Nella continuità del lavoro collettivo di partito guidato dalla bussola marxista nella preparazione del partito comunista rivoluzionario di domani (2)

(Rapporti alla riunione generale di Milano del 17-18 dicembre 2022)

(«il comunista»; N° 177 ; Marzo-Maggio 2023)

Ritorne indice

 

 

Sulla guerra civile in Spagna

Il movimento proletario industriale

(continua da numero precedente)

 

 

DAL 1917 AL 1934

 

Con la narrazione di questi avvenimenti abbiamo cercato di mostrare che la presunta singolarità storica del movimento proletario spagnolo, singolarità difesa come spiegazione degli avvenimenti del periodo 1931-1936 e soprattutto della Guerra Civile, non ha senso al di fuori della mitologia libertaria che, almeno in Spagna, ha una lunga tradizione di falsificazione.

 

Se estraiamo i punti fondamentali che riassumono le dinamiche del periodo, questi sarebbero:

 

1- Forte sviluppo del movimento proletario generato da due fattori.

 

Primo, il boom economico della guerra mondiale, che accrebbe la domanda di manodopera e si compromise con le rivendicazioni operaie per evitare interruzioni nell’attività principale dell’epoca: la fornitura di prodotti ai paesi coinvolti nella guerra e impossibilitati a riattivare la loro economia civile.

 

Secondo, l’emergere di un’organizzazione sindacale, soprattutto tra i nuovi proletari emigrati nel centro industriale catalano, come la CNT, i cui principali rappresentanti avevano partecipato alle lotte del 1909, da cui trassero la necessità di un’organizzazione di questo tipo come prima lezione. L’arco di tempo di questo movimento di classe del proletariato va dal fallito tentativo di sciopero generale del 1917 all’era degli uomini armati nelle strade di Barcellona. Non è mai andato oltre il livello della lotta sindacale, intesa nel suo senso più ampio, per proporre una lotta di classe su scala nazionale: i suoi limiti erano quelli dell’azione in difesa delle condizioni di vita più immediate del proletariato e della classe; il movimento era inquadrato all’interno del sindacalismo classico. Gli unici tentativi più o meno consistenti di sfuggire a questi limiti furono guidati proprio da correnti tipicamente opportunistiche, come quella di Seguí e la sua ricerca di alleanze con il catalanismo «di sinistra».

 

2- Il predominio, almeno in Catalogna, del sindacalismo rivoluzionario incarnato dalla CNT non può essere inteso come uno sviluppo specifico del movimento proletario spagnolo, ma come la sua permanenza in un livello inferiore di sviluppo politico. L’assenza non solo di un Partito comunista con una forte presenza tra i proletari, ma anche di una Socialdemocrazia organizzata a livello nazionale, riflettono sia il livello di sviluppo politico, economico e sociale del paese (in cui non si era ancora sollevata la questione della lotta di classe in termini moderni: costituzione del proletariato come classe e quindi come partito, superamento della fase prettamente sindacalista, rottura con le correnti politiche piccolo-borghesi, ecc.-) sia l’azione stessa della corrente socialdemocratica che, di fronte alla comparsa delle prime «isole» di proletarizzazione su larga scala, mette da parte ogni accenno a una posizione politica coerentemente marxista e fugge dal contatto con queste masse proletarie. Ovunque conservi ancora la sua forza (Asturie e Paesi Baschi), lo stesso PSOE subirà terribili convulsioni subito dopo.

 

3- Negli stessi termini si spiega l’assenza di un Partito Comunista di notevole peso nella classe proletaria. Lo sviluppo politico, economico e sociale spagnolo, pur avendo portato il paese al pieno capitalismo già alla fine del XIX secolo e ad un regime borghese simile a quello esistente in altri paesi europei, non aveva ancora messo in moto una classe proletaria costituita come tale in termini generali, cioè al di fuori dei quadri locali che caratterizzano sempre i suoi primi passi nella storia di ogni paese e al di là delle caratteristiche alleanze con i residui di altri strati sociali che rifiutano di morire davanti allo sviluppo della grande industria moderna. L’azione politica ed economica del PSOE era tesa a rafforzare i settori repubblicani contro la grande borghesia finanziaria e la classe dei proprietari terrieri, proprio come riflesso di quell’alleanza tra i proletari praticamente appena usciti dalle corporazioni sindacali e i loro partner tradizionali, e questo lo portò a negare le posizioni marxiste su questioni centrali come il problema dello Stato, l’organizzazione sindacale, la guerra imperialista ecc.

