A ottant'anni dall'assassinio di Trotsky

(«il comunista»; N° 165 ; Luglio-Ottobre 2020)

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Il 21 agosto 1940, il giorno dopo essere stato colpito alla testa con un micidiale colpo di piccozza sferratogli alle spalle da Ramón Mercader, un agente stalinista, Lev Davidovič Bronštejn, conosciuto con lo pseudonimo Lev Trotsky, moriva all'ospedale di Coyoacán, in Messico. Questo grande rivoluzionario, perseguitato in vita dagli sgherri zaristi, prima, rifiutato come esiliato dalla Russia stalinista e da tutti i civilissimi paesi capitalisti, poi, perseguitato e infine assassinato dagli sgherri di Stalin, è stato trasformato dopo morto - come tutti i grandi rivoluzionari - in un'ennesima icona inoffensiva. Ci hanno pensato soprattutto gli epigoni di Trotsky, i trotskisti, trasformandolo in un romantico ispiratore della democrazia "proletaria", rigettando le grandi battaglie teoriche, politiche e pratiche che trovaronoTrotsky, soprattutto da quando abbracciò le tesi bolsceviche di Lenin, come uno dei più tenaci combattenti. Certo, per un'operazione del genere si sono potuti agganciare a posizioni politiche che Trotsky ha effettivamente preso nel corso della sua vita, come in occasione della guerra di Spagna. Ma, per farlo, dovevano cancellare, dimenticare e far dimenticare il Trotsky di Terrorismo e comunismo. Noi invece lo vogliamo ricordare, non solo per la dedizione straordinaria che ha caratterizzato Trotsky in tutto il corso della sua vita rivoluzionaria, anch'egli senza nulla chiedere in cambio, ma proprio per una delle sue opere migliori, scritta nel pieno della rivoluzione socialista in Russia e della guerra civile contro i bianchi mentre era a capo di quel meraviglioso gioiello di arte militare, nato dal nulla, che era l'Armata Rossa: appunto Terrorismo e comunismo con cui, in parallelo con Lenin, attaccava ed atterrava le posizioni controrivoluzionarie di Kautsky.

Mentre invitiamo i lettori a dedicare del tempo a leggere, e a studiare, questo libro (se non lo si trova, si può ordinarlo a noi che l'abbiamo stampato in una traduzione verificata con l'orginale), vogliamo ricordarlo con qualche brano della Prefazione dello stesso Trotsky, del 29 maggio 1920:

«Ogni società di schiavitù (schiavista, feudale, capitalista), una volta terminato il suo ruolo, non lascia semplicemente la scena: bisogna sradicarla con un'aspra lotta interna che causa spesso ai combattenti sofferenze e privazioni più grandi di quelle contro cui sono insorti. (...) I drammi di palazo, che terminano con semplici cambi di persone al vertice del potere, possono essere brevi e non avere quasi influenza sulla vita economica del paese. Succede tutt'altro in una rivoluzione che trascina nei suoi vortici milioni di lavoratori. (...) Più la rivoluzione sociale è profonda, più trascina delle masse, e più è lunga più danneggia il meccanismo della produzione, più esaurisce le riserve della società. Non se ne può dedurre che una cosa che non ha bisogno di essere dimostrata, e cioè che la guerra civile nuoce all'economia. Ma farne un rimprovero all'economia sovietica è come imputare al neonato le doglie della madre durante il parto. Si tratta di accorciare la guerra civile. Non vi si può arrivare che con la risolutezza nell'azione. Ora, è precisamente contro questa risolutezza rivoluzionaria che è diretto tutto il libro di Kautsky».

E con un brano dal testo:

«La borghesia, nell'epoca attuale, è una classe in decadenza. Non solo non gioca più nella produzione un ruolo essenziale, ma, con i suoi metodi imperialisti di appropriazione, distrugge l'economia mondiale e la cultura umana. La tenacia storica della borghesia è tuttavia colossale. Si aggrappa al potere e non vuole mollare la presa. Perciò stesso, minaccia di trascinare nella sua caduta tutta la società. Bisogna strapparla via, tagliarle le membra... Il terrore rosso è l'arma impiegata contro una classe votata alla morte e che non vi si rassegna. Se il terrore bianco non può che ritardare l'ascesa storica del proletariato, il terrore rosso precipita la morte della borghesia. In certe epoche, l'accelerazione, facendo guadagnare tempo, ha un'importanza decisiva. Senza il terrore rosso, la borghesia russa, di concerto con la borghesia mondiale, ci avrebbe soffocati ben prima dell'avvento della Rivoluzione in Europa. Bisogna essere ciechi per non vederlo, o dei falsari per negarlo».

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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