Sciopero degli insegnanti precari in Marocco: solidarietà di classe!

(«il comunista»; N° 159; Maggio 2019)

 Ritorne indice

 

 

Da più di cinque mesi, gli insegnanti “a contratto” marocchini lottano duramente. All’inizio di marzo hanno iniziato uno sciopero di una settimana, sciopero con adesioni massicce in tutto il paese.

Questi insegnanti “a contratto” rivendicano la loro integrazione nell’amministrazione pubblica e l’abolizione del sistema di assunzione con contratto di diritto privato in materia di istruzione. Questo sistema di reclutamento è stato istituito nel 2016 e riguarda, ad oggi, 55.000 dei 240.000 insegnanti. I lavoratori a contratto ricevono lo stesso stipendio dei titolari pubblici ma si trovano in una situazione precaria perché possono essere licenziati facilmente, e il loro contratto non conferisce gli stessi diritti di pensionamento.

Si sono uniti alla lotta che gli insegnanti tirocinanti (vincitori di un primo concorso, ma non ancora integrati ufficialmente) per i quali un recente decreto prevede di dimezzare l’importo della loro borsa di formazione e un altro decreto prevede l’obbligo di superare un secondo concorso alla fine del loro anno di stage. Quest’ultimo decreto consentirà al governo di assumere solo il 70% dei vincitori del concorso precedente.

La lotta dei lavoratori a contratto e dei tirocinanti è sostenuta anche dai titolari che si sono aggregati a loro con rivendicazioni unificanti sui salari (attualmente 400 euro mensili) e sulle condizioni di lavoro (visto che le classi possono raggiungere i 70 studenti!)

Gli insegnanti denunciano il profondo deterioramento delle condizioni di lavoro, di cui la privatizzazione è stata una leva. Le scuole pubbliche sono fatiscenti. In alcune scuole, i servizi igienici rotti non sono mai stati sostituiti e la mancanza di igiene costringe gli studenti, specialmente le ragazze durante il periodo mestruale, ad abbandonare la scuola o ad assentarsi. L’organico soffre notevolmente: secondo i dati ufficiali, mancherebbero 12.000 insegnanti. Ciò si traduce concretamente nella soppressione dell’insegnamento di determinate materie (sport, lingue moderne, informatica ecc.) o nel fatto che queste siano assicurate da insegnanti di altre discipline.

In dieci anni, più di 200 scuole pubbliche sono state chiuse in Marocco, principalmente nelle grandi città (Casablanca e Rabat) per lasciare posto alle scuole private (nelle grandi città, dal 70 all’80% degli studenti frequentano scuole del settore privato). Le tasse scolastiche non sono regolamentate, gli edifici sono scarsamente controllati.

Il problema per i comunisti non è la privatizzazione della scuola in sé: che i giovani proletari abbiano il cranio imbottito dallo Stato borghese o dai capitalisti privati   non cambia la natura di questa istituzione antiproletaria.

Il problema, dal punto di vista proletario, è il degrado delle condizioni di lavoro del personale (tra cui il rafforzamento della caporalizzazione), le condizioni di accoglienza degradate per gli studenti e il costo finanziario per i genitori, che colpisce principalmente i proletari, le masse povere e i loro figli (considerati dai borghesi come merci di cui bisogna assicurare i   flussi e lo stoccaggio).

 

IL GOVERNO HA RISPOSTO CON LA CAROTA (PROMESSE VAGHE) E COL BASTONE (LE MAZZATE)

 

La repressione statale è brutale. Durante la manifestazione del 23 marzo a Rabat, la polizia ha usato i manganelli e i cannoni ad acqua per disperdere i manifestanti che volevano piantare un accampamento di fronte al parlamento.

Il governo marocchino, ritenendo la violenza non sufficiente, ha deciso di avviare una procedura di licenziamento “per abbandono del posto” per costringere le migliaia di insegnanti in sciopero a riprendere il lavoro. Anche i tirocinanti in sciopero sono nel mirino: tutti gli assenti da almeno 5 giorni saranno sostituiti dai candidati i cui nomi compaiono nella lista d’attesa e, perciò, perderanno il loro impiego.

