Origini mai perdute: Livorno 1921

(«il comunista»; N° 158; Marzo 2019)

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Nell’organo ancora di partito del 1951, “battaglia comunista” (n. 6, 14-28 marzo) è stato pubblicato l’articolo che riprendiamo di seguito (La Degringolade) col quale si volle sintetizzare le diverse fasi che attraversò il Partito Comunista nato a Livorno su basi teoriche, programmatiche, politiche, tattiche e organizzative irreprensibilmente marxiste. Si volle, inoltre, mettere in evidenza come il lento ma tenace scivolamento su posizioni di destra, sia dell’Internazionale Comunista che del partito italiano, pur essendo stato combattuto con una leale e, nello stesso tempo, fiera lotta in difesa delle posizioni rivoluzionarie (anti frontiste, anti nazionali, anti borghesi e quindi anticapitaliste) su cui si era costituita la stessa Terza Internazionale contro il tradimento mondiale della Seconda, erose in dieci anni il glorioso patrimonio di teoria e di lotta rivoluzionaria che lo stesso Lenin difese con intransigenza nel corso di tutta la sua vita.

Le nostre origini affondano le proprie radici nella Sinistra comunista d'Italia, l’unica corrente marxista esistente a livello mondiale, grazie alla quale – pur nel gigantesco pantano democratico e reazionario in cui sono state fatte precipitare le esperienze del proletariato e le lezioni che i partiti comunisti marxisti trassero da esse e dalla storia del movimento reale –  si può continuare a lottare sulla stessa rotta, contro ogni deviazione, ogni “degringolade”, anche se all'inzio solo accennata. L’invarianza del marxismo che noi difendiamo esige una sempre più netta intransigenza.

 

LA DEGRINGOLADE

 

Il vocabolario francese sovviene nel cercare un termine più proprio e meno ostrogoto di deviazionismo. Non si può dire degringolata; è uno sgranarsi, un cascar giù uno per uno; squagliarsi in ordine sparso: ciò che da decenni e decenni accade tra le file dei comunisti italiani, e non solo italiani.

I grani del rosario cominciarono a snocciolarsi dal 1922, a contarla giusta; ciò che non è propio di moda e non fa più gioco a nessuno, salvo pochi cocciuti. Comunque i fatti andarono come siamo a narrare.

1921. Si costituisce il 21 gennaio a Livorno il Partito Comunista d’Italia come dai documenti contenuti nel n. 2 di “Prometeo” (1). Detta nessuna bugia?

III congresso di Mosca (2). Il giovane partito italiano, con la sua delegazione, sostiene risolutamente le sue vedute tattiche sulle questioni internazionali e italiane del movimento. Esse non collimano con quelle della maggioranza e dei dirigenti del Comintern. Lenin stesso si incarica di battere da pari suo sui delegati italiani, tutti di sinistra: Gennari, Terracini, Grieco ne sentono delle belle, ma non solo tengono duro, per quanto esagerino anche in qualche enunciazione superrigida: non degringolano ancora.

1922. Si vuole dal partito italiano, che al congresso di Roma ha stabilito in organiche tesi il suo indirizzo (sola opposizione a destra Tasca e Graziadei, nell’organizzazione inapprezzabile), che non solo cambi idea sulla tattica generale e accetti il fronte unico e il governo operaio, ma che faccia la fusione con l’ala sinistra staccatasi dal partito socialista. Il piccolo gruppo dei “terzini” con Serrati, Maffi, Lazzari, Riboldi. La maggioranza del partito non vuole. Al congresso di Mosca nel novembre (subito dopo la vittoria fascista) viene fatto un primo serio lavoro per “sgranare” la sinistra, con i primi risultati. Ma come qualcuno ha ricordato (zoppo nelle meningi) Lenin era malato. Chi fece il pezzo di lavoro? Trotsky! Alla data 1922 era ortodosso e non all’opposizione in Russia o nel Comintern. Lui, Zinoviev e Bucharin catechizzano i delegati italiani uno per uno, varii ne guadagnano, mentre la maggioranza vota contro la fusione, pure accettando per disciplina.

Importano i nomi dei mollatori d’ormeggio? Antesignano della marcia al rinculo fu indubbiamente Togliatti: la storia ne fa il fondatore del partito, mentre fondò solo il deviazionismo. Cede Gennari, cede Terracini, cede Scocci (3): l’eloquenza di Leone Trotsky, nella commissione italiana e nei colloqui, è calda e trascinante; egli prende di petto i sinistri. Dovete, egli grida, dopo aver dato il vostro contributo critico, votare nel “plenum” per la fusione cui siete contrari, altrimenti ne danneggerete lo sviluppo e romperete la disciplina comunista che vuole voto unanime. Togliatti e gli altri, da allora, fanno di questa formula, sangue del loro sangue e plaudono vigorosamente. I delegati, tra cui in prevalenza quelli operai, stanno con l’Esecutivo italiano: staremo nel comitato di fusione, la eseguiremo in Italia, ma votiamo contro nel congresso mondiale. Trotsky e Zinoviev, invano furenti, non capivano allora che avevano il piede su una falsa strada, o meglio lo aveva tutto il movimento.

