Anche in Sudafrica la borghesia utilizza l’isteria anti-immigranti

(«il comunista»; N° 164 ; Giugno 2020)

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Negli Stati Uniti e in Europa, paesi «sviluppati», si registra da tempo una crescente ondata d’odio contro gli immigrati – per essere più esatti, d’odio contro i proletari immigrati. Demagoghi di estrema destra – la Lega in Italia, il Fronte Nazionale ribattezzato RN in Francia, il Fidesz di Viktor Orbán in Ungheria, l’AfD in Germania..., ma anche leader borghesi più «rispettabili» –  come Macron, Trump o Boris Johnson – e i media non fanno che alimentare da anni odio e disprezzo nei confronti dei proletari che hanno dovuto fuggire dalla miseria e dal caos borghesi verso i paesi dominati e nei confronti dei loro discendenti che hanno la disgrazia di avere la pelle troppo scura agli occhi dei razzisti.

Ma l’odio contro gli immigrati non è monopolio dei paesi imperialisti. I paesi «in via di sviluppo» (dal punto di vista capitalistico) stanno conoscendo esattamente lo stesso fenomeno. E’, ad esempio, il caso della Costa d’Avorio o del Brasile, in cui immigrati del Burkina Faso o venezuelani subiscono discriminazioni, vessazioni e violenza. Ma è anche il caso della «nazione arcobaleno» come il Sudafrica pretende di essere, che ha posto fine all’apartheid legale per tornare alla normalità dell’apartheid reale presente in tutte le società capitaliste.

Qui l’odio è scoppiato nel settembre 2019. Un’ondata brutale di pogrom anti-immigrati ha travolto, di nuovo, il paese. I negozi di proprietà di stranieri sono stati devastati da saccheggi e incendi, dei camionisti sono stati attaccati, delle case sono state prese d’assalto e i loro abitanti cacciati, degli immigrati sono stati aggrediti e assassinati (alcuni di loro sono stati bruciati vivi!), altri sono fuggiti dal paese abbandonando il poco che avevano...

Nel corso del mese precedente, i pogrom, i media borghesi, i politici borghesi dell’ANC e della DA (Alleanza Democratica, partito di opposizione) hanno alimentato la demagogia razzista dopo che, il 1° agosto, degli ambulanti del CBD di Johannesburg, dunque degli immigrati, hanno affrontato e respinto gli assalti degli sbirri. Da quel momento in poi, i discorsi sull’odio si sono amplificati: i leader dell’ANC hanno denunciato i «terroristi» o accusato gli immigrati di essere vettori del virus Ebola; i media hanno ripetuto continuamente che gli immigrati sono criminali o trafficanti di droga... A questi discorsi si è accompagnato un raid della polizia nel CBD di Johannesburg il 7 agosto, che ha portato all’arresto e alla carcerazione centinaia di persone. Agli attacchi della polizia si sono aggiunti rivoltosi che hanno attaccato auto o negozi stranieri, mentre la polizia guardava da un’altra parte.

Per coronare il tutto, al clamore razzista si è unito il collaborazionismo. Ad esempio, il capo della Federazione dei sindacati sudafricana (SAFTU) ha dichiarato, ad agosto: «Lo Stato è stato attaccato da criminali! Lo Stato deve porre fine all’anarchia, punto e basta!», anche se un suo sindacato ha poi ipocritamente condannato gli attacchi razzisti di settembre in nome della lotta contro il «sistema capitalista che divide e sfrutta la classe lavoratrice nera».

Questa ondata di odio non è una sorpresa per nessuno. È il frutto marcito dello sciovinismo anti-immigrati che il capitalismo sudafricano e tutti i suoi servi stanno diffondendo, a partire dall’Alleanza tripartita che governa il paese e riunisce il Congresso Nazionale Africano (l’ANC, partito di Nelson Mandela, il Congresso dei sindacati sudafricani COSATU e il Partito “comunista” sudafricano SACP).

Il razzismo dilagante e la sua diffusione tra le masse è legato alla recessione che colpisce l’economia sudafricana e che comporta una disoccupazione superiore al 40%. Lavoratori immigrati e piccoli commercianti provenienti da altri paesi dell’Africa e dal subcontinente indiano –  complessivamente 3,6 milioni di immigrati – sono i capri espiatori designati.

