Il “criminale” cemento armato?

(«il comunista»; N° 155; Settembre 2018)

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“(...) Il determinismo potrebbe essere trovato vago parente con quella scuola che in edilizia si chiama della funzionalità: il concetto del resto ricorre in tutti i campo della tecnologia. Ci si preoccupa solo dell’utilità, della rispondenza del complesso da costruire alle sue funzioni effettive, se ne fanno i calcoli, le piante, le sezioni, e si adottano le dimensioni trovate senza preoccuparsi dell’effetto estetico finale. Questa teoria sostiene che quanto è utile è anche bello, come i muscoli e gli arti del cavallo da corsa danno, in moto e in riposo, la massima eleganza ed armonia di linea al corpo dell’animale.

Un architetto strettamente funzionale allora, come del resto i primi costruttori di portici e di archi dalle cui commessure di travate e di massi lapidei sorsero i “moduli” degli stili classici, non disegna prospetti né forma plastici; dimensiona, foggia e mette insieme le materie che gli servono, e ad opera compiuta soltanto arretra e contempla l’effetto.

Se si applicasse con tale criterio la teoria statica del cemento armato, o di altre strutture, ma soprattutto del primo in quanto i suoi elementi non vengono dall’industria fissi, si vedrebbero scaturire strutture e membrature movimentate, curve, slanciate, a sezioni mutevoli, in una fecondità senza limiti. Gli aggetti, gli sbalzi, che realizzati con la antica muratura e pietra da taglio nei monumenti insigni destano la meraviglia nelle descrizioni, come quella di Hugo per Notre Dame de Paris, fiorirebbero facili e nuovissimi dai fianchi delle costruzioni, archi audaci e sottili, diverrebbero possibili, nuove sagome come per incanto sorgerebbero... La rigorosa verticalità deriva dall’uso del materiale tradizionale, del cumulo di pietre che lavorano solo resistendo bene alla pressione normale, tanto che già fu audacia andare dalla piramide a base immensa all’edificio prismatico.

Se col ferro la Torre Eiffel si poggiò sulle sue quattro sguaiate gambe ottocentesche, col cemento armato sarebbe facile farla sbocciare da una base larga quanto la sua punta. Il conglomerato innervato dai tondi di acciaio, potendo resistere a sforzi di ogni direzione, svincola le costruzioni dalla schiavitù dell’estetica prismatica, ogni volta che ciò sia necessario e utile.

Il colpevole non è dunque il nuovo materiale, o le regole della sua meccanica matematica da cui traggono volta per volta le prescritte misure esecutive. Colpevole è il tornacontismo speculativo, il conto economico in termini mercantili, che vuole ridurre la spesa di esercizio per esaltare il profitto, ridurre quella di impianto per alleggerire l’anticipazione e l’interesse passivo.

Il calcolatore del cemento armato non è dunque il deus ex machina del moderno mondo delle costruzioni. Egli è un povero ruffiano che deve vendersi nelle più diverse direzioni, e la dittatura è in due mani. Un poco in quella dell’architetto e decoratore che deve attirare l’acquirente borghese (...). L’altra dittatura, la decisiva, appartiene all’imprenditore capitalistico che vuole, siamo lì ancora, abbassare il costo. Allorché costui fabbrica per vendere direttamente vuole fare lo stesso edificio con poco ferro e poco cemento, e le sezioni vanno resecate all’osso”.

 

(da Politica e “costruzione”, dell’allora rivista di partito, Prometeo, II serie, n. 3-4, 1952)

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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