Un’ennesima tragedia annunciata!

Crolla il ponte Morandi, a Genova: più di quaranta morti e una decina di feriti. Sua Maestà il Profitto non fa che divorare vite umane!

(«il comunista»; N° 155; Settembre 2018)

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14 agosto 2018. Un tratto di circa 200 metri del viadotto dell’autostrada A10, Genova-Ventimiglia, che attraversa il torrente Polcevera, cede improvvisamente e crolla, insieme al pilone di sostegno, portando con sé 35 auto e tre mezzi pesanti. Una strage: 39 i morti e una decina di feriti, mentre scriviamo; questo almeno il primo dato provvisorio ufficiale fornito dai Vigili del fuoco intervenuti rapidamente insieme alle ambulanze e alla Protezione civile (1).

Genova non è soltanto una grande città, abbarbicata sui monti che scendono vero il mare; è stata una grande città industriale ed è un grande porto commerciale e passeggeri. Con Torino e Milano, faceva parte del famoso “triangolo industriale” italiano che, in più, poteva contare sul porto da dove partivano e arrivavano costantemente migliaia di tonnellate di merci per raggiumngere poi tutto il nord Italia, la Francia e il nord Europa con un traffico su gomma che tendeva ad aumentare sempre più. Chiuse le grandi fabbriche, come l’Italsider, che per decenni hanno inquinato terra e mare del ponente genovese, da Sampierdarena a Cornigliano e Sestri Ponente, il cuore pulsante dell’economia di Genova rimaneva essenzialmente il porto. Inevitabile, quindi, l’aumento del traffico su gomma che vedeva nella città il suo fulcro vitale. Ma la città non è pianeggiante, ed è molto urbanizzata; per facilitare il trasporto delle tonnellate di merci giornaliere movimentate nel porto, la città doveva dotarsi di strade, di ponti, di gallerie e di viadotti adatti a smaltire un traffico giornaliero sempre più imponente. L’autostrada che il fascismo, tra il 1932 e il 1935, fece per collegare Milano e Genova, terminava a Sampierdarena, da dove si poteva raggiungere il porto rapidamente. E’ dalla fine degli anni 1950 che si iniziò a costruire tronconi di autostrada che collegassero Genova a ovest con Savona e Ventimiglia, fino al confine di Stato con la Francia, e a est con La Spezia, l’Emilia Romagna, la Toscana e Roma. Dopo le prime tratte, in direzione ponente, tra Genova-Prà e Albissola si passò alle successive: Genova-Prà/Genova-Pegli (1964) e da Genova-Pegli a Cornigliano e in contemporanea da Savona ad Albissola (tra il 1964 e il 1967). Nel 1967, ma i lavori erano iniziati nel 1963, si completa il Ponte Morandi, che oggi è crollato, col quale l’autostrada raggiunge Sampierdarena e, quindi, il collegamento diretto con la tratta Milano-Genova. In questo modo, il traffico automobilistico, e soprattutto il traffico pesante viene deviato dalla città alle autostrade che la contornano.

Il Ponte Morandi prende il nome dall’ing. Morandi che lo progettò e che, all’epoca, era considerato un progettista all’avanguardia nel campo della costruzione di ponti in cemento armato (2). E’ stato costruito con una struttura mista: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile; è lungo 1.182 metri, ha un’altezza al piano stradale di 45 metri ed è sorretto da 3 piloni in cemento armato che raggiungono i 90 metri di altezza; la luce massima della campata è di 210 metri. Lo stesso Morandi aveva progettato e realizzato, nel 1962, un ponte molto più lungo (8.678 metri da riva a riva, con 135 campate, di cui solo le 6 centrali con schema statico strallato da 235 metri l’una, supportate da torri altre 92 metri che sovrastano di 46 metri il pelo dell’acqua sottostante) sul Lago di Maracaibo, in Venezuela, il Ponte General Rafael Urdaneta. Questi stessi metodi li utilizzerà anche per il Ponte Morandi (misto di cemento armato e precompresso, struttura a cavalletti bilanciati; le forme delle pile a telaio intrecciato erano viste, nei primi anni sessanta come una innovativa e razionale forma strutturale destinata ad affermarsi nel mondo), solo che il Ponte di Maracaibo crollò, parzialmente, nel 1964 a causa  dell’urto di una petroliera fuori controllo, evento certamente straordinario, ma realmente successo, del quale non si tenne conto nella costruzione del Ponte Morandi (3).