Lasciamo da parte Gramsci. Descriveva una sua orbita che venne ad intersecare quella dello sciame dei pianetini, degringolanti, da sistemare nei “quadri”. Ciò avvenne, nolente la maggioranza del partito, quando la centrale di sinistrra era in carcere nel 1923: partito maggioranza e sinistra accettarono lealmente la nuova direzione “centrista”, i cui dettami furono seguiti nei ranghi. Fusione coi terzini, elezioni con essi, Aventino al tempo del fatto Matteotti, rientro nel parlamento sotto la pressione del nerbo genuino del partito che non voleva blocchi antifascisti, solo come era stato a fronteggiare il fascismo avanzante nel 1921 e 1922 inquadrato dalle forze statali borghesi e democratiche...

Nuova consultazione nel 1924: maggioranza nelle file contro la Centrale e contro la tattica del Comintern che volge ancora più a destra. Delegazione mista a Mosca al IV congresso; ulteriore lavoro degringolante, ma stavolta non vi è Trotsky: ha capito il rovinoso andazzo, ha tentato di resistere nel partito russo, e tace in disparte. Le delegazioni e le commissioni sono catechizzate dagli ancora ortodossi Zinoviev, Kamenev, Bucharin, Radek. Altre conquiste tra l’elemento dirigente italiano: ogni capitolazione ha una data sua, i sinistri diventano sempre meno numerosi, i nomi degli sgranati allora? Che importano... Occorrerebbe l’archivio buono che è nelle mani di quelli dalla memoria claudicante: Gnudi, Berti, Tranquilli (oggi Silone), qualche altro satellitino. Un proselitismo molecolare, ma progressivo: e come no?

1926. Congresso di partito a Lione. La sinistra nella discussione pre-congressuale, col suo comitato d’intesa palese ed autorizzato, raccoglie la maggioranza sulle sue tesi, che sono sempre contro la tattica del fronte unico e del governo operaio, contro la organizzazione di base per cellule di categoria sociale, in difesa di Trotsky, che solo in parte e tardi condivide l’opposizione di sinistra e viene luridamente insultato. A Lione una lieve maggioranza formale – finalmente, dopo cinque anni e mezzo di vita del partito –  si raccoglie per la centrale centrista, grazie a questa norma:  tutti gli iscritti che non hanno votato in Italia si calcolano presuntivamente del parere della Centrale... Yes, Sir!

Si è ancora a Mosca nel luglio 1926 e si ripete il dibattito. Zinoviev che era stato il primo a dare ai comunisti italiani la squallida consegna “vive la liberté!”, con Kamenev è a sua volta all’opposizione, e fuori circolazione. E’ allora Bucharin, che sotto la guida di Stalin, prende il timone del lavorìo di sgretolamento, e si hanno varie altre conversioni di sinistri incalliti: Grieco, Dozza, forse d’Onofrio. Non è una tabella dei pesi atomici che tentiamo.

Più oltre anche Bucharin tentò di reagire allo slittamento a destra: perfino il superelastico Radek. E’ noto dove andava il movimento: fronti popolari, fronti di guerra con fascisti e democratici, convivenza emulatoria con le potenze del Capitale...

Da piccola a grandi “accostate”: in ciò il fenomeno, il processo deviazionista. Quando si corregge la rotta si fanno in termine nautico una serie di “accostate”. Si comincia a deviare di pochi gradi a destra: la prua su Serrati... sembra una piccola rettifica. Poi si accosta sempre più, sempre dallo stesso lato: la prua su Matteotti, su Amendola, su Umberto di Savoia...

Sono intermezzate alcune finte accostate a babordo: “tattica del socialfascismo” e simili, ma si finisce sempre peggio: prima con Hitler, poi col capolavoro dell’alleanzismo: Truman, Churchill, de Gaulle, Badoglio...

Accosta accosta, la rotta è stata invertita di 180 gradi, Devia, devia, il traguardo rivoluzionario è stato sostituito colla linea di partenza della conservazione borghese.

Qual meraviglia che, dopo aver snaturato il movimento proletario di sinistra fino ad accogliervi, con tutti i crismi,  seguaci degli indirizzi nazionali liberali patriottici religiosi, siano elevati a regola lo sbandamento, la inconsistenza, la degringolade ad ogni stormir di vento?

Passate i deviazionisti di tutti i tempi nello stesso paniere dove sono cadute cent’anni fa le prime ciliegie! Chiamate quelli che non hanno deviato mai, e di nulla, asini scemi rigidi cocciuti ciechi – chiamateli anche finché volete venduti, che questo è l’aggettivo che dà meno noia quando viene da voi – ma i deviazionisti teneteveli dalla parte da cui avete cominciato a deviare voi, tra i prodotti, migliorati anno per anno, che getta sul mercato internazionale la Fabbrica dei rinnegati, anonima per azioni a capitale illimitato.

Deviazionismo da voi, quello dei “pidocchi”? No, coerenza col vostro metodo, proseguimento nella storica “degringolade” dal comunismo del 1921, dalla linea di Livorno. Uno stillicidio incessante, un ticchettio di granelli che fuggono dal sacco, un rotolare di noccioline, uno svuotarsi per “quanta” impercettibili di energia...

Una gonorrea della Rivoluzione.

 


 

(1)   Si tratta del n. 2 della II serie della rivista del partito comunista internazionalista, “Prometeo”, febbraio 1951. Vedi www.pcint.org

(2)   Si tratta dei congressi dell’Internazionale Comunista che, fin dalla sua costituzione, si tennero sempre a Mosca.

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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