Corrispondenze dalla Francia

 

Incidenti in serie alla centrale nucleare di Paluel. Il pericolo mortale viene dal fatto che il nucleare è in mano al capitalismo

(«il comunista»; N° 146;  Dicembre 2016)

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“Bum!” Il 31 marzo, gli addetti dell’azienda incaricata della manutenzione sono sobbalzati negli spogliatoi del reattore 2 di Paluel (Senna Marittima). Sette piani più in basso, durante un’operazione di manutenzione, un vecchio generatore di vapore, un bestione di 22 metri di lunghezza e 465 tonnellate di peso, ha cominciato a oscillare con tutta la sua mole, crollando poi su una vasca di scarico del combustibile.

Seriamente danneggiato dall’urto, paragonabile a quello di un sisma, il reattore non potrà ripartire tanto presto. Penaud, titolare dell’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare confessa che questo incidente non era previsto… in quanto considerato “impossibile”!

È così che la rete Uscire dal nucleare (1) descrive il più importante dei 22 incidenti dichiarati avvenuti nella centrale nucleare di Paluel dal maggio 2015.

Gli altri esempi di incidenti citati dalle rete sono numerosi. Per esempio, nel luglio 2015, a seguito di un’operazione fatta nella fase di precipitazione, si è scatenato un grosso incendio in un condensatore situato nella sala macchine; domato nel giro di 6 ore, aveva fra l’altro danneggiato seriamente le attrezzature collocate nei dintorni. E il 14 aprile 2016, un nuovo focolaio d’incendio ha fatto scattare un piano di emergenza interno e l’intervento dei pompieri… il cui camion si è cappottato sulla strada al suo arrivo alla centrale.

 

UNA CENTRALE NEL CUORE DEL SISTEMA ELETTRONUCLEARE

 

Questo impianto, costruito a Paluel nel 1977, con i suoi quattro reattori da 1300 MW ciascuno, è una delle principali centrali francesi. Si trova sul litorale della Manica a una cinquantina di chilometri dalla centrale di Penly. Si trova anche a una trentina di chilometri da Dieppe (80.000 abitanti) e a una cinquantina di chilometri dagli agglomerati di Rouen (500.000 abitanti) e di Le Havre (250.000 abitanti).

Volendo credere alla EDF (Électricité de France, la maggiore azienda produttrice e distributrice di energia in Francia), questa centrale ha un posto importante nella produzione energetica: “Avendo prodotto più di 33 miliardi di kWh nel 2010, cioè circa il 7% della produzione di elettricità francese e il 35% dell’energia consumata nella regione, la centrale nucleare di Paluel rappresenta una carta vincente per rispondere ai bisogni di consumo di elettricità in Francia” (2).

      

LA SITUAZIONE “PREOCCUPANTE” DEL PARCO NUCLEARE FRANCESE

 

Dopo l’incidente del 31 marzo, è stata effettuata un’ispezione della centrale da parte dell’ASN (Autorità di sicurezza nazionale) secondo la quale “l’incidente potrebbe essere stato causato da un errore nel montaggio del sistema di sollevamento del generatore di vapore o nel dispositivo. Nella sua caduta, il macchinario avrebbe provocato diversi danni, in particolare alla piattaforma di protezione della vasca  che accoglie i reattori”. L’ASN ha rilevato quelle che pudicamente chiama “anomalie” come, per esempio, le istruzioni per l’uso del sistema di sollevamento, distribuite agli operai e agli ispettori, sono formulate in modo da non facilitarne la lettura; e che dire delle più recenti verifiche degli elementi essenziali del sistema di sollevamento che sono state effettuate il 20 marzo 2016, ossia più di dieci giorni prima dell’operazione di trasferimento preventivata (3).

Non c’è da stupirsi di questo aumento di incidenti. Il 20 gennaio, il presidente dell’Autorità di sicurezza nazionale aveva preso atto di una “situazione preoccupante” in quanto “le sue richieste di assegnazione di risorse umane rimangono lettera morta, mentre la posta in gioco in materia di sicurezza nucleare da sostenere in un prossimo futuro richiederebbe questo apporto supplementare” (4).

E questa situazione non è nuova. Già nel 2011, un articolo di Mediapart evidenziava gravi problemi: “Fughe a ripetizione, getti di gas radioattivi, partenze dei segnali d’allarme, contaminazione di lavoratori: da oltre un mese, una delle più grosse centrali nucleari francesi, quella di Paluel, nell’Alta Normandia, subisce malfunzionamenti in serie. Il moltiplicarsi degli incidenti crea un’atmosfera di panico fra il personale che vi lavora” (5).

