Ucraina: Contro il nazionalismo, per l’unione proletaria di classe

(«il comunista»; N° 134; Aprile 2014)

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La forza prevale sul diritto!

 

Questo sembrava, secondo il rappresentante francese all’ONU, che ne appariva desolato,  il significato del veto russo posto il 15 marzo a una risoluzione di condanna del referendum organizzato in Crimea per la riannessione della regione alla Russia.

Ma, in realtà, a confermare questa affermazione non è solo l’intervento della Russia in Ucraina, ma tutte le relazioni fra gli Stati. La Russia non ha rispettato il trattato che aveva firmato con l’Ucraina, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, che garantiva le frontiere di questo paese tornato all’indipendenza, in cambio della sua rinuncia alle armi nucleari ancora presenti, dopo lo smembramento dell’URSS, sul proprio territorio; ma tutti i trattati non sono altro che pezzi di carta che valgono solo fino a quando i loro firmatari hanno interesse a rispettarli! Anche il governo francese, tanto ligio al diritto internazionale e dell’ONU, era pronto pochi mesi fa ad attaccare la Siria in barba a tutte le decisioni dell’ONU, esattamente come avevano fatto gli Stati Uniti in Irak, la coalizione occidentale europea, Italia compresa, in Jugoslavia, Israele dal momento della sua nascita e così via.

I propagandisti borghesi che denunciano la riannessione della Crimea alla Russia come “la prima annessione militare in Europa da 70 anni a questa parte” “dimenticano” che la più grande annessione avvenuta in Europa dopo l’ultima guerra è stata quella della Repubblica democratica tedesca da parte della Germania dell’Ovest! Dopo la disgregazione dell’URSS sotto i colpi di una profondissima crisi economica, le frontiere internazionalmente riconosciute e “legalmente intoccabili” di numerosi Stati europei sono state più volte modificate e alcuni Stati sono addirittura scomparsi, a volte pacificamente, a volte attraverso scontri armati e guerre che hanno coinvolto le grandi potenze. Il caso della Crimea non è affatto un’eccezione…

Ma la questione della Crimea ha provocato una crisi politica internazionale le cui conseguenze rischiano di essere durature. I grandi Stati europei, Germania in testa, non hanno apprezzato il fatto di essere messi di fronte al fatto compiuto e che le loro offerte di negoziato venissero sdegnosamente respinte da Mosca. D’altro canto, gli interessi economici da una parte e dall’altra sono troppo forti perché la crisi non determini, non diciamo una guerra aperta che nessuno vuole, ma una nuova “guerra fredda” come paventano i media. La Russia ha un bisogno vitale di vendere il suo gas in Europa, la sue banche sono pesantemente coinvolte in Ucraina, e gli investimenti occidentali sono necessari per sviluppare un’economia che è ancora molto debole. La Germania non intende perdere i propri investimenti sul mercato russo in cui è ampiamente coinvolta dalla fine dell’URSS e, proprio come l’Italia, anche se in misura inferiore rispetto alla Polonia, non può fare a meno del gas e del petrolio russi.

Anche la Francia ha investito in Russia (vedi Renault che ha comprato la principale casa automobilistica locale); a dispetto delle dichiarazioni del governo sulle sanzioni da adottare, non intende rinunciare alla sua “cooperazione militare” con la Russia che si è concretizzata in una lucrosa vendita di navi militari: Hollande ha affermato, a questo riguardo, che la Francia avrebbe onorato i suoi contratti. Quando in gioco ci sono miliardi di euro, si può tranquillamente chiudere un occhio su una violazione del diritto internazionale.

Negli Stati Uniti, alcune grandi imprese, petrolifere e non, si sono fatte avanti con Obama affinché nei confronti della Russia non vengano applicate sanzioni che potrebbero nuocere ai loro interessi…

Il “diritto” non è altro che la ratifica di un rapporto di forza; quando questo rapporto di forza cambia, il diritto non vale più niente, questa è la preziosa lezione che Putin rammenta al mondo intero.

Questo vale non solo per i rapporti fra gli Stati, o fra gli attori economici, ma anche per i rapporti fra le classi sociali. Gli scontri fra le classi non sono regolati secondo i principi della legalità, ma sulla base dei reali rapporti di forza. I proletari non devono lasciarsi paralizzare dal diritto e dalla legalità borghese che rappresentano la ratifica giuridica della loro soggezione al capitalismo. Essi devono ricostituire la loro forza di classe e contrapporsi frontalmente alla classe nemica, quali che siano la loro nazionalità, la loro lingua e la loro etnia, e quali che siano le norme imposte dalla legalità borghese. La stessa borghesia non esita un solo istante a violare la propria legalità contro i proletari, non esita a servirsi di forze paralegali, di bande di estrema destra e sicari di ogni genere per facilitare il compito della repressione legale: contro la repressione, dunque, i proletari dovranno organizzare la loro autodifesa e non affidarsi alla polizia e alla giustizia dello Stato borghese.

Oggi si assiste su entrambi i fronti a un’orgia di nazionalismo: il governo provvisorio di Kiev, in preda a molteplici difficoltà e dovendo far fronte a gravissimi problemi (soprattutto di  indebitamento), ha già preannunciato che, per rimettere in sesto l’economia, saranno necessari dei sacrifici. L’unica soluzione possibile per far passare questi futuri attacchi antioperai consiste nel giocare la carta del nazionalismo. A questo riguardo l’intervento russo rappresenta un vero e proprio toccasana allo scopo di instaurare un clima di unità nazionale!

Sull’altro fronte, Putin esalta il nazionalismo russo presentandosi come il protettore o il liberatore dei russi e dei russofoni dell’Ucraina, mentre nelle regioni orientali dell’Ucraina i borghesi fanno appello all’unione regionale attorno a Kiev.

Ma, alla lunga, l’ubriacatura nazionalista non potrà nascondere la realtà degli antagonismi di classe. I proletari ucraini saranno costretti a scendere in lotta per sopravvivere, come hanno già fatto con forza in passato.

Allora potranno constatare nei fatti che il loro nemico non è il proletario di un’altra regione o di un’altra nazione, ma la propria borghesia, alleata con questa o quella potenza imperialista. Allora si dissiperanno i miasmi del nazionalismo, allora potrà ricomparire l’unione di classe dei proletari contro i capitalisti, i loro partiti e i loro Stati con le loro forze di repressione legali e illegali, e potrà ricostituirsi l’organizzazione rivoluzionaria di classe per condurre la lotta.

Allora potrà risuonare di nuovo, in Ucraina come ovunque, il grido di guerra del 1848: Proletari di tutto il mondo unitevi! Morte alla borghesia!

 

16 marzo 2014

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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