Allo stesso tempo, le promesse del governo sembrano solo dei tentativi per mantenere la condizione di precarietà: si annuncia la fine del reclutamento per contratto, ma con un’integrazione dei contrattisti nel servizio pubblico territoriale e, quindi, non con lo stesso statuto dei titolari.

Sembra che gli scioperanti abbiano fatto la scelta dell’auto-organizzazione con un coordinamento che riunisce delegati da tutto il paese. Il coordinamento ha deciso di continuare lo sciopero fino a quando le rivendicazioni saranno soddisfatte, ma non si conoscono bene i legami tra  questo organismo e le bonzerie sindacali CDT, UGTM, UMT, FDT e FNE.

La Federazione Nazionale Insegnanti (FNE) sembra essere il sindacato più radicale “con il quale la federazione SUD Education mantiene rapporti stretti” (comunicato della Federazione SUD Education, 27 marzo 2019, sudeducation.org). Questa organizzazione è collaborazionista come le altre: in un’intervista a Jeune Afrique ( “Marocco: gli insegnanti a contratto si oppongono alla privatizzazione dell’istruzione”, jeuneafrique.com, 13 marzo 2019), il suo segretario generale afferma di aver “dimostrato negli ultimi anni la sua onestà e la sua volontà di agire [della FNE] per tutti gli attori del settore”. Egli aggiunge, come pegno di buona volontà collaborazionista che “nel 2014, noi abbiamo gettato le nostre forze nella battaglia per esigere più insegnanti, non aumenti di salario”, vale a dire, che la FNE difende la scuola capitalista prima di difendere gli interessi dei lavoratori. La FNE, inoltre, denuncia “la mancanza sistematica di un vero dialogo sociale che porti a soluzioni eque alle rivendicazioni e ai problemi posti da anni” (dichiarazione dell’ufficio FNE, wftufise.org/8304-2). Si tratta di una versione più combattiva del fronte collaborazionista che essa forma con altri sindacati legati ai partiti socialdemocratici (come l’USFP) o nazionalisti (come l’Istiqlal).

La vittoria dello sciopero degli insegnanti a contratto può essere ottenuta con una vera e propria auto-organizzazione (che richiede una netta rottura con gli apparati collaborazionisti), l’ampliamento e il mantenimento dei metodi di classe (a partire dallo sciopero senza preavviso e senza limiti di tempo).

È' in questo modo che la lotta deve continuare, tendendo sempre a mantenere la più ampia unità nella lotta fra i titolari, i lavoratori a contratto e i tirocinanti, non come precondizione, ma come esigenza permanente che può solo prendere forma nell’azione, e che i lavoratori favoriscono avanzando parole d’ordine conformi alle loro esigenze comuni: stesso status per tutti, nessun contratto a tempo determinato, titolarizzazione immediata e incondizionata dei precari; a pari lavoro, pari retribuzione. In breve, occorre combattere contro tutte le discriminazioni con cui il capitale tenta di dividere i proletari.

Anche se questa rivolta dei contrattisti non trova ancora la via della lotta di classe del proletariato, essa, erodendo l’edificio della collaborazione tra le classi, costituisce un esempio per tutti i proletari marocchini. Ci vorranno ancora altre lotte per appropriarsi dell’esperienza della lotta di classe rivoluzionaria degli anni Venti. Ma, pur sapendo che questa possibilità non è ancora vicina, e che sarà necessario trarre numerose e difficili lezioni prima di raggiungerla, questo sciopero è un passo sulla via che porta alla futura ripresa della lotta rivoluzionaria del proletariato in Marocco e in tutto il mondo.

 

Viva la lotta degli insegnanti a contratto del Marocco!

Per la ripresa della lotta di classe proletaria!

Per la ricostituzione del partito di classe internazionalista e internazionale!

 

2 aprile 2019

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

Top

Ritorne indice