Operai morti per amianto?

Come se non esistessero...

(«il comunista»; N° 156; Novembre 2018)

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L’inchiesta che la procura di Ivrea aveva avviato nel 2013 riguardava i decessi per mesotelioma di alcuni operai dell’Olivetti, morti tra il 2008 e il 2013. Nel 2016, alla fine del processo in cui erano stati imputati i fratelli Carlo e Franco De Benedetti (padroni anche del gruppo editoriale “La Repubblica/Espresso”) e l’ex ministro Corrado Passera, i De Benedetti furono giudicati colpevoli di omicidio colposo e lesioni e condannati a 5 anni e 2 mesi ciascuno; Corrado Passera, giudicato altrettanto colpevole, fu condannato a 1 anno e 11 mesi. E questo fu il primo grado di giudizio. Ma, si sa, in Italia esistono tre gradi di giudizio, e coloro che si possono permettere di pagare fior di avvocati, si appellano e prolungano il processo il più possibile cercando sempre qualche cavillo o qualche “prova” non sufficientemente documentata per tentare di ribaltare le sentenze non gradite. Ed è quel che è successo per il processo ai vertici dell’Olivetti, questa volta spostatosi da Ivrea a Torino. Ivrea condannò... Torino assolve tutti quanti, questo è la conclusione dell’appello.

La documentazione che ha permesso di attaccarsi ad un cavillo è quella che riguarda gli anni 1978-1985. Questa documentazione, come scrive “il manifesto” del 19 aprile scorso, è riferita all’acquisto di materiali utilizzati per l’assemblaggio delle macchine da scrivere, “fra cui il talco che - secondo la tesi dell’accusa - era contaminato dall’amianto”. E’ l’elemento che la Corte di Torino non ha ritenuto valido per una condanna poiché il cosiddetto “effetto acceleratore” nelle malattie provocate dall’amianto non è ascrivibile agli imputati di questo processo in quanto l’esposizione all’amianto risalirebbe agli anni Sessanta e gli imputati si insediarono a partire dal 1978. Gli “scienziati” interpellati a questo proposito sono di pareri contrastanti: c’è chi sostiene che l’effetto “acceleratore” è decisivo solo nei primi due anni di utilizzo della sostanza inquinata, chi invece sostiene che quell’effetto lo si può riscontrare anche nelle epoche successive... Insomma, l’amianto era certamente presente... ma non si sa a chi dare la “colpa”! Gli operai morti a causa dell’utilizzo sconsiderato di sostanze contenenti fibre di amianto sono sicuramente stati “colpiti”, ignari del pericolo, mentre le gerarchie di vertice della fabbrica ne erano certamente a conoscenza, o perlomeno lo dovevano essere, visto che la sicurezza sui posti di lavoro è sempre stata proclamata come una “priorità” per ogni imprenditore. All’Olivetti, poi, che è sempre stata una fabbrica di cui, dal capostipite in giù, si sono tessute le lodi per l’umanità dei rapporti tra  padroni e operai e per il rispetto del lavoro operaio grazie al quale la Olivetti primeggiava tra le fabbriche italiane tecnologicamente innovative e avanzate, vero orgoglio nazionale; all’Olivetti nessuno mai avrebbe immaginato che potesse verificarsi un dramma di questo tipo. E invece... i capitalisti, paternalisti o aguzzini, indifferenti alla salute dei propri operai o costretti ad applicare in qualche modo delle misure di sicurezza, non possono che seguire la legge del profitto, e di questo sono di certo tutti responsabili; il sistema produttivo dal quale traggono i loro privilegi è il vero colpevole delle morti sul lavoro. La condanna è già stata comminata dalla storia; la rivoluzione proletaria dovrà eseguirla!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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