Katrina: caos evitabile ?

(«il comunista»; N° 97-98; Novembre 2005)

 

  

Da tutti gli angoli della terra arrivano a Bush critiche di ogni genere, per la fastidiosa indifferenza con cui ha rifiutato risorse finanziarie per rafforzare le dighe che proteggevano New Orleans e per la protezione civile. Gli stessi borghesi non sono in grado di difendere l’operato della Casa Bianca in questo cataclisma, come invece lo sono stati nel sostenere o accettare le ragioni dell’imperialismo americano nella sua guerra contro il terrorismo di Bin Laden. Alla solita reazione umanitaria che i media normalmente diffondono a piene mani di fronte ad ogni disastro – naturale o meno – si aggiunge questa volta una preoccupazione in più per la scoperta di almeno 300.000 poveri, ossia persone che sopravvivono con 1 o 2 dollari al giorno, che abitavano a New Orleans. I poveri cominciano a fare paura. Il loro attaccamento alle baracche e alle poche cose che possiedono, il loro disperato fatalismo, la loro cultura della vita, il loro silenzioso ma tremendo monito ad un mondo che non si accorge della miseria e della difficile sopravvivenza delle moltitudini di proletari e sottoproletari che assediano le metropoli opulente se non di fronte alle catastrofi, ai disastri che di naturale hanno sempre meno. I borghesi benpensanti non sopportano che la prima potenza economica del mondo si faccia sorprendere dalla miseria dei suoi abitanti: ne va del buon nome del capitalismo, del capitalismo umanitario, del capitalismo alla Woijtila ossia non così avido da non lasciar nemmeno le briciole ai suoi poveri.

E allora si levano critiche a Bush e al suo entourage perché non hanno saputo intervenire con tempismo lasciando che Katrina scoprisse un volto dell’America imperialista che tutti i borghesi invece vorrebbero che fosse tenuto in ombra, nascosto; insomma che fosse solo un “problema interno”, e neanche dell’America, al limite solo di New Orleans: Caos evitabile: è quanto credono borghesi e piccolo-borghesi – come si può leggere nell’articoletto che riprendiamo dal “24 heures”, quotidiano di Losanna, del 3-4 settembre scorso – che però vogliono mantenere intatte le caratteristiche di profitto della società borghese, ma che sognano che ci sia sempre qualcun altro che, invece di pensare ad accumulare profitti a qualsiasi costo, pensi a come prevenire i disastri che sempre più spesso cadenzano la vita di questa società.

 

Troppe scandalose differenze

 

«La superpotenza ha subito una delle peggiori catastrofi naturali della sua storia. Ma troppe differenze evidenti impediscono di eludere la responsabilità degli uomini e del paese più potente fra di loro. 148.000 GI sono impegnati nella guerra in Iraq, detestati da una popolazione locale che non li vuole. Ed ecco che decine di migliaia di cittadini americani sono abbandonati alla loro sorte, chiedono disperatamente aiuto nelle città trasformate in grandi paludi. Il governo, troppo occupato per i suoi affari imperialisti a Bagdad e a Falluja, è stato negligente verso il benessere dei propri abitanti? Tutti gli investimenti necessari al miglioramento delle dighe che proteggono New Orleans sono stati rifiutati da Washington in questi ultimi anni. La Louisiana e i suoi poveri hanno contato meno dell’Iraq, dove la Casa Bianca spende 7 miliardi di FS al mese.

«Quale meraviglia? Sotto il regno di G. Bush, il numero di americani che vivono nella povertà è passato da 31 a 37 milioni. Prime vittime: le popolazioni del Sud. Sono tutti quelli che non hanno avuto i mezzi per sfuggire a K<atrina, che sono morti o che agonizzano. La catastrofe ha rimesso in luce le debolezze del sistema sociale, le ingiustizia razziali ed ha sfregiato il sogno americano. Il presidente ha finito per lasciare il suo ranch per tentare di far tacere le critiche. Dopo essersi fatto fotografare con i pompieri di New York dopo l’11 settembre [del 2001, NdR], ha fatto lo stesso ieri, ripreso mentre consolava i derelitti neri di New Orleans. Questo gesto sarà sufficiente a riconciliarlo con i suoi concittadini? Traumatizzata, l’America va a ritrovare l’union sacrée che ha permesso alla casa Bianca di imporre la sua visione internazionale – e le sue menzogne – in nome della guerra contro il terrorismo? O il presidente, confrontato questa volta ad un caos evitabile all’interno delle sue frontiere, dovrà alla fine rendere conto?»

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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