Argentina

La deviazione elettorale viene in aiuto di un capitalismo in fallimento economico

(«il comunista»; N° 162 ; Dicembre 2019)

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In Argentina, la crisi economica è peggiorata nel corso dell’ultimo periodo: il PIL (prodotto interno lordo), a un tasso annuo,  diminuisce del 6% nel primo trimestre (ultimi dati noti), cioè allo stesso ritmo del trimestre precedente, e tutto indica, a cominciare dal declino della produzione industriale che si è accentuato in giugno e luglio, che la situazione è peggiorata. Tutto ciò accade nonostante le misure adottate dal governo Macri (simbolicamente contrassegnato dall’uscita del Ministro dell’Economia); l’inflazione continua ad aumentare, nonostante i tassi di interesse a breve termine decisi dalla Banca Centrale siano del 75%, i più alti del mondo. Invece, la sconfitta del governo alle elezioni primarie ha causato un crollo in Borsa (-38% lunedì 12 agosto) e un calo della valuta nazionale, il peso (-19% rispetto al dollaro). Ciò riattiverà ulteriormente l’inflazione che ha già raggiunto il 54,5% annuo. Per fermare la fuga di capitali, la cui uscita era stata favorita dalla politica del governo liberale, il governo Macri ha ripristinato i controlli sui cambi che erano stati aboliti all’inizio della sua legislatura. L’anno scorso, l’FMI ha concesso un prestito al governo Macri per 57 miliardi di dollari (il più importante che il Fondo abbia mai concordato finora). Ma, nel mese di agosto, a corto di soldi, il governo è stato costretto a chiedere al FMI una ristrutturazione del debito che non poteva più ripagare: l’Argentina aveva dovuto praticamente sospendere i pagamenti.

Dall’inizio del suo mandato nel 2016, Macri ha attuato una politica di austerità, antisociale, oltre a moltiplicare le misure a favore di settori della classe dominante, come l’abolizione dei tassi di esportazione a favore dell'agro-alimentare (settore chiave dell’economia argentina che, per questo motivo, era entrato in conflitto con il governo peronista di Cristina de Kirchner) e del settore finanziario. La giustificazione per tali misure era che avrebbero dovuto riattivare la crescita, mentre il deterioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle grandi masse proletarie causato da quelle misure era presentato come un prezzo temporaneo da pagare. In realtà, si trattava semplicemente di soddisfare i capitalisti che non sostenevano più i tassi del governo peronista; però, invece della crescita, è arrivata la crisi.

Attualmente sulla stampa internazionale si possono leggere numerosi commenti che accusano il FMI di non aver imposto misure di austerità più forti, al fine di aumentare i profitti e “ripulire” le finanze come controparte del suo prestito.

Ma, sia la borghesia argentina che gli esperti del FMI temono che misure troppo drastiche possano portare a un’esplosione sociale che potrebbe sfuggire a ogni controllo. Tutti ricordano la crisi economica del 2001 che ha portato a violente rivolte, causando la morte di oltre trenta persone. Fortunatamente per la classe dirigente, la "distrazione elettorale" è già stata indetta con le elezioni generali del prossimo ottobre.

Secondo i risultati di STEP (1), Macri, a quanto pare, rinuncerà al suo posto a favore del candidato peronista Fernández. Per avere le mani libere, quest’ultimo (che ha come candidato vicepresidente l’ex presidente Cristina de Kirchner) mantiene la massima vaghezza sul suo programma: è chiaro che chi prende le redini del potere attuerà una politica antioperaia e un’austerità più pesante: è il capitalismo argentino che lo richiede. Nel frattempo, il circo elettorale avrà permesso per diversi mesi ai partiti e ai sindacati collaborazionisti di distogliere i proletari dall’unico mezzo che ha per difendersi: la lotta aperta.

 

IL TROTSKISMO FA LA SUA CAMPAGNA: NAZIONALISMO E RIFORMISMO NEL PROGRAMMA

 

Quattro partiti trotskisti argentini hanno deciso di lanciare, per le elezioni dell’ottobre 2019, un nuovo cartello elettorale composto dal Fronte della Sinistra e dei Lavoratori-Unità (FIT-U), che raggruppa i partiti dell’ex FIT, dal Partito dei lavoratori socialisti (PTS), dal Partito Operaio (PO), dalla Sinistra Socialista (IS) – e dal Movimento Socialista dei Lavoratori (MST).

Il nuovo Fronte ha pubblicato un programma che può essere sintetizzato in due parole: nazionalismo e riformismo.

Il primo punto del programma, che definisce il suo carattere principale, è la “rottura con il FMI”, accompagnata dal «No al pagamento del debito. Soldi per i salari, il lavoro, la sanità, l’istruzione e gli alloggi, non per il Fondo Monetario ». Non una parola contro il capitale nazionale!

È ben vero che il FMI, un’agenzia borghese internazionale che presta capitali a basso prezzo in cambio di misure di austerità, dissangua i proletari, ma questo non giustifica affatto la borghesia argentina. Gli sfruttatori argentini sono rapaci quanto gli sfruttatori stranieri. I proletari non guadagnano nulla scegliendo i borghesi di Buenos Aires, o quelli di Washington, quartier generale del FMI. Né con gli uni, né con gli altri, risolveranno la loro situazione. I trotskisti del FIT-U dimenticano completamente che il capitalismo obbedisce a leggi immutabili e impersonali e che la sua attuale esigenza di intensificare lo sfruttamento del proletariato non è colpa dell’FMI, ma del sistema capitalistico stesso. E’ però tradizione della piccola borghesia cercare sempre il colpevole in qualche mostruoso burattinaio, che tira i fili dei personaggi della storia senza mai mostrarsi al pubblico.

