Le multe agli autoferrotranvieri milanesi ribadiscono l’asservimento dei lavoratori salariati all’azienda e ai suoi profitti

(«il comunista»; N° 92; Ottobre 2004)

 

4.197 autisti dell’ATM, l’azienda dei trasporti pubblici milanesi, secondo tutti i quotidiani del 24 settembre scorso, sono oggetto di condanna al pagamento di salatissime multe. Le multe vanno da 740 euro a 1480 euro, per coloro che parteciparono agli scioperi fuori delle fasce orarie cosiddette “protette” e inosservanti delle precettazioni ordinate dalla prefettura. Questo tipo di lotta non è stata adottata soltanto a Milano, ma anche in molte altre città, contribuendo così ad elevare ad importanza ed emergenza nazionale la situazione in cui versavano da due anni gli autoferrotranvieri.

I tranvieri milanesi, portati all’esasperazione dal mancato rispetto degli accordi contrattuali da parte dell’azienda ATM, che in due anni e con 7 scioperi rispettosissimi delle fasce orarie “protette” non hanno ottenuto nulla di nulla dell’aumento – si fa per dire – del salario rispetto all’inflazione “programmata”, e che soltanto con alcune giornate di sciopero più duro, ad oltranza, tra il dicembre 2003 e il gennaio 2004, hanno ottenuto il minimo dovuto per contratto (1), vengono ora colpiti, a 9 mesi di distanza, da sanzioni giudiziarie pesantissime.

Mediamente un tranviere anziano porta a casa un salario mensile intorno ai 1.100, 1.200 euro, mentre molti giovani, oltre al fatto di essere sottoposti al precariato, raggiungono a malapena gli 850 euro al mese. Con gli scioperi di dicembre e di gennaio, questi lavoratori hanno comunque obbligato le aziende dei trasporti pubblici a pagare 81 euro dei 106 chiesti, e una specie di una tantum di circa 900 euro (al posto dei circa 3000 dovuti) a “copertura” dei due anni di ritardo nel rinnovo contrattuale.

La magistratura milanese, ovviamente sollecitata dai vertici dell’ATM e dal comune, si è messa al lavoro ed ha prodotto 4.197 decreti di condanna nei confronti dei lavoratori individuati come colpevoli di aver interrotto un “pubblico servizio” al di fuori della sua regolamentazione e di non aver rispettato la precettazione prefettizia. Le caratteristiche di questa iniziativa giudiziaria sono fondamentalmente due: la strada del decreto di condanna è stata imboccata per impedire tempi lunghissimi per gli interrogatori di ciascun indagato, e per evitare quindi un blocco generale del servizio di trasporto pubblico a causa dell’attività giudiziaria; la pena prevista dal codice per chi viola la precettazione è già convertita in euro, d’autorità, e il condannato non può chiedere che venga trasformata in giorni di carcere (minimo 20 per le multe da 740 euro, massimo 40 per le multe da 1480 euro).

Le multe, in questo caso, rappresentano una cosciente, voluta e durissima punizione che va a colpire direttamente i lavoratori che hanno scioperato “fuori dalle regole” stabilite dalle leggi borghesi, e che svolge il ruolo di forte intimidazione verso tutti i proletari che per difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro, o anche soltanto per obbligare le aziende a rispettare i patti sottoscritti, imboccano la strada dello sciopero duro che i borghesi amano chiamare “selvaggio”.

Non sono previste però sanzioni per le aziende che non rispettano i patti, che danneggiano la vita quotidiana dei proletari e delle loro famiglie, che non pagano tutto quel che dovrebbero pagare secondo gli stessi accordi sindacali! La magistratura non ha articoli di codice cui rifarsi, ed è ovvio che sia così: le leggi sono fatte per difendere innanzitutto i capitalisti, i padroni, le aziende e non i lavoratori salariati!

Le multe, come denunciava Lenin già nel 1895 (2), dimostrano l’asservimento degli operai al capitale, ai padroni, ai vertici delle aziende. Per quanto esse vengano regolamentate da leggi apposite, fatte per attenuare la loro selvaggia utilizzazione da parte dei padroni – quando questi ultimi trovavano qualsiasi pretesto per trattenere quote del già misero salario operaio, immiserendo e schiavizzando ancor più ogni lavoratore salariato, cosa che in forme diverse succede ancor oggi –, le multe sono uno degli strumenti della moderna schiavitù salariale. Esse sono «generate dal capitalismo, ossia da un regime sociale che divide il popolo in due classi, in coloro che posseggono la terra, le macchine, le fabbriche e le officine, le materie prime e gli alimenti, e in coloro che non detengono alcuna proprietà e sono quindi costretti a vendersi ai capitalisti e a lavorare per loro» (3). Le multe «sono nate con le grandi fabbriche e officine, col grande capitalismo, con la completa scissione tra i padroni-ricchi e gli operai-straccioni. Le multe sono il risultato del pieno sviluppo del capitalismo e del pieno asservimento dell’operaio».

