Il «Sindacato dei Lavoratori in Lotta per il sindacato di classe» e il pericolo di opportunismo

(«il proletario»; N° 2; Supplemento a «il comunista» N. 109 - Luglio 2008) 

 

Napoli, 20 luglio 2008.

 

L'Assemblea nazionale svoltasi nel capoluogo partenopeo a fine maggio, indetta dal Sindacato Lavoratori in Lotta (SLL) di Napoli e dallo Slai Cobas di Taranto, entrambi ineggianti al sindacato di classe, rischia di diventare la data di inizio della trasformazione del SLL in un sindacato cosiddetto «alternativo» e quindi della sua omologazione tra le altre organizzazioni di base esistenti, ma non di classe.

La presenza all'Assemblea di organismi di base dichiaratamente opportunisti minano un percorso che di per sè è già arduo e difficile.

L'unità sindacale che il SLL persegue, rischia di realizzarsi ma a discapito di quella linea di classe finora solo sancita.

L'unità sindacale per essere costruttiva deve tener conto della sua prerogativa storica, quella del fronte unico proletario, dove la strategia unitaria mirante allo smascheramento delle direzioni opportuniste di talune organizzazioni a cospetto della coerenza di classe espressa da obiettivi, metodi e mezzi di interesse esclusivamente proletari, mostra a questi ultimi la natura reale della linea dei propri dirigenti. Ma questo è possibile solo con la presenza dei comunisti nelle file proletarie.

La ricerca di una strada che porti all'affermazione di quei principi di classe, cui le avanguardie di lotta da sempre si ispirano, non devono mai prescindere dalla prassi storica delle lotte. La loro «attualizzazione» o «aggiornamento» nascondono in realtà la negazione dei principi di classe.

Il Sindacato Lavoratori in Lotta, nel quale da tempo cerchiamo, con molta fatica, di portare un nostro contributo, rappresenta un vero e proprio banco di prova per coloro ai quali sta a cuore la crescita di un vero movimento di classe.

I principi organizzativi e gli obiettivi ai quali la piattaforma generale si ispira, entrano in collisione con mezzi e metodi di lotta di ispirazione tricolore che, oggettivamente, sono stati metabolizzati dalla maggioranza del nuovo staff dirigenziale. Questo è uno dei nodi cruciali delle problematiche SLL.

Nei fatti, il vecchio apparato dirigente dell'ex «Movimento di Lotta per il Lavoro» viene praticamente dominato da forme più o meno palesi di burocratismo sancite dal primo Congresso del SLL.

La ricerca di forme organizzative e dell'assegnazione dei ruoli ha portato, in realtà, a plagiare forme organizzative di carattere interclassista - caratteristiche delle organizzazioni ufficiali e tricolori - che minano alle fondamenta la compattezza e la coerenza di un movimento ricco di esperienza e che fa ancora paura ai rappresentanti della classe borghese dominante, locali e forse non solo locali.

D'altro canto, sappiamo che la borghesia gioca sempre d'anticipo, soprattutto di fronte ad un avversario di grande capacità di mobilitazione che è stato , e potrebbe continuare ad esserlo, il SLL.

A suo tempo, la suddivisione, apparentemente tecnica, del movimento in quattro società con progetti differenziati (Recam, Napoli Servizi, Pan - ora Arpac - e Smartway - ora Sis), presentate come acquisizione di un lavoro (almeno sulla carta) dopo anni di lotte, pose in realtà la base di quello che è diventato un altro nodo cruciale da superare: il corporativismo.

Questa suddivisione ha imposto praticamente delle problematiche diversificate come sono statead esempio le proroghe, a progetto concluso, con scadenze scaglionate. Progetti, quindi, dipendenti essenzialmente dallo stanziamento di fondi e non legati certamente alla produttività. La trasformazione di questi Progetti in lavoro  vero, è una vecchi aspirazione che accomuna il SLL a tutti gli ex cassintegrati che oramai da circa un ventennio si sono piegati all'accettazione di una precarietà senza fine.

La presenza in queste società di altri proletari, ma iscritti ai sindacati tricolore pone effettivamente problematiche delicate.

Ma ripartiamo dall'unità sindacale.

Dal punto di vista della quantità, l'unità non può che creare dei vantaggi. Infatti il numero è indiscutibilmente un punto fondamentale nei rapporti di forza con la borghesia. Ma l'unità in quanto tale non basta. Bisogna sapere come questa unità si realizza, su che basi si forma, e darle una qualità specifica.

Se per unità si intende l'alleanza con altre organizzazioni sindacali, privilegiando la loro impostazione politica caratterizzata dalla compatibilità di interessi con le istituzioni e da un corporativismo mascherato da democratismo - in pratica, dalla collaborazione di classe - che risultano essere il perno storico della loro politica, allora significa sottomettersi alla politica riformista ed opportunista tricolore.

