La teoria marxista della moneta (5)

(«il comunista»; N° 139;  Giugno 2015)

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Il credito bancario, o il credito alla terza potenza

 

 

A.  La banca, organo centralizzatore del capitale-denaro sociale

 

Sebbene abbiamo definito la banca come il settore economico specializzato nel trattamento delle operazioni in capitale-denaro, abbiamo finora illustrato soltanto i suoi rapporti con il credito commerciale, che portano all’emissione di banconote. Esaminiamo ora le altre funzioni della banca.

Essa è anzitutto l’organo centralizzatore di tutto il capitale-denaro della società. Questo capitale riveste a tutta prima la forma di capitale da prestito: la banca attira verso di sé il risparmio di tutte le classi della società, di cui assicura la tutela e che remunera con un interesse per il denaro affidatole in deposito. La banca diventa quindi un intermediario fra coloro che danno e coloro che prendono a prestito, come era già un intermediario fra commercianti reciprocamente indebitati (24).

«Espressa in termini generali - scrive Marx - l’attività del banchiere sotto questo aspetto consiste nel concentrare nelle sue mani e in grandi masse il capitale monetario disponibile per il prestito, così che di fronte ai capitalisti industriali e commerciali, in luogo del singolo individuo che dà denaro a prestito, si trovano i banchieri, come rappresentanti di tutti coloro che danno denaro a prestito. Essi diventano gli amministratori generali del capitale monetario [sottolineato da noi]. D’altro lato essi rappresentano, di fronte a tutti coloro che danno a prestito, la figura di chi prende a prestito, perché essi prendono a prestito per tutto quanto il mondo commerciale. Una banca rappresenta da un lato la concentrazione del capitale monetario, cioè di coloro che danno a prestito, d’altro lato la concentrazione di quelli che prendono a prestito» (Marx, Il Capitale, Libro III, cap. XXV, Ed. Riuniti, p. 476-77).

La natura stessa della sua attività impone al capitalista la costituzione di un fondo di riserva che permetta di far fronte alle alee del mondo commerciale e alle vicissitudini della lotta di classe, come per esempio un allungamento del tempo di circolazione delle merci derivante da un restringersi del mercato che rallenti il riflusso verso il capitalista stesso del capitale monetario indispensabile per continuare a produrre, e che renda quindi necessario un nuovo anticipo di capitale-denaro. Abbiamo visto d’altra parte come sorgesse una contraddizione tra la tendenza necessaria all’accumulazione allargata del capitale (investimento del plusvalore ottenuto da un dato ciclo) e le necessità puramente tecniche dell’allargamento della produzione, che impongono al capitale-denaro addizionale di aver raggiunto un determinato livello minimo per potersi trasformare realmente in capitale produttivo. Infine, il modo in cui i cicli, o più precisamente le durate rispettive dei tempi di produzione e di circolazione si intrecciano, può produrre un accavallarsi di capitale, e quindi lasciare momentaneamente inoperoso del capitale-denaro (25).

I fondi di riserva, il plusvalore che non riesce ad impiegarsi nell’impresa in cui è stato prodotto, il capitale liberato dalle particolarità della rotazione del capitale, tutto questo capitale-denaro al quale è vietato di trasformarsi individualmente in capitale produttivo, e che così isolato perderebbe la sua funzione di capitale rimanendo «inattivo», affluisce verso le banche, si aggiunge al risparmio proveniente da tutte (26) le classi sociali, e costituisce infine un’enorme massa di capitale da prestito.

«Il capitale di cui le banche dispongono per il prestito affluisce loro in modi diversi  [scrive Marx] . Innanzi tutto si concentra in mano loro, poiché esse sono i cassieri dei capitalisti industriali, il capitale monetario che ogni produttore e ogni commerciante tiene come fondo di riserva o che gli affluisce come pagamento. Questi fondi si trasformano così in capitale monetario che può essere dato in prestito. In conseguenza di ciò il fondo di riserva del mondo commerciale, poiché si concentra come fondo comune, è ridotto al minimo necessario, e una parte del capitale monetario, che sarebbe altrimenti rimasto inoperoso come fondo di riserva, è dato a prestito, funziona come capitale produttivo di interesse. In secondo luogo, il capitale prestabile delle banche è costituito dai depositi dei capitalisti monetari che trasferiscono ad esse il compito di darli in prestito. Con lo sviluppo del sistema bancario, e soprattutto non appena le banche pagano un interesse per i depositi, vengono depositati presso di esse i risparmi in denaro e il denaro momentaneamente non impiegato di tutte le classi. Piccole somme, insufficienti per operare isolatamente come capitale monetario, sono riunite in grandi masse e costituiscono così una potenza monetaria. Questa azione di mettere insieme piccole somme deve essere distinta come azione specifica del sistema bancario da quella d’intermediario tra i capitalisti monetari veri e propri e coloro che prendono a prestito. Infine vengono depositate presso le banche anche quelle rendite che devono essere consumate solo a poco a poco» (Marx, ibid., p. 477). «Per i paesi a credito sviluppato possiamo supporre che tutto il capitale monetario disponibile per il prestito esista sotto la forma di deposito presso le banche e presso coloro che danno il denaro in prestito» (Marx, ibid., p. 587).