La violenza razzista è ricorrente. Nel 2008, nei disordini razzisti sono state uccise 62 persone. Tra il 2015 e il 2017, sono stati assassinati più di 70 stranieri, oltre 600 negozi saccheggiati e, secondo l’organizzazione Xenowatch, almeno 10.000 persone hanno dovuto fuggire dagli attacchi razzisti. Nel 2019, 213 camionisti, principalmente dello Zambia e dello Zimbabwe, sono stati uccisi in attacchi o linciaggi.

Alla violenza extra-legale dei rivoltosi razzisti si aggiunge quella del governo e dei suoi poliziotti. In molti casi di attacchi ai negozi da parte dei saccheggiatori, la polizia ha lasciato fare approfittandone per servirsi. La violenza legale assume anche la forma di espulsioni di massa: dal 2012, secondo i dati ufficiali, gli espulsi sono stati più di 400.000. I discorsi razzisti dei politici borghesi sono moneta corrente. Assomigliano a quelli dei loro omologhi europei o americani, fino ad evocare, alla maniera di Trump, la costruzione di un muro con lo Zimbabwe. L’ANC ha persino organizzato viaggi di studio in Europa per scoprire e attuare le politiche anti-immigrazione attuate nell’Unione europea.

Disgraziatamente, il proletariato sudafricano e immigrato è totalmente disarmato politicamente, ideologicamente e organizzativamente, di fronte all’odio razzista. Come altrove, soffre dell’assenza del partito di classe, dell’abbandono delle tradizioni classiste e della diffusione di tutti i pregiudizi antiproletari.

Se fosse presente un vero partito comunista, si sarebbe ispirato alle politiche dei bolscevichi di fronte all’antisemitismo che stava devastando la Russia zarista. Il Partito bolscevico prese a cuore questa questione. Affrontò entrambe le bande antisemite, ma combattè anche i sentimenti contro gli ebrei molto diffusi tra la popolazione ed anche tra i proletari favorevoli alla rivoluzione.

Nel giugno 1917, il primo congresso dei Soviet pubblicò una dichiarazione intitolata «Sulla lotta contro l’antisemitismo», redatta dal bolscevico Evgeni Preobrajenski, che fu votata all’unanimità. Essa ribadiva che l’antisemitismo era sinonimo di controrivoluzione, e denunciava anche «la tendenza dell’antisemitismo che si nascondeva dietro slogan radicali», cosa che rappresentava «un enorme pericolo sia per il popolo ebraico sia per l’intero movimento rivoluzionario, perché minaccia di annegare nel sangue fraterno l’intera causa di liberazione del popolo e di coprire il movimento rivoluzionario di una vergogna indelebile». Fu su questa base che i bolscevichi lottarono contro l’odio antisemita tra i lavoratori.

I soviet diventarono così i più feroci combattenti contro questo razzismo. Il soviet di Mosca organizzò conferenze e riunioni di fabbrica durante i mesi di agosto e di settembre. In Ucraina, Bielorussia e Russia, guardie proletarie venivano addestrate per lottare contro i pogrom.

La lotta contro l’odio e i pregiudizi razzisti e antisemiti è parte integrante della lotta per la rivoluzione proletaria. Il razzismo consente alla borghesia di dividere la classe lavoratrice e di trovare dei capri espiatori per deviare la rabbia sociale e paralizzare la necessaria risposta proletaria all’offensiva capitalista.

Le necessità della lotta proletaria dimostreranno l’importanza della solidarietà attiva con le frazioni immigrate del proletariato. Lasciare che il nemico – la borghesia – colpisca una parte del proletariato senza reagire non significa evitare i colpi, ma esporsi ancor di più a questi colpi che riguardano, in realtà, l’intera classe.

Per i comunisti, oggi, in Sudafrica, il compito può sembrare titanico, ma è l’unico utile: organizzare la solidarietà concretamente dove possibile e combattere l’ascesa del razzismo nei ranghi operai. È il primo passo essenziale per la costituzione di un fronte di classe proletario che unisca tutte le energie, al di là delle divisioni di origine, nazionalità, genere... in un’unica lotta anticapitalista.

Non potendo oggi attuare un’autodifesa proletaria armata contro pogromisti e poliziotti, il proletariato del Sudafrica – come quello delle metropoli imperialiste o dei paesi dominati abbastanza ricchi da essere terre di immigrazione – deve ricollegarsi con le rivendicazioni autenticamente classiste:

 

No alle espulsioni! Liberazione degli immigrati incarcerati!

Libertà di movimento! No al controllo dell’immigrazione! Regolarizzazione di tutti gli immigrati «illegali»!

Parità di diritti per i lavoratori stranieri!

Abbasso lo sciovinismo, terreno di coltura del razzismo e della xenofobia!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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