Ricordando Libero

(«il comunista»; N° 151; Dicembre 2017)

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Ad un carissimo compagno, Libero Roncagli, che non c'è più, rivolgiamo un fraterno saluto e un ricordo che riserviamo soltanto a militanti sinceri e tenaci che hanno dedicato, tra le immancabili difficoltà quotidiane in cui questa putrescente società tiene immersi i proletari di ogni età e di ogni credo politico o religioso, le migliori energie alla lotta rivoluzionaria del proletariato. La sua tensione politica, respirata fin da ragazzo in una famiglia di militanti comunisti (aderenti al PCd'I del 1921) lo portò prima nelle formazioni partigiane e poi nel Pci, dal quale un giorno fu spedito, insieme ad altri, in puro stile stalinista, alla sede milanese del nostro partito di allora in cui Bruno Maffi teneva una riunione pubblica. L'obiettivo era di "dare una dura lezione" a coloro che gli stalinisti definivano "fascisti vestiti da comunisti". Quella volta, però, andò diversamente: le posizioni sostenute in quella riunione, richiamate in continuità con quelle di Livorno 1921, fecero breccia sul giovane Libero che le riconobbe come posizioni sempre sostenute dai genitori: la lezione invece di "darla", fu appresa. Successivamente aderì al nostro partito e ne seguì tutte le vicende, di sviluppo e di crisi, che segnarono il suo percorso. Lo abbiamo avuto a fianco in tutte le crisi: da quella "storica" del 1952 che fece nascere il "partito comunista internazionalista-programma comunista", a quella del 1965 che ci separò dal gruppo che si organizzò, con perno a Milano, come "rivoluzione comunista", mentre il nostro partito da "internazionalista" passava a definirsi "internazionale"; da quella del 1973-74 che ci separò dal gruppo che si organizzò, con perno a Firenze, come "il partito comunista", a quelle successive di Cividale, di Ivrea-Torino, di Schio-Marsiglia e ancora di Milano, fino alla grande crisi esplosiva del 1982-84 che distrusse l'organizzazione di partito a livello internazionale, gettando la gran parte dei compagni nello scoramento e nella confusione più drammatica. Le vicende inerenti lo sviluppo del partito e le sue crisi, di cui soltanto il nostro gruppo iniziò fin da subito a lavorare per un bilancio dinamico, allontanarono molti compagni gli uni dagli altri; alcuni presero la via del "ritiro alla vita personale", altri la via dell'adesione ad altri gruppi già esistenti o del tutto  "nuovi" da costruire, altri ancora si lanciarono in imprese liquidatrici, movimentiste o attendiste che fossero. Altri compagni si lasciarono trascinare da un "sentimentalismo di partito" che ne annebbiò  l'intransigenza teorica e la razionalità politica, tenendosi avvinti alla testata "programma comunista" anche a costo di andare contro la coerenza comportamentale che distinse la ricostituzione del partito nel 1952. Il compagno Libero non ebbe la forza di resistere al richiamo sentimentale che lo legava non solo alla testata "programma comunista" ma anche ai vecchi compagni che, come lui, seguirono le decisioni di Bruno Maffi e pochi altri. Pur avendo scelto di continuare la sua militanza in quel gruppo,  in un primo periodo, dopo la crisi, continuò a tenere un contatto con noi nella speranza che i motivi della separazione venissero superati e che si potesse tornare insieme in un unico "partito". Ma la strada imboccata dal nuovo "programma comunista" non poteva che divergere sempre più dalla rotta che era stata segnata dal 1952 in poi, e lo stesso Libero, ad un certo punto, se ne rese conto. Ciò non toglie che volle ricevere regolarmente "il comunista", almeno fino a quando la vista gli permise di leggerlo.

E' certo che quel che ha spinto da sempre il compagno Libero a militare in un partito comunista rivoluzionario era fondamentalmente la passione politica, al di là di quelle apparenti sottili differenze che, però, nei fatti, nascondono abissi.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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