Un nuovo opuscolo di partito: “Marxismo e classi medie”

(«il comunista»; N° 150; Settembre 2017)

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È in preparazione questo nuovo opuscolo nella serie “Brochures Le Prolétaire”. Ecco l’introduzione:

 

 

Dalle piazze di Madrid alle strade di Caracas, da “Occupy Wall Street” a “Nuit debout”, da alcuni anni l’agitazione delle classi medie e i movimenti organizzati o diretti da elementi della piccola borghesia si manifesta da un angolo all’altro del pianeta. Da parte dei media l’attenzione si concentra sui problemi, sulle difficoltà e sulle reazioni delle classi medie, che a volte vengono presentate come il nuovo protagonista che minaccia di turbare l’ordine politico e sociale al posto del proletariato, a volte come un fattore prezioso per la stabilità di questo stesso ordine e che pertanto converrebbe coccolare e sostenere.

Un esponente della destra, Laurent Waukiez, qualche anno fa, quando era ministro di Sarkozy, ha pubblicato un libro intitolato “La lotta delle classi medie”. Ponendosi come difensore di queste ultime, che secondo lui rappresentano in Francia non meno di 43 milioni di persone, ossia il 70% della popolazione (!), scriveva che queste sono in “difficoltà ad arrivare alla fine del mese, che hanno la sensazione di vivere meno bene della generazione precedente e si chiedono come sarà il domani “. E aggiungeva: “Non dimentichiamo mai che le democrazie che sono crollate, come la Repubblica Weimar di fronte all’ascesa di Hitler, sono quelle che non hanno saputo ascoltare le loro classi medie” (1).

Questo politico borghese faceva demagogicamente finta di compatire le classi medie (tra cui incorporava gli strati superiori del proletariato), per far passare più facilmente le sue proposte antioperaie: riduzione delle prestazioni sociali, fine dell’”assistenzialismo” ecc., agitando, ad ogni buon conto, la minaccia del fascismo. Riprendeva anche la classica mistificazione borghese secondo cui queste famose classi medie costituirebbero praticamente la maggior parte della popolazione, a parte i redditi molto alti da una parte e i poveri emarginati dall’altra.

Questa mistificazione si ritrova nella sociologia borghese, anche (e soprattutto!) quando assume abiti scientifici. Secondo questa, la divisione in classi si fa in base al reddito, criterio statistico sulla base del quale osserva che le classi medie sono sempre la maggioranza, costituendo “lo zoccolo della società” (2), anche se non può non constatare nella società una tendenza alla polarizzazione, cioè che i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Fenomeno preoccupante per la stabilità dell’ordine costituito perché determina l’aumento delle tensioni sociali, cosa che si traduce e inevitabilmente si tradurrà in scontro sociali.

Per il marxismo, le classi non sono definite dal reddito dei loro membri, ma dalla loro posizione sociale, dalla loro posizione nell’organizzazione economica.

Un artigiano, per esempio, può avere un reddito inferiore a quello di un operaio, può lavorare di più o più duramente di lui; sarà comunque un piccolo borghese perché possiede i suoi strumenti di lavoro, mentre l’operaio non possiede altro che la sua forza lavoro che è costretto a vendere a un capitalista per vivere.

Ed è questa particolare posizione sociale che determinerà la posizione politica dell’artigiano, fondata sulla difesa della sua impresa, la sua proprietà e del capitalismo, opposta a quella dell’operaio, che è fondata sulla difesa del lavoratore salariato contro il capitalismo. Questo spiega anche l’instabilità dell’atteggiamento delle classi medie che oscillano tra le classi fondamentali della società borghese – il proletariato e la borghesia – e la loro venerazione per la democrazia, intesa come sistema capace di conciliare o di superare gli antagonismi di classe che potrebbero schiacciarle.

Lenin scriveva: «La fede nell’universale azione salvatrice della “democrazia” in genere, l’incomprensione della natura de la democrazia borghese, storicamente limitata per la sua utilità e necessità, questa fede e questa incomprensione si sono perpetuate per decenni, per secoli in tutti i paesi, e, conforza particolare, in seno alla piccola borghesia.

«La grande borghesia ne ha viste di tutti i colori e sa bene che la repubblica democratica, come ogni altra forma statale in regime capitalistico, è solo una macchina per schiacciare il proletariato. Il grande borghese sa tutto questo perché conosce intimamente i dirigenti effettivi e le molle più nascoste (che spesso sono più segrete proprio per questo) di qualsiasi macchina statale borghese. tc "«La grande borghesia ne ha viste di tutti i colori e sa bene che la repubblica democratica, come ogni altra forma statale in regime capitalistico, è solo una macchina per schiacciare il proletariato. Il grande borghese sa tutto questo perché conosce intimamente i dirigenti effettivi e le molle più nascoste (che spesso sono più segrete proprio per questo) di qualsiasi macchina statale borghese. "

«Per la sua posizione economica e per tutte le sue condizioni di vita il piccolo borghese ha minore capacità di far propria questa verità e si culla nel’ illusione che la repubblica democratica significhi la “democrazia pura “, lo “Stato popolare libero”, il potere del popolo fuori o al disopra delle classi, la pura manifestazione della volontà di tutto il popolo ecc., ecc. La solidità di questi pregiudizi del democratico piccoloborghese dipende inevitabilmente dal fatto che egli è estraneo alla lotta di classe più  acuta, alla Borsa, alla “vera” politica e sarebbe assolutamente in col marxismo aspettarsi che la sola  propaganda riesca a sradicare in poco tempo questi pregiudizi»(3).

