Livorno 1921. La formazione del Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista

( Supplemento 02 a «il comunista» N° 166, Gennaio 2020 / Livorno 1921, la formazione del Partito Comunista d'Italia ) 

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Premessa

 

 

Il 21 gennaio 1921 a Livorno nel teatro San Marco i delegati della frazione comunista del Partito Socialista Italiano, convocato al suo XVII Congresso, dopo il voto con cui la maggioranza respingeva le condizioni stabilite al II Congresso di Mosca dell’Internazionale Comunista, abbandonata la sala del Congresso socialista, dichiaravano costituito il Partito Comunista d’Italia, sezione dell’Internazionale Comunista.

A trent’anni di distanza dopo che l’Internazionale Comunista di Mosca, rinnegati i suoi principi costitutivi, è stata dichiarata sciolta nel corso dell’ultima guerra mondiale, il partit

 

o che ha preteso continuare Livorno si è chiamato ufficialmente Partito Comunista Italiano. Il nome è anche cambiato: la formula “d’Italia”, oltre a sottolineare l’importante principio di non nazionalità che inspira il movimento comunista, rispose espressamete alla 17a delle 21 Condizioni di seguito riportate.

Il Partito Comunista Italiano ha completamente capovolto principi, politica ed azione ma, per poter sostenere l’opposto e rivendicare il diritto di richiamarsi a Livorno, è costretto ad una totale falsificazione di quello che Livorno disse e significò.

La falsificazione di Livorno è continuata per lungo tempo ancora e se ne sono incaricati proprio i membri del PCI – in perfetta sintonia con il rinnegamento del marxismo e del significato non solo russo, ma internazionale, dell’Ottobre 1917 e dei primi anni della dittatura proletaria condotti sotto la guida di Lenin. Ai rinnegati alla Kautsky, alla Stalin, alla Togliatti, alla Thorez e compagnia, e a tutta la banda di storici al servizio della “ragion di Stato” russa e delle democrazie occidentali, si sono uniti naturalmente gli storici, gli “esperti di comunismo”e una serie interminabile di pennivendoli per esaltare, o per condannare, il cosiddetto “socialismo reale” che la Russia avrebbe realizzato e sulla quale rotta si sarebbero indirizzati i paesi dell’Europa dell’Est (ma sotto il tallone di ferro dell’imperialismo di Mosca) e dell’Oriente.

A cent’anni di distanza, la falsificazione del significato della Rivoluzione d’Ottobre, dell’Internazionale Comunista, di Livorno 1921, in una parola, del marxismo rivoluzionario applicato dai partiti proletari di classe come furono il partito di Lenin finché era in vita  e il Partito Comunista d’Italia finché fu guidato dalla Sinistra comunista, ha continuato la sua opera di cancellazione delle gloriose tradizioni rivoluzionarie dalla memoria dei proletariato internazionale, a partire dal proletariato russo su cui si abbattè il micidiale sterminio della vecchia guardia bolscevica da parte dello stalinismo.La rivoluzione proletaria e comunista che in Russia aveva piantato la prima bandiera rossa della rivoluzione mondiale, in assenza dell’apporto del movimento rivoluzionario in Occidente, dovette soccombere. Da allora, il compito dei pochi rivoluzionari comunisti che rimanevano sul terreno marxista, fu di fare innanzitutto il bilancio di tutto il corso degli errori e delle deviazioni che portò alla sconfitta, dal quale bilancio emerse con ancora più forza la necessità di difendere l’intransigenza teorica e di prassi che invece, sull’onda della vittoriosa rivoluzione in Russia – che si poneva storicamente sul duplice piano dello sviluppo capitalistico per superare l’estrema arretratezza economica del paese e dello sviluppo del socialismo in tutti gli ambiti dove la ferma dittatura proletaria permetteva già di iniziare – si perse per strada. Di quell’intransigenza teorica e di prassi la Sinistra comunista si distinse come la più coerente forza politica che esistesse nell’Occidente capitalisticamente avanzato ed è in forza di questa sua caratteristica che si è dimostrata l’unica corrente comunista a poter restaurare la dottrina marxista e a svolgere il bilancio della rivoluzione e della controrivoluzione sulla stessa linea su cui Lenin svolse lo stesso compito prima, durante e dopo la prima guerra imperialistica mondiale.  

Trent’anni fa l’impero capitalistico dell’Urss è crollato miseramente sotto i colpi di una serie di crisi capitalistiche da cui non si poteva salvare riparandosi dietro una “cortina di ferro”, dato che lo sviluppo del capitalismo russo (inizialmente rivoluzionario rispetto alla tremenda arretratezza del paese sotto il giogo della zarismo) non poteva non portarsi appresso tutti i fattori di crisi tipici del capitalismo che i paesi occidentali già conoscevano dal secolo precedente, fattori di crisi che si moltiplicavano coll’aumentare dei legami dell’economia russa col mercato internazionale. Non diversa sorte spettava anche all’altro baluardo dello stalinismo più recente, in Cina, conosciuto come maoismo, e che – rappresentando un esempio di “via nazionale al socialismo” di staliniana memoria – contribuiva a soggiogare i movimenti di liberazione nazionale dei popoli colorati, in ispecie dell’Oriente, andando nella direzione opposta di quella che era stata scolpita nelle tesi del 1920 dall’Internazionale Comunista, prendendo il posto dello stalinismo là dove quest’ultimo non riusciva a radicarsi. Un maoismo che nel giro di trent’anni anch’esso doveva abbandonare le sue ambizioni cosiddette “antimperialistiche” per lasciare il posto ad una politica dichiaratamente capitalistica ed imperialistica.