Su questa base era impossibile che gli elementi all’interno del PSOE, direttamente influenzati dagli avvenimenti russi del 1917 e dalla formazione dell’Internazionale Comunista, avessero la capacità di formare una posizione chiaramente marxista da esporre e difendere davanti a una classe proletaria in schietta ascesa . Ciò non significa che non fossero in grado di formare un partito su base marxista (quel partito era il PCE del 1920), ma piuttosto che non potevano avere forza, rilevanza e influenza all’interno della classe proletaria (già molto squilibrata in termini territoriali) che la situazione avrebbe richiesto.

 

4- Di fronte a questo duplice fenomeno (l’incapacità della classe proletaria di avanzare oltre il terreno sindacalista e l’incapacità degli elementi dell’avanguardia marxista di influenzarlo in modo determinante), la forza politica dell’opportunismo non ha avuto bisogno di manifestarsi in senso strettamente reazionario, non si manifestò infatti come forza d’urto antiproletaria laddove l’effervescenza della lotta di classe lo rendesse necessario, come avveniva in Germania o in Russia, né come elemento di conciliazione che smobilitasse in ogni modo il proletariato pronto al combattimento ma dubbioso del suo indirizzo, come era il caso italiano. Il Partito Socialista spagnolo seppe tenersi alla larga dai principali avvenimenti del periodo, negando, ad esempio, a Madrid ciò che stava accadendo a Barcellona quando i leader della CNT furono uccisi per le strade. Questo tipo di posizione fu quella che gli permise di fare il salto definitivo nella collaborazione di governo, e ancor più come esperimento «dall’alto» che non come conseguenza del peso sociale del PSOE. Ma da quel momento, che è stato il suo vero 4 agosto, il PSOE può essere sicuramente annoverato come uno dei principali baluardi dello Stato borghese, qualunque forma abbia assunto.

C’è ancora un’altra corrente opportunistica, anche se di solito è ignorata nelle storie del periodo. Si tratta della corrente sindacalista che ha predominato nella CNT durante tutto il periodo di tempo studiato. La sua origine plebea e la tragica fine di molti dei suoi membri (esempio terribile della non meno terribile stupidità laica della borghesia spagnola, incapace persino di comprendere i suoi potenziali alleati) non devono trarre in inganno rispetto a quella che fu una politica incapace di organizzare i proletari oltre i tragici limiti dell’azione economica, lasciandoli assolutamente privi di forza quando si trattava di affrontare la repressione, non più economica, ma politica e militare, della classe borghese.

 

5- Gli eventi successivi al 1930 (alleanza tra PSOE, CNT e settori repubblicani per accelerare il cambio di regime, costituzione della Repubblica, formazione di un governo socialista ecc.) si sono svolti sulla configurazione politica del periodo 1917-1923. Fu la crisi del 1929 a far precipitare una forma politica dello Stato, come la dittatura di Primo de Rivera, che di per sé non poteva che essere transitoria. Il terreno che lasciava vuoto e che veniva assediato da un proletariato che si era notevolmente sviluppato nell’ultimo decennio e che era particolarmente colpito dalla disoccupazione e dalla fame, era occupato dalla tradizionale alleanza di PSOE e Repubblicani, chiamata al governo dalla borghesia monarchica con l’unico obiettivo di contenere la classe proletaria. In questa situazione, la debolezza politica e organizzativa del proletariato non solo non veniva risolta, ma si aggravava in termini comparativi di fronte all’immensità dei nuovi compiti che la situazione gli richiedeva.

 

6- Dal 1931 al 1934.

L'avvento della Repubblica fu la conseguenza di un compromesso tra la vecchia borghesia monarchica (con l'ex presidente Maura a capo e il veterano demagogo Lerroux al fianco) e una sorta di élite piccoloborghese intellettuale e repubblicana alla quale il PSOE cedette lo spazio principale della sua coalizione. L'obiettivo primario di questa transazione era quello di evitare un eventuale fallimento dello Stato come conseguenza delle molteplici pressioni, in particolare sui lavoratori, che cominciavano a soffrire a causa della crisi economica e sociale. Ai fini pratici si trattò di un trasferimento di poteri dalla monarchia ai partiti operai e repubblicani.

Il periodo che va dal 1931 (anno di proclamazione della Repubblica) al 1934 è segnato da due correnti politiche solo apparentemente opposte.

 

La prima di queste, considerata riformista in modo molto generico, era quella che cercava di conciliare la pressione esercitata dalla classe operaia sul terreno delle rivendicazioni immediate (condizioni di vita, salario ecc.) con il quadro politico repubblicano. Questa tendenza non solo ebbe un colore socialista, ma trovò la sua strada anche all'interno del sindacato CNT: già negli anni precedenti alla proclamazione del nuovo regime, con una CNT praticamente distrutta, la dirigenza sindacale cedeva il passo a una tendenza conciliativa con i partiti repubblicani e con i loro movimenti volti a porre fine alla dittatura di Primo de Rivera.