All’epoca, perfino l’Unione locale CGT di Dieppe nettamente filonucleare (che reclamava l’installazione di un reattore EPR a Penly) era preoccupata; “Da parecchi mesi c’è una fuga di iodio radioattivo in uno dei settori della centrale di Paluel. (…) L’EDF ha deciso di non fermare il settore incriminato e di proseguire a qualunque costo la produzione (…). Nel frattempo, ha addirittura mandato dei lavoratori nell’edifico del reattore funzionante a pieno regime, per individuare l’origine della fuga e la sua portata. Fare intervenire dei lavoratori nell’edificio del reattore in pieno funzionamento, cioè mentre il settore è in funzione, questo non si è mai visto!” (6).

Per coronare il tutto, secondo un rapporto ufficiale, i gruppi elettrogeni di emergenza delle centrali nucleari francesi sono in pessimo stato, nonostante un loro guasto in caso di necessità possa far fondere il reattore (questo è ciò che è accaduto a Fukushima): nessuno di essi è stato classificato nella categoria “in regola”, il 44% è stato valutato “degradato” e il 13 % in “condizioni inaccettabili” (7).

 

LO SFRUTTAMENTO SELVAGGIO DEI “NOMADI DEL NUCLEARE”

 

A questi abituali malfunzionamenti, si sono aggiunti quelli legati alle operazioni di “Grande carenaggio”, che hanno lo scopo di prolungare la durata in vita dei reattori e che devono consentire all’EDF di accumulare profitti senza dover sostituire le sue unità produttive. Questo perché oggi il nucleare non è più redditizio: secondo la statunitense Energy Information Administration, realizzare un nuovo reattore sarebbe il 25% più caro di una equivalente unità produttiva a gas, il cui prezzo negli ultimi anni è fortemente calato (8).

Le operazioni necessarie a garantire la sicurezza sono in realtà fonti di gravi rischi.

Infatti la legge del profitto spinge l’EDF a ridurre al minimo il costo della manutenzione necessaria per prolungare la vita delle centrali. Per questo l’EDF privilegia il ricorso massiccio al subappalto, che riguarda oggi l’80% delle operazioni di manutenzione. Con il fenomeno del subappalto a catena, il turnover nei cantieri e “il ricorso a proletari mal pagati e poco preparati è cosa di tutti i giorni. Sapendo che l’EDF tende a ridurre il più possibile i periodi di fermo per la manutenzione, per limitare i mancati guadagni, eseguire le operazioni richieste nel lasso di tempo stabilito diventa per i lavoratori un compito impossibile” (9).

Ciò è confermato anche dall’ASN che, già nell’aprile 2014, nel corso di un’audizione nel quadro dell’inchiesta parlamentare sui costi della filiera nucleare, rilevava che il 50% degli incidenti dipendeva dalla “mancanza di qualità della manutenzione”.

La manutenzione delle centrali è assicurata oggi da circa 30.000 lavoratori interinali, soprannominati “nomadi del nucleare”. Essi rappresentano il maggior numero di DATR (acronimo che significa: direttamente colpiti dai lavori radioattivi), più cinicamente chiamati, nel gergo professionale, “carne da rem” (10).

Un giornalista descriveva così la loro vita: “Attraversano la Francia su dei caravan per otto mesi all’anno. Destinazione: le centrali nucleari di tutto l’Esagono, che hanno bisogno di personale che intervenga nelle zone a rischio per la manutenzione annuale. Giornate di lavoro di 12 ore, una vita sociale da reinventare a ogni tappa. Poi ripartono. Seicento chilometri nella notte, verso la successiva centrale. Vengono chiamati i “nomadi del nucleare”. Sono loro a subire più dell’80% della dose collettiva annuale di radiazioni ricevute nel parco nucleare francese […] dichiarano un’esposizione alle radiazioni inferiore a quella reale: ai lavoratori interinali che raggiungono la dose limite viene vietato l’accesso alla centrale. È il loro modo per conservare il posto di lavoro. Non la loro salute” (11).

Questi lavoratori sono protetti pochissimo: non sono autorizzati a lavorare nelle zone più pericolose (quelle arancioni e rosse) ma più di 9 dosi su 10 di radiazioni vengono assorbite nelle zone “gialle”, nelle quali sono proprio loro ad intervenire.

