Vita di partito

Il  partito  di  classe  proletario  e  gli altri  partiti  politici

(«il comunista»; N° 183 ; Agosto-Settembre 2024)

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Lo scorso 13 luglio si è tenuta regolarmente la riunione di sezione a Trento. Il tema svolto ha trattato la questione del partito di classe, secondo la formulazione marxista di che cosa significa classe sociale e che cosa rappresenta il partito di classe, di cui qui diamo un breve resoconto sintetico. Il tema verrà ripreso nelle prossime riunioni di sezione affrontando gli altri aspetti che riguardano il suo programma, la sua organizzazione e i suoi compiti nei diversi periodi storici.

 

Per poter affrontare in modo funzionale il tema del partito di classe, è necessario anzitutto comprendere che cosa sia una classe in genere. Non si deve infatti cadere nell’errore di credere che solamente il proletariato sia una classe, o che il proletariato sia l’unica classe che storicamente viene considerata nelle sue analisi dal marxismo. Per comprendere più chiaramente la nozione di classe è forse opportuno riprendere l’etimologia della parola, come già fatto sulla stampa del nostro Partito. La parola classe deriva da classis. Per citare un dizionario (Castiglioni-Mariotti), il suo significato primario è flotta, esercito (1). Si tratta dunque, quantomeno nella sua origine, nella descrizione di un gruppo compatto ed organizzato. Ci si potrebbe chiedere “organizzato per cosa?”, e la risposta è inesorabilmente fornita dalla dottrina del comunismo rivoluzionario: organizzato per il combattimento contro una o più classi avverse. Questo è il tratto caratteristico della lotta di classe, come del resto diceva C. Marx: la storia della società divisa in classi è una storia di lotta di classi. La divisione in classi della società, come tratto caratteristico, implica una contraddizione tra gli interessi proprii delle classi sociali, nei loro programmi storici. Queste contraddizioni sono il motore della Storia, giacché la divisione in classi implica inevitabilmente la lotta di classe, il rovesciamento violento dei vecchi regimi (col sovvertimento della classe dominante) ed il progresso di nuovi modi di produzione. E’ lo sviluppo delle forze produttive che, ad un certo punto, preme potentemente sulle forme sociali e politiche della produzione economica, richiedendo oggettivamente forme sociali e politiche (rapporti di produzione e rapporti sociali) più coerenti con lo sviluppo delle forze produttive e, quindi, col nuovo modo di produzione che avanza.

In questo stato caratteristico di ogni società divisa in classi, la contraddizione tra le sue parti e lo stato di perenne lotta, ogni classe ha degli obiettivi, delle finalità storiche differenti, diversificate nella misura della contraddizione con le altre classi. Per portare avanti nella Storia queste finalità, la classe si organizza, nella sua parte più avanzata e cosciente delle necessità che deve incarnare, in una Pars, una volta chiamata Parte, che oggigiorno viene chiamata Partito. Il Partito di classe è caratterizzato da questo, dall’incarnare coscientemente gli obiettivi storici della classe in questione. Questa definizione, come si capirà facilmente, non è limitata al solo proletariato. Del resto, quando Robespierre organizzò il Club Giacobino, non venne esso chiamato anche Partito Giacobino? Non incarnava forse gli interessi della classe borghese rivoluzionaria, in quei giorni del terrore contro l’Antico Regime? Fu solamente quando gli interessi della grande borghesia francese andarono contro le politiche del regime del giacobinismo più radicale che la dittatura rivoluzionaria di Robespierre venne spezzata.

In qualsiasi caso, il programma storico del partito di classe è caratterizzato dalle finalità della classe medesima. Sta proprio in questo ciò che distingue sostanzialmente il partito della classe proletaria dagli altri partiti classisti. Ogni partito, nella Storia, rivoluzionario o reazionario che fosse, ha sempre incarnato solamente gli interessi della propria classe, così com’erano. Così oggi i varii partiti borghesi sono votati tutti, in un modo o nell’altro, al conservatorismo sociale, alla difesa dell’ordine odierno, nella forma che appare più efficace allo scopo: democratica, fascista o nazional-popolare. La classe borghese è giunta a più riprese a dirottare gli organismi politici proletari a favore dei suoi interessi: nel 1902 con Bernstein nella Seconda Internazionale, nel 1914-5 con Kautsky ed il suo centrismo militarista, nel 1927-8 con Stalin ed il completo sovvertimento della Rivoluzione bolscevica, del Partito Comunista Russo (b) e della Terza Internazionale. Per quanti sotterfugi utilizzi, per quante ideologie marce ci possa levare contro, essa non incarna che una forma storica limitata al mantenimento del regime sociale vigente che esprime l’inevitabile incapacità storica di progredire economicamente e socialmente superando le contraddizioni che lo stesso modo di produzione capitalistico genera e gonfia sempre più.

