, di incontrare il “suo” partito - è stata sconfitta, i suoi “sogni” spontanei e le sue “conquiste” (sindacati, assistenza, nazionalizzazioni) sono stati trasformati in strumenti di maggior forza del capitale. Ma il fatto che il capitale debba costruire tutto un apparato politico, giudiziario, poliziesco per guardare a vista il “grande sconfitto”, il proletariato, mostra che una polveriera continua ad esistere nel sottosuolo economico e sociale.

Il marxismo, leggendo con precisione scientifica il necessario sviluppo storico del capitalismo e delle sue contraddizioni, dimostra di essere l’unica teoria politica capace di non farsi sorprendere dalle specificità originali del capitalismo e dal suo ineguale sviluppo nei diversi paesi. Certamente, in Europa, il capitalismo ha impresso allo sviluppo del movimento operaio tutta una serie di abitudini ideologiche, politiche e organizzative che si sono radicate nel corso degli oltre due secoli in cui il capitalismo ha consolidato la sua struttura economica e sociale, e quindi politica. Il proletariato europeo ha potuto contare sull’opportunità storica data dall’incontro fra il suo movimento di lotta spontaneo e la “intellighentsia”, ossia quello strato di borghesi che, sull’onda del movimento rivoluzionario del proletariato, ha rinnegato gli interessi della classe di provenienza per abbracciare gli interessi della classe realmente rivoluzionaria, cioè della classe proletaria.

Marx ed Engels, nel Manifesto, affermano infatti che “in tempi nei quali la lotta delle classi si avvicina al momento decisivo, il processo di disgregazione all’interno della classe dominante, di tutta la vecchia società, assume un carattere così violento, così aspro, che una piccola parte della classe dominante si distacca da essa e si unisce alla classe rivoluzionaria, alla classe che tiene in mano l’avvenire”, e ciò avviene non per una “scelta cosciente e individuale” di elementi della classe dominante, ma per fatti materiali, perché “il progresso dell’industria precipita nel proletariato intere sezioni della classe dominante, o per lo meno ne minaccia le condizioni di esistenza”. In determinati periodi di grandissima tensione sociale e di lotta tra le classi, dunque, non solo avviene quella polarizzazione sociale per cui le classi tendono ad identificarsi con i loro interessi più generali, fra loro contrastanti, ma, in conseguenza di questi fenomeni sociali di grande portata, “come prima una parte della nobiltà era passata alla borghesia, così ora una parte della borghesia passa al proletariato; e specialmente una parte degli ideologi borghesi, che sono riusciti a giungere alla intelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme”.

Questo processo estremamente contraddittorio e dialettico è avvenuto in Europa, ma non in America; in Europa, nonostante la tremenda sconfitta subita dal proletariato e dai partiti comunisti rivoluzionari a causa della controrivoluzione staliniana, il partito storico – cioè la teoria marxista – ha comunque trovato la sua componente fisica e formale in un nucleo militante organizzato, radicato storicamente nella lotta rivoluzionaria da più di cent’anni, nella corrente della Sinistra comunista d’Italia. In America, invece, quella “immaturità” oggettiva, insieme alla brutale e violentissima reazione borghese alla tenace lotta proletaria, hanno contribuito ad impedire al proletariato americano negli anni Venti del secolo scorso di scrollarsi di dosso i vincoli e le lusinghe del giovane capitalismo rampante e, quindi, di aprirsi ad una preparazione rivoluzionaria che non poteva che giungere non solo dall’esterno del corpo proletario socialmente inteso, per dirla con Lenin del Che fare?, ma dall’esterno dello stesso grande paese. Quell’appuntamento la storia l’ha rimandato, ma non l’ha cancellato. Le contraddizioni che attanagliano lo sviluppo del capitalismo e i contrasti che si fanno sempre più acuti fra le potenze imperialistiche non sono altro che gli elementi costitutivi di crisi mondiali ancor più profonde e tremende di quelle che hanno visto il mondo scosso già da due guerre mondiali. E i proletariati d’America e d’Europa saranno inevitabilmente al centro delle crisi; come vittime sacrificali per mantenere in vita un sistema irrazionale, violento e cannibalesco che perpetuerà il sempre più brutale sfruttamento dell’uomo sull’uomo, o come protagonisti della lotta di classe rivoluzionaria che vedrà unito il proletariato mondiale in una lotta senza tregua al fine di spezzare una volta per tutte il potere della classe borghese sotto ogni cielo e liberare finalmente dal giogo capitalistico non solo le classi proletarie e diseredate del mondo ma l’umanità intera dalla società delle merci, del denaro, del mercato, del capitale.

