Soldati che muoiono a causa dell’uranio impoverito

(«il comunista»; N° 151; Dicembre 2017)

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In Italia, la Presidenza della Repubblica, il Governo, il Ministro della Difesa, non perdono occasione per vantare l'opera delle forze armate nazionali nei loro compiti di aiuto, solidarietà umana e missioni di pace in giro per il mondo. Naturalmente, essendo forze armate, possono essere chiamate a partecipare ad azioni di guerra nel rispetto degli accordi con i paesi della Nato, come è successo dal 1991 in poi e, in particolare, nei Balcani tra il 1997 e il 1998, e poi in Libia, o, come succede ancora, in Afghanistan.

Nei Balcani, come è noto, furono usate bombe all’uranio impoverito i cui effetti non furono disastrosi soltanto per la popolazione serba colpita ma anche per i soldati che le caricavano negli aerei per sganciarle sui “nemici”. Nei vent’anni passati da allora, l’Osservatorio militare che segue la questione dei malati da uranio impoverito, dichiara che i malati sono oltre 7.000, mentre i morti finora sono 344, tutti reduci da missioni all’estero e in particolare nei Balcani (il fatto quotidiano, 18/7/2017).

Il caso che ha riportato la vicenda alla cronaca giornalistica riguarda una sentenza che ha assegnato un risarcimento di 640 mila euro ai familiari di un caporalmaggiore degli alpini morto nel 2001 di linfoma di Hodgkin dopo una serie di missioni in Bosnia, appunto tra il 1997 e il 1998. Riguardo alla sua malattia il Ministero della Difesa non riconobbe la propria responsabilità visto che era stata contratta durante le missioni militari alle quali il caporalmaggiore doveva partecipare, mentre il tribunale emise la sentenza sopra ricordata, contro la quale in ogni caso il Ministero della Difesa ha fatto ricorso. Come dire: la missione militare prevede che i soldati che vi partecipano rischino di venire colpiti da malattie, possano essere feriti in battaglia o morire. Quindi, o ammazzano o vengono ammazzati e se tornano dalla missione incolumi, meglio…, potranno partecipare ad altre missioni… A quell’epoca il ministro della difesa era Sergio Mattarella, l’attuale Presidente della Repubblica, che ovviamente oggi non ha nessun interesse a smentirsi… e sulla stessa linea è l’attuale Ministra della Difesa, Roberta Pinotti che mantiene il più profondo silenzio sulla vicenda. Secondo il giornale da cui riprendiamo la notizia, raramente la Difesa concede risarcimenti e pensioni in casi di questo genere, contando d’altra parte anche sul fatto che i processi durano in media dagli 8 ai 10 anni.

Non solo uranio impoverito. I soldati rischiano di ammalarsi anche per l’esposizione all’amianto, ai gas radon, alle più varie nanoparticelle ecc. In sovrappiù, la Commissione parlamentare incaricata di raccogliere informazioni a questo riguardo, svela che ai soldati in Kossovo veniva distribuita acqua inquinata (contenente bromato, cancerogeno di classe 2B, in quantità di 65/97 microgrammi-litro rispetto al limite tollerato di 10), e che un altro elemento, il torio - metallo pesante radioattivo usato fino al 2006 come tracciante nei missili francesi Milan - è stato trovato nei corpi di persone e animali morti di tumore in Sardegna in seguito all’attività nel poligono del Salto di Quirra. A questo proposito, la Commissione parlamentare d’inchiesta ha messo in chiara evidenza che i soldati rischiano la vita non solo per le attività militari “normali”. E’ il presidente di questa commissione, il PD Gian Piero Scanu, ad affermare che le criticità maggiori, dovute all’esposizione ad agenti chimici e cancerogeni, “sono segnalate nelle zone dei poligoni di tiro, e ulteriori rischi insidiano le caserme, i depositi e gli stabilimenti militari” (Metro Milano, 20/7/2017); e portava come esempio la presenza dell’amianto che non è mai stato eliminato da elicotteri, mezzi, edifici. Ma, oltre ai soldati, nessun cenno viene fatto riguardo gli operai che hanno lavorato alla fabbricazione degli elicotteri, dei vari mezzi militari e alla costruzione delle caserme e degli altri edifici militari, e che rischiamo la vita prima ancora dei soldati. 

Beh, lo Stato si vanta delle sue forze armate e della loro efficienza a “fini di pace”, ma, in realtà, tratta i propri soldati come macchine da guerra, prima ancora di usarli come “carne da cannone”, come macchine da guerra il cui logoramento e distruzione fanno parte del “gioco”. Ci si può aspettare qualcosa di diverso dallo Stato borghese? Lo Stato borghese non è altro che uno strumento di dominio della classe capitalistica, di difesa degli interessi generali della classe capitalistica in campo economico e finanziario come in campo politico, in campo sociale come in campo militare. Se l’interesse generale del capitalismo è far funzionare al massimo la macchina del profitto - e il profitto lo si ottiene in maggior quantità non aumentando la prevenzione ma macinando affari negli interventi post-sciagure, post-catastrofi, post-tragedie, insomma nelle ricostruzioni dopo le distruzioni - allora si capisce perché dallo Stato borghese non si otterrà mai, in nessun campo della vita sociale, il superamento delle contraddizioni congenite con il sistema capitalistico: le forze produttive, in questa società, sono piegate all’interesse del profitto capitalistico e alla difesa delle sovrastrutture che lo proteggono, non importa se al prezzo di sprechi giganteschi di lavoro umano e di vite umane.

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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