La testimonianza di un lavoratore del nucleare pubblicata da Lutte ouvrière (LO) permette di completare questo tetro bilancio: “Nomadi che spesso non hanno nemmeno il parcheggio né l’armadietto quando arrivano numerosi nel momento che viene chiamato ‘fermo del settore’, quando una centrale può impiegare fino a un migliaio di lavoratori in subappalto. Questi lavoratori passano da un’impresa all’altra a seconda dei mercati persi o guadagnati dai padroni di queste società, con condizioni di lavoro e stipendi sempre peggiori. Girano da una centrale all’altra, ma nessuno conosce le installazioni, i locali e la composizione del materiale” (12).

 

MASSIMA REDDITIVITÀ, MINIMA SICUREZZA!

 

Con l’uso massiccio di una manodopera meno costosa e più flessibile rispetto ai dipendenti dell’EDF, l’impresa riesce anche a far lavorare a pieno regime le unità produttive per ammortizzarle e ricavarne il massimo profitto.

La Federazione dell’energia CGT – strettamente legata ai capitalisti del nucleare, EDF in testa – conferma questa situazione e denuncia che le “deplorevoli condizioni di lavoro a causa della pressione sui tempi per rispettare le scadenze e i costi, i continui superamenti degli orari [di lavoro], hanno determinato difetti e pratiche a rischio”. Ma questi sindacalisti servili, invece di indire lotte, si lamentano del “poco ascolto di cui sono oggetto da parte della Direzione dell’EDF” (13).

La testimonianza pubblicata da Lutte Ouvrière enuncia in modo chiaro questa logica della redditività: “Per la manutenzione degli impianti, si tratta di fare sempre più in fretta, bisogna coordinare un sacco di lavoro accertandosi che gli interventi degli uni non mettano in pericolo le operazioni degli altri e che l’affidabilità complessiva sia garantita. Il pericolo cresce perché i lavori aumentano, il personale cambia e non sempre ha il livello richiesto di formazione e qualificazione. C’è una catena di subappalti che interviene. Per supervisionare tutto ciò, la direzione ha cercato di imporre ai sorveglianti turni di 2x12 ore di lavoro. […] In precedenza, i lavori essenziali venivano programmati durante le fermate del reattore, perché i rischi sono minori. Adesso, la direzione cerca di programmare questi interventi col reattore in funzione. Questa diventa una pratica che si banalizza, mentre solo alcuni anni fa era impensabile. L’obiettivo perseguito è quello di sfruttare il reattore al massimo e di farlo funzionare il più possibile. Ciò si è tradotto in concreto in periodi di manutenzione in tempi stretti, per ottenere la massima disponibilità sulla rete. I fermi per settore sono così passati da 45 a 32 giorni, cioè a 13 giorni in più di produzione elettrica” (14).

In sintesi: produrre di più a costo di sacrificare la sicurezza dei salariati e della popolazione!

 

IL NUCLEARE: UN PERICOLO SOTTO IL REGNO DEL CAPITALE

 

Questo quadro dimostra chiaramente che l’industria nucleare è un pericolo per la popolazione e per i lavoratori del settore. Ma, per la verità, tutte le tecnologie, tutte le scienze sono pericolose quando sottostanno alle leggi del capitale, dalla produzione alimentare e agroalimentare (farine animali, OGM, pesticidi…) fino alla produzione di energia idroelettrica o solare.

Se il nucleare è pericoloso, le alternative a questo tipo di energia sono oggi poco realistiche e anch’esse fonti di rischi e gravi disastri. Per esempio, una pala eolica efficiente può produrre 5 megawatt (naturalmente a condizione che ci sia vento), la centrale nucleare di Paluel produce 5200 megawatt, cioè l’equivalente di più di mille impianti eolici. Le dighe delle centrali idroelettriche sono in uno stato deplorevole e mettono in una condizione di grave rischio le popolazioni che vivono a valle. La costruzione dei pannelli solari richiede l’uso di silicio (la cui produzione emette grandi quantità di CO2), ma anche di sostanze fortemente inquinanti come il piombo, il bromo e il cadmio.

Quanto al carbone, è la causa dell’inquinamento atmosferico, ma anche della morte in massa nei paesi che ne fanno uso. È questo il caso, in particolare, della Cina: 670.000 morti all’anno, 600.000 minatori colpiti da malattie polmonari e un calo dell’aspettativa di vita di oltre 5 anni (15).