Il partito di classe del proletariato è unico, inedito storicamente, giacché il suo obiettivo storico è non il mantenimento indefinito del potere del proletariato come classe, ma l’eliminazione definitiva della società divisa in classi. Questo obiettivo storico fondamentale non consiste solamente nell’instaurazione della dittatura del proletariato, dunque, ma anche nel suo superamento, nei termini della conquista finale del comunismo. Certamente questo è un programma che deve svolgersi sul lungo termine, ma su questo non v’è alcun dubbio nella funzione medesima del Partito. Il Partito proletario non ha infatti il compito di rappresentare le istanze momentanee od immediate di una parte della classe, ma piuttosto deve basarsi su di esse per guidare il proletariato, nei suoi inevitabili moti storici, alla vittoria finale di una nuova società. Il Partito proletario (che chiamiamo partito comunista, come già dicevano Marx ed Engels, in quanto finalizzato alla distruzione di ogni divisione in classi della società attraverso la rivoluzione proletaria e all’avvio della società su scala mondiale verso il comunismo) è dunque l’ultimo partito di classe che esisterà storicamente, perché con la scomparsa delle classi scomparirà anche la funzione generale del partito di classe.

Il tratto fondamentale che caratterizza il partito classista proletario: è la sua dottrina. Il marxismo, il risultato della convergenza storica di una serie ben precisa di condizioni, era una condizione necessaria alla formazione del partito comunista. Il comunismo rivoluzionario, infatti, è l’effetto della convergenza del socialismo francese di Fourier e Saint Simon, della filosofia critica tedesca di Hegel e dell’economia politica inglese di Smith e Ricardo. Si noti come nessuno di questi avesse alcuna precisa finalità proletaria che fosse realizzabile. Se Smith e Ricardo erano autori dichiaratamente borghesi, Hegel giunse a fare dell’idealismo che soggiace al suo sistema la giustificazione per una soddisfazione “spirituale” del servo, che tralasciasse la conquista diretta del potere politico. Infine, per quanto geniali nella loro epoca, i socialisti utopisti non potevano che avere visioni parziali e fantasiose di quelle che dovevano essere le sorti dell’Umanità. Ricordiamo come ambedue fossero riformisti e come addirittura Saint Simon non distinguesse sostanzialmente il proletariato dalla borghesia (2).

Queste tre basi si dovevano innestare su una società sviluppata industrialmente quantomeno in più d’un paese, affinché si sviluppasse materialmente la necessità di una dottrina di classe veramente e solamente proletaria. Lo sviluppo capitalistico porta inevitabilmente allo sviluppo, contraddittorio ma complementare, del proletariato. Basti pensare quanto fu utile ad Engels, nello sviluppo delle sue concezioni, osservare direttamente la vita degli operai inglesi, la loro miseria e la loro lotta continua per la vita (e che del resto caratterizza oggi gran parte del proletariato sulla terra) (3).

Il marxismo era necessario come dottrina non solo perché classista, ma anche e soprattutto perché è l’unica dottrina che considera scientificamente la totalità della Storia. Senza una simile capacità di previsione (che è sempre limitata, ricordiamo, dalle generalità alle quali più chiaramente possiamo accedere), sarebbe impossibile per il Partito Comunista guidare il proletariato all’instaurazione di un regime sociale nuovo, così tanto diverso da tutto ciò che precedentemente era stato fatto. Il compito del Partito di classe del proletariato è sicuramente enorme in questo senso, ma non può mancare della sicurezza della sua futura vittoria. L’attuale modo di produzione capitalistico rende sempre più immense le sue contraddizioni, di giorno in giorno. Le crisi divengono sempre più ravvicinate e severe, le guerre si moltiplicano mentre il tasso del profitto medio scende inesorabilmente, costringendo la borghesia, da un lato, alla guerra contro le borghesie concorrenti e, dall’altro, ad una guerra sempre più aperta contro i lavoratori salariati di tutto il mondo per sfruttarli con sempre maggiore intensità e sempre minore umanità. In un quadro del genere, considerando le grandi vittorie conseguite nel passato, la dimostrazione più lampante della dittatura del proletariato prima nella brevissima Comune di Parigi e poi, per alcuni anni, nella Russia Sovietica di Lenin, dobbiamo apparire fiduciosi nella nostra futura riscossa. Come abbiamo avuto modo di dire: Il capitalismo è condannato: attende il suo becchino (4). Quel becchino è il proletariato, l’esecutore finale della sentenza emessa dalla Storia, con alla testa il suo Partito.

 


 

(1) Castiglioni-Mariotti, Dizionario della Lingua Latina, 3° edizione, p. 203.

(2) Cfr. Engels, Antidühring, Sezione III, Capitolo I.

(3) Cfr. Engels, La Situazione della Classe Operaia in Inghilterra.

(4) Cfr. Successione delle forme di produzione nella teoria marxista, reprint “il Comunista”, 1994, p. 62.

 

 

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