Questa centralizzazione del capitale-denaro nelle banche permette al capitalismo di superare la contraddizione tra capitale monetario e capitale produttivo; mentre, a volte, capitali isolati non possono investirsi perché non raggiungono un volume sufficiente, questi stessi capitali riuniti dalla banca possono essere offerti ai capitalisti industriali sotto forma di prestiti e a seconda delle proporzioni richieste dalle esigenze tecniche della produzione e dello stato del mercato. Si trova così assicurata una estrema mobilità dei capitali che passano facilmente da un ramo all’altro della produzione, e quindi una prodigiosa accelerazione della velocità della circolazione del capitale. Di conseguenza, questo si spoglia delle sue caratteristiche individuali e la sua origine precisa diventa secondaria: il capitale appare in certo modo allo stato puro, si impone alla scala sociale come la potenza suprema, anonima e unica, che si nutre indistintamente dello sfruttamento di tutta la classe dei salariati e assicura alle altre classi, prima di tutto alla classe dominante, i loro privilegi nella sola misura in cui esse giocano il ruolo di semplici agenti della circolazione.

Scrive Marx: «Sul mercato monetario si trovano di fronte unicamente chi dà a prestito e chi prende a prestito. La merce non ha che una forma, il denaro. Tutte le forme particolari che il capitale assume, secondo il suo investimento in particolari sfere di produzione o di circolazione, sono qui cancellate. Esso esiste qui nella sua forma omogenea, uguale a se stessa, del valore autonomo del denaro. La concorrenza tra le sfere particolari qui cessa; esse sono tutte riunite nella figura di chi prende a prestito, ed anche il capitale si trova di fronte a tutti nella forma nella quale esso è ancora indifferente rispetto alla determinata natura e maniera del suo impiego. Il capitale industriale che compare come capitale sostanzialmente comune di tutta la classe solo nel movimento e nella concorrenza tra le diverse sfere, si manifesta qui realmente, con tutto il suo peso, come tale, nella domanda e nell’offerta di capitale. D’altro lato il capitale monetario possiede effettivamente sul mercato monetario la forma nella quale esso, come elemento comune, indifferente rispetto al suo particolare impiego, si distribuisce tra le diverse sfere, fra la classe dei capitalisti, secondo i bisogni della produzione di ogni singola sfera. Si aggiunge a ciò che, con lo sviluppo della grande industria, il capitale monetario, in quanto esso appare sul mercato, è rappresentato in grado sempre maggiore non dal singolo capitalista, dal proprietario di questa o di quella frazione del capitale che si trova sul mercato, ma si presenta come una massa concentrata, organizzata, che, del tutto diversamente dalla produzione reale, è posta sotto il controllo del banchiere che rappresenta il capitale sociale. Così che, per quanto riguarda la forma della domanda, al capitale da prestito si contrappone il peso di una classe; per quanto riguarda l’offerta, esso stesso si presenta en masse come capitale da prestare» (Marx, Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. XXII, Ed. Riuniti, pp. 436-437)  (27).

Il sistema di credito incarnato dalla banca è quindi una delle più potenti leve dell’accumulazione capitalistica. Come dice Marx, «La produzione capitalistica nella sua estensione attuale sarebbe possibile senza il sistema creditizio... cioè con la circolazione puramente metallica? Manifestamente no. Essa avrebbe trovato dei limiti nel volume della produzione dei metalli nobili» (28).

