Accordo-capestro sui contratti triennali.

Lotta di classe contro la riduzione dei salari!

(«il comunista»; N° 112; Aprile 2009)

 

Cisl, Uil e Ugl firmano con governo e padronato un accordo per riformare il sistema della contrattazione finora adoperato: si tratta in pratica dell’allungamento da due a tre anni della durata dei contratti; ciò significa diluire le miserie di aumenti salariali negoziati dai sindacati tricolore su un periodo ancora più lungo, e quindi di fatto diminuire il salario dei lavoratori.

In questo accordo non vi è nessun riferimento al recupero reale del potere d’acquisto dei salari, non si tiene conto dell’aumentato prezzo delle energie importate, ossia di tutti gli aumenti dovuti al rincaro del petrolio e del gas (ad esempio pane, pasta, verdure, carne ecc), aumenti che non verranno considerati per determinare il recupero salariale.

Inoltre, è previsto che le trattative, oltre ad essere centralizzate ancora più al vertice tra confederazioni sindacali tricolore, padroni e governo borghese, per decidere le miserie da elargire compatibilmente con le prestabilite esigenze economiche delle aziende, si svolgano in un clima di pace sociale controllata, praticamente senza scioperi, o scioperi-burla. Non è un caso che dopo questo «accordo» sia venuta alla luce la proposta – da parte del partitaccio PD – perché lo sciopero nei trasporti sia non solo virtuale (nelle ore di sciopero si lavora lo stesso) ma dannoso solo per i lavoratori che scioperano (le ore di sciopero vengono trattenute dalla paga)!

Tra gli obiettivi dell’accordo: il «rilancio della crescita economica», un demagogico «sviluppo  dell’occupazione» e, naturalmente, l’aumento della produttività, obiettivo quest’ultimo teso a salvaguardare i profitti capitalistici ridotti dalla crisi di mercato.

I padroni vendono meno prodotti, devono loro malgrado ridurre la produzione, quindi per recuperare i profitti che non riescono più a realizzare sulla quantità di merci vendute si rifanno sugli operai. Come?, abbattendo il salario reale, licenziando una parte di lavoratori, rendendo il lavoro più precario e sfruttando più intensamente quelli che restano occupati. I sindacati collaborazionisti sono d’accordo e danno una mano ai padroni e allo Stato, mentre la difesa delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari di fatto sparisce rimanendo una pallida traccia soltanto nei comizi.

La Cgil non ha firmato questo accordo, pur essendo sostanzialmente concorde con l’appello padronale alla crescita economica e all’aumento della produttività. Essendo l’organizzazione sindacale che raggruppa la maggior parte di lavoratori iscritti evidentemente intende in qualche modo salvare la faccia, ma in pratica non mobilita i lavoratori contro questo accordo. La Cgil ha partecipato ai tavoli delle trattative senza mai informare e minimamente coinvolgere i lavoratori su cosa si stesse discutendo e, a parte la richiesta di qualche modifica formale (ad esempio il riferimento formale a un generico recupero del potere d’acquisto dei salari), sull’allungamento della contrattazione a tre anni era d’accordo. La Cgil non solo non organizza una lotta efficace per ottenere un forte recupero del potere d’acquisto del salario (che in 15 anni da quando è stata tolta la scala mobile si è più che dimezzato, tanto che oggi un salario per mantenere lo stesso potere d’acquisto di allora dovrebbe mediamente essere almeno di 3.000 euro) – e data la sua piena integrazione nelle istituzioni borghesi e statali non ci si può aspettare che organizzi una lotta simile – ma non è in grado nemmeno di mettere in campo una lotta dura per difendere il salario da ulteriori diminuzioni. Gli scioperi organizzati con il contagocce e con lunghi preavvisi di tempo hanno il risultato di sfiancare gli operai e sfiduciarli nella possibilità di contrastare realmente il padronato e il governo borghese.

Ci sarà qualche sciopero, inefficace come sempre, e forse l’ennesimo referendum, ma di fatto quell’accordo passerà perché questi sindacati collaborazionisti tricolore sono ormai da anni i migliori sostenitori dell’economia nazionale, delle compatibilità aziendali, della salvaguardia innanzitutto dei profitti dei padroni; la loro vera politica è: se rimane qualche briciola per i lavoratori bene, altrimenti si arrangino perché conta di più il mercato, la concorrenza da battere per far stare a galla le aziende, lo Stato borghese con tutti i privilegi dei loro dirigenti, sindacati collaborazionisti compresi.