 

LOTTA DI CLASSE CONTRO LOTTA ECOLOGISTA

 

La battaglia ecologista – compresa la sua versione ecologista-socialista tipo NPA (Nouveau Parti Anticapitaliste) – che intende “uscire dal nucleare” è un ostacolo alla lotta di classe: condanna a priori un’attività senza condannare il modo di produzione che genera i rischi. Le mobilitazioni ecologiste sono vicoli ciechi per i proletari perché deviano dalla lotta contro il capitalismo che è la vera minaccia contro la specie umana.

Già nel Capitale, Marx indicava, partendo dall’esempio dell’agricoltura, come i progressi scientifici e tecnici diventino flagelli nelle mani della borghesia:

“Lo sfruttamento più abituale e più irrazionale è rimpiazzato dall’applicazione tecnologica della scienza. (...) Più un paese, gli Stati Uniti del nord dell’America, per esempio, si sviluppa sulla base della grande industria, più questo processo di distruzione si compie rapidamente. La produzione capitalista non sviluppa dunque la tecnica e la combinazione del processo di produzione sociale che esaurendo nello stesso tempo le due sorgenti da cui scaturisce ogni ricchezza: la terra e i lavoratori”

La responsabilità della redditività capitalistica riguardo la pericolosità del nucleare spiega anche perché sia al tempo stesso illusoria e antiproletaria la pretesa di trovare protezione ricorrendo allo Stato, anche sotto forma di un “servizio pubblico dell’energia” sedicentemente “sotto il controllo dei lavoratori”: lo Stato borghese è totalmente al servizio del capitalismo e non può essere controllato da altre forze che non siano le forze borghesi. Dovrà essere distrutto, non “controllato” – obiettivo impossibile! –, dai proletari!

 

PER UNA DIFESA CLASSISTA DEI LAVORATORI DEL NUCLEARE!

 

I comunisti devono denunciare il nucleare civile e militare perché è un pericolo reale fra le mani dei capitalisti. Però i comunisti non possono condurre la battaglia senza difendere i lavoratori del Le rivendicazioni di classe devono avere come punto di partenza la difesa incondizionata dei proletari del nucleare:

 

·-integrazione dei lavoratori dei subappalti nelle imprese che subappaltano, con pari lavoro, pari salario, pari garanzie contrattuali di tutti gli altri dipendenti;

·-miglioramento delle condizioni di lavoro: riduzione dell’orario di lavoro e abbassamento dell’età pensionabile;

·-mantenimento integrale del salario in caso di riconversione delle industrie nucleari.

 

A questo si deve aggiungere anche la battaglia per la sicurezza delle popolazioni e per la sicurezza dei lavoratori del settore nucleare. Uno dei punti di partenza consiste nel far saltare l’omertà che regna in Francia a proposito del nucleare, omertà adottata dai politici di ogni schieramento, dagli amministratori locali, che beneficiano ampiamente dei regali elargiti dall’EDF, e dai sindacati collaborazionisti – CGT in testa –, che si ingrassano quando i profitti dell’EDF aumentano.

Se esistesse un sindacalismo di classe, si batterebbe nelle centrali nucleari – ma anche nelle regioni e nei quartieri operai minacciati – per l’organizzazione di veri comitati d’igiene e sicurezza (non dei CHSCT ufficiali cogestiti dal padronato e dal collaborazionismo sindacale nel quadro del “dialogo sociale”). Questi organismi di lotta indipendenti dal padronato e dalla difesa dell’impresa e dell’economia nazionale, dovrebbero avere lo scopo di sorvegliare e difendere le condizioni di lavoro dei lavoratori delle centrali e, in particolare, le condizioni di sicurezza. Sarebbero dei punti forti per ottenere il blocco delle centrali quando minacciano la salute e la vita dei proletari.

 

UNA SOLA VIA D’USCITA: DISTRUGGERE IL CAPITALISMO, QUESTO SISTEMA DI SVENTURA!

 

Certamente la lotta contro il rischio nucleare, così come la lotta contro tutti gli effetti tossici della produzione capitalistica, fa parte della lotta quotidiana contro il capitale. Ma, per assumere in pieno il suo significato e la sua efficacia, questa lotta di resistenza quotidiana deve inserirsi in una prospettiva più ampia: quella della lotta contro l’intero sistema capitalistico, con la prospettiva di porre fine alla società borghese e di aprire la via alla società comunista. Non esiste, sotto il capitalismo, alcuna tecnica o produzione che non si accompagni a pericoli per i proletari e a rischi più o meno gravi di inquinamento e di catastrofi per le popolazioni.

