A proposito di Daesh e antimperialismo

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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In un comitato di lotta antimperialista sono scoppiate animate discussioni; alcuni partecipanti ritenevano che Daesh (lo «Stato islamico») fosse combattuto dall’imperialismo in quanto espressione di un problema nazionale nella regione; per questo motivo, non lo si dovrebbe condannare, poiché, secondo loro, questo fatto avrebbe messo uno contro l’altro l’oppressore e l’oppresso. Il breve testo che segue intende chiarire le cose.

 

1) La questione nazionale (il problema nazionale ecc.) è una questione borghese, la rivoluzione nazionale è una rivoluzione borghese. I proletari non hanno patria, dice il Manifesto, e il loro obiettivo è l’unione dei proletari di tutti i paesi; la rivoluzione proletaria, che ovviamente inizia inevitabilmente in un dato paese, per vincere è obbligata a estendersi a livello internazionale: per sua natura, la rivoluzione proletaria, comunista, è internazionale.

2) I proletari devono lottare contro ogni oppressione nazionale, per l’autodeterminazione e la libertà di separazione di tutti i popoli oppressi o colonizzati; non perché il loro ideale sia la creazione di Stati borghesi, ma perché, affinché i proletari dei paesi dominanti e i proletari dei paesi dominati si possano unire, i primi devono dimostrare nei fatti che non sono solidali con l’oppressione esercitata dalla «loro» borghesia e dal «loro» Stato, ma che, al contrario, la combattono non solo a parole, ma, per quanto possibile, nella pratica. Questo è l’unico modo per far sì che la proposta ai proletari dei paesi dominati di unirsi su basi di classe antiborghesi possa essere compresa e seguita.

Lenin diceva che il socialista che rifiuta di accettare il diritto all’autodeterminazione dei popoli colonizzati o dominati dal «proprio» Stato, anche se afferma di farlo in nome del socialismo e dell’opposizione a qualunque Stato borghese, è in realtà un social-sciovinista. Ma ha anche detto che il socialista che si unisce alla sua borghesia per conquistare l’indipendenza nazionale, anche se afferma di farlo in nome della lotta socialista contro l’oppressione, è in realtà un nazionalista.

Il ruolo dei socialisti, secondo Lenin, è, in ogni caso, quello di lottare per l’indipendenza di classe del proletariato; essi devono anticipare ai lavoratori che i nazionalisti borghesi si rivolteranno contro di loro una volta ottenuta la loro indipendenza e che non esiteranno ad allearsi con colonialisti e imperialisti e a «tradire» la propria rivoluzione (nazionale, anticoloniale ecc.) se riterranno che i proletari siano diventati troppo potenti e troppo combattivi.

In questo caso i proletari devono mettersi alla testa della rivoluzione borghese (nazionale, anticoloniale ecc.) per portarla fino in fondo e iniziare la propria rivoluzione proletaria e internazionale. Questo è ciò che Marx ed Engels preconizzavano per la Germania nel 1850, questo è ciò che hanno potuto realizzare i bolscevichi in Russia nel 1917.

3) Le popolazioni che il Daesh sostiene di rappresentare sono vittime di un’oppressione nazionale e il Daesh afferma di lottare contro un’oppressione nazionale? No.

Il Daesh sostiene di lottare per una questione religiosa, contro i falsi musulmani, gli alauiti, gli sciiti ecc. e governi che non seguono il «vero» Islam. Ma questa è solo propaganda.

In realtà, in questi paesi, oltre allo sfruttamento del proletariato, sono presenti oppressione politica e sociale e discriminazioni etniche e di altro genere. Alcuni settori borghesi e piccolo-borghesi venivano discriminati e questi settori esprimevano con un’ideologia religiosa (che è sempre un’ideologia reazionaria) la loro opposizione al potere centrale: si vedano, per esempio, le rivolte in Siria di questi settori negli anni ’80 al seguito dei Fratelli musulmani ecc.

4) Il fatto che il Daesh sostenga di voler costituire immediatamente uno Stato là dove già esiste, mentre le altre forze islamiche ribelli vogliono prima rovesciare il governo centrale, non dimostra che esso sia espressione di una «questione nazionale». Al contrario, questo era coerente in partenza con il fatto che riceveva aiuti da vari stati della regione (Turchia, Stati del Golfo) e godeva dell’appoggio di alcuni settori locali borghesi e piccolo-borghesi emarginati.

5) L’opposizione agli interventi militari imperialisti deve essere risoluta e senza condizioni: i   proletari dei paesi imperialisti devono mettere in pratica il motto «Il nostro nemico principale è nel nostro Paese», i nostri nemici principali sono la «nostra» borghesia e il suo Stato, sono loro che devono essere combattuti per primi.

Ma ciò non comporta automaticamente un sostegno ai nemici della «nostra» borghesia: si tratta di due cose completamente diverse che non vanno confuse, a differenza di quanto gli «estremisti di sinistra» hanno sempre fatto.

Il Daesh è un nemico dei proletari, innanzitutto dei proletari di Siria e Iraq, e poi dei proletari dei paesi imperialisti. Prima di effettuare attentati in Europa, ha fatto attentati in Iraq e altrove. E prima degli attacchi in Iraq e altrove, aveva represso i proletari nelle regioni da esso controllate (come nel caso dei lavoratori della nettezza urbana a Mossul che avevano fatto azioni rivendicative per le proprie condizioni di lavoro e che erano stati giustiziati dal Daesh).

Sostenere il Daesh vuol dire sostenere un nemico del proletariato, significa mettersi sul fronte antiproletario, non significa assolutamente stare dalla parte degli oppressi!

Una vera e propria lotta contro l’imperialismo non può essere fatta collocandosi  in un campo borghese, antiproletario: questo è antimperialismo borghese.La vera lotta contro l’imperialismo può essere fatta solo su basi di classe, su basi  anticapitalistiche, perché per distruggere l’imperialismo si deve rovesciare il capitalismo!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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