Oggi, dopo che la sconfitta del movimento rivoluzionario degli anni Venti del secolo scorso ha prodotto le sue più tragiche conseguenze sulle generazioni proletarie successive, e dopo che i rinnegati di tutti i paesi che si facevano passare per i “campioni del socialismo” hanno portato a termine la loro immonda opera di falsificazione, sono direttamente gli intellettuali borghesi a prendersi la briga di celebrare i cent’anni dalla Rivoluzione d’Ottobre come di Livorno 1921. 

Contro l’enorme massa di falsificazioni, precedute da deviazioni in campo tattico e politico, e perciò, inevitabilmente, in campo teorico, dal marxismo rivoluzionario originario, e dopo i tentativi di difesa del marxismo autentico prodotti da Trotsky, ma indeboliti da deviazioni tattico-organizzative di carattere democratico e popolare, soltanto la corrente della Sinistra comunista d’Italia ha resistito sul terreno del marxismo rivoluzionario. E ciò lo deve non a “grandi uomini”, non a un “Lenin italiano”, ma a una continuità di lotta teorica, politica e pratica sulla rotta del marxismo, tenendo ferma la barra del timone comunista non solo sugli obiettivi finali della lotta proletaria rivoluzionaria, ma facendo tesoro dei bilanci delle rivoluzioni e delle controrivoluzioni come nessun’altra formazione politica è riuscita a fare, unendo teoria e prassi dialetticamente e non scolasticamente.

Ed è grazie a questa storia politica che noi, piccolo gruppo di comunisti rivoluzionari, “tenendoci fortemente per mano”, continuiamo a tener viva questa tradizione rivoluzionaria di una classe, il proletariato, che ha il compito storico che nessuna classe rivoluzionaria ha mai avuto nel passato: trasformare la società divisa in classi in una società senza classi, in società comunista, in società di specie. Un passo che non è una semplice e graduale evoluzione da un prima a un dopo, ma un salto rivoluzionario, verticale, per il quale è indispensabile preparare di lunga mano il partito di classe.

Con la presente pubblicazione intendiamo esporre fatti, documenti e testi che ormai appartengono alla storia e che nessuno ha la possibilità di invalidare e travisare, tanto meno quelli stessi che molti ne compilarono e firmarono.

Rispondiamo così all’esigenza di orientamento nelle file del movimento comunista e proletario; in quanto, prima delle gravi questioni di dottrina, di indirizzo e di metodo, si ravvisa la grave deficienza di esatta informazione anche nei più volonterosi e indipendenti dei militanti e dei compagni.

Mentre rimandiamo i lettori alla vasta letteratura che il partito comunista internazionale, dalla sua ricostituzione nel secondo dopoguerra, e successivamente, ha prodotto (vedi “Prometeo” dal 1946 al 1952, “il programma comunista” dal 1952 al 1983 e i giornali e le riviste in altre lingue, in particolare “programme communiste” e “le prolétaire”, “el programa comunista”, “kommunistischen programm”, ”communist  program”) e al sito di partito “www.pcint.org”, qui intendiamo fornire una selezione di testi che possono costituire una specie di spina dorsale dei documenti attraverso i quali si può comprendere come le posizioni della Sinistra comunista d’Italia erano collimanti perfettamente con le posizioni sostenute da Lenin rispetto alla prima guerra mondiale, alla formazione della Terza Internazionale dopo che la Seconda aveva fallito miseramente, ai compiti della rivoluzione proletaria internazionale, e come ribadivano le stesse esigenze di formazione del partito di classe all’altezza dei compiti rivoluzionari che la stessa guerra imperialistica poneva con urgenza, sia in campo internazionale che in campo nazionale.

Livorno 1921 è stata la risposta, in Italia, all’esigenza di formare un partito di classe capace di guidare il movimento proletario alla rivoluzione e alla conquista del potere senza cedere teoricamente e politicamente alle lusinghe della democrazia borghese e parlamentare; una risposta che non fu capita fino in fondo dagli stessi artefici della rivoluzione in Russia e della costituzione dell’Internazionale Comunista, tanto meno dai comunisti tedeschi – che avrebbero dovuto essere al vertice della rivoluzione proletaria e comunista in Europa occidentale – che, in realtà, caddero nell’errore di potersi servire della potente organizzazione socialdemocratica esistente per trascinare il combattivo proletariato tedesco alla rivoluzione comunista: il mito dell’unità del partito giocò esclusivamente contro la rivoluzione e la chiarezza del programma comunista, infarciti soltanto di illusioni e, inevitabilmente, tradimenti.

A Livorno 1921 noi ci richiamiamo direttamente, non solo per la necessaria e urgente scissione dai riformisti e dai centristi, ma per tutto il lavoro teorico, politico e organizzativo che lo preparò e che fu la base sia della nostra critica ai cedimenti dell’Internazionale sulla questione del fronte unico politico, dell’adesione ad essa dei partiti simpatizzanti e alle sue continue oscillazioni nella speranza di colmare il ritardo con cui il movimento comunista in Occidente si preparava alla rivoluzione, sia della resistenza di fronte allo stalinismo che dal 1926 in poi virò completamente la barra verso la controrivoluzione.

Il nostro lavoro continua sulla stessa rotta di Livorno 1921, che poi non è che la rotta segnata dal marxismo fin dal Manifesto del partito comunista del 1848, e ribadita con forza nei primi due congressi dell’Internazionale Comunista.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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