 

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Ed ecco lo scritto di Big Bill

 

Non ci proponiamo che di dare uno schizzo della situazione negli Stati Uniti. Un immenso paese con una superficie di milioni di chilometri quadrati, attraversato da altissime montagne. Pianure e praterie senza confini. Vaste foreste d’alberi giganteschi. Meravigliose cadute d’acqua. Grandi fiumi. Un paese che possiede grandi giacimenti di ferro, pozzi di petrolio, miniere di rame e di stagno, metalli preziosi, oro. Un paese le cui ricchezze fanno pensare a quelle di Gohonda.

Ed in questo gran paese, più di cento milioni di uomini: non una razza, ma un amalgama di avventurieri appartenenti a tutte le razze del mondo e formanti una massa di una omogeneità insuperabile.

Quasi tutto questo popolo, qualunque sia stata in altri tempi la sua religione, adora il vitello d’oro e non s’inginocchia che dinanzi al dollaro onnipotente. Questo culto immorale ha sviluppato, in proporzioni mostruose, l’aggiotaggio e la speculazione sugli alimenti e sugli articoli più necessari alla vita ed al benessere della popolazione. Una piovra mostruosa – con la testa a New York (Wall Street) – stringe l’intero paese. I suoi potenti tentacoli avvinghiano tutte le industrie non solo negli Stati Uniti ma anche oltre i mari. La loro onnipotenza si fa sentire in tutte le città dove esistono Camere di Commercio od Associazioni inustriali e di commercianti composte di sfruttatori, di speculatori e di ladri della famiglia di quelli che stanno a Wall Street, mostri umani che dispongono oggi d’una potenza ben più reale che non sia quella di tutti i re viventi. In seguito ai loro sforzi, un vecchio calvo e decrepito, John D. Rockefeller, ha potuto divenir padrone assoluto d’un miliardo di dollari, tolti alla ricchezza nazionale esercitando il controllo della Standard Oil Company e di altri “trusts” secondari quale l’Amalgamated Copper Company.

Pierpont Morgan ci fornisce un altro tipo delle creature di Wall Street. E’ il capo attuale della grande Banca ereditata da un padre che – degno di tanto figlio – cominciò la sua carriera rubando al Governo fortissime somme durante la guerra di secessione durante la quale fornì vecchi fucili all’esercito. Aggiungendo a questi nomi quelli di Kuhn, Loeb e compari e di qualche altro personaggio di quest’ambiente, potremo farci un’idea del cuore e del cervello dell’orco malfattore il cui antro si trova a Wall Street. La parte del suo apparato digerente incaricata dei più luridi servigi si trova a Washington (distretto di Columbia) dove funziona il meccanismo politico della classe capitalistica, ora sotto l’egida del partito repubblicano, ora sotto l’egida del partito democratico – attualmente screditato dinanzi al Parlamento – che durante la guerra inviò il presidente Wilson e la sua signora - magnificamente scortati da sedici navi da guerra - a conquistare Parigi.

Questi due partiti compongono in gran parte le Camere ed il Senato e contano nelle loro file numerosi direttori di grandi industrie, preoccupati sempre di eseguire gli ordini dei loro padroni.