Per quanto riguarda la seconda, il PSOE e l'UGT, entrambi parteciparono direttamente e apertamente al consolidamento della Repubblica, il primo assumendo un ruolo di primo piano attraverso la sua partecipazione alle Cortes Costituenti del 1931 e all'elaborazione della legislazione che avrebbe strutturato il nuovo sistema politico negli anni successivi. Il sindacato UGT, da parte sua, si limitò ad accettare il ruolo del Partito socialista, affermando la sua forza nei settori da esso direttamente influenzati (miniere nelle Asturie, grande industria nei Paesi Baschi e parte del proletariato agricolo) mantenendo la consegna dell'ordine e del rispetto del lavoro legislativo. In particolare, nelle campagne andaluse, dell'Estremadura e della Castiglia, riuscì a contenere la grande ondata di rivendicazioni dei braccianti a giornata, facendoli sperare nella promessa, parzialmente mantenuta, riforma agraria come mezzo per risolvere la loro terribile situazione.

Ma la legislazione riformista che poneva il PSOE come fine ultimo della sua azione legislativa si è accompagnata alla redazione parallela di una serie di leggi di carattere repressivo e dichiaratamente anti-proletario. Si tratta della Legge di Difesa della Repubblica che, sostanzialmente, consentiva di sospendere a tempo indeterminato le garanzie costituzionali, emanata prima di ogni movimento ritenuto pericoloso per il regime, e della Legge di pericolosità sociale che consentiva di perseguire i proletari, in particoilare i proletari agricoli, ritenuti un pericolo negli stessi termini creando reati come essere disoccupati, rifiutarsi di lavorare ecc.

Come abbiamo detto in precedenza, questa azione socialista mirava a rafforzare l'adesione dei proletari al regime repubblicano, garantendo al contempo le armi repressive necessarie per colpire i settori più combattivi della classe operaia, che alla fine risultarono essere la maggioranza. Tale politica è l'erede di due fenomeni che esistevano già anni prima della proclamazione della Repubblica. Il primo, la famosa congiunzione repubblicano-socialista, che è quella che, ai fini pratici, ha tenuto il potere nel periodo 1931-1933, attuando il suo programma del 1909 sia sotto il profilo della forma dello Stato, sia del suo rapporto con la Chiesa cattolica, con certe riforme del lavoro e con la tanto attesa riforma agraria.

Ma la congiunzione non fu l'unico tentativo del PSOE di stabilire legami con le classi borghesi e piccoloborghesi. Al di là dell'ardore repubblicano con cui si nascondeva questa politica di conciliazione sociale, la grande pietra miliare del PSOE fu la sua adesione al regime dittatoriale di Primo de Rivera e la sua partecipazione attraverso di lui alla repressione dei settori più combattivi del proletariato, perlopiù legati alla CNT. Esisteva, dunque, una discontinuità nella forma dello Stato (monarchia/dittatura fino ql 1931 e Repubblica poi) ed era in questa discontinuità che pesava l'alleanza con i repubblicani. Ma in campo politico l'integrazione del PSOE e dell'UGT negli organi di governo borghesi era già compiuta, e non proprio nei termini "progressisti" del 1931, ma sotto la forma dispotica della dittatura militare.

Pertanto, dietro questa discontinuità, per quanto riguarda la forma dello Stato (dalla monarchia alla repubblica) c'è una continuità praticamente inalterata nell'aspetto politico dell'azione del PSOE e dell'UGT: il loro riformismo ha più a che fare con lo sforzo borghese di integrare l'azione riformista nello Stato che caratterizzò il fascismo italiano che con la formula repubblicana, falsamente rivoluzionaria che si inventò allora e che ancora oggi è difesa dai partiti della cosiddetta sinistra.

Per quanto riguarda la CNT, la corrente guidata dal leader sindacale Juan Peiró era stata favorevole, fin dalla fine degli anni '20, a partecipare ai movimenti volti a liquidare la dittatura, alleandosi a questo fine con le correnti repubblicane di tutto il paese. Questa corrente sosteneva nel 1931 che la Repubblica significava un passo avanti nel campo delle rivendicazioni operaie e che, quindi, era un bene difenderla dai tentativi reazionari che potevano nascere dai settori borghesi restii ad accoglierla.

