Iran, petrolio e sanzioni

(«il comunista»; N° 155; Settembre 2018)

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Le sanzioni commerciali imposte all’Iran, rafforzate dall’ulteriore giro di vite americano dopo che Trump ha rinnegato l’accordo con l’Iran sul nucleare firmato nel 2015, oltre che da Obama, da Regno Unito, Francia, Russia, Cina e Germania, hanno sicuramente danneggiato gli affari che, non solo l’Italia, ma molti paesi europei facevano con Teheran. L’Italia, dopo la firma di quell’accordo aveva triplicato l’intercambio con l’Iran: dagli 1,3 mld di dollari del 2011 era risalito a più di 3,0 mld di dollari nel 2017. Le importazioni dall’Iran riguardano soprattutto il petrolio ed ora, dopo che Trump ha minacciato tutti i partner commerciali degli Usa, dichiarando: chiunque farà affari con l’Iran, non farà affari con gli Stati Uniti!, gli affari con l’Iran sarà sempre più difficile continuarli a fare dato che il mercato americano è troppo importante per qualsiasi paese. Il mercato europeo - scrive il foglio (7.8.2018) - rappresenta circa il 20% delle esportazioni di petrolio iraniano; ora dai 760 mila barili di greggio al giorno (marzo 2018) si è passati ai 485 mila barili a giugno 2018, e questa quota tenderà a scendere inevitabilmente. Ma non è un caso che le esportazioni americane di greggio verso l’Europa siano invece in crescita; solo l’Italia ha importato dagli Usa, a giugno 2018, 165 mila barili di greggio al giorno, il 94% in più rispetto allo scorso aprile. Chi se ne fa un baffo dei diktat americani, almeno per ora, è la Cina che, mediamente, secondo il Venerdì di Repubblica del 31.8.18, ha importato dall’Iran petrolio per 1,5 mld di dollari al mese, tra giugno e luglio (+20% rispetto ai mesi precedenti). Dopo la Cina è l’India il più grande importatore di petrolio iraniano, ma la sua forza di resistenza nei confronti degli Usa è inferiore a quella cinese; è per questo che le sue importazioni di petrolio statunitense sono raddoppiate negli ultimi mesi raggiungendo i 228 mila barili di greggio al giorno (dai 98 mila registrati nel settembre 2017). Naturalmente l’Iran non sta con le mani in mano e tenta di dribblare le sanzioni in ogni modo, anche trasportando il petrolio su navi che battono bandiera iraniana. Ma ciò che temono di più i paesi occidentali non è soltanto il rialzo esagerato del prezzo a barile (che potrebbe tornare e superare velocemente 120 dollari a barile), ma le azioni di blocco dello Stretto di Hormuz da dove passa il 30% del greggio commercializzato via mare, ossia circa 17,5 mln di barili al giorno. Il blocco dello Stretto di Hormuz comporterebbe il blocco delle esportazioni per circa 13,4 mln di barili al giorno poiché gli oleodotti di cui dispongono i tre maggiori produttori di greggio del Golfo (Arabia Saudita, Iran e Iraq) consentirebbero di esportarne fino a 4,1 mln di barli al giorno. E questo blocco dello stretto potrebbe avvenire anche soltanto a causa di un conflitto regionale. Fattore ulteriore di crisi mondiale. 

 

 

Partito comunista internazionale

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