La classe borghese dominante, mentre prepara la guerra, parla di civiltà, di libertà, di eguaglianza delle nazioni, di pace...

(«il comunista»; N° 181 ; Marzo-Aprile 2024)

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Il 4 aprile scorso è stato celebrato il 75° anniversario del Patto Atlantico che, nel 1949, diede origine all’Alleanza Atlantica, la NATO. Nata subito dopo la fine del secondo macello imperialistico mondiale, su iniziativa delle potenze occidentali vincitrici del conflitto, era evidente fin dal primo momento che gli Stati Uniti avevano in mano la vera direzione della Nato ; Inghilterra e Francia dovevano essere in parte ricostruite dalle distruzioni della guerra, l’Italia ancor di più e la Germania, la potenza europea vinta e divisa in accordo con l’Urss perché non ricostituisse una nuova minacciosa concorrente, poteva solo contare sul flusso miliardario di dollari per rimettere la sua economia in condizioni di costituire nuovamente un mercato interessante per il dollaro e per il capitalismo internazionale. I 12 paesi coinvolti nel 1949, con l’andare del tempo sono aumentati inglobando la Turchia – unico paese del Medio Oriente – e quasi tutti i paesi dell’Est Europa ex satelliti dell’Urss, arrivando oggi, con il recente ingresso di Finlandia e Svezia, a 32. La Nato si è costituita in funzione antirussa col pretesto di combattere un “comunismo” che ormai era già stato battuto e sepolto dallo stalinismo, cosa che ha facilitato l’adesione alla spartizione dell’Europa e delle zone extraeuropee tra le potenze imperialistiche. Il crollo dell’Urss, nel 1991-92, ha decretato anche la scomparsa del Patto di Varsavia con cui il blocco sovietico aveva risposto alla Nato quando, nel 1955, la Germania Ovest vi aderì. La Nato è un’alleanza di guerra che nel tempo si è sempre più rafforzata sia in termini di estensione di paesi aderenti, sia in termini di potenza militare, compresi gli armamenti nucleari di cui sono dotati gli Usa, il Regno Unito, la Francia, oltre alla Russia e alla Cina (guarda caso i 5 componenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU). Aldilà delle dichiarazioni ipocrite sul mantenimento della sicurezza di ogni paese e della pace, il mondo capitalistico è armato fino ai denti e la propensione dei paesi imperialisti ad usare oltre alla forza economica e finanziaria di cui sono dotati, anche quella militare, dimostra che la preoccupazione reale di ogni potenza capitalistica riguarda la sua capacità di armarsi in modo tale da intimidire gli Stati concorrenti e avversari non solo con la minaccia di usare la forza armata di cui dispone, ma anche con il suo effettivo uso. E, dalla fine della seconda guerra imperialistica mondiale in poi, l’uso della forza armata da parte di ogni potenza imperialistica ha segnato costantemente il corso storico di questi ultimi ottant’anni, sia nelle guerre coloniali, sia nelle guerre locali a cui anche le potenze regionali venivano trascinate a partecipare. La guerra, perciò, è una costante della vita dell’imperialismo, la pace al contrario è un’eccezione. Ma questa realtà è falsata sistematicamente da ogni dichiarazione politica dei governanti e dei capi di Stato che inneggia alla pace, alla sicurezza di ogni nazione, al libero sviluppo civile di ogni popolo... E un esempio ce lo dà il Presidente della Repubblica italiana proprio in occasione del 75° anniversario della Nato.

Nel suo intervento, dopo aver ricordato che il Patto Atlantico avrebbe contribuito all’identità politica della Repubblica quale è ancora oggi, ha detto: « Quando si conclude una guerra (...) il tema che si pone è “fare la pace”, e, subito dopo, dar vita a un sistema di sicurezza collettiva efficace ». Si deduce perciò che la guerra è una dato certo, che ha un inizio e una fine, mentre la pace è un dato incerto, è un tentativo del cui inizio non si è sicuri e non si sa quando, pur avendola attuata, finirà. In altri termini, si ammette che non è possibile cancellare la guerra da questo mondo, perciò ogni Stato deve prepararsi a difendere la propria esistenza e ad unirsi con gli altri Stati con cui sia più efficace la difesa comune. Il presidente Mattarella ricorda che l’Italia democristiana al tempo di De Gasperi, alla fine della guerra, doveva scegliere se restare “neutrale” o se aderire al Patto Atlantico. Ma la scelta era stata, di fatto, già imposta dagli Alleati che “liberarono” il territorio nazionale dall’occupazione tedesca e che occuparono, a loro volta, le zone d’Italia tendenti a sottrarsi al controllo anglo-americano (come il nord-est e la Sicilia separatista), e che imposero ai governi italiani il rifiuto della neutralità, aderendo infine al Patto Atlantico e aprendo il territorio patrio alle basi militari americane. Ma Mattarella porta il discorso più in là, dando una rinnovata nobiltà al progetto europeo che fin dall’epoca di De Gasperi allignava nelle prospettive politiche più lontane, progetto che si sarebbe definito, grazie alla « nostra appartenenza al Patto atlantico », in una « prospettiva sovranazionale e ideale » di cui oggi farebbe parte l’attuale Unione Europea.