Non è da oggi, dopo che 200 metri di ponte col suo pilone di sostegno sono crollati, che vengono sollevate critiche relativamente alla struttura di questo ponte, dato che fin dagli anni Settanta si sono resi necessari continui interventi di risanamento e di manutenzione dovutia causa della fessurazione e del degrado del calcestruzzo utilizzato e dell’errata valutazione degli effetti dello scorrimento viscoso (detto creep, in inglese, e fluage in francese) dell’impalcato. Ma non è tutto; il piano viario del ponte non era perfettamente orizzontale: i molteplici alti e bassi del piano viario, sollecitando oltre il dovuto le strutture dell’impalcato al passaggio continuo del traffico e, in particolare, di quello pesante, causavano degli spostamenti differiti dell’impalcato, non previsti in fase progettuale. Insomma, c’erano abbastanza motivi per giustificare le critiche di pericolosità sorte già negli anni Ottanta, critiche che non si fermarono nemmeno quando le ripetute correzioni di livellatura portarono il piano viario in condizioni considerate accettabili di semi-orizzontalità (4) e fu eseguita la sostituzione dei cavi di sospensione del ponte con nuovi cavi affiancati a quelli originari.

Il viadotto era dunque, da tempo, considerato vecchio e pericoloso. Secondo uno studio della stessa Società Autostrade che ha in concessione questa tratta di autostrada, l’aumento notevole del traffico era documentato già nel 2009: il ponte portava 25,5 milioni di transiti l’anno, con un traffico quadruplicato negli ultimi 30 anni e “destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni”. Questo studio non aveva l’obiettivo di risanare completamente il viadotto incriminato, ma prevedeva di abbatterlo sostituendolo con la costruzione di quella che si chiamò la Gronda di Genova, ossia un altro tratto di autostrada da collocare a monte del viadotto sul Polcevera, verso la quale si sarebbe deviato tutto il traffico automobilistico e pesante che finora si immetteva nel Ponte Morandi. Contro il progetto della Gronda si organizzarono comitati e manifestazioni, a cui partecipò anche il comico-politico Beppe Grillo e su cui il Movimento 5 Stelle di Genova, attraverso un suo consigliere al Comune di Genova, durante una discussione pubblica su questo nuovo progetto della Gronda, si dichiarò del tutto contrario giustificando la sua opposizione con la dichiarazione dei responsabili della stessa Società Autostrade: «A noi Autostrade, in quest’aula, ha detto che per altri 100 anni può stare in piedi. Per fortuna gli ha risposto, sullo stesso quotidiano [il Secolo XIX, NdR], l’Amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, che ha detto il perché ci sono queste situazioni di dubbi etc.: “perché è connaturato alle democrazie immature dove la prevalenza dei diritti forti di pochi, rispetto agli interessi collettivi, prevale agli interessi collettivi di molti”». Questo consigliere pentastellato rispondeva al presidente di Confindustria locale che, in un’intervista pubblicata ne Il Secolo XIX, prendendosela con tutti coloro che si dichiaravano contrari alla Gronda di ponente, sosteneva quanto segue: «quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto “no”» (5). A parte l’ironico riferimento ai “diritti forti di pochi, rispetto agli interessi collettivi” da parte di un rappresentante dei poteri forti di pochi come è la società Autostrade per l’Italia, e alla stoccata inferta alle “democrazie immature” contro le quali questa società si trovava a “lottare” per imporre i cosiddetti “interessi collettivi”, è interessante notare come i 5 Stelle, a seconda di come gira il vento, si appoggino ora ai diritti forti di pochi, ora ai supposti “interessi collettivi” sostenuti dai forti poteri. Era il 2012; oggi, 2018, di anni ne sono passati sei, e il ponte è crollato… prima della premonizione confindustriale e con grande scorno del Movimento 5 Stelle che, tra l’altro, preso in contropiede dal crollo del Ponte Morandi, ha cercato di far sparire dal suo sito l’appoggio che aveva dato a suo tempo ai Comitati No-Gronda. Un comunicato del Coordinamento di questi comitati, rilanciato sul portale del M5S genovese, criticava aspramente la posizione di coloro che denunciavano lo stato pericolante del viadotto Morandi e precisava, sarcasticamente: «Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del ponte Morandi, come ha fatto per ultimo anche l’ex Presidente della Provincia, il quale dimostra chiaramente di non avere letto la Relazione Conclusiva del Dibattito Pubblico» (6). Beh!, il ponte è crollato e i 5 Stelle, ora al governo nazionale, sono subito corsi a nascondere le puttanate sostenute allora… solo che la rete – come ha detto tante volte il comico-politico Grillo – non dimentica…