I lavoratori metalmeccanici ricorderanno che il 7 maggio del 2003 un altro accordo, in quel caso di categoria, non venne firmato dalla Fiom-Cgil; per un anno sono stati fatti scioperare senza che si ottenesse nulla proprio perché quegli «scioperi» avevano l’obiettivo non di unificare i proletari e coinvolgerli in una lotta decisa contro i padroni, ma di veder riconosciuto un vuoto diritto «democratico» di maggior sindacato tra gli iscritti, senza che la forza della lotta intaccasse gli interessi dei padroni andando fino in fondo.

Gli scioperi, perché abbiano efficacia, devono essere organizzati nella difesa esclusiva degli interessi immediati dei proletari, interessi che sono antagonisti a quelli dei padroni e dello Stato che li protegge; devono essere organizzati senza nessun preavviso e senza limiti di tempo prefissati; devono tendere ad unificare tutti i lavoratori, di tutte le categorie e i settori sia pubblici che privati, su obiettivi altrettanto unificanti. Solo così i proletari si possono opporre efficacemente ai continui attacchi alle loro condizioni di vita e di lavoro, solo così si ricomincia a mettere in campo una forza in grado di contrastare la forza del padronato unita a quella dello Stato e delle organizzazioni opportuniste, sindacali e politiche che siano.

Per giustificare gli scioperi fatti con il contagocce, il sindacato collaborazionista arriva quasi a «scusarsi» con gli operai «preoccupato» che i loro già bassi salari non riescano a sostenere ulteriori diminuzioni a causa degli scioperi. In realtà, è il sindacato collaborazionista che gestisce  la «difesa» dei lavoratori salariati in maniera del tutto impotente e controproducente per i lavoratori stessi, disorganizzando la lotta invece di organizzarla, svuotando gli obiettivi proletari per sostituirli con gli obiettivi cari al padronato (crescita economica, aumento della produttività, pace sociale, difesa delle aziende). Lo sciopero è un’arma che i proletari possono usare per difendersi efficacemente alla sola condizione di intaccare in modo serio gli interessi dei padroni. Non usandola in questo modo contro i padroni, i proletari hanno subito soltanto sconfitte su tutti i piani: dal salario, che si  è dimezzato e continua a diminuire, all’orario di lavoro che si allunga, dall’intensità di lavoro e dall’aumento dei ritmi di lavoro per gli occupati alla precarietà e alla disoccupazione per i lavoratori considerati «in esubero», alla più acuta concorrenza fra lavoratori italiani e immigrati. Le condizioni di vita e di lavoro di tutti i proletari peggiorano costantemente, e si continua a morire e ad ammalarsi sempre di più nei posti di lavoro! 

Questo accordo passa anche per la tremenda situazione di arretratezza in cui si trova la classe operaia e nella quale l’opera costante del collaborazionismo sindacale e politico ha fatto precipitare una classe proletaria che nella sua storia passata ha grandi tradizioni di lotta classista. La via per rigenerare la forza di classe passa inevitabilmente dalla rottura con la collaborazione interclassista, dalla rottura con la politica delle compatibilità con le esigenze delle aziende.

Riprendiamo la lotta indipendente e autonoma dal collaborazionismo sindacale per:

 

AUMENTI  DI  SALARIO  IN  BASE  AL  COSTO  REALE  DELLA  VITA! FORTI  AUMENTI  SALARIALI  A  PARTIRE  DALLE  CATEGORIE  PEGGIO  PAGATE! SALARIO UGUALE PER UGUALE MANSIONE A ITALIANI E IMMIGRATI!

► LOTTA  DIRETTA  CONTRO  I  PADRONI  PER  OTTENERE  MIGLIORI  CONDIZIONI  DI  LAVORO! NO ALLA NOCIVITA’, NO ALL’INSICUREZZA SUL LAVORO, NO ALL’AUMENTO DEI RITMI DI LAVORO!

► RIDUZIONE  DELL’ORARIO  GIORNALIERO  DI  LAVORO A  PARITA’  DI  SALARIO!

► SALARIO PIENO PER TUTTI I LAVORATORI PRECARI! SALARIO  DI  DISOCCUPAZIONE  PER  CHI  PERDE  IL  POSTO  DI  LAVORO  O  NON  LO  TROVA!

 

 Febbraio 2009

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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