All'unità sindacale, perché sia svincolata dal collaborazionismo, bisogna dare una caratterizzazione di classe che non può che essere ispirata ad una politica diametralmente opposta a quella dei sindacati confederali. Bisogna sostenere nelle assemblee e nella propaganda rivendicazioni di esclusivo interesse proletario, appunto di classe, oggettivamente incompatibili con la borghesia rappresentata dalle sue istituzioni. Bisogna far prendere atto che esiste uno scontro oggettivo tra borghesia e proletariato e che lottare separatamente avvantaggia solo i padroni. La borghesia contro i proletari è unita, e il primo tassello di questa unità borghese lo si trova nella spietata concorrenza fra proletari che la borghesia crea e alimenta con grande forza.

Al cospetto degli iscritti delle organizzazioni sindacali tricolore bisogna dire che l'unità dei loro bonzi sindacali è solo di facciata e che in realtà essi perseguono la divisione della classe proletaria e la sua sottomissione agli interessi borghesi e ai propri peculiari interessi di casta burocratica.

Il coinvolgimento dei lavoratori di tutte le società (Recam, Sis, Napoli Servizi e Arpac), ma soprattutto dei disoccupati, nelle lotte, deve diventare la vera discriminante tattica del « Sindacato dei Lavoratori in Lotta per il sindacato di classe». Le singole vertenze devono essere poste e combattute unitariamente.

Se le organizzazioni tricolore non vogliono i disoccupati è per precisa scelta strategica dettata da una visione capitalista e meschina di mercato. Essendo la forza lavoro una merce, essa è sottoposta alle stesse leggi della domanda e dell'offerta che regolano il mercato di tutte le merci. Perciò, più disoccupati esistono, più questi premono sul mercato della forza lavoro attiva, minore è il costo della forza lavoro. L'abbassamento del costo del lavoro con un maggiore tasso di sfruttamento, con salari di fame e una maggiore ricattabilità dei proletari, sono gli obiettivi strategici borghesi. Ma senza l'opera opportunista dei sindacati tricolore, per la borghesia sarebbe molto più difficile se non quasi impossibile da far passare. Certo, la borghesia ha sempre l'arma dell'aperta repressione,  e nella storia delle lotte di classe ha dimostrato di saperla usare con grande astuzia e con grande ferocia. Ma l'esperienza di dominio sulla società ha insegnato alla borghesia che è molto più vantaggioso - sia in termini di coinvolgimento delle masse proletarie alla difesa dei suoi interessi borghesi (competitività delle merci «italiane», difesa dell'economia nazionale, maggiore produttività perché le aziende non chiudano, ecc.), sia in termini di durata nel tempo di quella oscena alleanza tra sfruttati e sfruttatori sotto la bandiera di una pace sociale e di una democrazia che di fatto paralizzano da decenni le masse proletarie.

La politica pluridecennale delle compatibilità degli interessi «del paese» di Cgil, Cisl e Uil, ha portato alla perdita delle conquiste che i lavoratori avevano strappato ai padroni e al loro Stato con lotte molto dure a  cavallo degli anni '60 e '70 del secolo scorso; ha portato alla pratica del sabotaggio sistematico, e tuttora in corso, di qualsiasi lotta operaia, anche la più elementare, che avesse una connotazione di classe.

I sindacati cosiddetti alternativi non hanno nulla da invidiare ai Confederali. La loro opposizione solo verbale non ha avuto alcun riscontro pratico positivo, e non poteva ovviamente averlo. Hanno spesso imbrogliato i lavoratori più combattivi attraverso un estremismo verbale, dimostrando così di cambiare solo le parole per fare esattamente la stessa opera opportunista e paralizzante dei Confederali.

Nel SLL, l'apertura delle iscrizioni dei disoccupati è stata senza dubbio un momento positivo dal punto di vista dell'attitudine classista di un'organizzazione che intendeva differenziarsi nettamente dalle altre organizzazioni sindacali esistenti. Un sindacato che tende ad essere di classe non può prescindere dal coinvolgimento di tutti i proletari, occupati, precari e disoccupati.

L'affluenza nelle varie sedi del SLL non poteva che essere positiva in una piazza, come Napoli, dove la disoccupazione è ai gradini più alti a livello nazionale. I disoccupati, oltretutto, sono completamente liberi da vincoli formali politici e sindacali, e questo fatto non pone alcun problema di reticenza nei confronti del SLL; a differenza dei proletari occupati nei posti di lavoro dove costantemente vengono controllati e ricattati dai galoppini sindacali. Proprio per questo i disoccupati rappresentano una vera e propria bomba ad orologeria.