I 48 Stati dell’Unione possiedono altri simili meccanismi politici di minore importanza, striati con gli stessi colori ed aventi i medesimi compiti. Quest’organizzazione politica ha legalmente concesso ai capitalisti le immense ricchezze naturali del paese. La Union Pacific Railroad Company ha, per esempio, ricevuto larghe strisce di terreno, stendendosi in tutti i sensi, per un raggio di 20 miglia attorno a tutte le sue strade ferrate. Qualche lotto di terra situato in prossimità delle linee appartiene allo Stato, La Compagnia riceve in questo caso un lauto indennizzo in denaro. In complesso essa possiede alcuni milioni di acri di terreno.

Alcuni capitalisti si sono impossessati senza tanti scrupoli di alcuni giacimenti di carbone. Mi torna in mente come David H. Moffat della National Bank di Denver, riuscì ad impadronirsi di quasi tutte le miniere del Colorado. Il furto fu semplicissimo. Alcuni cercatori, dopo molte fatiche, riuscirono a trovare i giacimenti. David H. Moffat lo seppe, acquistò subito i terreni e i cercatori dovettero rinunciare ad ogni profitto. Egli è morto, ma il suo furto continua a procurare incalcolabili utili ai suoi eredi.

Henry Miller della Ditta Miller and Lux, padrone di 4.200.000 acri di terra, ci fornisce un esempio meraviglioso dei metodi adottati per spogliare la popolazione. Henry Miller mi ha raccontato una volta che egli aveva incominciata la sua carriera facendo il merciaio ambulante e che tutta la sua ricchezza stava allora nella cassetta che egli portava con sé. Ho fatto tre fortune, diceva; una per il mio socio Lux, una per questi dannati avvocati ladri, e una per me. Se avessi cominciato più presto avrei potuto divenire padrone dell’intera California. Un altro esempio ci è ancora fornito dalla vedova King (Texas), proprietaria di un dominio tanto vasto che 50 miglia separano la porta della sua abitazione da quella del suo parco.

Questi esempi bastano per dare un’idea dello spirito di lucro dell’intera classe capitalistica americana; spirito di lucro che riesce anche a prendere piede nell’animo degli operai. Si è insegnato a questi che qualsiasi ragazzo può diventare Presidente della Repubblica e che chiunque è in grado di arricchirsi. Lincoln, spaccalegna, e Rockefeller che è oggi il Creso dell’America, sono costantemente offerti in esempio alla gioventù americana.

I capitalisti piccoli e grandi pensano che tutto ciò che essi possono prendere durante la loro vita appartiene loro legittimamente e deve passare, dopo la loro morte, ai loro eredi. Per difendere le loro proprietà private hanno formato vere truppe di strangolatori e di fucilatori assistiti dal Ministero della Giustizia, le cui spie penetrano nelle Organizzazioni operaie ed i cui agenti servono la classe ricca in tutte le occasioni. Generalmente i capitalisti americani sono coraggiosi ed hanno spirito avventuroso. Per sfruttare le ricchezze della nazione essi hanno creato un prodigioso sistema industriale nel quale il lavoro non è che una cosa secondaria che deve prolungarsi quanto più sia possibile per un minimo di salario. Le condizioni di esistenza dei lavoratori sono per conseguenza ridotte alla più desolata indigenza e si trovano talvolta negli Stati Uniti angoli dove la miseria impera, paragonabili soltanto ai bassifondi dei diseredati di Dublino, di Glasgow e di Whitechapel. Per contro, l’opulenza del capitalista eguaglia quella dell’imperialista. Il capitalista vive in palazzi attorniati da grandi estensioni di terra; ha ville a Bar Harbour nel Maine, a Newport nel Rhode-Island, nelle stazioni di villeggiatura della Florida o sulle spiagge dell’Atlantico. Vive nel lusso e nell’indolenza, godendo le ricchezze create dalla classe operaia.