Le tesi in difesa di questa tendenza si scontrarono con il forte movimento di massa che ebbe luogo nell'estate del 1931, sia nel mondo agrario che in quello industriale. La generazione di proletari che si era trasferita nelle grandi città attratta dalla rapida industrializzazione degli anni '20, e che non aveva conosciuto gli anni del terrorismo padronale contro i sindacati CNT, si è lanciara nella lotta per le terribili condizioni di esistenza in cui la costrinse la crisi del 1929. Un fenomeno simile si è verificato nelle campagne, dove la variante agraria della crisi ha avuto un effetto devastante. Contro questa fortissima spinta dei proletari, accorsi nei sindacati per la prima volta in 10 anni, la corrente conciliatrice della CNT ha richiamato alla calma, alla preparazione lenta e metodica di un sindacalismo ben organizzato e interessato a convivere con formule politiche e sociali progressiste come furono quelle repubblicane.

Come reazione alla passività degli organi dirigenti della CNT, che si rifiutavano di organizzare le forze che spontaneamente si lanciavano contro i padroni a prescindere dal regime che dava forma allo Stato, si era organizzata la corrente anarchica che negli anni precedenti era ricomparsa in primo piano: la Federazione Anarchica Iberica (FAI) che ha riunito un misto di nuovi militanti e i sopravvissuti dei gruppi d'azione catalani degli anni '20, guidati dai noti Durruti, Oliver e Ascaso. La corrente anarchica, che da allora teorizzò la necessità di una successione di colpi di stato insurrezionali [vero e proprio avventurismo rivoluzionario] per aumentare la repressione repubblicana e giungere allo scontro definitivo (il nome di questa tattica era ginnastica rivoluzionaria) riuscì ad ottenere il controllo di importanti organi sindacali, giornali, comitati ecc. Le masse proletarie in marcia si sono messe alla testa di coloro che hanno alzato le bandiere della rivoluzione, anche quando questi nuovi dirigenti non hanno portato altro che confusione.

Questa lotta tra le tendenze si è conclusa con una scissione nella CNT. La corrente riformista, raccolta attorno ai dirigenti tradizionali del sindacato, soprattutto dopo l'attuazione della ginnastica rivoluzionaria con l'insurrezione anarchica nell'Alto LLobregat, chiedeva l'adozione di una politica contraria alle avventure pseudo-rivoluzionaria che, secondo questi, avrebbe portato soltanto repressione e distruzione dei sindacati. Dal famoso Manifesto dei 30, essi realizzarono la più netta opposizione alle posizioni anarchiche, legando insieme una serie di sindacati della CNT che promettevano di rifiutare la politica insurrezionalista a favore di una linea chiaramente sindacalista.

La risposta dei settori anarchici, già maggioritari, fu di scontrarsi apertamente con questi sinadacati riformisti. Avendo la maggioranza negli organi di governo, erano  riusciti, alla fine, a lasciare la CNT per formare un nuovo sindacato, la Federazione Sindacalista Libertaria.

Aldilà della volgarizzazione che contrappone le tesi "rivoluzionarie" della FAI alle tesi riformiste del Manifesto dei 30, la realtà era che la politica della ginnastica rivoluzionaria aveva inferto un duro colpo ai sindacati della CNT.

La repressione del governo, unita all'evidente insensatezza di lanciare un attacco aperto contro la polizia e l'esercito in alcune città (fu il caso del 1932, nell'insurrezione di Bajo LLobregat, e due volte nel 1933, in Aragona, la Rioja e Andalusia) tagliò nettamente la crescita vissuta dalla CNT a partire dal 1931. Infatti, la scissione sindacalista, senza avere la forza della CNT, riuscì a guadagnare un buon numero di affiliati e limitò praticamente la presenza della CNT a Barcellona. La stessa cosa è successa nelle campagne, dove l'ascesa dell'UGT in quegli anni ha molto a che fare con questa situazione. Solo Madrid continuò ad essere un terreno fertile per la crescita della CNT, ma dovrà arrivare il 1936 perché questo fatto abbia un peso rilevante.

La scissione sindacalista rifletteva l'inevitabile incapacità sia degli anarchici che degli stessi sindacalisti di rispondere alle istanze dei proletari.