La pressione di piazza ormai storica delle varie organizzazioni di disoccupati è mitigata dalla loro frammentazione e chiusura in liste Questo fatto produce una contrapposizione oggettiva che non può che avvantaggiare la controparte istituzionale. Il vantaggio scaturisce da un controllo della piazza e dei proletari che vogliono lottare. Ma questo vantaggio ha comunque un costo. Il Progetto Isola (Inserimento sociale attraverso il lavoro) rientra nella strategia padronale e istituzionale con un costo minimo al perpetuarsi della pace sociale.

Formalmente, questo progetto, attraverso tutta una serie di passaggi che vanno dall'Orientamento alla Formazione e quindi «l'impiego» in diversi comparti produttivi, darebbe lavoro ad una prima tranche di disoccupati. Nella realtà partenopea, dove la forza lavoro viene espulsa più che altrove continuamente dalle fabbriche per chiusura o, nella migliore delle ipotesi, per ristrutturazione (utlizzando comunque sempre meno operai), e dove anche i Servizi vengono «ottimizzati» attraverso il ridimensionamento delle piante organiche attraverso il blocco del turnover e gli esodi «incentivati», la presa in giro del Progetto Isola è più che evidente!

Quello che avviene in realtà è la concessione di un minimo salario di fame determinato da un rapporto di forza relativamente sfavorevole. I disoccupati cosiddetti della «prima tranche» stanno percependo un salario di 500 euro mensili più un centinaio di euro di «indennità». Il loro Progetto è scaduto da qualche mese, ma è stato rinnovato con l'ormai abituale proroga di 6+6 mesi. Molti disoccupati iniziano a comprendere questa montatura e si recano quoitidianamente sul «posto di lavoro» per apporre una firma di presenza e nulla più. Ovviamente questo andazzo non dipende certo da loro.

Ma questo silenzio/assenso è scaturito anche da un altro fattore: la pressione di piazza da parte di altri disoccupati per il loro successivo «avvio».

Per quest'anno dovrebbe partire una ulteriore «seconda tranche» che si andrà ad aggiungere alla prima ovviamente in contrapposizione tra loro. Nel frattempo è già in cantiere una «terza tranche». E' ovvio che la parcellizzazione e la contrapposizione tra disoccupati rispondono ad una tattica ben definita dell'Assessorato locale.

Con l'apertura ai disoccupati , il SLL si inserisce oggettivamente in questo contesto. Ma lo fa da Sindacato e non come Lista chiusa.

A meno di un anno dall'apertura delle iscrizioni vengono contattati circa duemila disoccupati e alcune centinaia della prima e della seconda «tranche». L'apertura di altre sedi periferiche del SLL fa traballare una certa centralizzazione che è molto importante ai fini organizzativi. Le manifestazioni di piazza iniziano un po' in sordina, ma alla prima scadenza assembleare il successo è più che evidente, almeno sul piano numerico. Per esperienza si sa che alle manifestazioni solo una certa percentuale, ma non modesta, vi partecipa fisicamente. Ma l'inesperienza dei nuovi iscritti fa gridare alla scarsa partecipazione...

Alcuni tentativi sporadici di manifestazione in appoggio ad altre realtà SLL vengono male interpretati: si considerano le altre vertenze «estranee» al percorso dei disoccupati. Queste sono difficoltà oggettive, non c'è nulla da meravigliarsi e possono essere superate solo con la continuità delle pratiche classiste, che tendono cioè ad unire i diversi reparti proletari e non a chiuderli nei loro rispettivi recinti, pratiche accompagnate da frequenti dibattiti assembleari. Non solo i disoccupati, ma anche i proletari occupati hanno perso l'abitudine a confrontarsi nelle assemblee e a partecipare direttamente a tutte le decisioni che riguardano la loro lotta; è dunque ovvio che su questo elementare terreno organizzativo nascano difficoltà. Ma le avanguardie hanno appunto il compito di indicare la strada da seguire per rendere la lotta proletaria più efficace, sulla base delle esperienze delle lotte passate, degli ostacoli già incontrati e combattuti.

La decisione del SLL di sospendere, anche se solo «momentaneamente», per motivi tecnici (su questo abbiamo qualche dubbio), le iscrizioni di disoccupati, è secondo noi un fatto controproducente. Sono passati ormai alcuni mesi da quella decisione e ora la riapertura delle iscrizioni appare più problematica già per molti.