Durante la guerra la classe operaia ha conosciuto una breve prosperità, ha potuto guadagnare un po’ di più dello stretto necessario. Ma una vasta cospirazione si ordisce ora per ricondurre le sue condizioni d’esistenza al livello dell’anteguerra. Questa vera cospirazione fu per la prima volta menzionata, quantunque con altre parole, da un certo M. Allen, rappresentante dell’Associazione dei manufatturieri e dei commercianti (Merchant’s and Manufacturers Association). La stampa non cessava di chiedere che la produzione fosse aumentata. M. Allen dichiarò che bisognava procedere ad una sistemazione del lavoro, ad una riduzione dei salari, che bisognava riaprire le fabbriche per i non organizzati e che la produzione non doveva diminuire. La grande industria agiva già in questo senso. L’American Woolen Company (industria del cotone) chiudeva i suoi stabilimenti. I grandi industriali licenziavano migliaia di operai e operaie; le Compagnie ferroviarie diminuivano il loro personale, le fabbriche di caoutchouc d’Acron (Ohio) venivano chiuse. Cleveland, Toledo, Detroit, centri dell’industria automobilistica, licenziavano migliaia di lavoratori. Le grandi officine della Ford si chiusero completamente.

Il movimento si estese in tutta la nazione e giunse fino alle industrie di oggetti usati della ditta Weyerhouser e di altre Società del Nord-ovest. Ne risultò una crisi di disoccupazione d’una vastità tale da sorpassare di molto le crisi generate dal grande panico industriale e finanziario altre volte periodico. La situazione attuale è deplorevole. Sei o sette milioni di disoccupati devono essere aiutati dagli istituti di beneficienza. Ciò in un paese infinitamente ricco le cui risorse in regime comunista assicurerebbero un largo benessere a tutta la popolazione operaia.

Questi fatti basterebbero a far comprendere ai lettori l’asprezza della lotta delle classi negli Stati Uniti, dove il capitalismo è più giovane, più brutale, più audace di quello di ogni altro luogo, anche di quello della stessa Gran Bretagna. Il rovesciamento di una classe capitalistica forte come quella degli Stati Uniti esigerà dall’intera classe operaia sforzi erculei.

I lavoratori americani, sembrerà stranissimo, non hanno, nonostante quanto abbiamo detto, che pochissimo spirito rivoluzionario, eccezion fatta per quelli che hanno formato l’associazione degli I.W.W. ed i partiti comunisti. La Federazione Americana del Lavoro (A.F.L.) che passa per l’organizzatrice del movimento operaio americano, ma che in realtà difende il capitalismo, è forte di 122 unioni, raggruppanti le diverse nazionalità. Le unioni non sono legate efficacemente le une alle altre. Gli iscritti pagano una quota minima che serve a mantenere un Ufficio Esecutivo che risiede a Washington. Questo Ufficio è formato da un presidente, nove vice-presidenti, un segretario, un cassiere. In quarant’anni di esistenza l’AFL non ha mai fatto nulla per la classe operaia.

Il troglodita Gompers, personaggio di infima statura morale e di mentalità inferiore, ne è – in compenso dei 12.000 dollari annui (pari a 285.000 lire al cambio attuale) – il presidente. La sua funzione principale consiste nel firmare articoli virulenti destinati, soprattutto in questi momenti, a combattere la Repubblica Operaia di Russia ed ogni movimento che manifesti, anche in minima parte, spirito rivoluzionario. I detti articoli sono in massima parte scritti dai rinnegati del socialismo. Si può dire senza esagerazione che l’Ufficio Esecutivo dell’AFL non è che una riunione permanente di persone lautamente retribuite per frequentare gli “hotels” ed i congressi e per rivolgere di tanto in tanto una preghiera ai legislatori dei vari paesi per adottare qualche misura in favore dei lavoratori organizzati. Perché Gompers ed i suoi satelliti fingono ancora di credere che la classe dirigente possa legiferare nell’interesse dei suoi schiavi. Alla vigilia delle elezioni, Gompers invita invariabilmente gli operai a “combattere i nostri nemici” e ad “aiutare i notri amici”. Il grado di efficacia della campagna si è rivelato nelle ultime elezioni in cui il partito democratico diretto dal governatore Cox (Ohio) e sostenuto da Woodrow Wilson, amico e compatriota di Sammy il Rospo, toccò la sconfitta più disastrosa dopo i giorni di Tilden.