Fuori dalle discussioni e dalle beghe tra i sostenitori di una o dell’altra “soluzione” del traffico caotico genovese, tutti comunque mossi dal rappresentare al meglio l’economia capitalistica nella sua traduzione locale – cementificando a destra o a sinistra, non importa, l’importante è far scorrere il profitto nel modo più efficace ed efficiente, … salvo “imprevisti” – il nocciolo della questione non è di come indirizzare un traffico stradale sempre più invasivo e caotico, di come deviare il traffico pesante dalle vie della città o di come facilitare la velocità dei percorsi al traffico commerciale su gomma, cercando in qualche modo di creare meno pericoli possibile; il vero e determinante nocciolo della questione resta quello di superare una fase storica in cui la vita degli uomini vale sempre meno. Certo, per il capitale, che il profitto transiti attraverso un camion, una nave, un aereo, una rete telefonica o internet, ha importanza solo dal punto di vista del guadagno, ossia della sua valorizzazione. E’ assodato, grazie al marxismo, che la valorizzazione del capitale passa attraverso il rapporto tra capitale costante e capitale variabile, ossia tra i mezzi di produzione e il salario dei produttori, dove il capitale costante primeggia sempre più, soffocandolo, sul capitale variabile. Più autostrade non significa più comodità e benessere per l’intera società; significa più profitto per i capitalisti che le costruiscono, le gestiscono, le riparano, le modificano, le allargano e le ricostruiscono. Il profitto non guarda in faccia né il benessere dell’ambiente né il benessere della vita umana: fa solo calcoli di costi e di guadagni, col preciso metodo valido, per ogni attività capitalistica, secondo cui ogni decisione di investimento deve rispondere ai costi più bassi e ai guadagni più alti. Se poi ci vanno di mezzo le vite degli operai che costruiscono e producono o di coloro che se ne servono, ha importanza relativa.

Naturalmente, di fronte ad una tragedia come quella appena successa a Genova, tutto il mondo politico, tutto il mondo imprenditoriale, tutto il mondo dei media si mobilita alla ricerca dei responsabili; perché il sistema borghese ha bisogno di dare la colpa a qualcuno per non dare la colpa a tutto il sistema. Ma, come dimostrato ormai in tutta la storia della società borghese e del suo sviluppo, i borghesi, per quanto “onesti” e “illuminati”, non saranno mai in grado di comprendere che le cause fondamentali di ogni tragedia che succede stanno proprio nel loro tanto caro modo di produzione capitalistico e nella loro difesa politica e sociale della società eretta su questo modo di produzione. Una tragedia segue l’altra, sempre, e da ogni tragedia i borghesi non tirano mai tutte le lezioni perché l’essenza stessa della società capitalistica – la società della merce, del denaro, del profitto, della proprietà privata – impedisce ai loro cervelli di cogliere la vera contraddizione di base di questa società che sta nel rapporto di produzione tra capitale e lavoro, nell’assoggettamento del lavoro al capitale al solo scopo di aumentare e valorizzare il capitale sfruttando il più possibile il lavoro, ossia la forza lavoro salariata senza il quale sfruttamento non esisterebbe capitale.

Più aumenta la concorrenza tra capitalisti, e tra Stati nazionali, più le forze della conservazione borghese sono spinte a opprimere la forza lavoro proletaria; schiacciando il proletariato, i poteri capitalisti premono su tutti gli strati sociali, dunque anche sui piccoli e medi borghesi, esponendoli agli stessi pericoli, nei posti di lavoro come sulle strade, nella vita domestica come nei rapporti interpersonali. L’autostrada appare come una cosa utile a tutti, al capitalista, al prete, al bottegaio, al proletario, al tecnico o al disoccupato se trova chi lo trasporta da un luogo ad un altro. In realtà si tratta di una delle infrastrutture realizzate apposta per far viaggiare più merci in meno tempo, per farle viaggiare più velocemente e, quindi, per velocizzare la circolazione di denaro. Serve al capitale, al 99%, ed è per questo che ogni paese sviluppato capitalisticamente si riempie di autostrade, di tangenziali e di superstrade, aumentando in questo modo sia il traffico automobilistico e il traffico pesante, sia le possibilità di incidenti mortali.

