Viva lo smart working?

(«il comunista»; N° 164 ; Giugno 2020)

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La pandemia di Covid-19 è stata l'occasione che i capitalisti hanno colto per universalizzare un metodo di lavoro che esalta una delle esigenze fondamentali della produzione capitalistica: la flessibilità.

Le misure di confinamento obbligatorio, l'ordine di restare a casa come prima e indispensabile misura per non infettare o infettarsi, con la conseguente chiusura di moltissime attività lavorative non si sapeva per quanto tempo, calavano sulle masse proletarie come un'improvvisa calamità: niente lavoro, niente salario, pericolo di povertà assicurato. Quindi,  al rischio di essersi ammalati di Covid-19 senza accorgersene, al rischio di farsi curare per una malattia sconosciuta con farmaci del tutto inutili se non dannosi, al rischio di finire in ospedale quando i posti letto erano ormai esauriti e la terapia intensiva, o subintensiva, veniva destinata a pazienti selezionati con condizioni ipoteticamente con maggiori probabilità di guarigione, si aggiungeva il rischio di perdere il lavoro, e quindi il salario, e, per i più "fortunati", di vedersi decurtato sensibilmente il salario con la cassa integrazione.

Molte aziende, e non solo quelle che rientravano tra le funzioni "essenziali" in tempi di pandemia, hanno continuato per settimane a far lavorare i propri dipendenti per tamponare in qualche modo l'inevitabile perdita di profitto, ma senza attuare la necessaria sanificazione degli ambienti e senza rifornire delle indispensabili protezioni individuali i propri dipendenti (perfino negli ospedali!).

La tecnologia moderna legata ad internet permette il collegamento a distanza, e non solo fra l'azienda e l'abitazione dei dipendenti, ma fra una parte e l'altra del mondo. Il telelavoro – ormai abitualmente adottato in moltissime operazioni (basti pensare ai call center) – è diventato così il modo di lavorare per una massa sempre più numerosa di lavoratori. Il cosiddetto smart working è così diventato una soluzione che risponde magnificamente alla flessibilità di cui hanno bisogno le aziende; può essere temporaneo, parziale, totale, a seconda della situazione in cui l'azienda viene a trovarsi. E questa flessibilità aziendale è stata trasformata in "opportunità", se non in un "favore" che l'azienda offre ai lavoratori – a cominciare dalle lavoratrici – nei casi in cui essi devono occuparsi della gestione domestica dei figli, degli anziani, dei disabili e, naturalmente, della cura della casa. Insomma, lo smart working, il lavoro intelligente, agile, rapido che, in realtà, confina in casa i lavoratori e le lavoratrici – come una specie di cottimo 2.0 – separa ogni lavoratore dagli altri, li isola, li schiaccia nelle faccende domestiche illudendoli di poter "gestire" il proprio tempo di lavoro secondo le proprie esigenze familiari quotidiane.  Invece si tratta, in realtà, di un'ulteriore forma di sfruttamento schiavistico!

Già nella vita quotidiana imposta dal capitalismo, i proletari sono sempre più costretti a provvedere da sé a tutta una serie di compiti pratici, ben riassunti nella denominazione di lavori domestici. La famiglia, questa forma organizzativa della vita che il capitalismo ha ereditato dalle precedenti società divise in classi, si dimostra sempre più – in particolare per i proletari – una prigione, uno spazio ristretto in cui vivere, un luogo da attrezzare per sopravvivere come se si fosse soli al mondo, un ambito in cui i rapporti tra esseri umani non sono "liberi" di esprimersi a seconda delle predisposizioni e pulsioni individuali di ciascun componente nel pieno rispetto delle predisposizioni e delle pulsioni degli altri componenti il nucleo familiare, ma dipendono dal guadagno privato, dai soldi che uno o più componenti riescono a portare a casa, dalla stabilità di quel guadagno. I soldi decidono tutto, chi ha i soldi, chi porta  più soldi a casa acquista più potere all'interno del nucleo familiare, di fatto compra i favori degli altri, il loro affetto o la loro sottomissione, come succede sistematicamente nei confronti dei figli e, in generale, nei confronti delle donne da parte degli uomini. La schiavitù domestica sempre denunciata dai comunisti a partire da Marx ed Engels, per continuare con Lenin e con le grandi rivoluzionarie come Clara Zetkin, Rosa Luxemburg, Alessandra Kollontaj, Nadia Krupskaia, è ciò che caratterizza la condizione della donna nelle società divise in classi; con il capitalismo e il suo sviluppo, alla schiavitù domestica si è aggiunta la schiavitù salariale. La donna, sotto il capitalismo, soffre di questa doppia schiavitù, e lo smart working, riportando le lavoratrici e i lavoratori all'interno delle quattro mura domestiche, li toglie non dalla schiavitù salariale – che permane, in questo caso, sotto forma di autodetenzione – ma dai rapporti diretti con gli altri lavoratori salariati coi quali, proprio in base al lavoro associato che caratterizza l'attività produttiva capitalistica, è possibile confrontarsi vis à vis, verificare insieme e negli stessi momenti i comportamenti dei padroni e dei capi, solidarizzare praticamente e sul momento in tutti i casi in cui uno o più lavoratori vengono presi di mira, puniti, emarginati perché si oppongono o si ribellano a condizioni di lavoro insopportabili o rischiose. L'interesse borghese è di dividere, isolare i lavoratori gli uni dagli altri, renderli più deboli, schiacciarli in condizioni lavorative, e salariali, tali da obbligarli ancor più ad accettare "quel che passa in convento", ad accettare che le esigenze delle aziende primeggino su qualunque esigenza  personale.

E cosa c'è di meglio che confinare i lavoratori fra le quattro mura di casa, dove li si illude di poter lavorare con meno stress, ma nei confronti dei quali non si attenua affatto, anzi, per un certo verso, si rafforza, il controllo sul loro lavoro, sulla quantità e qualità di tale lavoro.

Lo smart working è utile soprattutto alle aziende: risparmiano sui costi fissi (locali in cui far lavorare più persone, postazioni attrezzate con scrivanie, telefoni, energia elettrica, riscaldamento, bagni, mensa o ticket pasti ecc.) e sui costi variabili (cancelleria, carta, ricariche varie ecc.), mentre scaricano una buona parte di quei costi sui lavoratori chesi devono attrezzare in casa per collegarsi stabilmente via internet con l'azienda, pagando le bollette per l'elettricità e il gas aumentate per il loro maggior consumo, aumentando i costi dei pasti ecc., senza contare il fatto che non c'è più separazione tra il tempo di lavoro per l'azienda e il tempo a disposizione per se stessi. L'azienda è entrata in casa, 24 ore su 24! 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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