No 17, 1 ottobre 1969
No 18, 15 ottobre 1969
No 19, 31 ottobre 1969
No 20, 15 novembre 1969
No 21, 1 dicembre 1969
Nota di rettifica dell'articolo « Partito e organismi di classe nella tradizione della Sinistra Comunista (Rapporto alla riunione generale di Ivrea, 12-13 aprile 1969) »
A proposito del tema svolto nella RG di Ivrea nell’aprile del 1969 su “Partito e organismi di classe nella tradizione della Sinistra comunista”: questo tema, che prese molto tempo e molte forze del partito in quegli anni, era stato già anticipato da diversi testi che si erano occupati della grande e complessa “questione sindacale” (ad es. diversi “fili del tempo”) e dallo stesso lavoro sulla Storia della Sinistra comunista; ma in particolare col testo “Partito e Sindacati nella classica visione marxista” (il programma comunista, 1966 - nn. 10,14,16,17,18,19,22; ripreso anche nel nostro Reprint n. 8, maggio 2015, Partito di classe e “questione sindacale”).
Il testo del 1969, nelle sue conclusioni, ha risentito dell’impostazione sbagliata che il partito aveva dato alla questione sindacale, quando appunto aveva scambiato la CGIL per un “sindacato di classe” che doveva essere difeso contro la sua unificazione con gli altri due sindacati – la CISL e la UIL – padronali e governativi, mentre fin dal 1949 (vedi il filo del tempo: Le scissioni sindacali in Italia) il partito aveva chiaramente definito la CGIL come sindacato tricolore, alla stessa stregua degli altri due sindacati in cui si era scissa dopo la sua fondazione nel 1943 sotto il controllo degli angloamericani.
Attenzione: nel capitoletto finale dell’articolo del 1969, intitolato “Gli insegnamenti della sinistra comunista” (il programma comunista, n. 22), vi sono due passaggi che inducono in errore.
Primo passaggio (9° capoverso) :
« (...) Il «parere» delle masse in una situazione controrivoluzionaria, come quella che stiamo vivendo oggi e che perdura da mezzo secolo, è sempre viziato dall’influsso dell’ideologia che il nemico inocula nelle file operaie per mezzo dei falsi partiti operai e dei dirigenti ufficiali dei sindacati. (...) »
Da questa frase si deducono idee sbagliate:
1) che l’opinione delle masse sia sempre viziata dall’influsso dell’ideologia del nemico, è sempre vero, sia in situazione controrivoluzionaria sia in situazione rivoluzionaria. E’ completamente sbagliato pensare che in una situazione rivoluzionaria il nemico si astenga dall’influenzare le masse proletarie;
2) non sono soltanto i falsi partiti operai e i dirigenti ufficiali dei sindacati ad essere i vettori dell’influenza della borghesia sul proletariato; la borghesia non usa soltanto questi vettori, ma anche tutto il complesso apparato ideologico che la sostiene: dal punto di vista economico a quello sociale, da quello religioso a quello politico, da quello legale a quello illegale. Indiscutibilmente i falsi partiti operai e le direzioni sindacali collaborazioniste sono i vettori dell’influenza borghese più pernicosi per i proletari, ma non sono i soli, ed è sbagliato perdere di vista l’intero arco dei mezzi che la borghesia usa per influenzare le masse proletarie.
Secondo passaggio (10° e 11° capoverso) :
« (...) Le masse potranno esprimere tutti gli organismi proletari che si vuole, ma non potranno mai operare come classe nella storia senza il loro Partito. E’ una constatazione dura, ma va fatta.
