Dizionarietto

L’opportunismo, come il capitalismo, vuole ottenere il massimo di profitto con i minimi costi

(«il comunista»; N° 154; Luglio 2018)

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Dalle nostre Tesi supplementari sul compito storico, l’azione e la struttura del partito comunista mondiale, del 1966, un’ulteriore ed efficace descrizione del fenomeno opportunista:

 

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«5. Una fondamentale caratteristica del fenomeno che Lenin con termine ammesso da Marx ed Engels chiamò, trattandolo a ferro rovente, opportunismo, sta nel preferire una via più breve più comoda e meno ardua a quella più lunga più disagiata ed irta d’asprezze sulla quale sola si può attuare il pieno incontro tra l’affermazionae dei nostri principi e programmi, ossia dei nostri massimi scopi, e lo svolgersi dell’azione pratica immediata e diretta nella reale situazione del momento. Lenin aveva ragione quando diceva che la proposta tattica di rinunziare da quel momento (fine della prima guerra) all’azione elettorale e parlamentare, non doveva essere sostenuta con l’argomento che l’azione comunista e rivoluzionaria in parlamento fosse tremendamente difficile, perché erano certo ancor più difficili l’insurrezione armata ed il successivo lungo controllo della complessa trasformazione economica del mondo sociale strappato con la violenza al capitalismo. La nostra posizione fu che era troppo evidente che le preferenze per l’impiego del metodo democratico derivavano dalla tendenza a prescegliere i comodi riti dell’azione legalitaria alla tragica asprezza di quella illegale, e che una tale prassi non avrebbe mancato di ricondurre tutto il movimento nel fatale errore socialdemocratico da cui con eroici sforzi si era usciti. Sapevamo, come Lenin, che l’opportunismo non è condanna di natura morale od etica, ma vale il prevalere nelle file operaie (Marx ed Engels per l’Inghilterra dell’800 avanzato) di posizioni proprie dei ceti intermedi piccolo-borghesi, ed ispirate più o meno coscientemente alle idee-madri, ossia agli interessi sociali, della classe dominante. La potente e generosa posizione di Lenin sull’azione in parlamento per collaborare alla distruzione violenta del sistema borghese e della stessa impalcatura democratica, sostituendovi la dittatura di classe, doveva dar luogo sotto i nostri occhi all’assoggettamento dei deputati operai alle peggiori suggestioni delle debolezze piccolo-borghesi, che sfociano nel rinnegamento del comunismo e nel tradimento perfino venale al servizio del nemico.

«Questa verifica ottenuta nell’arco di un’immensa scala storica (anche se la generalizzazione così ampia può sembrare non essere precisamente contenuta nell’insegnamento di Lenin, allievo come noi della storia) ci conduce al monito che il partito eviti ogni decisione o scelta che possa essere dettata da desiderio di ottenere buoni risultati con minore lavoro o sacrifico. Un simile impulso può sembrare innocente, ma traduce l’animo infingardo dei piccolo-borghesi ed ubbidisce alla suggestione della norma basilare capitalistica di ottenere il massimo profitto con minimi costi.

«6. Un altro aspetto regolare e costante del fenomeno opportunista, come si generò nella II Internazionale e come oggi trionfa dopo la rovina ancora peggiore della III, è quello di appaiare il peggiore tralignamento dai principi del partito ad una ostentata ammirazione per i testi classici, per il dettato e l’opera dei grandi maestri e dei grandi capi.

«Costante caratteristica dell’ipocrisia del piccolo borghese è l’applauso servile alla potenza del condottiero vittorioso, alla grandezza dei testi di illustri autori, alla eloquenza dell’oratore facondo, dopo di che nell’applicazione si scende alle più spregevoli e alle più contraddittorie degenerazioni. Perciò a nulla vale un corpo di tesi se quelli che lo accolgono con entusiasmo di tipo letterario non riescono poi nella pratica azione ad afferrarne lo spirito e a rispettarlo, e vogliono mascherare la trasgressione con una più accentuata ma platonica adesione al testo teorico.

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  Da Trotsky, 1905:

 

«Hai perfettamente ragione – scriveva Lassalle a Marx nel 1854, in un momento in cui divampava furiosa la reazione internazionale – quando affermi che non è possibile vincere l’apatia contemporanea con mezzi teorici. Anzi generalizzo questo pensiero sino ad affermare che l’apatia non è mai stata vinta con mezzi esclusivamente teorici... Le masse sono trascinate nella corrente del movimento, non solo materialmente, ma anche spiritualmente, soltanto sotto la spinta della forza ribollente degli avvenimenti reali”.

«L’opportunismo questo non lo capisce. Può sembrare un paradosso dire che la caratteristica principale dell’opportunismo è l’incapacità di aspettare. Eppure è proprio così. Nei periodi in cui le forze sociali alleate ed ostili, con il loro antagonismo e la loro azione reciproca, creano in politica uno stato di quiete mortale, quando il lavoro molecolare dello sviluppo economico, pur approfondendo le contraddizioni non solo non rompe l’equilibrio politico, ma al contrario temporaneamente lo rafforza, e quasi lo eterna – l’opportunismo, divorato dall’impazienza, cerca intorno a sé “nuovi” metodi e “nuovi” mezzi per realizzare immediatamente quanto la storia non ha ancora deciso di realizzare. Sfinito dalle continue lagnanze sull’insufficienza e la precarietà delle proprie forze, va alla ricerca di “alleati”. Si getta con avidità sul letamaio del liberalismo. Lo scongiura. Lo invoca. Inventa per esso speciali formule di azione. Ma il liberalismo non sa rispondere che con i miasmi della sua putrefazione politica. Allora l’opportunismo comincia ad estrarre dal suo letamaio, una dopo l’altra, le perline della democrazia. Ha bisogno di alleati. Si aggira per la città e li prende per le falde agli incroci. Si rivolge ai “suoi” e li invita ad usare la massima premura nei loro rapporti con gli eventuali alleati. “Tatto, più tatto, quanto più tatto è possibile”. E’ in preda ad un morbo particolare, alla mania della cautela nei confronti del liberalismo, alla follia del tatto, e nella sua esaltazione, schiaffeggia e ferisce il suo stesso partito.

«L’opportunismo vuole valorizzare relazioni che non si sono ancora maturate. Vuole il “successo” immediato. Quando gli alleati all’opposizione non lo aiutano, si getta sul governo: suggerisce, chiede, minaccia... Alla fine, esso stesso trova posto nel governo (ministerialismo), ma solo per dimostrare che è impossibile scavalcare la storia non solo con i “mezzi teorici” ma anche con quelli amministrativi.

«L’opportunismo non sa aspettare. E proprio per questo i grandi avvenimenti gli sembrano inattesi: essi lo colgono di sorpresa, lo sconcertano e lo fanno ruotare come un fuscello nel loro vortice e lo strascinano avanti, facendolo sbattere con il capo ora contro una sponda ora contro l’altra... Tenta di resistere, – invano. Allora accetta la sua sorte, si finge soddisfatto, agita le braccia come se nuotasse, e grida più forte di tutti... Ma l’uragano si placa, l’opportunismo si arrampica sulla sponda, si scuote con aria disgustata, si lamenta del mal di capo e dei dolori alle ossa, e poi, barcollando pietosamente, non risparmia dure parole a quei “sognatori” che sono i rivoluzionari... » 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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