La forza sociale che mostrarono e che si ribellò ad una corrente conciliante con la borghesia e la piccola borghesia repubblicana fu annegata in una serie di drammatici tentativi insurrezionali che portarono solo repressione e disorganizzazione

 

OTTOBRE 1934, PUNTO D’ARRIVO

 

La cosiddetta Rivoluzione d’ottobre del 1934 fu il culmine dell’accumulo delle forze del proletariato spagnolo. Fu il momento in cui la classe proletaria poté manifestare tutta la sua forza senza che fossero ancora abbastanza saldi i legami che poi la unirono definitivamente alle altre classi sociali. Ma, per lo stesso motivo, il 1934 fu un punto finale. Contrariamente alla storia tradizionalmente diffusa da stalinisti, libertari e correnti poste alla loro sinistra, il 1934 non rappresentò una pietra miliare nel cammino della vera pietra miliare rivoluzionaria che sarebbe stata il periodo dal luglio 1936 al maggio 1937, con il trionfo del proletari armati nelle strade contro i militari. Dopo la sconfitta della classe proletaria nel 1934 che, non solo fu certificata sul campo di battaglia nelle Asturie, ma ebbe peso nazionale dimostrando che nonostante la generosità di una classe disposta a combattere e morire tra gesta e una resistenza eroiche, la testa, la direzione organica che nel corpo sociale delle classi deve occupare la direzione rivoluzionaria, era vacante. Questa assenza fu causa non solo della vittoria degli elementi reazionari, ma soprattutto del fatto che il bilancio politico risultante da tale sconfitta gettò i proletari politicamente e sindacalmente organizzati nelle braccia della piccola borghesia repubblicana, con la formazione del Fronte popolare del 1935. L’intero mistero della guerra civile e dell’insurrezione del luglio 1936 si risolve, come mostreremo nella seconda parte di questo rapporto, se si guarda dentro da questo punto di vista.

 

I precedenti

 

Abbiamo già visto l’evoluzione subita dalle organizzazioni proletarie – principalmente PSOE-UGT e CNT – nel biennio che va dalla costituzione della Repubblica all’insurrezione di Casas Viejas nel 1933 e, come abbiamo evidenziato, questi due anni possono essere considerati come un periodo di fortissima spinta proletaria, la classe operaia vessata com’era dalle conseguenze della crisi del 1929, e dall’assoluta incapacità dei quadri dirigenti del PSOE e della CNT di rispondervi.

La diretta conseguenza di questa situazione fu la rapida perdita di forza della coalizione repubblicano-socialista che deteneva governo e maggioranza parlamentare nelle Cortes Costituenti: i proletari abbandonarono tacitamente questa alleanza, che aveva soprattutto una funzione elettorale, rifiutandosi di sostenerla nelle elezioni del 1933. Ciò comportò a sua volta il trionfo di un’ampia coalizione di partiti di destra (la famosa CEDA: Confederazione Spagnola dei Diritti Autonomi) in cui intervivano dalle correnti monarchiche ai settori repubblicani conservatori passando per la corrente carlista e la formazione di un governo conservatore guidato dal Partito radicale-repubblicano di Alejandro Lerroux.

In questa situazione, l’equilibrio del regime repubblicano viene colpito ogni volta che la CEDA, che ha il diritto parlamentare di entrare nel governo nonostante la corrente radicale di Lerroux e la Presidenza della Repubblica cerchino di impedirlo, si rivela come una coalizione i cui membri includono nemici accaniti del regime stesso, correnti dette accidentaliste (per aver assunto la forma repubblicana dello Stato come un accidente d’importanza non essenziale), ed anche forze contrarie al sistema liberale preesistente al 1931.

La Repubblica era stata una manovra di un settore della borghesia spagnola – senza dubbio il più capace – per trasferire il potere ad un’alleanza di sinistra capace di contenere la massa proletaria ma si trovò poi privata della base che la giustificava, non avendo l’appoggio della classe proletaria ed essendo capeggiata da correnti antirepubblicane. Di fronte a questa situazione, l’equilibrio politico era totalmente instabile. L’accettazione dei risultati elettorali e il conseguente ingresso dei partiti reazionari nel governo avrebbe significato il riconoscimento che la parentesi delle Cortes Costituenti non aveva significato nulla e avrebbe mostrato in modo aperto lo scontro tra le classi. La mancata inclusione di queste correnti nel governo avrebbe implicato una negazione del funzionamento democratico costituzionale e, di conseguenza, un altro modo per riconoscere la reale natura di un regime repubblicano insostenibile quanto il tentativo di tregua nella lotta di classe.

In Spagna, da parte delle classi dominanti non ci si può mai aspettare una grande ampiezza di vedute o formule innovative a garanzia del loro dominio sociale. Dopo le elezioni del 1933, la Confederazione di destra esigette il suo ingresso al governo con un programma che annullava tutta la legislazione sociale del biennio precedente; era praticamente una dichiarazione di guerra alle organizzazioni repubblicane e alla classe proletaria. Per fare ciò chiamò in aiuto l’esercito, l’unico organismo in grado di centralizzare una classe borghese incredibilmente debole e frammentata, e in particolare la soldataglia che si era avvalsa delle sue armi nella repressione contro i ribelli marocchini.