Le unioni internazionali (internazionali perché ad esse appartengono operai di diverse nazionalità) di cui è composta la AFL sono autonome ed agiscono indipendentemente le une dalle altre. Lo sciopero dell’acciaio, nel quale 24 organizzazioni internazionali dell’industria metallurgica agirono di concerto è forse stata l’unica eccezione a questa regola. Bisogna notare che nonostante questa unità apparente, nonostante l’esistenza di un corpo di 200 organizzazioni e di un fondo di 500.000 dollari, questo sciopero terminò con una lamentevole sconfitta.

Le possibilità di propaganda rivoluzionaria offerte dai grandi comizi furono anch’esse perdute. Infatti, si era persino fatto appello al patriottismo e le tessere dei membri delle unioni in lotta erano stampate coi colori nazionali: rosso, bianco e bleu.

Il congresso (convenzione) dell’AFL si tiene annualmente nel mese di giugno, ora in una, ora nell’altra città. L’ultimo si è riunito a Monreale (Canada). Ai congressi partecipano i funzionari delle Unioni. Di anno in anno si rivedono sempre le stesse facce. Si prendono sempre deliberazioni prive di significato, si rieleggono i funzionari e la maggior parte del tempo viene consacrata a discutere con animazione su questioni di giurisdizione. La maggior parte dei litigi sorgono nelle discussioni sulla struttura industriale e sulla classificazione dei mestieri che viene fatta con cura incredibile.

Numericamente, i Minatori Unificati (United Mines Workers) formano la più forte organizzazione dell’AFL. Essa conta infatti circa mezzo milione di lavoratori delle miniere di carbone. Ma questa Unione non ha che l’apparenza di un’organizzazione industriale. Il veleno del corporativismo, iniettato nelle sue vene, l’ha divisa in 29 sezioni diverse, ognuna delle quali conclude contratti aspirando a condizioni diverse, ciò che distrugge ogni possibilità di solidarietà operaia.

Ricordiamo qui che i minatori delle miniere di carbon fossile sono costretti dai padroni a comprarsi gli attrezzi di cui si servono e persino il petrolio per le loro lampade di sicurezza e le cartucce di esplosivo.

Per dare un esempio dell’effetto deplorevole dei contratti collettivi, diamo un cenno dello sciopero dei minatori del carbone del Colorado (Distretto 15).

L’unione dei minatori riceveva fondi dal quartier generale e da qualche distretto vicino ma contemporaneamente membri della stessa organizzazione lavoravano nel vicino Stato di Wyoming, per rifornire il mercato che gli scioperanti rifiutavano di alimentare. Ciò accadeva perché i minatori del Wyoming erano legati dal loro contratto. La stessa opera nefasta è stata compiuta dai minatori del nord del Colorado contro i loro fratelli scioperanti nel sud dello stesso Stato.

Quasi mai i Minatori Unificati erano risuciti a far sospendere le forniture di carbone dove i loro compagni scioperavano, neppure quando la loro astensione avrebbe potuto essere decisiva. Infatti lo spirito di solidarietà è quasi sconosciuto nelle Unioni Corporative dell’AFL.