Ma lo sviluppo del capitalismo ha portato anche all’assembramento di grandi masse operaie, che hanno imparato a resistere all’oppressione borghese, unendosi e lottando per difendersi insieme, per non farsi schiacciare nella degradazione e nella miseria più nera. Le leggi che seguono lo sviluppo del capitalismo non fanno che adeguare la massa enorme di articoli di codice alle diverse condizioni di quello sviluppo, e ai diversi rapporti di forza fra proletari e borghesi, fra classe del proletariato e classe dominante borghese. Dalle leggi i proletari non possono attendersi una effettiva difesa dei loro diritti, primo fra tutti la dignità di vivere una vita senza vessazioni, soprusi, oppressioni; è il capitalismo stesso il regime di vessazioni, soprusi e oppressioni, e le sue leggi non possono che “difendere” gli interessi del capitale mentre quelli del lavoro sono abbandonati in articoli scritti nei momenti di grande pressione operaia, ma quasi mai applicati con regolare sistematicità nello spazio e nel tempo. Se il regime borghese democratico che fonda i suoi presupposti sulle leggi scritte fosse davvero efficace anche in difesa della classe degli operai-straccioni, non dovrebbero esistere prevaricazione, sopruso e oppressione nei confronti dei lavoratori salariati, dei disoccupati, dei diseredati; i patti sottoscritti fra sindacato e padronato verrebbero applicati senza bisogno di lotte dure e di grandi sacrifici da parte degli operai. Ma la realtà delle cose è ben altra: sono i tagli dei salari, i tagli dei servizi pubblici, sono i licenziamenti, sono la concorrenza spietata fra occupati e disoccupati, fra operai autoctoni e operai immigrati, sono l’aumento costante della fatica da lavoro e la diminuzione costante del tenore di vita, sono la miseria crescente dalla parte del proletariato, dei senza riserve, e la ricchezza crescente dalla parte dei grandi borghesi, dei grandi capitalisti.
Lottare in difesa delle proprie condizioni di vita e di lavoro vuol dire anche lottare contro le multe, contro le punizioni con cui i borghesi attraverso il loro sistema di controllo e di oppressione sociale – Stato e proprietà privata – colpiscono i proletari allo scopo di asservirli ancora più duramente, allo scopo di mantenerli in un perenne stato di inferiorità e di sfruttamento.

I tranvieri multati non hanno altra via che quella di riprendere la lotta e chiamare a solidarizzare con loro gli altri proletari non solo dei trasporti ma di tutte le altre categorie, perché oggi le multe colpiscono i tranvieri che hanno osato lottare per il loro salario ma domani possono colpire qualsiasi altra categoria di lavoratori spinta allo stesso modo a difendere le proprie condizioni di vita e di lavoro sul terreno della lotta classista, utilizzando metodi e mezzi della lotta di classe.
 

 


 

(1) Sulla lotta degli autoferrotranvieri, sulle nostre posizioni e sul nostro intervento, vedi «il comunista» n. 89 (febbraio 2004): Autoferrotranvieri. Emblematico esempio di rottura della disciplina collaborazionista e della pace sociale; Solidarietà alla lotta degli autoferrotranvieri significa incamminarsi verso la riorganizzazione proletaria classista sul terreno immediato; Autoferrotranvieri in sciopero: Incondizionata solidarietà!; La nostra posizione sulla lotta degli autoferrotranvieri e sull’intervento di partito. Va detto che i tranvieri milanesi, sempre grazie alla dura lotta condotta, hanno ottenuto che agli 81 euro concessi dal negoziato tra sindacati e aziende dei trasporti venissero aggiunti, da parte direttamente dell’ATM, i 25 euro che sono serviti per arrivare ai 106 euro richiesti, e dovuti; grazie ai quali la lotta infine terminò.

(2) Cfr. Lenin, Commento alla legge sulle multe inflitte agli operai nelle fabbriche e nelle officine, in Opere, vol 2, Editori Riuniti, Roma 1955, pp. 19-62.

(3) Cfr. Lenin, Ibidem, pp. 59 e 60.

 

Partito comunista internazionale

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