Da parte sua, il PSOE, che aveva rotto il patto con i repubblicani in conseguenza della disaffezione proletaria verso il suo compito di governo del 1931-1933, non poteva che chiedere a gran voce il ritorno al precedente «equilibrio», il ripristino dell’essenza incontaminata e immacolata della Repubblica contro la minaccia di destra. Questa fu la famosa «radicalizzazione» del Partito Socialista, cioè il difendere, con molta veemenza, questo sì, il ritorno alla fase iniziale del regime repubblicano in cui aveva avuto un’importanza di prim’ordine.

Questo, ovviamente, era impossibile. L’opera legislativa e governativa del Partito Socialista (che, come abbiamo visto, svolgeva essenzialmente un ruolo repressivo) fu messa in discussione non solo dai partiti di destra che avevano vinto le elezioni, ma anche da una classe proletaria duramente colpita dalla situazione economica e sociale, che avevano già avuto tra le loro fila decine di morti, immolati sull’altare della legalità repubblicana che ora si voleva difendere.

 

La preparazione

 

Nel 1934 la resa dei conti, qualunque forma assumesse, sembrava imminente. Lo voleva la destra reazionaria, che non aveva paura di sbarazzarsi della forma repubblicana dello Stato per imporre un regime simile al precedente, e lo ebbe anche, nella sua prospettiva più immediata, una classe proletaria che sapeva di essere l’obiettivo ultimo della reazione. In questa evoluzione degli eventi vanno considerati due fattori fondamentali per capire il modo in cui si sono sviluppati durante l’ultima parte dell’anno.

Il primo fattore risiede nel quadro internazionale. È noto che il regime fascista italiano, fin dal 1932, appoggiò le correnti monarchiche che cospiravano contro la Repubblica. Questo appoggio va comunque inteso come un rafforzamento delle tendenze reazionarie in un paese vicino e non come una politica interventista italiana come quella che si manifesterà a partire dal 1936, ma ciò non significa che non sia privo di significati importanti: le forze reazionarie spagnole contavano sull’impulso dato in campo internazionale e basato sull’esperienza che altre borghesie avevano accumulato nei decenni precedenti. D’altra parte, l’ascesa al potere di Hitler nel 1933 (un fatto che non è necessario descrivere per comprendere il rafforzamento che implicò per le tendenze più reazionarie in Spagna) e l’instaurazione della dittatura di Dollfuss in Austria, diedero grande energia alle correnti che manifestavano apertamente la necessità di disciplinare la classe proletaria, annientare le sue organizzazioni e imporre un ordine forte.

L’ingresso al governo della Confederazione di destra è considerato un passo simbolico in questo senso ed è legato tanto alla tendenza europea quanto alle esigenze interne alle quali questa può dare una soluzione.

L’altro fattore determinante è il fatto che questa tendenza di carattere più belligerante non è ancora quella predominante nella classe borghese spagnola. Va ricordato che la dittatura di Primo de Rivera, ipotetico predecessore diretto di quel governo forte che la destra esigeva, era caduta non matura ma marcia e corrosa dall’interno in conseguenza della sua incapacità di unire la disparità di tendenze borghesi che si combattevano tra di loro. Gli antecedenti non erano molto rosei, soprattutto per una fazione repubblicana, capeggiata tra gli altri da Lerroux, che era più esperta nel controllo della classe proletaria.

Tra questi due fattori, entrambi di grande importanza, c’è la reazione del Partito Socialista all’evidente offensiva reazionaria. Da un lato si alza la bandiera dell’antifascismo nazionale e internazionale, comune a tutto il movimento operaio organizzato, compresi anarchici, sindacalisti e correnti di sinistra del PCE. Dall’altro lato, si gioca ancora la difesa delle istituzioni repubblicane come baluardo contro questa reazione, propagandando tra le masse proletarie la difesa della legalità repubblicana esistente (di una legalità del tutto particolare in quanto negava il risultato delle elezioni) come difesa anche contro le correnti che hanno fatto eco in Spagna delle tendenze nazifasciste in Europa. Quindi, la propaganda democratica e legalista del PSOE ha due aspetti, la difesa contro il fascismo e la lotta repubblicana, con le quali cerca di riconquistare la classe proletaria. Dunque, fuori dal campo elettorale, perché questo appello alla lotta è fatto contro lo stesso processo elettorale in cui aveva trionfato la destra, ma allo stesso tempo nel rispetto delle istituzioni repubblicane che si vogliono difendere o riconquistare contro la minaccia fascista.