Ancora attualmente i minatori di carbone della Virginia occidentale sono in sciopero. Essi hanno avuto un buon numero di uccisi. Numerosissimi altri sono stati accoppati dai poliziotti e dagli strangolatori al soldo dei capitalisti mentre i membri della stessa Unione dei Minatori Unificati continuano a lavorare pacificamente nei vicini Stati di Pennsylvania e del Kentuky contribuendo così alla sconfitta dei loro fratelli. Essi devono comprendere – se sono capaci di fare qualche riflessione – che, dopo la disfatta dei minatori della Virginia, quando essi stessi saranno costretti a mettersi in sciopero, dovranno resistere da soli e che la disfatta in Virginia significa la perdita dell’Unione.

J. John Mitchell fu per qualche tempo il presidente dei minatori unificati. La stampa capitalista ha detto di lui che egli fu il più grande leader operaio che il mondo abbia conosciuto. Egli diviene membro e presidente del Comitato d’accordo commerciale (Trades Agreement Committee) della Civil Federation con lo stipendio annuo di 6.000 dollari. Egli dovette rinunciare a questo posto per non essere escluso dall’Unione dei minatori, ciò che gli avrebbe fatto perdere il suo prestigio nel movimento operaio. Egli ha lasciato, alla sua morte, una eredità di 300.000 dollari. E’ dunque evidente che l’influente personaggio dell’AFL aveva servito il capitalismo in situazioni ben più gravi di quelle che potevano presentarsi nella “Civil Federation”.

Un altro bel tipo di organizzatore dello stampo di Gompers è Robert Brindell. Questo signore ha fatto i suoi piccoli affari svariatissimi senza scrupoli e sconta in questo momento una pena di prigione. Brindell era alla testa degli edili e, nello stesso tempo, faceva parte di una ditta di costruzioni. Mangiava così in due greppie. Fu condannato per aver tentato di estorcere 20.000 dollari ad una persona che voleva costruire.

Le querele contro i funzionari sindacali sporte dalle imprese di costruzioni non sono rare. Si tratta sempre di ottenere dal proprietario dell’edificio in costruzione una mancia per portare a termine l’esecuzione del lavoro. L’abitudine è così generale che le ditte di costruzioni riservano nei conti preventivi somme distinate alle mance per i leaders operai dell’AFL. Questi ultimi ci sembrano ben personificati in Steve O’Donnel che, in qualità di presidente del Consiglio delle Costruzioni (Building Trade Council) di Chicago avrebbe, si dice, realizzata una fortuna tanto grande da potersi costruire, con le mance ricevute, una casa stimata più di 300.000 dollari nella Sheridan Road, una delle strade più belle della città.

P. M. Arthur, altro personaggio della stessa specie (morto), Gran Capo della Fratellanza meccanici delle locomotive (Brotherhood of Locomotive Engineers), operai di cui lui aveva voluto fare un’aristocrazia del lavoro, ha lasciato ai suoi eredi una proprietà che dà loro rendite vistose.

L’errore in simili casi non dev’essere attribuito tanto agli uomini che hanno violato i loro doveri verso la classe operaia, quanto alle Unioni operaie, formate e organizzate in modo da indurre i loro funzionari ad agire in tal modo. L’organizzazione delle Unioni di mestiere e d’industria dell’AFL è così insolita che è difficile esporla ai lavoratori di altri paesi per i quali i Sindacati regolano il progresso e la vita della classe operaia.

Negli Stati Uniti, le Unioni non hanno per scopo di organizzare la classe operaia, ma di proteggere un piccolo numero di operai privilegiati che monopolizzano certi lavori. Questo risultato si ottiene:

 

1) imponendo a tutti i nuovi iscritti un apprendimento di parecchi anni;

2) esigendo, in certe Unioni, per accettare un allievo, che suo padre abbia lavorato nello stesso mestiere in qualità di operaio (si accettano però i figli dei padroni);

3) esigendo diritti di ammissione esorbitanti (si fanno pagare tasse d’ammissione che raggiungono i 1.000 dollari per certe categorie di vetrai, i 3.000 per gli operatori cinematografici, e che non sono inferiori a 250; 75 dollari per gli elettricisti e per i carpentieri. Chi cambia residenza deve pagare una differenza se nella nuova residenza la tassa di ammissione è più elevata;

