Colpevoli non sono i viadotti autostradali, ma chi li ha costruiti e mai messi in sicurezza permanente!

(«il comunista»; N° 157; Gennaio 2019)

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Il 28 luglio 2013  dal viadotto Acqualonga dell’A16, nel tratto irpino di Monteforte, precipitò dall’altezza di 25 metri  un bus che tornava da una gita a Benevento. I 38 morti divennero poi 40, compreso l’autista, e i feriti 10. Una strage che ha fatto clamore. Per la procura di Avellino l’incidente è stato di natura colposa.

Un incidente avvenuto  molto prima di quello del ponte Morandi di Genova, ma con le stesse caratteristiche, che vanno  ricercate comunque nell’incuria di chi dovrebbe occuparsi della manutenzione e dei sistemi di sicurezza di strutture oramai obsolete. Ma questo non avviene perché gli unici obiettivi sono i profitti a vantaggio di criminali e assassini in giacca e cravatta.

Tra gli indagati, per omicidio colposo, ci sono il titolare dell’azienda dei bus, fratello dell’autista, un impiegato della Motorizzazione che falsificò i dati della revisione del bus e infine i vertici di Autostrade.

In seguito, le perizie stabilirono che l’incidente era avvenuto per un’avaria del sistema frenante del mezzo e per il cedimento delle barriere new jersey, che erano male ancorate al suolo a causa della corrosione dei perni metallici determinata dal sale che viene usato in inverno perché il manto stradale non ghiacci. Dopo l’incidente si è costituito un comitato dei parenti delle vittime che per 5 anni hanno seguito l’iter burocratico in attesa di “giustizia”.

Il 10 giugno 2014 veniva consegnata la perizia della procura di Avellino: circa 650 pagine di relazioni tecniche e alcuni allegati tra cui la copia della convenzione tra ASP e Ministero dei trasporti per la concessione autostradale. C’era  anche un filmato che ricostruiva la dinamica dell’incidente con tanto di dati tecnici.

Sulla base di queste relazioni venivano emesse alcune misure cautelari. Il titolare dell’azienda del bus e alcuni responsabili della Motorizzazione venivano arrestati e tra gli indagati comparivano, e non potevano certo mancare, i vertici di Autostrade che, in realtà, sono i responsabili principali della tragedia. Infatti l’autista al momento dell’accaduto, come si evince dalle testimonianze, accortosi dell’avaria ai freni cercava di rallentare la corsa in qualche modo, sfregando sulle barriere laterali che servono proprio ad assorbire gli urti in caso di incidente. Un altro problema da evidenziare è che quel tratto di autostrada, per circa 6 chilometri, ha discese molto accentuate e diverse curve. Questo particolare rappresenta un ulteriore dato  tecnico che rende particolarmente pericolosa un’autostrada in cui, come al solito, si è privilegiato il contenimento dei costi a scapito della sicurezza stradale, come dimostrano i numerosi incidenti avvenuti in passato ma fatti passare sotto silenzio.

Alla sentenza del processo emessa a metà gennaio a carico dei 15 indagati erano presenti i parenti delle vittime. Veniva condannato a 12 anni il proprietario dell’azienda dei bus; venivano dimezzate le pene per alcuni responsabili della Motorizzazione e qualche tecnico progettista di Autostrade, a 6 anni, mentre sette degli imputati, cioè tutti i vertici di Autostrade, venivano assolti .

E’ proprio su questa assoluzione che è scattata la rabbia dei familiari delle vittime, che hanno reagito con pianti e urla accusando i giudici di essersi venduti. Qualcuno minacciava il giudice di aspettarlo fuori, altri che gridavano “assassini” e “venduti”, altri ancora minacciavano un presidio a oltranza in aula. Il presidente del comitato dei familiari delle vittime aggiungeva, durante un intervista televisiva, che le vittime della strage erano in realtà 83 perché bisognava conteggiare anche quelle del ponte Morandi di Genova, in quanto a nulla erano serviti, nel 2013, gli appelli a un maggior controllo della manutenzione delle infrastrutture.

Come abbiamo denunciato più volte, al capitale non interessa la prevenzione, ma la ricostruzione dopo i disastri, perché così si assicura la propria linfa vitale, che è il profitto, non importa se a discapito di decine o centinaia di vittime. Ed è per questo che i borghesi esultano in cuor loro nel caso di terremoti, inondazioni o crolli di ponti o edifici. Se poi qualche alto papavero, come nel caso specifico i vertici di Autostrade, corre il rischio di finire in carcere, allora subentra il sistema di autotutela che, attraverso la corruzione e le mistificazioni, lo protegge, alla faccia delle aspettative dei familiari delle vittime.

Ma, come al solito, lo Stato mostra il suo volto umano... con le solite chiacchiere. Infatti, il ministro pentastellato Luigi Di Maio, in solidarietà con il comitato dei familiari delle vittime, ha ripetuto ancora una volta: “Toglieremo la concessione ad Autostrade”... come se fosse un problema burocratico!

Di fronte ai morti per le criminali incuria e assenza di sistema di sicurezza efficaci, il governo borghese (oggi pentastellato, ieri sinistrorso, l’altroieri berlusconiano e prima ancora democristiano) rivela un’impotenza permanente rispetto alle leggi del profitto capitalistico, scritte e non scritte. Le decisioni vere vengono prese fuori da ogni parlamento e da ogni tribunale, cioè dove si amministra concretamente il potere capitalistico!

 

 

Partito comunista internazionale

www.pcint.org

 

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