Beslan - Il terrorismo imperialista, in Iraq come in Cecenia, alimenta il terrorismo nazionalista in una spirale di attentati, sequestri, stragi, ritorsioni militari ed orrori di ogni genere.
E I PROLETARI PAGANO IL PREZZO PIU’ ALTO!

(«il comunista»; N° 92; Ottobre 2004)

 

Proletari, compagni!
 

Un’ennesima strage di civili inermi, di proletari e di figli di proletari, segna questi tempi di crisi politiche e sociali, di crisi economiche e militari in cui si acutizzano con sempre maggiore violenza i contrasti nazionalistici e imperialistici. Tempi in cui la violenza economica capitalistica si mescola progressivamente con un militarismo sempre più accentuato e con reazioni borghesi a carattere terroristico sempre più frequenti, che non disdegnano di colpire i propri avversari del momento nelle loro capitali come è stato il caso delle Torri gemelle di New York, delle stazioni di Madrid o del teatro di Mosca.

1 settembre 2004. Ossezia del Nord, regione autonoma del Caucaso russo. Più di 40 guerriglieri ceceni legati al fondamentalismo islamico occupano, sparando, una scuola nella cittadina di Beslan , prendendo in ostaggio più di mille persone tra cui moltissimi bambini. Le loro rivendicazioni: ritiro delle truppe russe dalla Cecenia e liberazione di alcuni prigionieri politici. La minaccia è di uccidere gli ostaggi se le richieste non verranno soddisfatte.

Il governo di Mosca dichiara di volere innanzitutto la salvezza degli ostaggi, aprendo negoziati ad oltranza ed escludendo l’uso della forza. Ma non intende ritirare le truppe dalla Cecenia – paese strategico per Mosca visto che è attraversato da uno dei più importanti oleodotti che collegano il Mar Caspio al Mar Nero. Nel frattempo, invia sul posto i famigerati Spetsnaz, i commandos dei servizi segreti russi; gli stessi che, prima dell’irruzione nel teatro moscovita Dubrovka, nell’ottobre di due anni fa quando un gruppo di guerriglieri ceceni presero in ostaggio 800 persone, non ci pensarono due volte a lanciare dentro il teatro gas mortali tanto da dover contare poi 129 morti fra i civili.
3 settembre 2004. Dopo che alcuni ostaggi, nel tentativo di fuga, vengono uccisi dai terroristi ceceni, si scatena l’incursione degli Spetsnaz; in una vera e propria battaglia durata più di un’ora si svolge l’orrenda carneficina: più di 200 morti, quasi 800 feriti, e il numero dei morti è destinato a salire.

Da Mosca e da Washington, e da ogni capitale del cosiddetto «mondo civile», si alza un solo grido: no al terrorismo, la democrazia è in pericolo, si difenda la democrazia, la pace, la vita contro la barbarie del terrorismo…
Ma il «terrorismo» contro cui si scagliano i borghesi «democratici» non è che un mezzo della violenza economica e politica utilizzato sistematicamente da tutte le classi dominanti borghesi per imporre le une sulle altre i propri interessi capitalistici, i propri privilegi e la propria supremazia. Lupo non mangia lupo, declama un vecchio adagio popolare; ma borghese mangia, eccome, borghese; anzi, si nutre – nella lotta di concorrenza che diventa sempre più sfrenata a livello mondiale – soprattutto di concorrenti, di avversari. A seconda della convenienza politica o economica il terrorista di ieri diventa l’alleato di oggi, o l’alleato di ieri può diventare il terrorista di oggi e domani ridiventare alleato.
Nella lotta di concorrenza i borghesi usano qualsiasi arma, giustificandola con il pretesto ideologico che più può aver presa sulle masse. Ieri, per i democratici, il mostro era la barbarie nazista; oggi è la barbarie terrorista. Ma sono entrambe figlie del capitalismo, figlie della spasmodica tendenza ad aumentare i profitti, a prevalere sulla concorrenza, ad accaparrarsi maggiori quantità di ricchezza prodotta dal lavoro salariato del proletariato mondiale.
 

Proletari, compagni
 

Le campagne di propaganda a difesa della «democrazia» - questa nuova e moderna religione del capitale - contro il «terrorismo» hanno lo scopo di irreggimentare il proletariato sul fronte della difesa degli interessi nazionali e specifici della rispettiva borghesia dominante; allo stesso modo le campagne di propaganda dell’islamismo contro la degenerazione consumistica e dei costumi occidentali hanno lo scopo di compattare le classi lavoratrici dei paesi in cui la religione islamica svolge il ruolo di cemento interclassista intorno agli interessi specifici delle fazioni borghesi in concorrenza con le altre classi dominanti borghesi, d’Occidente in particolare. Il petrolio non fa gola soltanto ai grandi trust imperialisti, ma anche agli sceicchi dei paesi dal cui sottosuolo sgorga l’oro nero.

Di fronte alle campagne di odio nazionalistico che ogni borghesia alimenta appositamente per utilizzare il proletariato come massa d’urto, e carne da cannone, a difesa dei propri cinici e meschini interessi capitalistici, i proletari di ogni paese hanno una sola strada da imboccare: contrapporre l’azione di classe, riconoscendo i proletari degli «altri» paesi come propri fratelli di classe con i quali combattere insieme contro le classi dominanti borghesi, innanzitutto del «proprio» paese. Non è mai stato facile per i proletari scrollarsi di dosso gli effetti devastanti dell’ideologia borghese, sia nella versione laica della democrazia, sia nella versione religiosa della teocrazia. Ma rigettare l’unione sacra con la propria borghesia è l’unica strada che può permettere al proletariato di riconquistare la sua indipendenza di classe e la capacità di lottare contro le leggi del profitto, della concorrenza, del capitalismo, per una società che non dipenda più dalla sfruttamento dell’uomo sull’uomo!

 

PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALE

(il comunista)

Volantino - 5 Settembre 2004
 

 www.pcint.org

 

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