La lotta di classe, invece, esprime il bisogno irrinunciabile del Partito politico quando diviene ormai chiaro che tutte le lotte sia economiche che politiche del proletariato, combattute sotto la direzione opportunista, non fanno avanzare di un solo passo la marcia del proletariato verso la sua rivoluzione. Diviene allora insostenibile la tutela opportunista sugli organismi di classe, il monopolio dei falsi partiti operai sui sindacati, sul movimento operaio organizzato: le masse tendono a scrollarsi di dosso questa cappa di piombo e seguono l’indirizzo comunista rivoluzionario, il solo che possa condurle alla vittoria sul nemico. (...) »
Anche qui si deducono idee sbagliate:
1) Sulle masse proletarie l’influenza dell’opportunismo sindacale e politico continua ad operare anche quando una parte di esse – in genere la parte più avanzata dal punto di vista politico e organizzativo – lo abbandona e tende a seguire un altro indirizzo; altro indirizzo che non è solo quello comunista rivoluzionario perché nella lotta che si svolge sul terreno dello scontro di classe – che anticipa la lotta sul terreno specificamente rivoluzionario, cioè quello in cui il partito di classe dirige il grosso del movimento operaio organizzato – agiscono altri fattori generati, sì, dalla potenzialità rivoluzionaria della situazione generale, ma contenenti indirizzi tendenti ad esempio all’avventurismo, all’immediatismo, all’«ora e subito». Una lezione va tratta dal luglio russo 1917 quando il proletariato di Pietrogrado e di Mosca stava cadendo nella trappola tesa dal potere borghese e dalla reazione zarista, ossia portare il proletariato all’esasperazione perché si lanciasse nell’attacco rivoluzionario, ma senza adeguata preparazione e in una situazione generale in cui il potere politico e militare in essere non si fosse sufficientemente eroso; il grando sforzo che fece il partito bolscevico diretto da Lenin fu quello di trattenere il proletariato a non lanciarsi all’attacco, ad attendere il momento più propizio, momento che quando giunse doveva essere colto con grandissima immediatezza: Lenin dirà: è una questione non di giorni, ma di ore, o adesso o mai più! Ecco, solo un partito che ha accumulato esperienza diretta nella lotta proletaria e ha conquistato un’influenza decisiva nella parte più avanzata del proletariato (che è quella che trascina una buona parte delle restanti masse) è in grado non solo di prepararsi e preparare il proletariato – in tutte le situazioni che si presentano e che si modificano rapidamente – a seguirne la direzione, a fare quelle esperienze decisive che serviranno per vincere nella rivoluzione e a prendere in mano il potere, ma anche ad esercitare la dittatura di classe facendosi seguire dal proletariato in tutte le situazioni che si creeranno dopo aver conquistato il potere e aver abbattuto il potere borghese. I sacrifici cui sarà chiamato il proletariato sotto la dittatura rivoluzionaria saranno di gran lunga più duri da sopportare di quanto non siano stati quelli sotto la dittatura borghese, perché non si può considerare davvero vittoriosa la rivoluzione proletaria se non amplifica a livello internazionale e nei paesi capitalistici decisivi la potenza rivoluzionaria di cui è portatrice con la quale ha raggiunto inizialmente il suo primo bastione in un paese soltanto.
2) La visione espressa da questa frase è particolarmente insidiosa perché riduce la vicenda storica della rivoluzione proletaria semplicemente ad una “presa di coscienza” che il proletariato maturerà nell’ambito della sua stessa lotta immediata, sia economica che politica, e che lo spingerà fatalmente a farsi influenzare dal partito rivoluzionario visto che i partiti opportunisti e i sindacati opportunisti... non lo fanno avanzare verso la rivoluzione. In realtà le masse proletarie non hanno alcuna idea di che cosa sia la rivoluzione, di quali siano le complicazioni, i trabocchetti, le sconfitte, le illusioni, le azioni e le controreazioni a cui andranno incontro; dovranno fare pesanti esperienze in un periodo non breve, in cui saranno spinte alla lotta “senza se e senza ma” dagli stessi fatti materiali, senza capirne la portata, ma con una consapevolezza di base – come succede anche sui fronti di guerra in cui vengono irreggimentate dalle rispettive borghesie – con la quale ci si rende conto che non si può fare a meno di lottare contro lo schieramente avversario: noi, questa situazione, l’abbiamo chiamata ionizzazione della storia, per la quale le classi sociali si schierano su due grandi fronti l’uno contro l’altro armato, senza averne una precisa coscienza di come si svolgerà lo scontro e di come finirà. E’ qui che il partito di classe dimostra la sua caratteristica fondamentale, la sua capacità di prevedere, e quindi preparare se stesso e le masse che lo seguono, le situazioni in cui lo scontro materiale fra le classi diventa uno scontro con fini ben precisi a cui ci si è preparati molto tempo prima.
Al di là del riassunto di tutte le esperienze storiche attraversate dalla corrente della Sinistra comunista d’Italia, richiamate nell’esposizione della riunione generale di Ivrea del 1969, queste distorisioni conclusive riportano alla deviazione in cui il partito era caduto, ossia quella che si preciserà come deviazione specificamente “sindacale”, ma che in realtà celava una distorsione politica e teorica secondo la quale si credeva di poter applicare, dopo il maggio ’68 francese (e l’autunno caldo del ’69 italiano), le stesse tattiche che aveva applicato il PCd’I nel 1921-22 nei confronti della CGL – la sigla non riportava la I di “Italiana”, e che allora era certamente un sindacato operaio di classe pur diretto da vertici opportunisti – quando in realtà il sindacato operaio CGIL era fin dalla sua costituzione un sindacato tricolore, istituzionalizzato dagli apparati dello Stato. Inoltre, data la famosa previsione di Amadeo Bordiga della crisi non solo economica mondiale, ma anche sociale e rivoluzionaria che sarebbe scoppiata nel 1975, nel partito si era generata una specie di “corsa” nell’attività sindacale e sociale per “recuperare” un tempo in cui il partito si incolpava di aver accumulato un “ritardo” nella sua azione per conquistare un’influenza decisiva sulle masse proletarie organizzate nel sindacato maggioritario, ritardo che, se non fosse stato recuperato, avrebbe costituito la causa principale della mancata rivoluzione vittoriosa. Insomma, come se il partito agisse, o dovesse agire, al di fuori della storia, al di fuori della realtà in cui si erano depositate le scorie pesantissime della controrivoluzione borghese e staliniana.
9 ottobre 2024
Partito Comunista Internazionale
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