Ecco perché i comunisti rivoluzionari mettono in primo piano, sempre, in ogni occasione, e in particolare di fronte alle tragedie, non tanto le colpe dei singoli – che sicuramente ci sono, ma di fatto costituiscono un pretesto per non andare al fondo delle cause – quanto le cause più profonde, quelle su cui si producono continuamente le tragedie: si tratti di un ponte che crolla, di un terremoto o di un’inondazione che devastano quartieri e città, di un incendio o di infortuni sul lavoro. C’è sempre di mezzo la mano dell’uomo, non dell’uomo qualunque, ma dell’uomo borghese, dell’uomo che si è trasformato, o ridotto, a semplice mezzo per accumulare profitto.

E’ con questa società del capitale che bisogna finirla, rimettendo al centro della vita sociale le esigenze degli esseri umani e non le esigenze del capitale, del mercato, del profitto capitalistico: o l’una o l’altra, con c’è possibilità di conciliazione tra le due esigenze, e siccome la vita del capitale si difende soffocando, distruggendo, schiacciando la vita della stragrande maggioranza degli uomini, è il cuore del capitale che bisogna colpire per ridare agli esseri umani la prospettiva di una vita sociale positiva, superando tutte le feroci contraddizioni che ne fanno un gioco in mano alla potente forza dominante del capitale.

Le lacrime che tutte le autorità e i sinceri o meno sinceri democratici verseranno su questa ennesima tragedia non serviranno se non a “lavare le loro coscienze” di fronte alla potenza del dio-profitto, mentre continueranno – come hanno sempre fatto – ad oliare i meccanismi dello sfruttamento capitalistico e a difendere gli interessi dei capitalisti che non sono “collettivi” se non intesi soltanto come interessi dell’estremamente minoritaria collettività dei capitalisti che sovrasta la stragrande maggioranza degli esseri umani. La strada per rovesciare il potere di queste sanguisughe e per contrastare i loro briganteschi affari è lunga e ardua, ma è una sola: la lotta di classe del proletariato, l’unica classe sociale che ha storicamente il potere – oggi potenziale, ma domani cinetico – di affrontare in uno scontro titanico le forze oggettive del capitalismo e del potere borghese che lo difendono.

15 agosto 2018

 


 

(1)   I dati dei morti e dei feriti riportati il 15 agosto dalla stampa sono poi, purtroppo aumentati: il dato definitivo, al 19 agosto, è di 43 vittime e 9 feriti. https://www.genovatoday.it/cronaca/ponte-morandi-vittime-dispersi.html

(2) Vedi nota a fianco riguardo le perplessità che lo stesso Morandi aveva espresso nel 1981 a proposito della tenuta del cemento armato utilizzato per la costruzione del ponte.

(3) Il Ponte è lungo 8.678 metri da riva a riva, con 135 campate, di cui solo le 6 centrali con schema statico strallato da 235 metri l’una, supportate da torri altri 92 metri che sovrastano di 46 metri il pelo dell’acqua sottostante. Vedi Ponte General Rafael Urdaneta, wikipedia, 15 agosto 2018, e http://genova.repubblica. it/ cronaca/2018/08/14/news/genova_il _ponte_morandi_inaugurato_nel _1967_e_lungo _1_182 _metri-204090045/

(4) Cfr. Sara Frumento, Ponte Morandi a Genova, una tragedia annunciata, 14 agosto 2018, che riporta la valutazione fatta dall’ingegner Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università di Genova, sul ponte crollato oggi a Genova nell’articolo citato e pubblicato nello stesso sito Ingegneri.info il 29 luglio del 2016: «Ancora nei primi anni ’80 chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzioni di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità».

(5) Vedi: https:// www. Huffingtonpost. it/ 2018/08/14/ tra-dieci- anni-il- ponte-morandi-crollera_a_23501977/ ?ncid=other_trending_qeesnbnu 0l8&utm_ campaign=trending

(6) Vedi: https:// www. ilfoglio. it/ politica/ 2018/08/ 14/news/ il-crollo-del-ponte-morandi-una-favoletta-la-frase-che-imbarazza-il-m5s-209970/

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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