Gli ecologisti dello “sviluppo duraturo” come quelli della “decrescita” predicano un capitalismo pulito: in realtà, possono essere utili solo agli interessi della difesa del capitalismo, distogliendo così i proletari dall’unica soluzione possibile contro gli innumerevoli misfatti di questo modo di produzione: la rivoluzione proletaria internazionale. Compiendo questa rivoluzione di classe, il proletariato non realizzerà solo la propria emancipazione, ma contemporaneamente libererà tutta l’umanità dal giogo capitalistico, aprendo la via a uno sviluppo senza precedenti della specie umana, basato su rapporti armoniosi e non più antagonisti fra gli individui e fra l’uomo e la natura.

 


 

(1) «Centrale de Paluel: le rafistolage des réacteurs vire déjà au carnage», 27 aprile 2016.

(2) «La centrale nucléaire de Paluel, au service d’une production d’électricité sûre, compétitive et sans CO2, au cœur de la région de Haute-Normandie», dossier della stampa, febbraio 2011.

(3) «Chute d’un générateur dans une centrale nucléaire de Seine-Maritime. Des défaillances, selon l’ASN», normandie-actu.fr, 13 aprile 2016.

(4) «Normandie. Centrales nucléaires. L’Autorité de sûreté nucléaire dénonce un manque de moyens», 22 gennaio 2016.

(5) Jade Lindgaard, «Nucléaire: incidents en série à la centrale de Paluel», Mediapart, 22 giugno 2011.

(6) «Centrale de Paluel: EDF sur les traces de Tepco?», cgt-dieppe.fr, 16 giugno 2011.

(7) «Centrales nucléaires: un rapport alarmant sur l’état des générateurs de secours», europe1.fr, 16 marzo 2016.

(8) «Centrales nucléaires: succession d’incidents aux Etats-Unis», 17 marzo 2016.

(9) Elsa Fayner, «Au cœur des centrales françaises, les intérimaires du nucléaire», marianne.fr, 19 marzo 2011.

(10) Rem [dall’inglese R(öntgen) e(quivalent) m(an)]: in radiobiologia e radioprotezione, unità dosimetrica per radiazioni ionizzanti, definita come la dose di radiazione che, assorbita da tessuti del corpo umano, produce effetti biologici uguali a quelli che produrrebbe, negli stessi tessuti, l’assorbimento di 1 rad di raggi X. In unità del Sistema Internazionale, 1 rem =10–2 Sv. (Enciclopedia Treccani). L’avvelenamento da radiazione (chiamato anche male da raggi, malattia acuta da radiazione o più propriamente, in clinica, sindrome da radiazione acuta) designa un insieme di sintomi potenzialmente letali derivanti da un’esposizione dei tessuti biologici di una parte considerevole del corpo umano ad una forte dose di radiazioni ionizzanti.

L’avvelenamento si manifesta generalmente in una fase prodromica non letale nei minuti o ore seguenti l’irradiazione. Questa fase dura da qualche ora a qualche giorno e si manifesta sovente con sintomi, quali diarrea, nausea, vomito, anoressia, eritema. Segue un periodo di latenza, in cui il soggetto appare in buone condizioni. Infine sopraggiunge la fase acuta che si manifesta con una sintomatologia complessa, generalmente con disturbi cutanei, ematopoietici, gastro-intestinali, respiratori e cerebrovascolari (wikipedia).

(11) Intervista a Michel Lallier, segretario del CHSCT (Comité d’hygiène, de sécurité et des conditions de travail) della centrale di Chinon, Hesa Newsletter, marzo 2006. Per “Esagono” si intende la Francia che geograficamente ha la forma geometrica di un esagono.

(12) «Sortir du nucléaire? Avant tout, sortir du capitalisme!», Lutte de classe, n. 137, estate 2011.

(13) Comunicato della FNME-CGT, «Paluel: Accident de manutention d’un générateur de vapeur», aprile 2016.

(14) Marc Laimé «Des brèches dans la sécurité des barrages», Manière de voir, febbraio-marzo 2011.

(15) «Moins effrayant que l’atome, le charbon provoque des milliers de morts chaque année dans le monde», Les Echos, 25 marzo 2011; «Chine: la consommation de charbon aurait fait 670.000 victimes en 2012», itele.fr, 7 novembre 2014; «Dans le nord de la Chine, le charbon gratuit a coûté cinq ans et demi d’espérance de vie», Le Monde, 10 luglio 2013.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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