Questa posizione estremamente ambigua del Partito Socialista aveva l’unico obiettivo di riconquistare i proletari alla difesa della Repubblica e si presentava come una sorta di rivoluzione difensiva, volta a fermare armi alla mano l’ascesa della destra al governo. Così il PSOE dichiarava che nel momento in cui il Presidente della Repubblica avesse consentito l’accesso della CEDA alle cariche ministeriali, condizionato anche dall’accettazione del governo Lerroux, il Partito avrebbe «dichiarato la rivoluzione».

A questa situazione si aggiunse nel 1934 la presenza di altre forze politiche altrettanto rilevanti. Prima di tutto la CNT e le correnti anarchiche che la controllarono una volta espulse le forze treintistas. Nei punti precedenti abbiamo esaminato cosa significasse veramente questo predominio anarchico nella CNT e può essere inteso come qualcosa di naturale che, di fronte alla presunta radicalizzazione del PSOE, la posizione della CNT fosse di ignorarla. Ciò significava che la maggior parte delle organizzazioni sindacali inquadrate nella CNT si rifiutavano di sostenere lo slogan insurrezionale dato dal PSOE. Eccezion fatta per le Asturie, dove la CNT era una minoranza rispetto all’UGT, ma c’era una forte tendenza all’unità creata dalle condizioni particolari della struttura mineraria della regione. È in questa zona che si è creata la famosa alleanza UHP (Unione dei Fratelli Proletari) e da cui proverrà il principale contingente rivoluzionario del 1934.

L’altra fazione politica rilevante era la Esquerra Republicana de Catalunya (Sinistra Repubblicana, in spagnolo, ERC il suo acronimo) che, sostenuta dalla corporazione agricola Unió de Rabassaires (traducibile come Unione dei contadini) e dal governo autonomo catalano che la controllava, mantenne nel periodo un atteggiamento fermo nei confronti del governo centrale e della stessa borghesia fondiaria catalana in difesa degli interessi dei contadini locali sul problema della scadenza dei contratti di locazione fondiaria, che ERC voleva prolungare a favore del contadini mentre il governo centrale voleva liquidarli al più presto. L’ERC, come è noto, era una corrente indipendentista e mobilitava una parte consistente della piccola borghesia catalana nello stesso momento in cui aveva il controllo della polizia locale (fondamentalmente impiegata contro la CNT) e prospettava la possibilità di reclutare rapidamente, in caso di insurrezione, un esercito catalano.

 

I fatti

 

Il 4 ottobre 1934 fu annunciato l’ingresso della CEDA in un governo congiunto con i repubblicani di Lerroux. Quella stessa notte, il Partito Socialista diede l’ordine di iniziare l’insurrezione. Non è questa la sede per narrare nel dettaglio gli eventi, che si sono svolti dal 5 al 18 dello stesso mese, quando le truppe governative presero finalmente il controllo di tutte le Asturie, ma non si può ignorare che furono i minatori organizzati nelle Alianza Obrera, coloro che avanzarono dal bacino minerario alle città principali, arrivando a controllare una buona parte della regione asturiana male armati e ricorrendo alla famosa «dinamite rivoluzionaria» come arma principale per sconfiggere inizialmente la Guardia Civile.

Gli eventi, all’interno della cosiddetta «Comune asturiana», possono essere conosciuti da molti. Le azioni militari sono di natura locale: si cerca di controllare i centri abitati, di accumulare forze e continuare ad avanzare senza stabilire un fronte fisso. I centri abitati controllati vengono posti sotto il regime «comunista-libertario», abolendo la proprietà privata, sopprimendo il denaro... formando, insomma, piccoli comuni di carattere anarchico.

I tentativi di stabilire il controllo totale delle due città principali (Oviedo e Gijón) falliscono e lentamente le milizie proletarie lasciano il posto alle forze militari inviate dal governo repubblicano. La repressione nelle Asturie fu terribile, la legione, corpo controinsurrezionale creato dalla borghesia spagnola e da essa adorato ancora oggi, depreda le città minerarie, lasciando una scia di morti finora sconosciuta in nessuna delle guerre civili spagnole. Migliaia di proletari vengono arrestati e imprigionati, l’ordine borghese viene ferocemente ripristinato e si cerca di dare una lezione al resto dei proletari del paese. Nel resto del paese l’ordine rivoluzionario del PSOE non viene rispettato nemmeno dai suoi stessi dirigenti, che si nascondono appena lo emanano per riapparire e costituirsi alle autorità solo quando il sangue proletario ha già formato fiumi.

Il tradimento è più che evidente in città come Madrid, dove è stato proclamato uno sciopero generale nel totale smarrimento dei militanti operai, abbandonati al loro destino dalla loro dirigenza.