In pratica, l’Unione Europea sarebbe figlia della Nato, ossia figlia di un’alleanza esclusivamente militare. Ma, come sappiamo, la politica militare è la continuazione della politica estera di ogni Stato e se la Nato è la politica militare degli Stati Uniti – senza i quali la Nato non esisterebbe – significa che la politica estera degli Stati Uniti prevedeva e prevede la sottomissione dei paesi europei ai suoi interessi imperialistici. Una sottomissione che non è stata il risultato soltanto di una guerra mondiale vinta, ma anche il risultato di colossali investimenti di capitali americani nelle economie dei paesi europei. D’altronde, il ruolo mondiale dell’Europa – cioè, in particolare, di Inghilterra, Francia e Germania – dopo la fine della seconda guerra mondiale cedeva inevitabilmente il passo al primeggiare degli Stati Uniti, e Mattarella nel suo discorsetto lo riconosce apertamente. Cosa poteva fare la povera Italietta se non mettersi sotto le ali protettrici dell’America, e rimanerci?

Il Patto Atlantico, ricorda sempre il nostro presidente, poggiava su questi principi: « no a ingrandimenti territoriali a spese di altri, no a mutamenti territoriali che non rispettino voti liberamente espressi dai popoli interessati ; diritto di tutti i popoli di scegliersi la forma di governo e restaurazione dei diritti sovrani e dell’autonomia di coloro che ne sono stati privati con la forza ; accesso in condizioni di parità al commercio e alle materie prime del mondo ; cooperazione economica fra tutti gli Stati per assicurare a tutti migliori condizioni di lavoro, progresso economico, sicurezza sociale ; distruzione della tirannia nazista e garanzia di pace a tutti i popoli per vivere sicuri nei confini e liberi dalla paura e dal bisogno ; libera circolazione nei mari e negli oceani ; rinuncia all’impiego della forza ». Beh!, una migliore e gigantesca presa in giro dei popoli non poteva essere riassunta così bene.

Le guerre contro i moti nazionali in Asia e Africa da parte delle potenze occidentali e da parte della Russia stalinista e post-stalinista, le guerre scatenate contro i paesi arabi (Iraq, Libia, Libano, Siria) e in Europa (Jugoslavia e Ucraina), direttamente o per procura, che cosa dimostrano se non tutto il contrario dei principi proclamati con tanta enfasi? Quanto al progresso economico, alle migliori condizioni di lavoro, alla sicurezza sociale... di tutti i popoli, basta osservare le tragedie dei milioni di migranti, la morte per fame in interi paesi colpiti da siccità e carestie, la strage continua di lavoratori sui posti di lavoro, una previdenza sociale, vanto delle economie sviluppate, sempre più ristretta e centellinata alla maggioranza dei lavoratori.

Il capitalismo dal volto umano, che rappresentanti della borghesia dominante come Mattarella propagandano con incredibile faccia tosta e con cui coprono la realtà, è fatto di stragi, massacri, impoverimento generale delle grandi masse, disprezzo della vita dei lavoratori salariati perché quello che conta è il benessere del capitale, non dei lavoratori, benessere che ogni capitalismo nazionale cerca in ogni modo di difendere e di aumentare anche e soprattutto se va incontro alle sue crisi cicliche. Dunque, visto che la borghesia dominante, non riesce ad evitare le crisi economiche, perché mai dovrebbe distruggere se stessa? Meglio distruggere enormi quantità di prodotti e di lavoratori e salvare il sistema capitalistico su cui poggia il suo potere economico e politico.

E uno dei modi di salvare il capitalismo è fare la guerra e prepararsi alla prossima guerra guerreggiata. Moriranno certamente anche dei borghesi, ma non la classe borghese, che morirà solo per mezzo della rivoluzione proletaria in grado di distruggerne potere politico ed economico.

 

 

Partito Comunista Internazionale

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