Non è compito della classe operaia riformare lo Stato nazionale borghese per  contrapporlo all’imperialismo. Non troverà il suo percorso di classe se non quando smetterà di dipendere dalle alternative borghesi e userà finalmente la sua forza per i propri scopi di classe. Contro i ripetuti attacchi del capitalismo, nazionale o internazionale, può cercare la sua difesa solo nelle sue lotte.

Il nazionalismo del FIT-U è evidente anche quando ripetono lo slogan sciovinista «Gli inglesi e la NATO, fuori dalle Isole Malvine». Questa affermazione è puramente antiproletaria, in quanto non cerca di porre fine ad un’oppressione nazionale (che non esiste, visto che non ci sono argentini su quelle isole), ma di creare un’unione nazionale al seguito della borghesia. 

Come abbiamo scritto dopo la guerra delle Falkland-Malvine (2):

«L’Argentina non difende nemmeno una pretesa irredentista nelle Malvine, poiché la popolazione delle isole non è mai stata argentina. La ragione dell’atto di forza non risiede tanto nei guadagni che la borghesia argentina potrebbe estrarre dall’eventuale sfruttamento delle loro ricchezze naturali, quanto nella necessità di rinsaldare l’unione sacra della borghesia e i suoi partiti politici attorno al governo, un’unione che si è spezzata con l’acuirsi della crisi economica, la più grave che il paese abbia conosciuto (il che spiega anche il motivo del momento dello sbarco, mentre la rivendicazione delle isole dura ... da sempre). Si tratta di una manovra per consolidare il potere militare, una manovra essenzialmente antiproletaria»

Il compito della classe operaia non è quello di schierarsi a favore dell’uno o dell’altro bandito che si spartiscono la forza lavoro proletaria da cui essa guadagnerà solo un misero salario. La classe operaia ha un altro modo di risolvere i problemi della “Sovranità”, che è quello di combattere contro tutta la borghesia, per una società che considererà tutta la ricchezza naturale e sociale come il bene comune di tutta l’umanità.

 

QUESTO PROGRAMMA È' TANTO NAZIONALISTA QUANTO RIFORMISTA

 

A livello politico, il programma trotskista reclama “un governo dei lavoratori e del popolo imposto dalla mobilitazione degli sfruttati e degli oppressi”. Questo governo si baserebbe su «un’Assemblea Costituente libera e sovrana, che discute ed esegue le misure necessarie per rispondere ai bisogni urgenti della popolazione attiva, promuovendo una trasformazione del paese su nuove basi sociali». Pertanto, non si tratta né di dittatura del proletariato né di rivoluzione. Il “governo operaio” rimane nel quadro delle istituzioni borghesi e la “mobilitazione” termina con l’andare a votare per eleggere i deputati. Le “nuove basi sociali” sono termini piuttosto confusi che servono a nascondere una litania di riforme sociali contenute nel loro generico programma (sanità, alloggi...) sotto il nome pomposo di «piano economico operaio e popolare discusso e gestito dagli stessi lavoratori».

Al centro di questo piano, a livello economico, vi è la nazionalizzazione di numerosi settori dell’economia: banche, commercio estero, qualsiasi azienda che chiude, tutte le imprese private «sotto il controllo, l’amministrazione e la gestione dei lavoratori e degli utenti», le aziende del settore minerario ed energetico. È accompagnato da riforme fiscali, “imposte straordinarie sui grandi capitalisti” e “imposte progressive sulle case vuote appartenenti a speculatori immobiliari”, promettendo al contempo di “prendersi cura dei piccoli risparmiatori e offrire prestiti a basso interesse”.

Nessuna riforma può migliorare lo sfruttamento capitalista! I proletari non hanno alcun motivo per esercitare il controllo sulla loro stessa schiavitù!

Il piano si rivolge ai settori piccoloborghesi e borghesi minacciati dalla crisi capitalista e vittime della concorrenza delle grandi aziende e dei capitali stranieri. Riformismo e nazionalismo vanno insieme!

Il contributo dei trotskisti argentini alla mistificazione elettorale non è aneddotico. Diffonde i suoi capricci nazional-riformisti nei ranghi dei lavoratori e rafforza la fiducia nella menzogna democratica di uno Stato al di sopra delle classi che il proletariato dovrebbe mettere… al suo servizio.

Invece di partecipare alle elezioni, l’unica soluzione per i proletari è prepararsi a combattere per i loro veri interessi di classe, contro lo sfruttamento capitalista - nazionale o straniero - contro la propria borghesia e il suo Stato.

 

- Abbasso lo Stato borghese!

- Abbasso il capitalismo, nazionale e internazionale!

- No al nazionalismo, no alle illusioni riformiste!

- Viva la rivoluzione comunista mondiale!

 

2019/09/17

 


 

(1) Nelle primarie (STEP: Primarie, Aperte, Contemporanee e Obbligatorie) dell’11 agosto, il candidato peronista ha ottenuto il 48% dei voti espressi, contro solo il 32% per Macri. Un altro candidato borghese ha raccolto l’8% dei voti e l’alleanza trotskista il 2,83%.

(2) “Non un uomo per le Malvinas!”, nel giornale di partito dell’epoca, El comunista, n. 54, maggio 1982.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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