Per il resto, gli avvenimenti ebbero una certa rilevanza solo in Catalogna dove ERC proclamò l’indipendenza e mobilitò le sue basi sociali, che insieme al Blocco Operaio e Contadino tentarono di resistere all’avanzata dell’esercito. Il rifiuto della CNT di intervenire nel movimento, del resto ovvio visto che il primo ordine del «governo nazionale» era quello di arrestare i suoi principali dirigenti, lo rende del tutto inoperante e l’«indipendenza» della Catalogna è durata poche ore, cadendo senza quasi nessuna opposizione al momento in cui lo Stato decise di sopprimerla con mezzi militari.

Il bilancio dell’ottobre 1934 fu, da subito, terribile per la classe proletaria: le migliaia di morti nelle Asturie si devono al Partito Socialista che le gettò al mattatoio consapevolmente. La successiva repressione, la distruzione di quadri politici e sindacali in una delle principali regioni proletarie del paese, ma anche nelle zone della Castiglia dove i ferrovieri e altri settori avevano indetto uno sciopero generale, provocò la distruzione del movimento operaio organizzato in queste zone, e in molte di esse non riuscì mai a risollevarsi, dando luogo a una situazione terribile quando gli operai furono definitivamente sconfitti nel luglio 1936 senza quasi nessuna resistenza.

Una buona parte della classe proletaria, quella che non era organizzata direttamente nella CNT e che era maggioritaria al di fuori della Catalogna, credeva davvero nell’insurrezione come mezzo per schiacciare la reazione. I termini in cui avvenne la sconfitta implicarono che questa parte del proletariato non poneva più la necessità della lotta rivoluzionaria. La repressione fu militare e politica. La classe proletaria, guidata da un Partito Socialista che non aveva nulla di rivoluzionario, aveva ancora, nel 1934, una certa forza autonoma. Questa forza è andato perduta quando la classe operaia è stata lanciata in combattimento sapendo che sarebbe stata sconfitta.

Per quanto riguarda la CNT, i dirigenti anarchici hanno rifiutato, come abbiamo detto, di entrare in lotta. Ma, si sono spinti molto oltre, rifiutandosi di combattere contro la repressione borghese, incapaci di indire uno sciopero quando l’esercito sparava senza sosta nelle zone minerarie.

Questo fu il secondo fattore di disorientamento che obiettivamente ebbe un peso decisivo nella classe proletaria. La lotta di classe, intesa come scontro dei proletari con un nemico comune, perdeva così ogni significato. Impossibilitati a superare questa situazione, i proletari furono definitivamente paralizzati proprio da queste correnti opportuniste (socialiste e anarchiche) che li avevano portati alla sconfitta.

La conseguenza dell’ottobre 1934 fu la distruzione della forza indipendente della classe proletaria. E questo si consolidò con il patto del Fronte Popolare al quale aderirono, direttamente o indirettamente, tutte le organizzazioni presenti nel proletariato, sostenendo che, dopo ottobre, era necessaria una grande alleanza «di sinistra» per cacciare il fascismo dal governo. Da questo punto di vista si comprende la reale portata della disfatta del ’34. Il Fronte Popolare non fu nemmeno un ritorno alla situazione del 1931, con una grande alleanza tra operai e repubblicani piccolo-borghesi che si materializzò in quella congiunzione che la CNT implicitamente sosteneva. Il Fronte Popolare rappresentò una regressione in termini almeno simili a quelli del 1909, mentre in questa nuova alleanza i proletari contribuirono solo con la forza che consentiva di manovrare politicamente, ma senza nemmeno avere una reale rappresentanza negli organi direttivi. La divisione della classe operaia con cui si uscì dall’ottobre ’34 si consolidò con un programma accettato da PSOE, POUM, PCE e persino CNT che riduceva i proletari a mero appoggio della borghesia repubblicana.

Saranno oggetto di un prossimo rapporto gli avvenimenti più sorprendenti del 1936, come il passaggio del potere da parte degli anarchici alla piccola borghesia repubblicana dopo averlo conquistato in piazza, l’uscita dei proletari militarmente organizzati dalle principali città per «marciare al fronte» per combattere Franco, la difesa dello Stato borghese come garante delle conquiste ottenute ecc. Tutto questo può essere spiegato solo se si comprende che la classe operaia era stata politicamente sconfitta nel 1934. Anche se le organizzazioni opportuniste avevano già allora il controllo del proletariato, c’era ancora la certezza che si poteva e si doveva lottare contro la borghesia. Questa era la tensione vissuta nelle organizzazioni di base del proletariato. Con la sconfitta del 1934, con la cessione da parte dei dirigenti socialisti e anarchici nella successiva coalizione con i repubblicani, quel minimo di indipendenza di classe che ancora esisteva fu definitivamente compromessa.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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