Esplode la rabbia nel carcere di Poggioreale di Napoli

(«il comunista»; N° 158; Marzo 2019)

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Nel numero scorso del giornale (Il Comunista n.157) abbiamo pubblicato un volantino affisso fuori del “Mostro di cemento” – come è stata battezzata la casa circondariale di Napoli dai detenuti e dai loro familiari – nato da  una protesta organizzata dai reclusi, insieme ad amici e parenti, e in cui venivano denunciate le pessime condizioni in cui versano i detenuti a causa dicelle superaffollate e di condizioni igienico-sanitarie a dir poco allucinanti.

E’ una situazione che dura da molto tempo e, purtroppo, per i proletari del carcere di Poggioreale, come  per quelli detenuti in tutti i presidi di reclusione d’Italia, nulla cambierà fino a quando le proteste non si trasformeranno in lotte a carattere classista sia all’esterno che all’interno delle carceri.

 Non sono rari gli episodi di intolleranza rispetto alle condizioni di invivibilità nelle carceri e che spesso portano al suicidio. Di recente vi è stata un’altra morte in cella, ma questa volta non si tratta di suicidio. Un detenuto, Claudio Volpe, e stato trovato morto nel suo letto dopo tre giorni di febbre alta, stroncato da un infarto. Almeno  questa è la versione della direzione del carcere.

La moglie, intervistata da alcuni giornali locali, riferisce di aver visto il marito il giovedì precedente, 7 febbraio, giorno in cui si ricevono le visite, e stava bene. Aveva giocato con la figlia e si erano salutati normalmente. Il giorno dopo, un mal di gola lo aveva costretto a letto.  Gli veniva somministrata una semplice Tachipirina.  Ma il sabato, comunque, la febbre saliva ancora.  La domenica veniva visitato e riaccompagnato tranquillamente in cella. Ma in serata, durante la cena, sveniva. Quindi, riportato ancora  al punto di primo soccorso, sarebbe stato eseguito ancora un semplice controllo e sarebbe poi stato rimandato a letto. Ma evidentemente il controllo è stato solo di routine; infatti la situazione stava peggiorando e Claudio, di lì a poco, sarebbe morto, stroncato, pare, da un infarto. Per di più la moglie non era stata avvisata del decesso.

Il direttore del cosiddetto Dipartimento di tutela della salute dei penitenziari con a seguito l’ASL di Napoli, confermava sul quotidiano “il Mattino” che il detenuto era stato sottoposto a tutte le procedure del caso e che solo l’autopsia poteva stabilire “eventuali responsabilità”.

A ciò si aggiungono le dichiarazioni d’ufficio, sempre su “Il Mattino”, del garante dei detenuti che dichiara che “occorre raddoppiare le guardie mediche, istituire un presidio d’emergenza, senza dover aspettare ogni volta l’arrivo delle ambulanze del 118". C’è bisogno di installare, prosegue, un defribillatore in ogni reparto che ne sono sprovvisti, mentre quelli in dotazione sono obsoleti. Mancano totalmente “psicologi ed educatori”, (sì, infatti, è proprio questo che ci vuole per far funzionare il carcere!), mancanza compensata  soltanto in parte da volontari.

Alla notizia della morte di Claudio, il dolore dei familiari della vittima si fa straziante e scioccante. Durante la notte di martedì scoppia l’inferno.

Una trentina di donne presidia la strada all’esterno del carcere al grido di “assassini” e blocca alcuni agenti della polizia penitenziaria in un parcheggio, lanciando sassi e bottiglie e procurando qualche danno alle loro auto. In contemporanea  i detenuti dei  reparti “Livorno” e “Salerno” mettono in atto una protesta rumorosa battendo oggetti contro le sbarre. Le urla dei proletari incarcerati si uniscono a quelle esterne dei familiari e amici della vittima.

La mattina successiva veniva organizzato un sit-in di protesta di fronte al carcere ancora al grido di “assassini, assassini”. Veniva srotolato uno striscione con la scritta: “VERITA’ PER CLAUDIO - MORTO NEL MOSTRO DI CEMENTO”.

Molti sospettano che Claudio possa essere stato percosso fino alla morte. Ma questo sarà l’autopsia a stabilirlo, sperando che venga effettuata, e senza depistaggi come avvenuto nel caso di Stefano Cucchi.

Quali che siano le cause di morte sarà sempre un omicidio che come mandante ha lo Stato. Il carcere ha una funzione repressiva e di annientamento... altro che psicologi ed educatori!!

I settori più marginali del proletariato, quelli confinati nei ghetti periferici, dove si sopravvive con qualsiasi attività, lecita o illecita che sia, sono quelli più colpiti dalla repressione, soprattutto in questa fase di putrefazione sociale.

Ma questi episodi di ribellione rappresentano i primi sintomi di un risveglio. Il risveglio da un lungo torpore di una classe, destinata, indipendentemente dalla sua volontà, a ribellarsi ad  un malessere sociale che le contraddizioni capitalistiche acutizzano sempre più. Piccoli scossoni che preludono a terremoti di più ampia proporzione. 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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