Questo testo risale a un secolo fa, ma senza andare a cercare così lontano, si possono trovare facilmente esempi attuali che dimostrano che su questo piano nulla è cambiato: i piccoli borghesi sono ancora ugualmente incapaci di comprendere cosa significa la democrazia.

Durante il movimento “Nuit debout”, il giornalista François Ruffin, celebre autore del film di successo “Merci patron”, che era uno dei promotori, aveva dichiarato che era necessaria un’ “alleanza” tra le “classi medie” (di cui si riteneva il rappresentante) e i lavoratori contro “lo strapotere dei ricchi” e in nome della democrazia che sarebbe “una responsabilità collettiva”.

Sullo stesso filone, ha pubblicato sulle colonne di Le Monde prima del primo turno delle elezioni presidenziali una risonante lettera aperta a Macron, in cui lo accusava di essere il “candidato dell’oligarchia”, “delle classi superiori”: “È un fossato fra le classi che ti si sta allargando davanti”, sosteneva. Il suo testo era ritmato sul leitmotiv “sei odiato, sei odiato, sei odiato”.

Ma qualche settimana dopo, lo stesso che era stato candidato alle legislative dalla “France Insoumise” di Mélenchon, invitava a...  votare Macron al secondo turno, in nome della difesa della democrazia contro Le Pen!

Queste palinodie sono tipiche della piccola borghesia; se in questo caso sono quasi una farsa, in una situazione sociale più grave possono avere conseguenze molto più serie, come la storia ha dimostrato. In Germania la borghesia, attraverso il nazismo, si è servita dei piccoloborghesi rovinati dalla crisi capitalistica per schiacciare il movimento proletario e salvare il capitalismo. Ecco cosa è veramente accaduto sotto la Repubblica di Weimar. I proletari non devono lasciarsi illudere dai grandi discorsi, a volte molto radicali all’apparenza, dei dirigenti piccoloborghesi e mettersi a rimorchio dei movimenti delle classi medie, perché ciò significherebbe sacrificare i propri interessi di classe e la possibilità per lottare effettivamente per questi.

Ecco perché ci sembra importante ricordare l’analisi delle classi medie fatta dal marxismo e l’atteggiamento del proletariato nei loro confronti: questo è lo scopo dell’opuscolo.                     

Vi si trova prima di tutto un’esposizione a una Riunione Generale di partito seguita dal resoconto di una riunione pubblica di Amadeo Bordiga tenutasi a Roma nel 1925.

A questi testi abbiamo fatto seguire in appendice due articoli comparsi, uno su Battaglia Comunista, n. 18 del 1949, il “filo di tempo” “Gli intellettuali e il marxismo”, e l’altro su Il Programma Comunista,  n. 15 del 1963, “La mezza classe, nostra bestia nera”; concludiamo poi con due estratti da articoli di Trotsky a proposito delle classi medie e del fascismo che sono molto chiari nella loro analisi, perfettamente marxista, sull’atteggiamento di queste classi.

Ma è necessario chiarire che, al contrario, la tattica che, in accordo con l’Internazionale Comunista, Trotsky auspicava contro il fascismo, è disastrosa; questa tattica di difesa della democrazia, che gli estratti da noi riportati non giustificano in alcun modo, contraddice l’indipendenza di classe del proletariato, che è la base indispensabile per intraprendere una seria lotta.

Non possiamo sviluppare qui questo argomento di estrema importanza: il lettore interessato può fare riferimento agli opuscoli che gli abbiamo dedicato (4).


 

(1) Cfr. Laurent Wauquiez, “La lutte des classes moyennes”, Ed. Odile Jacob 2011.

(2) Si veda lo studio del CREDOC “Les classes moyennes en Europe”, dicembre 2011. Secondo i loro criteri di reddito sostenevano che le classi medie formavano nel 2009 il 58,7% della popolazione (con questo tipo di criterio si può ampliare o ridurre a piacimento questa percentuale). Si noti che lo studio afferma che queste classi sono lo “zoccolo della coesione sociale”: “una più equa distribuzione del reddito tende a pacificare i legami sociali, mentre una società polarizzata crea inevitabilmente tensioni”. Quindi non sarebbero queste classi a determinare la pace sociale, ma la maggiore o minore uguaglianza...

(3) Cfr. Lenin, “ Le preziose ammissioni di Pitirim Sorokin”, Pravda, 5/12/1918. Opere, vol. 28, pp. 188-189. Potremmo fare decine di citazioni simili.

(4) Cfr. “Communisme et fascisme”, collana “Les Textes du PCI” n. 1; “Fascisme, antifascisme et la lutte prolétarienne” opuscolo del Prolétaire N. 25; «L’antifascisme démocratique, un mot d’ordre anti-prolétarien qui a fait ses preuves», supplemento al Prolétaire.

 

 

Partito comunista internazionale

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