Già nel 1851, la Regina Vittoria d’Inghilterra, inaugurando l’Esposizione Universale di  Londra, si inchinava all’industria moderna perché... abbatte dappertutto le barriere nazionali

(«il comunista»; N° 136; Ottobre 2014)

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Il quotidiano italiano più conosciuto al mondo, il Corriere della sera, nella sua edizione milanese del 5 maggio 2014, commentando le varie iniziative che stanno facendo di Milano - sede della prossima Esposizione Universale (EXPO) 2015 - il centro di gravità degli affari non solo italiani, ma mondiali, si chiede che cosa lascerà alla città e all’Italia questa esposizione rispetto a quelle che l’hanno preceduta. L’interesse è principalmente economico, ma, come si conviene ad ogni buon borghese, anche “culturale”. E si perita di ricordare cosa disse la Regina Vittoria all’inaugurazione dell’Esposizione Universale di Londra del 1851. Il Corriere ha voluto sottolineare che la regina “aveva espresso concetti assai avanzati” per l’epoca, che mai ci si sarebbe aspettati da una rappresentante del vecchio ordine sociale distrutto dal capitalismo, concetti orgogliosamente poggianti sullo sviluppo eccezionale che stava avendo la grande industria, a nome del primo paese capitalista moderno.

Queste le parole della regina: “E’ uno dei più grandi e gloriosi giorni della nostra vita… Prova clamorosa della forza concentrata con la quale la grande industria moderna rovescia e abbatte dappertutto le barriere nazionali… La creazione dell’arte e dell’industria non sono più privilegio di una nazione”.

Qualcuno le aveva suggerito, per caso, quel passo del Manifesto del partito comunista pubblicato tre anni prima?, dove si afferma: “La grande industria ha creato quel mercato mondiale ch’era stato preparato dalla scoperta dell’America. Il mercato mondiale ha dato uno sviluppo immenso al commercio, alla navigazione, alle comunicazioni per via terra. Questo sviluppo ha reagito a sua volta sull’espansione dell’industria e, nella stessa misura in cui si estendevano industria, commercio, navigazione, ferrovie, si è sviluppata la borghesia, ha accresciuto i suoi capitali e ha respinto nel retroscena tutte le classi tramandate dal medioevo. (…) Con lo sfruttamento del mercato mondiale la borghesia ha dato un’impronta cosmopolitica alla produzione e al consumo di tutti i paesi. Ha tolto di sotto i piedi all’industria il suo terreno nazionale, con gran rammarico dei reazionari”.

I capitalisti inglesi, e la regina con loro, sapevano bene che cosa significava sviluppare la grande industria moderna: il progresso e lo sviluppo economico del moderno capitalismo arridevano ai paesi già avanzati su questa via, e soprattutto all’Inghilterra che dominava il mondo. Era infatti soprattutto la sua grande industria che rovesciava i modi di produzione precedenti e abbatteva le barriere nazionali; naturalmente, barriere nazionali abbattute non solo dalle merci inglesi ma dalla marina da guerra inglese!

I confini nazionali di ogni Stato borghese sono serviti non solo per creare e sviluppare un mercato interno, ma anche per difendere il capitalismo nazionale dall’aggressione delle merci e dei capitali di altri capitalismi nazionali, ieri come oggi. L’arte (la rivoluzione tecnica continua) e l’industria (la grande industria, soprattutto) sono stati i formidabili fattori di sviluppo economico della società sotto il capitalismo, ma proprio perchè il capitalismo non è solo “arte” e “industria”, ma anche mercantilismo all’ennesima potenza,  “proprietà privata”, “lavoro salariato” e “appropriazione privata della produzione sociale”, quei fattori di sviluppo delle forze produttive si scontrano con le forme capitalistiche di dominio sulla società. Non saranno né un’ulteriore rivoluzione tecnica, né uno sviluppo più tecnologico dell’industria ad abbattere per sempre le barriere nazionali che la borghesia ha eretto a difesa dei suoi interessi nazionali e di classe e per i quali ha attrezzato potenti eserciti per la loro difesa armata: sarà la rivoluzione politica della classe del proletariato, della classe di cui la borghesia sfrutta la forza lavoro nella forma del salariato, ad abbattere il vero fortilizio nazionale della classe borghese: lo Stato, e con lui, aprendo l’era della rivoluzione sociale del proletariato in tutti i paesi del mondo, ad abbattere dappertutto, per sempre, le barriere nazionali!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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