 

B. Il credito bancario propriamente detto

 

Il credito capitalista trova il suo fondamento nel credito commerciale e nel prestito su depositi organizzato dal sistema bancario, che ne moltiplica la potenza per il solo fatto della centralizzazione che esso realizza. Ma il ruolo della banca non si limita a questa funzione in certo modo tecnica. Essa si presenta anche come un agente economico operante direttamente, e non più solo come un intermediario. La sua attività di «cassiere» della classe borghese esige, beninteso, che essa possieda un capitale proprio allo stesso titolo di qualunque impresa capitalistica, capitale che si accresce di un profitto derivante dall’esercizio delle funzioni specifiche della banca, ma che in fin dei conti è solo una frazione del plusvalore ceduta al suo «cassiere», sotto forma di interessi diversi, dalla classe degli imprenditori.

Questo profitto, la banca lo utilizzerà a sua volta come capitale da prestito. Ma v’è di più. Essendo già tecnicamente specializzata nella gestione di un credito la cui materia si origina fuori dalla sua sfera di attività particolare e che essa si accontenta di gestire, la banca accorderà inoltre direttamente del credito, sulla base questa volta della sua attività specifica. Si tratta, come dice Marx, di un credito elevato all’ultima potenza nella misura in cui ciò che ora entra direttamente in gioco è la potenza finanziaria della stessa banca. Ora questa potenza si basa sulla gestione centralizzata del credito sociale: mentre il prestito su depositi si basava su un ciclo economico già compiuto e il credito commerciale su un ciclo in corso di completamento, il credito bancario corona l’edificio del credito stesso: è un credito fondato sull’attività economica che si è già sviluppata sulla base del credito.

Il credito bancario si distingue quindi dal credito commerciale. Per quest’ultimo, l’intervento della banca si limitava a trasformare ufficialmente in moneta uno strumento di circolazione delle merci, la cambiale, che aveva già manifestato praticamente nella sfera della circolazione le sue caratteristiche monetarie: la banconota poteva sostituire la cambiale perché erano tutte e due, in fondo, delle monete. Nel credito bancario propriamente detto, è invece la banca che crea essa stessa direttamente della moneta senza appoggiarsi su altra garanzia che il credito di cui la sua attività le ha permesso di godere; nessun deposito, di qualunque natura esso sia, può infatti essere invocato come fondamento del credito bancario, perché la banca presta allo scoperto:

«Anziché dare ad A delle banconote, la banca può semplicemente aprirgli un credito in conto corrente, grazie al quale A, suo debitore, diventa un depositante fittizio. Egli pagherà allora i suoi creditori in assegni sulla banca ed il beneficiario di questi assegni li darà in pagamento al suo banchiere che li scambia nel Clearing House (29) contro assegni a suo carico. In questo caso le banconote non intervengono e tutta la transazione è limitata a ciò: si salda alla banca un suo credito con un assegno sulla banca stessa, mentre il suo effettivo compenso consiste nel credito verso A» (Il Capitale, Libro III, Sez.V, cap. XXVIII, Ed. Riuniti, pag. 541).

A scopo di semplificazione si può considerare che la moneta scritturale (saldi creditizi dei conti correnti bancari o assimilati) sia rappresentativa di questa moneta emessa direttamente dalle banche. Abbiamo già avuto occasione di osservare che il suo volume tende a crescere continuamente soppiantando a poco a poco le altre forme di moneta (biglietti e moneta divisionaria): in Francia nel 1965 la moneta scritturale rappresentava il 63% della circolazione monetaria totale; in Gran Bretagna e in Italia ne rappresenta l’80%, negli Stati Uniti l’87%.

Ci si potrebbe chiedere, come si è fatto per la banconota, se la moneta scritturale è una moneta in senso proprio.   Per rispondere a questa domanda utilizzeremo lo stesso metodo usato in precedenza, cioè analizzeremo brevemente la prassi bancaria in questo campo (30).

La moneta scritturale non sarebbe una moneta in senso proprio se rappresentasse un ammontare eguale di monete di altra natura conservate in depositi e quindi non utilizzate direttamente: si tratterebbe allora di puri e semplici segni monetari come si è visto che esistevano dei segni o rappresentanti dell’oro. Ora come si regola effettivamente l’emissione di moneta scritturale? Le banche ricevono costantemente depositi di ogni genere che per semplificare assimileremo a depositi in biglietti. Lungi dal conservare questi biglietti nelle loro casseforti e dall’aprire dei conti correnti limitati all’ammontare totale del loro incasso effettivo, le banche destinano invece una forte percentuale di questo incasso (dal 75% all’80% in periodo normale) all’apertura di crediti diversi, conservando il resto (dal 20 al 25% dell’incasso) per far fronte alle esigenze di cassa. Supponiamo dunque che una banca abbia ricevuto in deposito per 1.000 lire in biglietti e che osservi la regola di una copertura al 20% dei crediti da essa acconsentiti.

