Di fronte agli attacchi della classe dominante borghese, lotta proletaria anticapitalistica!

(volantino difuso dai nostri compagni in Francia in occasione delle agitazioni contro la nuova "Legge sul Lavoro" che, come in Italia con il Jobs Act, colpisce anche in Francia)

(«il comunista»; N° 143;  Maggio 2016)

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Il progetto di legge El Khomri giunge dopo mesi di propaganda attraverso tutti i media a favore di una riforma del "Codice del Lavoro": la sua rigidità, la sua pesantezza e la sua complessità sarebbero tali da scoraggiare il padronato ad assumere -anche se da 50 anni nessuno se ne sia reso conto! Il governo intende quindi "ammorbidirlo" accordando ai padroni più agevolazioni per licenziare, per aumentare il tempo di lavoro, ridurre gli assegni di disoccupazione ecc. naturalmente in nome della lotta... alla disoccupazione!

Si tratta in realtà di inserire nella legge l'intensificazione dello sfruttamento capitalista in modo da rendere più difficili i  ricorsi da parte dei lavoratori ai termini di legge per opporvisi. Nei fatti l'intensificazione dello sfruttamento non ha certo atteso una nuova legge per concretizzarsi: da anni i capitalisti continuano a colpire le condizioni di lavoro dei proletari; impongono, grazie ai governi di destra e di sinistra, delle contro-riforme con cui si rimangiano le concessioni accordate in precedenza per ottenere la coesione sociale. Nei periodi di prosperità economica che le garantiva grassi profitti, per la classe borghese quelle concessioni costituivano un piccolo prezzo da pagare per scartare, grazie all'azione indispensabile delle organizzazioni riformiste e collaborazioniste, il rischio della riapparizione della lotta di classe rivoluzionaria. Il Codice del Lavoro, che altro non è che la codificazione dello sfruttamento capitalistico, comprendeva così qualche articolo presuntamente opposto agli "eccessi" di questo sfruttamento, e riconosceva qualche diritto agli sfruttati, comunque condannati a rimanere tali.

Ma l'epoca della crescita capitalitsica apparentemente indefinita che aveva preso il suo slancio sulla base delle gigantesche distruzioni della seconda guerra mondiale, è definitivamente sparita; il capitalismo, attanagliato dalla sovraproduzione, passa di crisi in crisi. In queste condizioni, che riguardano tutti i paesi, i capitalisti non vedono che una soluzione alla caduta dei loro profitti: aumentare lo sfruttamento dei proletari per salvare o accrescere i loro margini di beneficio, liquidare le imprese meno redditizie e gettare in strada i lavoratori in "soprannumero", accordando loro il meno possibile di indenizzi.

Il progetto di legge attuale, come le misure prese in precedenza dal governo Hollande o da quello di Sarkozy, si inserisce perfettamente in questa tendenza generale: è per questo motivo che è stato calorosamente approvato, non soltanto dal Medef che ne è stato l'ispiratore, ma dal governo tedesco e dalle difefrenti istituzioni economiche internazionali. Questo progetto di legge non è un frutto di "errori" o di una "cattiva politica" del governo, ma è una risposta alle esigenze del capitalismo francese.

I partiti riformisti detti "di sinistra", quando erano al governo, hanno sempre fedelmente rispettato queste esigenze, e molto spesso sono riusciti a soddisfarle molto più efficacemente e con meno problemi che non i partiti detti "di destra" (va ricordato Fabius quando dichiarava che la sinistra aveva fatto contro i siderurgici negli anni '80 il "lavoro sporco" che la destra non era riuscita a compiere!). E quando erano all'opposizione, si sono sempre impegnati con le strutture sindacali a deviare o sterilizzare le lotte che scoppiavano contro gli attacchi borghesi: basta ricordare come la lotta contro la "riforma"delle pensioni di Sarkozy è stata accuratamente inquadrata e ridotta all'impotenza attraverso vane manifestazioni-processioni e giornate di inazione a ripetizione.

Queste stesse organizzazioni ricominciano oggi il loro solito lavoro di sabotaggio della lotta, appellandosi a queste giornate di "azione" ripetitive, mantenedo però la divisione fra le categorie e rifiutandosi di convocare una lotta generale: completamente integrate nella rete della collaborazione di classe tesa a beneficio esclusivo della classe dominante, esse non possono agire che come "partners sociali" dei borghesi e non come organizzazioni di difesa dei proletari nella lotta di classe che i padroni e il loro Stato conducono contro di essi!

I proletari e i giovani futuri proletari possono tuttavia difendersi contro gli attacchi borghesi di cui il progetto di legge attuale non è che l'ultima di una lunga serie. Ma alla condizione di impegnarsi in una lotta reale e non in un simulacro di lotta; alla condizione di organizzarsi e di lottare indipendentemente dalle organizzazioni riformiste e dalle loro indicazioni di collaborazione interclassista. Lo scopo della lotta non può essere - come vorrebbero queste ultime e le organizzazioni di cosiddetta "estrema" sinistra al loro rimorchio, la difesa della forma precedente di sfruttamento capitalistico codificato nel Codice del Lavoro, ma la lotta aperta contro questo sfruttamento; la lotta non può svolgersi in difesa di un sedicente "modello sociale francese", ma la lotta contro questo modello, contro il capitalismo. Tutti i "diritti" concessi dalle leggi borghesi non sono che limitati e precari e sempre suscettibili di essere aggirati o calpestati dai capitalisti.

La sola possibilità di far rinculare o di contenere la pressione capitalista non risiede nei codici, nelle leggi o nelle intese fra "partners sociali", ma nel rapporto di forze creato dalla lotta proletaria aperta; la sola possibilità di far scomparire lo sfruttamento non risiede nelle riforme del capitalismo, ma nel suo rovesciamento attraverso la rivoluzione proletaria.

Per questo è indispensabile operare per la lotta e l'organizzazione indipendenti di classe, unendo i proletari senza distinzione di età, di sesso, di categoria o di nazionalità, per la difesa esclusiva dei loro interessi di classe contro i capitalisti, il loro Stato, i loro governi e ogni risma di loro valletti!

 

7 marzo 2016

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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