4) esigendo, qualche volta, dal nuovo aderente una prova della capacità tecnica;

5) limitando il numero degli allievi. La proporzione è generalmente di 7 ogni 10 operai. I regolamenti di alcune Unioni impediscono agli operai di far imparare il loro mestiere ai loro figli. Se, per esempio, 8 su 10 operai fossero padri di famiglia, quasi nessuno dei loro figli verrebbe accettato nell’Unione che rifiuterebbe loro il diritto di lavorare costringendoli al lavoro non qualificato di campagna o ad arruolarsi nella marina o nell’esercito capitalista, o a finire in carcere. Per fortuna, gli I.W.W. ricevono cordialmente questi diseredati delle Trade Unions corporative;

6) rifiutando, come l’Unione Internazionale parrucchieri, di ammettere le donne;

7) esigendo che tutti i membri siano cittadini americani;

8) escludendo i lavoratori di colore: negri, cinesi, giapponesi.

 

Questi regolamenti delle organizzazioni affiliate all’AFL attestano l’impossibilità di trasformare quest’ultima in organizzazione di classe. La sua caratteristica non è la coscienza di classe, ma un egoismo corporativistico.

Gompers stesso è il più spregevole servo della politica capitalistica di Washington. Le sue strette relazioni con l’Amministrazione democratica del tempo di guerra sono notissime. La sua amicizia con Wilson, che non ha più la considerazione di alcuno, mostra fino a quale basso livello egli sia caduto  quantunque la sua caduta sia costata ai lavoratori d’America la loro energia e il sacrificio di numerose vite umane.

L’AFL pretende che il numero dei suoi membri sia più che raddoppiato durante la guerra. Bisogna notare che quest’aumento numerico non è dovuto alla propaganda né allo sviluppo normale delle organizzazioni, ma alla pressione governativa degli Stati Uniti e del Canada che costrinsero i minatori, gli edili ed altre categorie di operai ad entrare nell’AFL. Questa è stata per Gompers la ricompensa dell’opera nefasta compiuta difendendo la guerra.

Lo stesso immondo Gompers è responsabile di aver collaborato per primo col Dipartimento della Giustizia nella persecuzione implacabile contro gli I.W.W. di cui gran numero degli iscritti furono uccisi e riempirono a centinaia e migliaia le prigioni degli Stati Uniti.

La crudeltà di Gompers, dei politicanti e dei capitalisti verso gli I.W.W. deriva dal fatto che essi si rendono conto che questa è l’organizzaizone che dev’essere temuta. Quantunque relativamente poco numerosa, l'organizzazione degli I.W.W. ha uno spirito rivoluzionario indomabile. Una fraternità, una solidarietà profonda, più profonda che in ogni altra organizzazione, vi si manifesta costantemente.

Gli I.W.W. sono scientificamente organizzati per industria. Ha sostenute lotte più serie di tutte le organizzazioni politiche e pretenziosamente operaie degli Stati Uniti messe insieme. Gli iscritti sono stati imprigionati a migliaia per la partecipazione alla lotta di classe. Dopo aver sostenuto numerosi grandi scioperi essi non hanno mai dovuto dichiararsi vinti. Essi anni annunciato l’industria libera negli angoli più reconditi del mondo.

Centinaia di essi, recatisi in Russia, hanno validamente partecipato alle lotte per la grande Rivoluzione. I lavoratori industriali del mondo non si sono curvati mai sotto il giogo del capitalismo, ma essi si inchinano davanti agli eroi d’una rivoluzione che ha aperto la via alla pace del lavoro e alla fortuna d’un gran popolo. Possa la rivoluzione crescere ed estendersi fino al giorno in cui tutti i lavoratori del mondo godranno della libera industria.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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