Il suo bilancio si stabilirà allora così:

 

Attivo

Passivo

Incasso

200

Depositi

1000

Prestiti e depositi

800

 

 

Totale

1000

Totale    

1000

 

Balza agli occhi che è stata effettivamente emessa una massa monetaria addizionale di 800 lire, dato che i depositanti possono continuare a servirsi, per esempio a mezzo assegni, delle 1.000 lire che hanno depositate mentre i mutuanti dispongono ora di 800 lire che rappresentano un credito della banca di cui non si può pretendere che sia garantito dalle 1.000 lire di depositi. Alla scala del sistema bancario nel suo insieme il processo si amplia. Infatti i debitori della banca in questione utilizzeranno il credito ottenuto per regolare debiti precedenti o saldare nuovi acquisti; in tutti i casi l’ammontare del loro prestito finirà a scadenza più o meno breve per rifluire verso una banca (o anche la stessa banca che all’origine ha acconsentito il prestito) e questa a sua volta utilizzerà l’80% di questo deposito per accordare nuovi prestiti. La tabella che segue sintetizza questi diversi movimenti monetari che si incrociano.

 

Periodi

Nuovi depositi iniziali

Nuovi crediti

Supplementi di incasso

N. 1

1.000

800

200

N. 2

800

640

160

N. 3

640

512

128

N. 4

512

410

102

Totale

2.952

2.361,6

590,4

 

Si può calcolare matematicamente l’eccedenza di denaro così creata quando il fenomeno è giunto al suo termine, cioè quando il deposito iniziale di 1.000 lire in una determinata banca si trova interamente ripartito nel sistema bancario attraverso il gioco dei nuovi depositi e dei nuovi crediti.

Si ottiene una somma di 4.000 lire, alla quale si aggiungono le 1.000 lire di partenza; il deposito in una data banca di una somma di 1.000 lire in biglietti fa quindi apparire in teoria una somma di 5.000 lire al totale nell’insieme del sistema bancario.

Nella pratica questo calcolo deve essere corretto per tener conto del fatto che una parte di questa massa monetaria non rifluirà verso il sistema bancario ma continuerà a circolare sotto forma di biglietti.

Si arriva allora al calcolo di quello che si chiama il coefficiente moltiplicatore di credito: se il tasso di copertura dei prestiti è, come abbiamo supposto, del 20% (1/5), questo coefficiente è di 4, il che significa che ogni deposito in una banca vede moltiplicato per 4 il suo ammontare, sotto forma di disponibilità in moneta scritturale e alla scala del sistema bancario nel suo insieme (31).

«I depositi stessi hanno una duplice funzione. Da un lato... vengono dati in prestito come capitale produttivo di interesse, e non si trovano quindi nelle casse delle banche, ma figurano soltanto nei loro libri come crediti dei depositanti.

D’altro lato essi figurano come semplici voci di contabilità, in quanto i crediti reciproci dei depositanti si compensano mediante assegni sui loro depositi e vengono reciprocamente annullati: e a questo riguardo è indifferente che i depositi si trovino presso lo stesso banchiere di modo che questi non fa che addebitare ed accreditare i diversi conti, oppure presso delle banche diverse, che si scambiano reciprocamente i loro assegni e si pagano.»

 

(5. Continua)

 


 

(24)  Il profitto bancario deriva evidentemente dal fatto che l’interesse fornito a chi dà a prestito è inferiore a quello imposto a chi prende a prestito.

(25)  Per queste due ultime questioni, si veda La circolazione del capitale o le metamorfosi del capitale nella II parte di questo rapporto. Marx studia a fondo gli effetti della rotazione del capitale nella Sezione II del Libro II (Ed. Riuniti, pp.157-360) e nel cap.IV della I Sezione del Libro III (Ed. Riuniti), pp. 101-109).

(26)  Le casse di risparmio, che non sono banche nel senso stretto del termine, recitano tuttavia, ai margini del sistema bancario ufficiale, un ruolo equivalente.