L'attività di organizzazione classista non può essere calibrata sui limiti che la Controparte pone, in questo caso nell'impiegare un certo numero di disoccupati nei Progetti da parte dell'Assessorato. Non sta al SLL di autolimitare le proprie rivendicazioni classiste. La responsabilità di non poter soddisfare le esigenze di altri disoccupati cadrà sulle Istituzioni e non certo sul SLL che si assume invece il compito di organizzare quanti più proletari, occupati e disoccupati, possibile. Limitare il numero di iscritti disoccupati secondo i criteri posti dall'Assessorato significa accettare quello che può essere in questo momento compatibile con le esigenze del capitalismo e del dominio borghese sulla società. Ma le compatibilità economiche e sociali decise dal padronato e dalle istituzioni non sono mai a favore dei proletari, sono sempre contro i loro interessi e normalmente attaccano in modo sempre più duro le loro condizioni di vita e di lavoro. Si lotta per ottenere ciò che le compatibilità borghesi non danno; i sindacati collaborazionisti operano e «lottano» perché quelle compatibilità siano accettate dai proletari, e sono collaborazionisti proprio per questo motivo.

La compatibilità borghese non rientra nella visione classista della lotta. E' logico che la lotta giunga ad un certo punto ad un termine e ad un accordo: ma questo accordo, più o meno favorevole alle esigenze proletarie a seconda dei rapporti di forza che la lotta è risucita a modificare a favore del proletariato, sarà sempre un accordo provocato dalla lotta di classe, pronta a rimettersi in moto per avanzare oltre quell'accordo temporaneo o per riconquistare quanto in quell'accordo i padroni e le istituzioni si erano impegnati a dare.

La lotta sul terreno economico e sindacale, se condotta con criteri di classe, rivela più chiaramente l'antagonismo fra proletariato e borghesia, mostra con più evidenza che l'interesse dei proletari di ogni categoria e di ogni condizione sociale è quello di unire le proprie forze per lottare insieme sullo stesso terreno di scontro con gli interessi borghesi. Da questo punto di vista, e proprio perché la borghesia reagirà con ogni mezzo pur di non perdere l'enorme vantaggio che il collaborazionismo sindacale e politico le ha fatto conquistare sulla pelle delle masse proletarie, la lotta di classe è per il proletariato «scuola di guerra». Una scuola attrraverso la quale i proletari imparano a lottare per i propri esclusivi interessi immediati; una scuola grazie alla quale i proletari saranno in grado di lottare per obiettivi futuri molto più alti. Non sarà certo un numero maggiore di disoccupati iscritti al SLL, fossero anche dieci volte tanto, a mettere in difficoltà i disoccupati. Anzi, ne guadagnerebbero in rapporto di forza con una massa d'urto ben più potente dell'attuale, capace di porsi rivendicazioni ben più vaste delle attuali.

La chiusura in liste dei disoccupati alimenta l'individualismo, l'illusione che vi sia una risoluzione personale del problema della vita; questo è il modo di pensare spontaneo nella società del capitale che basa tutto sull'individuo e  che il proletariato assimila dall'ideologia borghese e dalle abitudini sociali della piccola borghesia. Lo spontaneismo dei proletari è legato all'ideologia borghese perché è il modo di pensare più antico e consolidato; perciò certi comportamenti da parte dei proletari di base sono più che comprensibili, ma non per questo non li si deve combattere.

Nel SLL vi è un'ala sinistra che dà delle direttive credendo di poter convogliare le diverse vertenze su di un piano unitario di classe; ma quelle direttive restano tali solo a livello verbale, non si tramutano in azioni conseguenti. In realtà, lo spontaneismo è patrimonio anche di elementi di una certa responsabilità e non solo della «base». Al verbalismo bisogna contrapporre una Piattaforma di lotta, programmatica, specifica, ma unificante per ogni settore di lavoro in cui il SLL si è organizzato; Piattaforma di lotta classista che vincoli tutti i responsabili a comportamenti consoni alle direttive di classe. Le Assemblee periodiche di tutti gli iscritti al SLL dove possano essere affrontate unitariamente tutte le vertenze, sono un deterrente contro il corporativismo e propedeutiche alla comprensione che la classe è una ed unica deve essere la lotta.

Tenendo sotto controllo la tendenza al corporativismo, e combattendola tutte le volte che riappare nelle sue molteplici forme, è più facile superare quelle forme di burocratismo che frenano, fino a bloccare, certe direttive che vanno nella direzione correttamente classista. Un controllo diretto e costante dei vecchi leader, in forza della loro esperienza classista maturata nelle lotte passate, deve tornare a farsi sentire sia per superare prassi burocratiche che si stanno via via affermando inceppando sempre più l'opera di rafforzamento classista del SLL, sia per vigilare su eventuali discrepanze nelle procedure di lavoro interno. Ma tutto questo non avrebbe un effetto positivo, di cui ormai è evidente l'urgenza, se il SLL non si dota di quella Piattaforma classista di lotta sulla quale organizzare tutti gli iscritti.

 

Partito comunista internazionale (il comunista)

www.pcint.org

 

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