(27)  La necessità di attenerci in questo rapporto al tema principale ci impedisce di trattare la questione fondamentale della formazione di un saggio di profitto medio e quella della tendenza alla caduta di questo saggio medio. La stampa di Partito ha del resto ripetutamente trattato tali questioni insistendo sulle loro conclusioni rivoluzionarie, che vanno in controsenso a tutte le teorie «evoluzioniste» emananti dall’Occidente o dall’Oriente.

L’esistenza di un saggio di profitto medio è in sostanza la manifestazione tangibile del fatto che il capitale agisce come un tutto al di là delle determinazioni particolari delle sue parti; da questo punto di vista, il sistema bancario si presenta come l’espressione organizzata di questa totalità (Il Capitale tratta del profitto medio nella II Sezione del Libro III, Ed. Riuniti, pp. 181-254, e della caduta tendenziale del saggio di profitto nella Sezione III, ibid., pp. 259-313).

(28)  Il Capitale, Libro II, Sezione II, cap. XVII, Ed. Riuniti, pp. 363. Si noti che Marx aggiunge: «D’altra parte non ci si devono fare delle idee mistiche sulla forza produttiva del sistema creditizio in quanto esso rende disponibile o mette in circolazione del capitale monetario».

(29)  Clearing House, stanza di compensanzione; organismo che permette alle diverse banche di scambiare periodicamente i crediti di cui dispongono reciprocamente l’una sull’altra: soltanto il saldo dà luogo ad un regolamento. La Clearing House di Edimburgo risale al 1760.

(30)  Per la banconota o biglietto di banca, vedere il capitolo del presente rapporto intitolato: La moneta di credito. Le notizie tecniche qui utilizzate derivano da J. Marchal, Monnaie et crédit. Marx utilizza esempi tratti dalla pratica bancaria della sua epoca; vedere in particolare Il Capitale, Libro III, Sezione V, cap. XXIX e XXXIII.

(31)  Designando con a il tasso di copertura, con b la frazione dei nuovi depositi che resta nella circolazione dei biglietti, e con m il moltiplicatore di credito, si ha: m = 1 / a + b .

 

 

 

La banca centralizza il capitale denaro, depositato o circolante che sia

 

"Espressa in termini generali, l'attività del banchiere consiste nel concentrare nelle proprie mani in grandi masse il capitale denaro prestabile, cosicché, invece del singolo prestatore, i banchieri si presentano come rappresentanti di tutti i prestatori di denaro di fronte ai capitalisti industriali e commerciali. Essi diventano gli amministratori generali del capitale monetario, mentre d'altra parte concentrano i mutuatari di fronte a tutti i mutuanti prendendo a prestito per l'intero mondo del commercio. Da un lato, una banca rappresenta la centralizzazione del capitale denaro, quindi dei mutuanti; dall'altro, rappresenta la centralizzazione dei mutuatari. Il suo profitto consiste in generale nel prendere a prestito a un interesse inferiore a quello al quale essa concede prestiti. (...)

"Il credito accordato da un banchiere può assumere forme diverse, per es. cambiali e assegni su altre banche, aperture di credito dello stesso tipo, e infine, nel caso di banche con diritto di emissione, proprie banconote. La banconota non è che una tratta sul banchiere pagabile in qualunque momento al portatore e sostituita dal banchiere alle tratte private. E' quest'ultima forma di credito che colpisce soprattutto il profano, al quale essa sembra di particolare importanza, 1) perché questo tipo di denaro di credito esce dalla pura e semplice circolazione commerciale per entrare in quella generale, in cui funziona come denaro; 2) perché nella maggioranza dei paesi le principali banche di emissione, curiosa miscela di banca nazionale e banca privata, hanno in realtà alle loro spalle il credito nazionale e i loro biglietti sono mezzi di pagamento più o meno legali; 3) perché qui si vede chiaramente che ciò in cui traffica il banchiere è lo stesso credito e la banconota non rappresenta che un segno di credito circolante. Ma il banchiere traffica pure nel credito sotto ogni altra forma anche quando anticipa in contanti il denaro depositato presso di lui. In effetti la banconota non è che la moneta del commercio all'ingrosso, e in banca è sempre il deposito, sostanzialmente, ad aver peso".

(Cfr. K. Marx, Il Capitale, Libro Terzo, UTET, Torino 1987, cap. XXV, Credito e capitale fittizio, pp. 509-510)

 

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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